lunedì 30 marzo 2015

Intervista con Fabio Selvafiorita di Andrea Aguzzi



Lei ha un curriculum un po' curioso: si è laureato in musicologia a Bologna con una tesi sulla composizione assistita dal computer, ha fondato una società di produzione e postproduzione video, ha studiato musica elettronica alla Scuola Civica di Milano con Alvise Vidolin, cosa ha voluto dire per lei poter studiare con un insegnante di quel livello?

Potrà sembrare un percorso un po’ eclettico ma ho sempre seguito solo due grandi passioni: la musica e il cinema. Alla Civica arrivai dopo aver temporaneamente lasciato gli studi universitari a Bologna. Vidolin proveniva dal Centro di Sonologia di Padova, aveva collaborato con importanti compositori del dopoguerra come Nono, Sciarrino, Berio, Battistelli. Rimane la memoria storica dell'informatica musicale italiana quindi non potevo chiedere di meglio. Con lui facevamo molta pratica di live electronics su brani di repertorio e ricordo molti incontri interessanti con compositori e scienziati.

Lei è stato per studio presso l'IRCAM a Parigi che realtà ha trovato in quel paese rispetto alla situazione italiana? Che ambiente è l'IRCAM …?

Il soggetto della mia tesi di laurea era OpenMusic, software per la composizione dell’IRCAM, quindi mi sembrò naturale approfondire gli studi con le stesse persone che contribuirono allo sviluppo del software. L'IRCAM è una realtà che invecchia ma non ha paragoni in termini di organizzazione e serietà nella ricerca e produzione. E’ necessario però valutare la necessità di questo tipo di ricerca oggi. Molte di queste istituzioni tendono ad avvicinare la musica da un esclusivo paradigma di tipo ingegneristico-cognitivo che ha ormai fatto il suo tempo. Rimanendo a Parigi trovo molto più interessante ad esempio quello che musicalmente passa dal GRM. Una "situazione italiana" non esiste perché non esistono istituzioni simili. Ma non credo che questo sia un male.

In molta della sua musica si sente la presenza della chitarra, una cosa un po' particolare tenendo conto dei suoi studi e della sua formazione elettronica e informatica. Quanto è importante la presenza della chitarra nella sua musica?

Tenga conto che iniziai gli studi musicali a 12 anni quando mio padre mi iscrisse ad un corso di chitarra classica. Ne seguì un periodo di studio molto intenso durato quasi 15 anni e per un po’ di tempo abbracciai anche l’idea di farne una carriera. Diventai piuttosto bravo ma capii presto che non basta essere “piuttosto bravi”per fare il concertista. Ho fatto poi anche le mie belle esperienze con l’elettrica nel rock ma soprattutto nel metal, thrash metal. Mi piaceva lo stile di Chuck Schuldiner, Denis D’Amour (alias Piggy) due giovani vite maledettamente stroncate troppo presto. Poi certa musica acustica americana, Fahey, Basho, Michael Hedges. Parallelamente alla chitarra però, come lei ha evidenziato, cominciarono ad interessarmi altre strade: la musicologia, la musica elettronica e infine la composizione. Ad esempio ritengo la frequentazione dei corsi di composizione con Alessandro Solbiati un altro momento molto importante per la mia formazione. Grazie a lui ho imparato che cosa vuol dire comporre, essere un Compositore e quindi mediare tra un pensiero musicale e la scrittura per mezzo degli strumenti musicali. Nella musica elettronica invece la scrittura è assente o assume altri significati. Nascono e si sviluppano altre grammatiche, altre possibilità formali. C'è quindi una differenza ontologica sostanziale tra i due mondi e la differenza la fa la scrittura. Nella mia musica ad esempio questo si riflette in una differenza abissale tra la musica elettronica che produco e quella strumentale che scrivo. Contrariamente alla musica elettronica che produco la mia scrittura, quindi anche per chitarra, è piuttosto “tradizionale” e i miei modelli rimangono compositori come Petrassi, Castiglioni, Henze. Tornando alla sua domanda sulla chitarra ha ragione; gran parte delle cose che ho scritto prevede una chitarra. E continuerò a farlo. Sono convinto che sia uno strumento ancora tutto da esplorare. Come compositore non voglio lasciarmi sfuggire questa sfida.

