martedì 4 giugno 2013
Recensione di Asleep on the Floodplain di Six Organs of Admittance, Drag City 2011
Six Organs of Admittance è il nick, il nome d’autore di uno dei principali progetti del chitarrista Ben Chasny. Di questo progetto si parla, spesso in maniera nebulosa, di spych folk o di new folk o acid folk, termini un po’ generici che identificano una comunità eterogenea di chitarristi acustici legati tra loro dalla passione per la primitive guitar dei chitarristi pre – war folk e che hanno eletto a modelli personaggi come Robbie Basho e John Fahey, strizzando l’occhio al rock psichedelico, in particolare ai Grateful Dead.
Ben è uno dei chitarristi più interessanti di questo filone musicale. Lo è perché nonostante la sua prolificità (fa uscire praticamente un disco l’anno come Six Organs of Admittance e ne ha altri disseminati in giro tramite collaborazioni che arrivano fino all’indie rock) riesce a mantenere sempre un livello di ispirazione costantemente elevato. Creativo, rigoroso, mai autoindulgente, sempre pronto a alternarsi tra il suono cristallino della sua acustica (rigorosamente accordata in open tunes) e lo sferragliare distorto e metallico della sua elettrica, sa sempre come creare tappeti sonori sommessamente scintillanti su cui, a volte, canta con voce confidenziale.
Se volete cominciare a ascoltarlo vi consiglio di partire con questo cd, tra i suoi più recenti, un disco molto maturo, tratto da registrazioni casalinghe effettuate tra il 2007 e il 2010. Ben ci sa davvero fare, non è certamente un virtuoso, ma quello che più importa è che è un musicista con una sua visione lucida e complessa. Il risultato è una musica a tratti cupa, intima, confidenziale, quasi adolescenziale se vogliamo nel cantare i dolori dell’anima, forse più blues, blues siderale che folk, ma sulle categorie preferisco non andare oltre.
Per chi ne rimanesse ipnotizzato e, come me, volesse iniziare un nuovo percorso di ricerca musicale andando alla ricerca di altre registrazioni sue e di altri sodali, lancio subito un avviso: se non siete persone col culto del disco in vinile o del cd a tiratura limitata lasciate stare. Cercare la musica di Ben Chasny, piuttosto che di John Fahey, o di Richard Bishop o di Jack Rose, significa inoltrasi in una selva brulicante di edizioni limitate, ristampe, case discografiche individuali, registrazioni casalinghe che complicheranno non poco la vostra ricerca, ma in fin dei conti è questo il bello del collezionismo di questi tempi, la caccia al disco, il piacere del contatto diretto con la label indipendente piuttosto che con il musicista stesso .. rinunciare a priori al pigro e comodo download da itunes … al diavolo i vostri tablet e smartphone, lasciate affascinare!
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