sabato 21 giugno 2014

Download Podcast : La chitarra acustica di Jorma Kaukonen



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Jorma è una leggenda: è il chitarrista e fondatore dei Jefferson Airplane, band psichedelica di culto alla fine degli anni '60, tra i grandi protagonisti musicali di quegli anni. Nel 1974, dopo aver ormai lasciato la sua band, fa uscire il suo primo disco intitolato Quah, dove ci cimenta alla chitarra acustica, pagando il proprio tributo al folk blues. Un disco epocale.

Jorma is a legend, he is the guitarist and founder of Jefferson Airplane, psychedelic cult band in the late '60s, one of the major players in music of those years. In 1974, after he had already left his band, he released his first album entitled Quah, where we ventured to the acoustic guitar, paying tribute to folk blues. One of the best records of those times.

Puntate e Podcast: I° anno
Puntate e Podcast: III° anno

venerdì 20 giugno 2014

Master class del M° Giovanni Grano


Master class del M° Giovanni Grano ed altri .
Associazione SINFONICAMENTE (349-8351692) - 

Master a Verona del M° Giovanni Grano (chitarra e musica da camera con chitarra) dal 23 al 30 agosto 20214. 
Istituto "Don Bosco" -Stradone Provolo, 16 Verona .

Intervista a Pierluigi Potalivo di Andrea Aguzzi seconda parte



Senti .. una riflessione personale … qualche tempo fa riflettevo come la canzone napoletana fosse
riuscita nel corso degli ultimi anni a depauperare un patrimonio storico immenso … alle mie
orecchie di profano sembra una tradizione che non è riuscita a rinnovarsi, imbottigliata dai
cantanti neomelodici (Gigi D’Alessio, etc..) che ne hanno ormai trasformato il repertorio in un
pop .. melenso, diciamo così e senza immaginazione, e da una tradizione che non ha saputo andare
oltre a Murolo e che non ha saputo accettare le spinte di rinnovamento che erano arrivate negli
anni ’70 da gente come James Senese e Pino Daniele e poi negli anni ’90 con gli Almamegretta.
Rispetto a un genere come il blues, la canzone partenopea .. ha perso il treno? Non so se ti ricordi
quel film del 1982 … “no grazie, il caffè mi rende nervoso” con Lello Arena, Maddalena Crippa e
Troisi .. ma mi sembra che sono passati 30 anni ma non è cambiato gran che … a parte che Troisi
non c’è più …

Qui, forse, ti deluderò...! Non tanto perché non penso che ci sia un deterioramento rispetto a una
tradizione sentita oggi come 'classica', cioè la canzone napoletana di Libero Bovio e E.A.Mario.
Si tratta proprio di un mondo che non c'è più... Può far male, lo so, ma bisogna farsene una ragione!
C'è un quadro di un pittore napoletano di inizio '900 (non ricordo chi, ma non importa); ritrae un
giovane al porto, sdraiato sul pontile, mani dietro la nuca e spiga di grano in bocca... Ecco il sud
Italia fino al dopoguerra; una popolazione intera dimenticata dal potere, lasciata così, col piede che
penzola nell'acqua... Nella beata incoscienza si può solo cantare, ed ecco questa straordinaria
colonia greca di non-più-greci e non-italiani! Così erano anche i romani fino alla breccia di Porta
Pia. Però, sai che ti dico? Nonostante quella canzone napoletana non c'è più, la città continua ad
avere, nel totale casino, una identità, deviata forse, ma tale. Di Napoli amo il voler essere Napoli a
dispetto perfino di sé stessa. Mi sembra che questo funzioni come una forma di difesa contro alcune
forze che ci vorrebbero solo piatti e implotonati per gli acquisti. La liuteria e la piccola editoria
musicale e letteraria (come le preziose edizioni Colonnese) sopravvivono tuttora nella città. La loro
caratteristica era ed è quella di indirizzarsi al pubblico locale, un tempo quello della 'grande' Napoli,
uno dei maggiori centri europei. Se si frequenta la città odierna ci si accorge di quanto essa ami
ancora vivere 'di sé' e 'per sé', con le numerose TV e radio locali, con i suoi artisti – si, persino i
neo-melodici! Pensa alla tradizione della musica per i matrimoni, un must intramontabile della
cultura partenopea, viva la faccia! Non si tratta certo, come spesso a torto si ritiene, di semplice
autocompiacimento, ma della sopravvivenza di una propria personalità (ripeto, anche tragicamente
autolesionista) in un popolo che ha avuto una casa reale, nella città una volta centro di un regno.
Un regno di sudditi mai borghesi e sempre miserabili, ma un regno...! D'accordo con te su Pino e gli
Almamegretta. Aggiungo che mi dà più emozione (ma tanta) un classico rifatto da Gragnianiello
che il 500° e decotto concerto di Aranjuez, che sarà sempre immancabilmente uguale a sé. Mi tengo
il genio di Troisi e 'la strada' di Gragnianiello.

Come pensate di promuovere questo cd? Sarà un’autoproduzione? Lo venderete principalmente
tramite mp3?

Si, al momento l'album è un'autoproduzione, disponibile in solo formato digitale. I canali della
promozione sono quelli consueti, riviste, blog, siti di musica etc. Oggi fare a meno dell'immagine
viene percepito quasi come un'offesa; tra video e solo audio si opta sempre per la prima scelta.
Per questo motivo magari si farà qualcosa anche in questa direzione.

Ultima domanda: il tuo studio nei confronti di Mauro Giuliani continua? Ho una sensazione …
spero solo che sia sbagliata, quindi prendila con beneficio di inventario … mi sembra ci sia stato
una sorta di revisionismo nei confronti di Giuliani e che il suo repertorio e la sua importanza siano
state recentemente un po’ messe in discussione … nulla di grave, ci sta. Solo che negli ultimi due
anni vedo i chitarristi acustici che suonano fingerpiking riscoprirlo…