Lei ha pubblicato altri pezzi per chitarra (oltre ai Fleurs d'X) per la Ut Orpheus Edizioni, si tratta di "7 pezzi brevi per chitarra" del 2005 e "Eloge de l’Asymptote per Chitarra" del 2006, ce ne vuole parlare? Sono stati eseguiti e registrati?

I Fleurs d'X ora sono editi dalla casa editrice Nuova Stradivarius mentre i due lavori da lei citati rimangono editi da Ut Orpheus. A parte i Fleurs d’X il mio catalogo per chitarra comincia ad essere piuttosto consistente: due fantasie-sonate, cinque preludi, tre raccolte di brani in forma di Suite tra cui includo i 7 pezzi brevi, l'Eloge e Quodlibet infine un brano da camera per chitarra e cinque strumenti. Il modello seguito per comporre i brani da lei citati è quello delle Suite dei grandi chitarristi barocchi, Roncalli, de Visée. Forme brevi e brevissime, gesti concisi ed estrema varietas. Fleurs d'X a parte la maggior parte di questi brani non è mai stata eseguita e registrata.

Come è nato il progetto Fleurs d'X e la collaborazione con Elena Casoli?

I Fleurs d’X sono soprattutto un gioco nato quasi per caso. Racconto i dettagli un po’curiosi della nascita di questo lavoro nel booklet del CD. Come tutti i giochi ci sono implicazioni serie e semiserie. Ho letto che lei li ha definiti frammenti: mi sembra una definizione corretta anche se io li considero alla stregua di emblemi. Il carattere perentorio dei brani non è privo di reservatezze, ai limiti del gioco musicale come il famoso Rondeau di Cordier o simbolico come negli emblemata dell’Atalanta Fugiens di Maier. Ci sono ad esempio dei piccoli enigmi musicali che mi sono divertito ad inserire in molti brani. Ho sempre poi un’immagine, come dire, cortigiana della musica che scrivo per chitarra come se fosse musica adatta a scandire le ore di un’immaginaria corte futura. Se ha mai letto Anathem di Neal Stephenson potrà facilmente visualizzare questa fantastica comunità monastico-cortigiana. Per quello che riguarda Elena credo che la più grande fortuna per un compositore sia lavorare con interpreti professionisti. Con lei si è tutto svolto quindi all’insegna della massima professionalità: le ho proposto il lavoro, ci siamo incontrati tre volte per le prove e a quel punto ho capito che potevamo anche suggellare la collaborazione in un CD. Ho voluto personalmente seguire le registrazioni in studio sperimentando alcune soluzioni di ripresa microfonica utilizzando anche un microfono a contatto per evidenziare particolari sonorità.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea. Lei quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

La frase aveva certamente un senso nel periodo in cui è stata scritta. Berlioz suonava la chitarra ed era un protagonista della rivoluzione che il linguaggio musicale stava attraversando. Ma più che di linguaggio forse parlerei proprio di suono. Il suono romantico (la sua componente dionisiaca), è di fatto incompatibile con l’esilità della chitarra (strumento apollineo). E’ un suono che tende alla saturazione dello spazio. Lo stesso trattato di strumentazione di Berlioz considera in modo innovativo problemi come la spazializzazione degli strumenti orchestrali, l’acustica ecc. ecc. Ma la saturazione romantica non fu soltanto evidente questione “dinamica”. Dello stesso spazio tonale si cominciava allora a prendere coscienza dei limiti. Se già la forma-mentis del compositore che si era formato sul Fux era comunque poco incline ad adattarsi alla combinatoria chitarristica figurarsi nell'epoca post Sturm und Drang. Poi la chitarra era sempre lo strumento dell’ancient régime, di Luigi XIV, e Berlioz nella sua musica non celebrava di certo la memoria delle vittime del genocidio vandeano. Se il suono romantico tende ad avvolgere il pubblico la chitarra, al contrario, ha un suono che tende ad attirare a sé chi ascolta. Incantandolo. Ma qui accade qualcosa di straordinario, unico e anche tragico nella Storia della Musica. Dal punto di vista psicanalitico si tratta di un processo che definirei di schizofrenica rimozione di un desiderio inconscio. La novità espressa dal suono romantico, la sua dimensione estatica è talmente predominante che prevale anche sull’immaginario mitico-simbolico incarnato dagli strumenti a corde pizzicate (quindi anche nelle elaborazioni più arcaiche della chitarra tipo liuto, arpa). Immaginario che comunque è ben presente anche nei compositori (quelli celebrati dal Canone) che hanno rimosso la chitarra dalla loro pratica compositva. Si pensi alla centralità della figura arcaicizzante dell’arpa o del liuto in tutta l’elaborazione poetica romantica. Un altro esempio che varrebbe la pena approfondire: l’arpa-liuto di Beckmesser nei Meistersinger di Wagner. Non vorrei tirarla per le lunghe ma, nel bene e nel male questa considerazione per me ha implicazioni rilevanti per tutta la Storia della chitarra. Qui c’è anche materiale, come scrisse Quirino Principe, per definire “ciò che la musica è indipendentemente dalla sua epifania storica…la sua essenza, al di là dell’esistenza”.