Condivido la tua impressione. È negli anni '80 che Giuliani ha vissuto il culmine della 'riscoperta'.
Inevitabilmente, quando quasi tutto si accerta della biografia, quando i lavori migliori trovano per
anni largo spazio nei repertori, ecco che subentra un po' di stanchezza. Come sai, Giuliani ha avuto
una parte molto importante nella mia vita, anche se, a conti fatti, ho suonato solo pochi pezzi.
L'importanza è dovuta al fatto che non si può prescindere da Mauro, cui si deve l'apertura della
stagione della chitarra moderna (una chitarra costruita proprio a Napoli, da Fabricatore). Mi spiego
meglio: si può prescindere dalla sua musica, ma non da lui. Ho dedicato a Giuliani il mio saggio
L'anatema dell'Echte, oltre alla rielaborazione dell'Op.15. Ci ho lavorato molto, e penso che la mia
autoconoscenza attraverso la sua figura – è così che l'ho vissuta – sia terminata. A mio avviso un
chitarrista italiano non può evitare di sentire dentro di sé come operante una porzione di quella
stagione, anche se così lontana – ma che importa? Capisco che un diciottenne, magari innamorato di
Romitelli, di Gabriele Manca o di Emanuele Casale, poco avverta, coscientemente, l'influenza di un
chitarrista nato nel 1781. Non è, infatti una questione di stile, ci mancherebbe, ma di popolo.
Un bravo chitarrista italiano, anche circondato di pedalboards e amplificatori e col suo Romitelli,
reca dentro il carattere distintivo del suo popolo, e puoi 'sentirci' Giuliani. La chitarra italiana,
piaccia o no, è passata per le mani di Mauro uscendone un'altra. Non si capisce perché si possa dire
questo di Beethoven e del piano e non del Nostro e delle sei corde, anche se non ha scritto
'la centoundici'. Un errore, che feci anch'io a vent'anni, è quello di valutare il peso di Giuliani da
quello complessivo delle sue opere rispetto ai Titani della musica. Fermo restando che l'anima che
soffia in opere come Sonata op.15, Gran Solo, 6 Lieder op.89, Variazioni op.107 e in alcuni
momenti dei concerti è più che sufficiente a mettere tra lui e la maggior parte dei cordaioli odierni
un mare di distanza, non si considera che quelle generazioni di compositori scrivevano musica ogni
giorno, poiché da quello dipendeva l'entità e la frequenza dei pasti – ma sono cose che si capiscono
più in là nella vita... In Mauro non posso fare a meno di vedere il ragazzo nato nella periferia
d'Europa, che imbraccia la sua chitarra e va nel centro del mondo, si scrive i concerti per orchestra
da solo, impone il suo stile, frequenta Beethoven, partecipa alle serate di Schubert e si fa dirigere a
Praga da Von Weber. Ne conoscete un altro? Non sarà Ludwig, ma il ragazzo ha di certo molto
spirito... Ed è davanti a questo, per tornare alla Scuola Napoletana, di cui Mauro è figlio, e alla
modalità in cui prende vita sulle corde, che io mi tolgo il cappello: energia pura, la musica non
c'entra, e nemmeno le amicizie di prestigio. Barrios appartiene alla stessa tipologia. Detto ciò, si
può anche impazzire di noia a Recanati, altra voragine depressa dell'Italia decadente, e cambiare il
volto della poesia europea. Non ho lo sguardo volto al passato, ma salto volentieri tutto il secondo
Novecento, tranne Ligeti e Sciarrino (imprescindibili anch'essi), nell'attesa di un 'dopo'. Non mi
sono mai spellato le mani per Tarrega e Llobet, per me la Catalogna è Federico Mompou e respiro
meglio a Bisceglie, che ci posso fare...

I tuoi prossimi progetti?

Non so, vorrei proseguire ora nella direzione della musica 'nuova'. Spero che si realizzino le
condizioni giuste per un lavoro originale. Ultimamente pensavo alla voce, o, dopo aver ascoltato
Politano, a uno strumento a fiato. Mi è piaciuto anche il flauto di Mario Caroli, e osservare la sua
simbiosi con Sciarrino. Ma, in definitiva, chi lo può sapere?...

giovedì 19 giugno 2014




Master-class del M° Giovanni Grano ( Chitarra e musica da camera con chitarra )
Giovedì 17 Luglio

Fiuggi Città ore 18:00
Palazzina Medica ore 18:00
Concerto di Giovanni Grano


Intervista a Pierluigi Potalivo di Andrea Aguzzi prima parte



Ciao Pierluigi, l’ultima volta che ci siamo sentiti è stato nel 2011, mi pare .. ora sei tornato con un
nuovo cd realizzato con il mandolinista Nunzio Reina, come è nata l’idea di un progetto
discografico interamente dedicato alla chitarra e al mandolino?

Si, era il 2011 e il tempo corre davvero in fretta... È un piacere farci di nuovo una chiacchierata.
La genesi del nuovo lavoro è questa. Grazie a un caro amico che ora non c'è più, appassionato di
mandolino, ho conosciuto qualche anno fa un disco di Nunzio che mi è piaciuto moltissimo.
Si tratta di una raccolta di alcuni tra i migliori pezzi per mandolino e pianoforte di Raffaele Calace.
L'impressione è stata subito forte, e, senza nessuna esagerazione, è uno dei migliori CD che
posseggo. Scoprivo, da un lato, questo compositore napoletano così singolare; dall'altro, un
mandolinista davvero brillante. Un connubio centrato e per me molto significativo, vista la
provenienza partenopea di Nunzio – anche se la famiglia paterna è di origini siciliane. Più ascoltavo
la musica e più sentivo di trovarmi di fronte a un'eco, certo una 'sopravvivenza' (anche se vivissima
e risonante), della vecchia Scuola Napoletana. Calace, infatti, può intendersi come uno degli
ultimissimi rappresentanti di quella tradizione in cui operarono Scarlatti, Pergolesi, Cimarosa e
anche il nostro 'primo' Giuliani. Ora, abbiamo tutti studiato per l'esame di Storia della Musica
ripetendo a memoria frasi come “l'impulso vitale di quella scuola si interrompe, decadendo, intorno
alla fine dell''800” etc. Ma, in fin dei conti, si sa che l'ultimo è stato Rossini – e chi si mette a
cercare i 'sopravvissuti del Titanic' negli anni di Schumann, Brahms e Liszt? Tuttavia, ecco che ne
compariva uno... Per i mandolinisti e gli appassionati Calace non è certo nuovo, anzi è una figura di
grande rilievo, essendo, oltre che compositore e concertista (si dice magnifico), un abile liutaio,
nato proprio in una famiglia di fabbricanti di strumenti dal 1825. È proprio questa natura di Calace
che ne fa un rappresentante-tipo della Scuola Napoletana, se si aggiunge che egli fu anche editore
delle proprie opere. L'ex Regno delle due Sicilie, ai tempi di Calace, era espressione di una cultura
ormai retriva e periferica rispetto al centro Europa, ma, almeno nella sua produzione migliore, il
nostro compositore lancia, da quel contesto decadente, un ultimo e sorprendente acuto. Calace è
capace di dialogare attraverso le forme della musica colta europea col suo sentire puramente
partenopeo, ma non ancora 'canzonettista'. È un mix-up davvero unico ed esaltante. Alcuni temi
sono meraviglia pura, anche se pochi altri lavori arrivano ai picchi della selezione fatta da Nunzio
Reina nel suo CD, che può considerarsi il meglio della produzione. Pochi pezzi, in realtà, ma più
che sufficienti per una vera esperienza musicale. Peccato che una grande quantità di brani di Calace
(anche quelli 'così così') circoli in agghiaccianti e sovreccitate esecuzioni germano-russonipponiche,
che sminuiscono la genuina vena di questo compositore. Quanto a Nunzio, dirò che
trovarsi di fronte a un mandolinista capace di vera 'cavata' è un piacere. Ascoltare per credere... Da
quel momento ho guardato al suo strumento con occhio totalmente diverso, e ho pensato che mi
sarebbe piaciuto fare qualcosa con lui.



Quando hai conosciuto il Maestro Reina e come l’hai convinto a seguirti in questa nuova opera?

Due o tre anni dopo l'ascolto del disco ho contattato Nunzio, semplicemente cercandolo sul web.
Fu lui, per la verità (e per fortuna), a propormi di scrivere qualcosa per il mandolino, mentre io,
meno audacemente, pensavo solo di suonare qualcosa del 'suo' Calace. Semmai una mia azione
persuasiva è arrivata più tardi quando, dopo aver composto i primi brani, ho imboccato una
direzione atonale e poi addirittura microtonale. Ci si chiedeva come sarebbero state accolte queste
musiche, in cui io credo. Alla fine Nunzio, con mio piacere, mi ha appoggiato, essendo molto
ricettivo e curioso – con la giusta malizia...per esempio verso le piccole scordature che gli chiedevo
per ottenere i microtoni.

Quali sono le differenze tecniche tra il comporre per chitarra e per mandolino?

Se si pensa al mandolino antico, quello di Vivaldi per capirci, esso può considerarsi un piccolo liuto
a plettro, che ha finito per guardare al violino nella modalità di fare melodia. L'introduzione del
tremolo ha portato l'estetica del mandolino a diventare 'caratteristica', e a legarsi a questo aspetto
timbrico. È qui che risiede principalmente la differenza con la chitarra, ed è infatti questo lato che
ho evidenziato di più. Essendo attratto, più che dalla ritmicità del mandolino (che pure ho adoperato
nella Tarantella), dalla sua capacità di schiudere scenari emotivi intensi, non ho mai potuto
prescindere dal tremolo. Ne ho attinto a piene mani, adoperandolo sempre, ma non certo per
trasformare una melodia in una 'mandolinata', col solo proposito di allungarne la durata delle note.
Al contrario, ho guardato allo strumento piuttosto come a un 'violino a plettro' per cercare,
attraverso la possibilità innata della chitarra di sostenere l'armonia con pochi tocchi, risultati
'orchestrali' assolutamente moderni. Essi nulla hanno a che vedere col consueto trattamento dei due
strumenti, cioè chitarra che arpeggia e mandolino che 'plettra' ritmicamente (un esempio sono i
Tre Preludi brevi). Questo approccio tradizionale è ormai vetusto e improponibile, poiché,
convenientemente alle esigenze del tempo, si dialogava prima quasi esclusivamente sulle altezze
musicali, e il mandolino era 'la voce'. L'odierna libertà espressiva, soprattutto in ambito timbrico,
permette di trasformare un duo del genere in un qualcosa di completamente diverso. In questo senso
una chitarra e un mandolino possono offrire possibilità di grande avanguardia. Questo fare musica
'per flussi' (aperture e chiusure improvvise, come nel respiro e le sue sfumature), cioè non
ritmicamente, ci ha creato non poche difficoltà, essendo molto difficile controllarsi senza sentire la
terra sotto i piedi... Ma ne è valsa la pena, per aver contribuito al repertorio di uno strumento
italianissimo, che può dare ancora molto di sé, superando uno stereotipo di duo che appartiene al
museo.

Rispetto a “Spirito di una Sonata” ho notato una evoluzione nelle composizioni, se nel tuo
precedente cd .. “rielaboravi” in un certo senso, componendo mantenendo il vocabolario e lo
spirito delle musiche del passato a cui ti ispiravi, questo cd mostra un maggiore varietà e anche
un .. maggiore coraggio, una maggiore maturità da parte tua: qui ti muovi con disinvoltura dal
romanticismo all’impressionismo, alla tarantella, alla microtonalità dei Frammenti Ellenici che
credo siano i brani che mi hanno di più impressionato…

Si, penso che la tua osservazione sia giusta. Devi sapere, però, che nell'atto di comporre i pezzi non
avevo la minima idea di quello che ne sarebbe risultato, una volta finiti, potendoli considerare uno
vicino all'altro. Alla fine mi sono reso conto di aver attraversato il '900, aprendomi poi al quel ponte
per un futuro che ho imparato a sentire nei suoni microtonali. È vero, c'è una grande varietà di
generi in questo album rispetto a Spirito di una Sonata, un lavoro, si potrebbe dire, 'a tema'. Lì si
trattava di realizzare un'idea che sento tuttora come viva e operante, che mi ha accompagnato a
lungo e a cui devo la comprensione della musica come un atto puramente intuitivo. Continuo
– e continuerò – a sentire le creazioni come organismi viventi, animati da una qualche 'vibrazione'
in grado di risuonare in tutti noi; e sono convinto che sia un errore confondere quest'ultima con la
forma che assume, la quale rappresenta la vibrazione in quel dato momento, ma non in assoluto.
Da questa identificazione scaturiscono un sacco di problemi... In primis quello del culto della
'volontà' dell'autore (meglio se morto, disturba meno), scambiata appunto con la forma, e le
conseguenti punizioni corporali alla più piccola libertà che qualcuno si prende. Il fatto è che,
continuando a confondere la volontà altrui col proprio autoritarismo, si possono solo fondare delle
chiese... I Frammenti Ellenici sono un tentativo di andare oltre l'odierna avanguardia, o il
'contemporaneo'. È importante per me ripartire dai nostri strumenti acustici, senza associare la
microtonalità agli apparecchi elettrici, poiché la si può ottenere facilmente anche 'senza filo'. Non
stigmatizzo cavi, amplificatori e chitarre elettriche, che posseggo e uso, semplicemente non lo farei
volentieri nel genere classico di avanguardia, anche se posso comprendere che oggi in essi i
giovanissimi vedano una possibilità. Credo però che dai nostri vecchi strumenti (si può a buon
diritto cominciare a chiamarli così, se paragonati a quelli elettrici) si possa trarre ancora molto, a
patto di non considerarli immodificabili. Penso, per esempio, al flauto Paetzold, che mescola flauto
dolce e canne d'organo, e ad Antonio Politano, un musicista geniale che suona questo strumento
nuovo come nessuno. Tra Seascape (per flauto Paetzold) e Trash TV Trance (per chitarra elettica),
due brani molto noti di Fausto Romitelli, sono più emozionato dal primo.