Ho notato in questi ultimi anni un progressivo avvicinamento tra due aspetti della musica d’avanguardia, da un lato l’aspetto più accademico e dall’altro quello portato avanti da musicisti ben lontani dai canoni classici e provenienti da aree come il jazz, l’elettronica e il rock estremo come Fred Frith, John Zorn, la scena downtown newyorkese e alcune etichette di musiche elettroniche come la Sub Rosa e la Mille Plateux influenzate dal pensiero di Deleuze e Guattari. Che ne pensa di queste possibile interazioni e pensa che vi sia spazio anche per esse in Italia? Inoltre, si sente spesso parlare di improvvisazione, a volte di improvvisazione aleatoria nell’ambito della musica contemporanea a volte confondendola con l’azione e il gioco della casualità come per Cage, quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale?

Mai come oggi in Italia ci sono enormi talenti musicali, tra interpreti compositori e musicisti elettronici. Indipendentemente dalle istituzioni e dalla loro degenerazione è un periodo straordinario tanto per la musica sperimentale quanto per quella accademica. La differenza nel nostro paese la fanno i singoli, temprati da tutte le difficoltà del caso per emergere. Sulle contaminazioni tra accademia e sperimentazione ho molti dubbi ma spero, in un prossimo futuro, di poter far sentire la mia voce. La mia insaziabile curiosità mi ha portato a frequentare entrambi i due mondi ma …non so se conosce il verso di Cristina Campo:
Due mondi –e io vengo dall’altro”.
L’improvvisazione per me ha una grandissima importanza soprattutto nella musica elettroacustica. Ma non mi è mai interessato documentare l’atto improvvisativo in sé.

A parte l'uso del computer quale approccio segue per comporre? Usa solo il computer o preferisce un approccio più “tradizionale”? Scrive su pentagramma o ricorre a altre sistemi come diagrammi, disegni etc.?

Se si tratta di scrittura musicale in realtà uso quasi sempre prima carta e penna. Non per un vezzo retrò anche perchè oggettivamente è meno faticoso scrivere musica direttamente al computer. L’antico gesto della mano però si imprime più facilmente nella memoria e questo mi aiuta molto nell'elaborazione soprattutto della fase pre-compositiva. Prendo poi molti appunti in modo del tutto disordinato. Ma non sempre procedo in questo modo. A volte uso OpenMusic (o PWGL) e Finale aperti contemporaneamente per generare materiale. Il passaggio tra questi software o di questi con il primo metodo è non lineare e poco prevedibile. Di mezzo poi ci sono molte stampe, tante sforbiciate e molto scotch. Disegni e diagrammi li utilizzo soprattutto per la musica elettronica o per la musica da camera. Non sono indicazioni prescrittive ma un repertorio di possibilità che riguarda il montaggio delle parti (queste spesso improvvisate su strumenti elettro-acustici, oggi soprattutto nastri e pedali per chitarra). Questi schemi rimandano a procedimenti narrativi e/o tipici del montaggio audiovisivo in modo da poter contrapporre tra loro tecniche di editing a quelle di montage.

Quali saranno i suoi prossimi progetti?