mercoledì 18 giugno 2014

4° Festival internazionale della chitarra di Lambesc 2014



4° Festival internazionale della chitarra di Lambesc 2014


29 giugno - 5 luglio 2014 - Castello Pontet Bagatelle ( Arles - France)
Concerti di Giovanni Grano, Rubèn Parejo, Jorge Cardoso - Sylvie Dagnac, L. M. Bobadilla, Octet Aguira,Duo Themis, Jeremy Jouve,Orchestra di chitarre Guitareales.



Festival International de Guitare Lambesc 2014

Guitars Speak terzo anno : La chitarra acustica di Jorma Kaukonen



Questa sera alle 21 su Radio Voce della Speranza

Jorma è una leggenda: è il chitarrista e fondatore dei Jefferson Airplane, band psichedelica di culto alla fine degli anni '60, tra i grandi protagonisti musicali di quegli anni. Nel 1974, dopo aver ormai lasciato la sua band, fa uscire il suo primo disco intitolato Quah, dove ci cimenta alla chitarra acustica, pagando il proprio tributo al folk blues. Un disco epocale.

This night at 9 PM on Radio Voce della Speranza

Jorma is a legend, he is the guitarist and founder of Jefferson Airplane, psychedelic cult band in the late '60s, one of the major players in music of those years. In 1974, after he had already left his band, he released his first album entitled Quah, where we ventured to the acoustic guitar, paying tribute to folk blues. One of the best records of those times.


FORLÌ: 104,5 Mhz

(Forlì, Cesena e Ravenna)

Via Curiel 53 - 47100 Forlì
Telefono & Fax 0543 414312
forli@radiovocedellasperanza.it



martedì 17 giugno 2014

Masterclass Florindo Baldissera - Giuseppe Carrer - Elena Càsoli Settembre Mestre



Chitarra (1-7 settembre 2014)
Sala SS. Trinità Via Terraglio 74, Mestre
* Effettivi € 350,00
* Uditori € 150,00
Florindo Baldissera
Chitarra (1-4 settembre 2014) Sala SS. Trinità Via Terraglio 74, Mestre 
si occuperà di alcune problematiche interpretative del repertorio antico e, in generale, della relazione fra lo studio di un brano musicale e la sua esecuzione in concerto. Ogni mattina si terrà un laboratorio collettivo di tecnica strumentale, e saranno riservati degli spazi serali per prove pubbliche degli allievi effettivi. * Effettivi € 240,00 * Uditori € 100,00

Giuseppe Carrer
Repertorio e chitarra 1800 (5 settembre 2014)
Sala SS. Trinità Via Terraglio 74, Mestre
prevede un incontro dal titolo “Idee per un approccio diverso al repertorio del periodo classico, con particolare riferimento all’opera di F. Sor” e lezioni individuali o a gruppi di musica d’insieme sul repertorio dell’800.
* Effettivi € 60,00 * Uditori € 30,00ù

Elena Càsoli
Chitarre, Compositori e Nuova Musica (6-7 settembre 2014)
Sala SS. Trinità Via Terraglio 74, Mestre
aperto a tutti i giovani Chitarristi partecipanti alla settimana di masterclass, verranno presentate e raccontate alcune partiture importanti del repertorio contemporaneo per Chitarra, e gli allievi saranno invitati anche ad una sperimentazione diretta delle nuove tecniche. Inoltre, vi saranno spazi per i chitarristi che intendano lavorare brani di autori contemporanei del loro repertorio.
* Effettivi € 120,00 * Uditori € 60,00

per ulteriore dettagli:
http://www.konzertmusik.it/index_file/Page337.htm
http://www.konzertmusik.it/index_file/Page339.htm


BACH GUITAR DUO Giovanni Sparano, Kann man Vorstellungen durchmengen? (2012)

lunedì 16 giugno 2014

Concerto per mandolino e chitarra- Mereu-Mercuri



Sabato 21 giugno alle ore 20:00 
Presentazione del CD del duo Mereu-Mercuri: “Tra il classico e il folk”. 
Musiche di: Beethoven, Gragnani, Marucelli, Mereu e musiche dal folklore italiano e sudamericano. Contributo: 10 e (con ricco aperitivo) 
Prenotazione richiesta (per ricevere l’indirizzo dell’abitazione privata): info@totemtanz.it 338.3424297 https://www.facebook.com/events/731890943535524/?ref=notif&notif_t=plan_user_joined

Recensione di Opera (a) Due Di Pierluigi Potalivo e Nunzio Reina




Giusto qualche tempo fa riflettevo come il mandolino, nobile strumento della tradizione italiana e non solo, si fosse ormai avvitato in una tradizione con pochi accenni e segnali di rinnovamento. Se negli Stati Uniti, grazie a campioni del bluegrass come David Grissman e Mike Marshall, il mandolino gode di una seconda giovinezza, qui da noi sembra ormai essersi ripiegato nel consolidato ritornello “italiano-pizza-mafia-mandolino”.
Un vero peccato perché questo antico e nobile strumento ha delle caratteristiche uniche che meriterebbero una maggiore attenzione da parte dei compositori contemporanei, che potrebbero integrarlo, come già stanno facendo con il liuto, nelle loro opere.
In attesa di un interprete che possa risvegliare il loro interesse accolgo con grande piacere la nuova fatica discografica dei Maestri Pierluigi Potalivo e Nunzio Reina, rispettivamente chitarrista e mandolinista. Del Maestro Potalivo già sappiamo per via del suo cd Spirito di una Sonata del 2010, recensito qui nel blog assieme a una sua intervista, mentre il nome di Nunzio Reina mi era fino a poco fa sconosciuto. Mea culpa perché il Maestro Reina ha un curriculum semplicemente eccellente, con un palma res di partecipazioni, concerti e registrazioni discografiche da far invidia.
E’ così con molto piacere che mi attardo nell’ascolto di questo loro ottimo cd che è un seguito ideale di quelle personali rielaborazioni del repertorio classico e moderno per chitarra a cui il Maestro Potalivo ci aveva introdotti con il suo cd Spirito di una Sonata.

Anche questa volta recensisco un lavoro di ottima qualità, speriamo sia l’inizio di una rinascita per il repertorio del mandolino italiano.





domenica 15 giugno 2014

Guitars Speak terzo anno : La chitarra acustica di Jorma Kaukonen



Mercoledì sera alle 21 su Radio Voce della Speranza

Jorma è una leggenda: è il chitarrista e fondatore dei Jefferson Airplane, band psichedelica di culto alla fine degli anni '60, tra i grandi protagonisti musicali di quegli anni. Nel 1974, dopo aver ormai lasciato la sua band, fa uscire il suo primo disco intitolato Quah, dove ci cimenta alla chitarra acustica, pagando il proprio tributo al folk blues. Un disco epocale.

Wednesday night at 9 PM on Radio Voce della Speranza

Jorma is a legend, he is the guitarist and founder of Jefferson Airplane, psychedelic cult band in the late '60s, one of the major players in music of those years. In 1974, after he had already left his band, he released his first album entitled Quah, where we ventured to the acoustic guitar, paying tribute to folk blues. One of the best records of those times.


FORLÌ: 104,5 Mhz

(Forlì, Cesena e Ravenna)

Via Curiel 53 - 47100 Forlì
Telefono & Fax 0543 414312
forli@radiovocedellasperanza.it



sabato 14 giugno 2014

Sonata Concertata di Paganini - Jeanne Cristée (violino) Florindo Baldissera (chitarra)

Sonata Concertata di Paganini

Jeanne Cristée (violino)
Florindo Baldissera (chitarra)

1. Allegro spiritoso



2. Adagio assai espressivo


3. Allegretto con brio. Scherzando


venerdì 13 giugno 2014

Interview with Jonas Löffler by Andrea Aguzzi second part


If you had to choose, who is your favorite composer to play?

Maybe Johann Sebastian Bach. Even if that sounds all too easy...

I have, sometimes, the feeling that in our times music’s history flows without a particular interest in its chronological course, in our discotheque before and after, past and future become interchangeable elements, shall this be a risk of a uniform vision for an interpreter and a composer? The risk of a musical "globalization"? 

I do not think that there is anything risky happening at the moment. I also do not think that we are moving towards uniformity in music. I would even say that we are surrounded by a plurality of styles of music that has rarely been bigger in the past (as far as it is possible to judge something like this). On the other side there is of course something like a musical globalization going on at the moment with Western harmonic models being used as some kind of a musical lingua franca around the world. Still, I would not say that the result of that process is uniformity – people are just influenced by the ubiquity of certain musical styles and create their personal music. If you take a pop musician from the North Caucasus (say, Aslan Kulov from the Russian republic of Adygea) who makes his take on pop music in combining structural and harmonic elements of Western pop music with some distinct elements of Russian pop and the folk music of the Northern Caucasus regions the result is an amalgam that is in a structural way similar to what happens when a composer of contemporary Classical music (say, José María Sánchez-Verdú) includes elements of medieval music into his compositions (as Sánchez-Verdú did in his Machaut-Architekturen). Of course there is no other similarity in these musics that goes beyond the structural similarity of the amalgam. But only the comparison should be sufficient to show that we have such a wealth of musical material around that it is impossible to speak of uniformity of any kind. Also, historically speaking, there is nothing new in this interchange that happens right now: If you look into the music of the 15th century, all that happens around Europe at this time is a big interchange and amalgamation of musical styles.

Let’s talk about marketing. How much do you think it’s important for a modern musician? I mean: how much is crucial to be good promoters of themselves and their works in music today?

I think it is (and was) a crucial part of being a musician to be able to present yourself in an attractive way on the market. Even if you are a winner of numerous competitions you still have to be able to market yourself, to try to stand out from the crowd of excellent musicians around the world. How this marketing should work is a personal decision of the individual, there is no recipe. At least not as far as I know with my humble experience in that field. 

Which composer (or which historical movement) do you think is easiest for the non-musician listener to appreciate? Do you think they enjoy pieces that are more technically difficult or just more "flashy"?

I don't know. There are so many non-musicians in this world that I think an answer to this question is impossible.

Please tell us five essential records, to have always with you .. the classic five discs for the desert island


  1. Joye – Les plaintes de Gilles de Bins dit Binchois († 1460) – Ensemble Graindelavoix/Björn Schmelzer (Glossa, 2006) 
  2. O gemma lux – The isorhythmic motets of Guillaume Du Fay – Huelgas Ensemble/Paul van Nevel (harmonia mundi, 2000)
  3. Lamentationes – Music by Festa, Ockeghem and Gombert – Josquin Capella (Dabringhaus und Grimm, 2005) 
  4. fremde zeit addendum – Music by Jakob Ullmann – Various Interprets (Edition RZ, 2012) 
  5. Born Into Trouble As The Sparks Fly Upward – Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra (Constellation, 2001) 


What are your five favorite scores? 

I generally love the scores of Jakob Ullmann, they are meticulously done, incredibly beautiful and radical in terms of notation and the sounding result of the music. Then maybe: Belle, Bonne, Sage by Baude Cordier in the Codex Chantilly, Musée Condé MS 564. Forlorn Hope Fancye by John Dowland. Serenade by Mauricio Kagel that I played recently and that struck me with its abundance of details and choreographic determination. Fantaisie élégiaque by Fernando Sor that somehow carries so much deep affection in it.

With whom would you like to play? 

I do not have any particular wish to play with a certain person. In the past I had the chance to play chamber music with many fantastic musicians and somehow I am optimistic that this could be similar in the future.

What kind of music do you listen to usually?

As you might have seen from some previous answers I have a big passion for late medieval and Renaissance music, mainly vocal polyphony. I also love and listen a lot to Georgian vocal polyphony, especially the sacred variety of that music, i.e. Georgian church music. I also love to listen to some contemporary music and free improv (the Saxophonist John Butcher is a favorite of mine). Otherwise, in pop music I like bands like godspeed you black emperor! or Silver Mt. Zion or the German rock band Tocotronic. Moreover I have a secret passion for obscure pop music from Eastern European or Middle Eastern countries, especially from Turkey and the Caucasus region.