Dopo quattro anni dall'ultima produzione di musique concrète sto finalmente ultimando il mio primo lavoro solista di musica elettronica. E’ una lunga suite dal titolo provvisorio Come to Venus, Melancholy (dall’omonimo racconto di Thomas Disch). Ho poi ripreso un vecchio progetto di una serie di scene dal Faust per viola d’amore e elettronica ma non ho la più pallida idea di dove andrà a parare. Notizia recentissima è l'inizio di una collaborazione con il quotidiano online L'Intellettuale Dissidente per il quale mi occuperò di Musica, quella di Tradizione e d'Avanguardia, finalmente in una prospettiva post-ideologica, senza facili concessioni alle semplificazioni e a cui faranno seguito approfondimenti critici, di cronaca e consigli d'ascolto.

domenica 29 marzo 2015

Guitars Speak: la chitarra di Memphis Minnie


Download Podcast

Mercoledì sera sarò in onda con la chitarra blues di Memphis Minnie. Minnie è stata una cantante e musicista statunitense di blues. È stata una delle grandi del blues, il suo blues è radicato nel country blues piuttosto che nel blues classico ma fu la prima donna a darsi al blues elettrico contribuendo così alla nascita del blues urbano di tipico di Chicago, detto appunto Chicago blues.

Wednesday evening I will be "on air" with Lizzie Douglas's guitar. Known as Memphis Minnie, was a blues guitarist, vocalist, and songwriter whose recording career lasted from the 1920s to the 1950s. She recorded around 200 songs, some of the best known being "Bumble Bee", "Nothing in Rambling", and "Me and My Chauffeur Blues". Her performances and songwriting made her well known in a genre dominated mostly by men.

http://radiovocedellasperanza.it/

sabato 28 marzo 2015

Pat Martino Trio - Lotos Jazz Festival 2014 full concert


- Catch
- Full House
- Inside Out
- Lean Years
- Blue In Green
- All Blues
- Mac Tough
- Sunny

● Personnel:
Pat Martino - guitar
Pat Bianchi - organ Hammond B3
Carmen Intorre - drums
● Pat Martino Trio: 16 Lotos Jazz Festival, Bielska Zadymka Jazzowa
Live at Klub Klimat, Poland, 20.02.2014

giovedì 26 marzo 2015

Review of The Light and Other Things di David Tronzo, Noah Kaplan and Giacomo Merega, Underwolf Records 2012


Underwolf Records reissues digitally this work dated 2008, debut album for the bassist Giacomo Merega, effectively assisted by guitarist David Tronzo and saxophonist Noah Kaplan. This record needed several long listenings by myself, for several reasons. First I had never heard any of the musicians involved, discovering how the guitarist David Tronzo has an impressive long and trans-gender curriculum having played all kind of music and collaborating with musicians such as David Bowie guitarist Reeves Gabrels, Wayne Horvitz, David Sanborn and The Lounge Lizards. Just as I didn’t know the italian bassist Giacomo Merega, key man of this project, and Noah Kaplan, both students at the time with Joe Maneri to NEC and Boston Microtonal Society.
The Light and Other Things has a duration of about one hour with the song titles mentioning and directly inspired by many paintings of the same name by Paul Klee, who act as figurative references.
It 'a record of improvised music, not easy listening, where everything seems hard to stand on a thin and sometimes disturbing tension created between the three musicians involved who exchange roles and priorities: it doesn’t seem to emerge a leader flaked by the others, but the final sound that emerges seems to be the result of a very close interaction between the musicians themselves. Although it sure does not sound like a record of ambient music I found pleasant immerse myself into listening to their music accepting the game to avoid a direct and intentional listening leaving me rather soothed and guided by their instruments: the absence of a rhythm instrument in this trio gives from the beginning a somewhat “alienating effect” that continues even when you realize how each of the musicians contribute to add rhythmic elements from time to time by forcing the limits of their instrument and working on textures of sounds to the limits of microtonality.

Really interesting work, for music gourmets. We hope for a sequel.



mercoledì 25 marzo 2015

Il Festival Romitelli su RaiRadio3


Siamo lieti di comunicare il calendario delle prossime trasmissioni dei concerti del 23° Festival di Milano Musica "Fausto Romitelli. Percorsi di musica d'oggi 2014", in onda su RaiRadio3:

29 marzo 2015 - ore 20.30
beyondZeromdi ensemble 
musiche di Levinas, Romitelli, Casale, Grisey 

19 aprile 2015 - ore 20.30
Quartetto Prometeomusiche di Haas, Romitelli, Kurtág, Saariaho