Your next projects? When we will see you playing in Italy?

As I just finished my Master's degree there will not be any bigger projects very soon as my Master's recital occupied a big part of my time and creativity. In the next months and after summer, I will surely play some concerts, maybe here in Switzerland, in Germany and in France to promote Terra. Hopefully I will also find the possibility to play some concerts in Italy as I love the country and also would like to work a little on my Italian.

giovedì 12 giugno 2014

Gian Marco Ciampa @ NEW YORK



Il giovane chitarrista romano Gian Marco Ciampa già vincitore di numerosi premi come il "Concorso Europeo di Chitarra Mercatali", il "Concorso Internazionale Alirio Diaz" e "Omis International Guitar Competition" e al momento impegnato in un TOUR INTERNAZIONALE, il 3 Luglio sarà in concerto presso il MANHATTAN THEATRE di New York per la storica NEW YORK CITY CLASSICAL GUITAR SOCIETY!

Per info:


Interview with Jonas Löffler by Andrea Aguzzi first part


The first question is always the classic one: how does it start your love and interest for guitar and what instruments do you play or have you played?

I started playing the guitar at a quite young age – with six years – and somehow (it is too distant to remember the exact circumstances) I was pretty determined to play just this instrument, there was simply nothing else in question for me. This determination stayed and I am happy my parents did not try to convince me of another instrument back then. Besides some not very serious attempts at the electric bass (in a school band) and the piano (in the conservatory) I never played any other instrument than the classical guitar (including some of its historical incarnations).

What was your musical training, with which teachers have you studied and what impression they left in your music? I know that you have studied with one of my favorite guitar player: Pablo Marquez ..

After a little less than two years in the local music school in my hometown close to Franfurt/Main (Germany) I started going to the conservatory of Frankfurt where I had lessons with Stephan Werner. Stephan is a fantastic person who has an incredible passion for teaching and an immense talent for working with children. I stayed with Stephan for almost nine years and I would say that his way of teaching and his profound musicality influenced me deeply and basically constitute the basis of my musicianship. In working with him (as with all my following teachers) there was never a boundary between instrumental technique and music, it was always one thing: The music and its emotional content always formed the center of attention. In 2006 I started studying at the Darmstadt Music Academy with Olaf Van Gonnissen. With Olaf I learned to have a much more independent way of working, moreover, with him being an avid performer of historical instruments, he encouraged me to work with the historical sources of the music I was working on and to perform them on the original instruments of the respective epoch. After finishing high school, I went to study with Pablo Márquez in Basel (Switzerland). Pablo is an incredible musician who sees things from a wider perspective (being also a conductor and a respectable pianist) and has very clear musical ideals. Transparency and balancing of voices and the conscious shaping and use of specific sound qualities and colors are at the center of his teaching and I believe that I have learned a lot from him in these respects (along with many other things). While studying with Pablo I also had regular lessons at the Schola Cantorum Basiliensis with the lutenist Hopkinson Smith, partly on the baroque guitar, partly on the classical guitar. His (amazing) lessons were often build around the insight that many times one has a very clear conception of the music already in her or his mind and as soon as one realizes that, bringing the idea on the instrument is not a big step anymore. After finishing my Bachelor's degree I continued to study with Stephan Schmidt in Basel. Stephan is also a fabulous musician and a great person as well as a very sensitive pedagogue. My lessons with him gravitate many times around focusing all the bodily energies used for playing into the music itself instead of wasting them for big movements of the hands or the whole body. Also, talking about music and the guitar with Stephan provoked many thoughts in me that I would not want to miss.

You have realized “Terra”, your first cd, your first recording, can you tell us more about this record? Why this title and this repertoire ….? 

At some point in the last year, after playing several concerts and competitions, I realized that I had quite a nice repertoire at hand that was worth to be recorded. I had anyway planned for a longer time to make a new CD (I already recorded one in 2006, released privately) and decided to record a part of my repertoire at this point in April 2013. I found that the pieces, although they mostly had no obvious nexus, matched quite well in their contrasting features and their overall mood. That led me to emphasize these contrasts in the sequence of pieces on the record – the different musics appear like the manifold surfaces and appearances of the earth, hence the name Terra. Also, one of the central pieces recorded, Tristan Murail's Tellur, is essentially composed around that very concept and also carries the earth in its name, tellus being a latin synonym for terra: Tellur is built on the constantly changing and in itself harshly contrasting sounds of one instrument: the guitar.

Berio in his essay "A remembrance to the future" wrote: ".. A pianist who is a specialist about classical and romantic repertoire, and plays Beethoven and Chopin without knowing the music of the twentieth century, is also off as a pianist who is specialist about contemporary music and plays with hands and mind that have never been crossed in depth by Beethoven and Chopin. " You play both traditional classical and contemporary repertoire ... do you recognize yourself in these words? 

I would not be as orthodox. I do not understand why the supposed “border” between “traditional” and “contemporary” repertoire is often stressed so much. Especially given the fact that many of the pieces regarded as “contemporary” are anything but contemporary and many times are already as much as half a century old or older and themselves became part of a certain tradition. Also given the plurality of styles within so called “classical” music in the 20th century I do not understand why it should be helpful to know Chopin for an interpreter of Steve Reich's minimal pieces (and vice versa). At the same time knowing many styles of music is without doubt helpful to gain a certain mental flexibility that surely is helpful for approaching different kinds of music. While Berio apparently had the so called grand tradition of European music in his mind, I would try to be less (or maybe differently) ideological and say that it somehow helps to play different kinds of music. These might be Bach, Georgian vocal polyphony or German Schlager: it does not really matter for me.

What does improvisation mean for your music research? Do you think it’s possible to talk about improvisation for classical music or we have to turn to other repertories like jazz, contemporary music, etc.? 

I would not consider myself an improviser as I have to little experience in that field. From the experiences I have (mostly in the field of so called free improvisation) I can say that again this helped me to gain more flexibility in playing composed music. Classical music is full of improvisatory aspects that many musicians just don't classify as improvisatory: Starting from different room acoustics that are to be dealt with, to chamber music situations and to the occasional mistake that happens while playing. All these aspects (and many more) demand an improvisatory flexibility from the musician that is, as I would say, not very different in nature from that of a jazz musician or any other improviser.

What’s the role of the “Error” in your musical vision? For “error” I mean an incorrect procedure, an irregularity in the normal operation of a mechanism, a discontinuity on an otherwise uniform surface that can lead to new developments and unexpected surprises ...

If there was something like a human condition, I think that the error would be a big part of it. As errors happen everywhere where humans are at work, they are also a big part of music. For me errors in any form sometimes inspire new ways of working, sometimes, in case they repeat, they require a rethinking of the method in use and sometimes I don't even realise I did a mistake. In my own playing and musical thinking I tend to not give them a lot of room. Ideally I don't see practicing as a way to avoid errors but rather as a way to get to and to understand the center of the music. If you get there, mistakes do neither matter to me nor (ideally) to the listener.

mercoledì 11 giugno 2014

Download Podcast : la Terra di Jonas Löffler


Download Podcast


Giovane, classe 1988, Jonas Löffler è una delle nuove promesse della chitarra classica, al suo esordio discografico. Lo fa con questo ottimo "Terra" praticamente autoprodotto, un cd con un repertorio che si muove con assoluta disinvoltura tra Bach, rinascimento, romanticismo e musica contemporanea.

Young, born in 1988, Jonas Löffler is one of the promises of the new classical guitar, on his debut album. He does this with great "Terra"  virtually a self-produced CD with a repertoire that moves with absolute ease between Bach, renaissance, romanticism and contemporary music.

Puntate e Podcast: I° anno
Puntate e Podcast: III° anno

Guitars Speak terzo anno : la Terra di Jonas Löffler


Questa sera alle 21 su Radio Voce della Speranza

Giovane, classe 1988, Jonas Löffler è una delle nuove promesse della chitarra classica, al suo esordio discografico. Lo fa con questo ottimo "Terra" praticamente autoprodotto, un cd con un repertorio che si muove con assoluta disinvoltura tra Bach, rinascimento, romanticismo e musica contemporanea.

This night at 9 PM on Radio Voce della Speranza

Young, born in 1988, Jonas Löffler is one of the promises of the new classical guitar, on his debut album. He does this with great "Terra"  virtually a self-produced CD with a repertoire that moves with absolute ease between Bach, renaissance, romanticism and contemporary music.


FORLÌ: 104,5 Mhz

(Forlì, Cesena e Ravenna)

Via Curiel 53 - 47100 Forlì
Telefono & Fax 0543 414312
forli@radiovocedellasperanza.it



martedì 10 giugno 2014

Review of Terra by Jonas Löffler, 2014


Young, born in 1988, talented and with a great curriculum German guitar player Jonas Löffler makes his recording debut with a simply impeccable CD.
I recently noticed a new trend for the new recruits for the classical guitar: if in the past, even recently, the musicians preferred to divide themselves between classical and contemporary repertoire, specializing in each of them, their students today have a broader vision proposing as their first works wider recorded repertoires, able to range easily inside the entire repertoire .
I think it's a sign of the times: greater openness, greater flexibility , a broader musical vision , improved technical capacity and, why not, also the need to be able to respond better to the demands of the public and the music market .
Jonas Löffler meets these requirements perfectly at ease in moving an imaginary recital ranging from Bach BVW 998 , Tellur fur Gitarre solo by Murail, from the Renaissance by John Dowland to Tiento by Ohana and the Romanticism by Sor and De Falla. No problem, all nicely played, showing maturity and a preparation technique and interpretation that could get older and “oiled” musician envy. One of the best classical guitar records I have listen to in this first half of 2014, and a perfect presentation for this young guitarist who definitely do not lack about capacity, talent and ability.
I would add one more star for the excellent recording quality and a praise for the packaging of the CD and for the black and white photos made by same Löffler himself. I hope to have the opportunity to meet him in person in Italy .

lunedì 9 giugno 2014

Recensione di Terra di Jonas Löffler, 2014


Giovane, classe 1988, talentuoso e con un ottimo curriculum il tedesco Jonas Löffler fa il suo esordio discografico con un cd semplicemente impeccabile sia dal punto di vista musicale che dall’aspetto e dal packaging.
Ho notato di recente una nuova tendenza da parte delle nuove leve per la chitarra classica: se in passato, anche recente, i concertisti preferivano dividersi tra repertorio classico e repertorio contemporaneo, specializzandosi in ciascuno di essi, oggi i loro allievi presentano una visione più ampia proponendo come loro prime opere discografiche repertori dal più ampio respiro, in grado di spaziare agilmente nell’intero repertorio a disposizione.
Credo sia un segno dei tempi: maggiore apertura mentale, maggiore flessibilità, una visione musicale più ampia, una migliorata capacità tecnica e, perché no, anche la necessità di poter rispondere meglio alle richieste del pubblico e del mercato musicale.
Jonas Löffler risponde perfettamente a queste esigenze muovendosi a suo agio in un immaginario recital che va dalla BVW 998 di Bach, al Tellur fur Gitarre solo di Murail, dal rinascimento di John Dowland al Tiento di Ohana al romanticismo di Sor e di De Falla. Nessun problema, tutto eseguito con e una sicurezza, una maturità e una preparazione tecnica e interpretativa da far semplicemente invidia a concertisti più maturi e rodati. Uno dei dischi di chitarra classica da avere in casa per questa prima metà del 2014 e, mi auguro un ottimo biglietto da vista e di presentazione per questo giovane chitarrista a cui non mancano decisamente capacità, talento e impegno.

Aggiungo una stella in più per la eccellente qualità di registrazione e una lode per il packaging del cd e per le foto in bianco e nero che lo accompagnano scattate dallo stesso Löffler. Spero di avere l’occasione di conoscerlo di persona in Italia.

domenica 8 giugno 2014

Guitars Speak terzo anno : la Terra di Jonas Löffler


Mercoledì sera alle 21 su Radio Voce della Speranza

Giovane, classe 1988, Jonas Löffler è una delle nuove promesse della chitarra classica, al suo esordio discografico. Lo fa con questo ottimo "Terra" praticamente autoprodotto, un cd con un repertorio che si muove con assoluta disinvoltura tra Bach, rinascimento, romanticismo e musica contemporanea.

Wednesday night at 9 PM on Radio Voce della Speranza

Young, born in 1988, Jonas Löffler is one of the promises of the new classical guitar, on his debut album. He does this with great "Terra"  virtually a self-produced CD with a repertoire that moves with absolute ease between Bach, renaissance, romanticism and contemporary music.


FORLÌ: 104,5 Mhz

(Forlì, Cesena e Ravenna)

Via Curiel 53 - 47100 Forlì
Telefono & Fax 0543 414312
forli@radiovocedellasperanza.it



venerdì 6 giugno 2014

Happy Birthday to Steve Vai!

Intervista a Soni Sfardati (Enrico Cassia, chitarra e Antonio Quinci, percussioni) di Andrea Aguzzi, seconda parte





Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quando diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo può assumere la ricerca storica e musicologica in questo contesto?
Enrico. Credo di avere risposto nella precedente domanda. Assolutamente d’accordo.Antonio. Le novità portano sempre scompiglio. Thomas Kuhn, parlando di scienza, indicava l'alternanza tra paradigma e rivoluzione scientifica, individuando sempre la difficoltà nell'accettare l'innovazione da parte della tradizione. Credo che questo metodo di analisi possa essere applicato anche alla musica. L'innovazione, poi, diventa paradigma e si aspetta una nuova rivoluzione. Credo che in questo senso la ricerca storia e musicologica sia di fondamentale importanza per evitare di rimanere ingabbiati in un modo di intendere e suonare la musica.

Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?
Antonio. Il rischio c'è ed è reale. Ma qui entra e deve entrare in gioco la ricerca, l'intuizione che viene fuori dallo studio e dall'ascolto e prima ancora dalle esperienze di vita.

Come vedete la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario? A volte ho la sensazione che la possibilità di scaricare tutto, qualunque cosa da internet gratis abbia creato una frattura all’interno del desiderio di musica, una sorta di banalizzazione: insomma dov’è la spinta per un musicista a incidere un disco che con pochi euro riesci da solo a registrare e stampare quello che vuoi e chiunque può farlo? Alla fine diventa quasi un gesto quotidiano che si perde in un mare di download dove scegliere diventa impossibile … stiamo entrando in un epoca radicalmente diversa da quella che abbiamo vissuto finora? Come poter scegliere?
Antonio. Internet è stata una rivoluzione. Oggi i ragazzi che si affacciano alla musica possono, tramite YouTube, ad esempio, "far vedere" subito il loro talento. Spesso è solo voglia di apparire, altre volte è necessità di poter dire la propria. Lo stesso per il mercato discografico. Il rischio di banalizzare tutto c'è ma non penso sia legato all'esistenza del download digitale e alla morte del vecchio supporto quanto piuttosto al fatto che nessuno più, o pochi meglio pochissimi, investe nella musica. E allora ci si arrangia da sé. Il mare di possibilità nasce da questo, la quantità è elevata ma la qualità viene sempre a galla.



Consigliateci cinque dischi per voi indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..
Enrico. Il concerto in Cm n°2 Op.18 per pianoforte e orchestra di Rachmaninof, “Dream” di Michael Broock e Ulipop Srinivas, Afro Blue Impressions (live) di John Coltrane, Danças das Cabeças di Egberto Gismonti, Hydra di Ben Monder.
Antonio. Imaginary Day di Pat Metheny, Skunkworks di Bruce Dickinson, Give di The Bad Plus, Anything Goes di Brad Mehldau, Ok Computer dei Radiohead, Somewhere in Time degli Iron Maiden.

Quali sono invece i vostri cinque spartiti indispensabili?
Enrico. Le Gymnopedie di Eric Satie, Frevo di Gismonti, il Preludio n°6 di Bach, il quartetto in Gm Op.10 di Claude Debussy, The Way Up di Pat Metheny e Lyle Mays.
Antonio. Tutti i miei libri sui rudimenti della batteria e poi, anche per me, The Way Up del Pat Metheny Group.

Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli vi sentite di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?
Enrico e Antonio. Non smettere mai di studiare, e di fare ricerca. Trascrivere e suonare qualsiasi melodia o semplicemente ritmo. Umiltà sempre. E purtroppo, cambiare Paese.

Con chi vi piacerebbe suonare e chi vi piacerebbe suonare? Che musiche ascoltate di solito?
Enrico. Dipende dal momento. In questo periodo ascolto Ben Monder che adoro!! Ma anche Dino Saluzzi, Fred Frith, Chris Potter, Dave Holland, Steve Coleman, Wayne Shorter, Egberto Gismonti.
Mi piacerebbe collaborare invece con John Surman e.. con il grandissimo Pino Forastiere!
Antonio. Anche per me dipende da momento ma sicuramente Brad Mehldau. Ascolto tutto ciò che mi piace. Per adesso sono i The Bad Plus ad attirare le mie orecchie in maniera particolare!



Quali sono i vostri prossimi progetti? Su cosa state lavorando?
Enrico. Un duo dal nome “ij2” con Domenico Ammendola, talentuoso clarinettista con cui abbiamo condiviso vari concerti dal 2009 fino ad ora, passando dalla composizione all’improvvisazione.
Un disco in Solo in cui farò perdere la mia chitarra tra i loop, e ovviamente il nuovo Soni Sfardati, che per la prima volta vedrà l’ingresso di un bassista.
Antonio. Ho in mente di registrare la batteria di un disco in cui suono gran parte degli strumenti e che fino ad ora è rimasto chiuso nel cassetto e poi, ovviamente, il nuovo disco di Soni Sfardati.

Ultima domanda, proviamo a voltare verso la musica le tre domande di J.P.Sartre verso la letteratura: Perché si fa musica? E ancora: qual è il posto di chi fa musica nella società contemporanea? In quale misura la musica può contribuire all’evoluzione di questa società?
Enrico. Personalmente perché è un bisogno, un po’ come un atto d’amore. Arte per arte o arte per la vita? Preferisco risponderti citando uno dei miei registi preferiti, Andrej Tarkovskij, nel monologo tratto dal film “Stalker”:
La Musica è legata ben poco alla realtà, o meglio anche se è legata lo è senza ideologie, meccanicamente, come un suono vuoto senza associazioni.
E tuttavia la Musica per un qualche miracolo, penetra l’animo umano.
Cosa risuona in noi in risposta a un rumore elevato ad armonia?
E come si trasforma per noi nella fonte di un immenso piacere e unisce e commuove?
A cosa serve questo? E soprattutto a chi?
Risponderete: a nessuno e a nulla… così, disinteressatamente..
Ma è improbabile, perché tutto ha un senso e una ragione.
Ciò che chiamiamo passione in realtà non è energia spirituale, ma solo attrito tra l’anima e il mondo esterno.”.
Antonio. Quoto Enrico in tutto e per tutto.