3 maggio 2015 - ore 20.30Flavio Virzìchitarra elettrica
Simone Beneventi
percussionimusiche di Romitelli, Murail, Montalbetti, Mancuso, Dufourt
10 maggio 2015 - ore 20.30Quartetto di Cremonamusiche di Lachenmann, Ghisi, Perini, Šostakovič
17 maggio 2015 - ore 20.30Ensemble "Giorgio Bernasconi" dell'Accademia Teatro alla Scala
Fabi
án Panisellodirettore
Coro di Voci Bianche dell'Accademia Teatro alla Scala
Bruno Casoni
direttoremusiche di Vaughan Williams, Romitelli, Maresz
7 giugno 2015 - ore 20.30
beforeZero
RepertorioZeromusiche di Romitelli, Verrando, Nova

martedì 24 marzo 2015

Roma Expo Guitars 28-29 marzo 2015

Roma Expo Guitars 28-29 marzo 2015


Sabato 28 e domenica 29 marzo 2015 si svolge Roma Expo Guitars, la prestigiosa mostra di liuteria chitarristica, promossa dall'associazione "Chitarra in", che accoglie nella Capitale i preziosi strumenti di 18 affermati liutai italiani e internazionali.
La manifestazione è ospitata nelle splendide sale di "Roma Eventi Conference Center", nella centralissima via Alibert, 5 a 20 metri dalla centralissima Piazza di Spagna (Metropolitana A, Spagna).
Per l'occasione sarà disponibile anche il Catalogo illustrato a colori della mostra.
Ingresso euro 5,00. Orari di apertura: dalle h. 10 alle 20.

Per informazioni, tel. 328-0048829, 
http://chitarrain.com

Guitar's Documentary: Legendary Jazz Guitarist, Johnny Smith - Live!


John Henry "Johnny" Smith (June 25, 1922 – June 11, 2013) was an American cool jazz and mainstream jazz guitarist. He wrote the tune "Walk, Don't Run" in 1954. He was born in Birmingham, Alabama. An extremely diverse musician, Johnny Smith was equally at home playing in the famous Birdland jazz club or sight reading scores in the orchestral pit of the New York Philharmonic. From Schoenberg to Gershwin to originals, Smith was one of the most versatile guitarists of the 1950s. His most famous musical composition is the tune "Walk Don't Run", written for a 1954[4] recording session as counter-melody to the chord changes of "Softly, As in a Morning Sunrise". Another guitarist, Chet Atkins, covered the song. Some musicians who became The Ventures heard the Atkins version, simplified it, sped it up, and recorded it in 1960. The Ventures' version went to No. 2 on the Billboard Top 100 for a week in September 1960. Johnny Smith stepped out of the public eye in the 1960s, having moved to Colorado in 1958 to teach and run a music store and to raise his daughter after the death of his second wife.

lunedì 23 marzo 2015

Recensione di The Light and Other Things di David Tronzo, Noah Kaplan e Giacomo Merega, Underwolf Records 2012


La Underwolf Records ristampa in formato digitale questo lavoro del 2008, album di debutto del bassista Giacomo Merega, coadiuvato efficacemente dal chitarrista David Tronzo e dal sassofonista Noah Kaplan.
Questo disco ha richiesto parecchi prolungati ascolti da parte mia, per diversi motivi. Primo non avevo mai ascoltato nessuno dei musicisti coinvolti, scoprendo come il chitarrista David Tronzo abbia un curriculum di tutto rispetto che ha attraversato un po’ tutti e generi musicali collaborando con musicisti come il chitarrista di David Bowie Reeves Gabrels, Wayne Horvitz, David Sanborn e il gruppo The Lounge Lizards. Così come non conoscevo il bassista italiano Giacomo Merega, assemblatore di questo progetto, e Noah Kaplan, entrambi studenti all’epoca con Joe Maneri al NEC e Boston Microtonal Society.
The Light and Other Things presenta una durata di circa un’ora con i titoli dei brani che citano e si ispirano direttamente a altrettanti dipinti omonimi di Paul Klee, che fungono da riferimenti figurativi.
E’ un disco di musica improvvisata, di non semplice ascolto, tutto il disco sembra reggersi su una sottile e a volte inquietante tensione creata tra i tre musicisti impegnati che si scambiano ruoli e priorità: non sembra emergere un leader a cui gli altri si affiancano, ma il suono finale che emerge sembra essere il frutto di una strettissima interazione tra i musicisti stessi. Anche se sicuramente non suona come un disco di musica ambient ho trovato piacevole immergermi nell’ascolto della loro musica accettando il gioco di evitare un ascolto diretto e intenzionale lasciandomi piuttosto cullare e guidare dai suoi degli stessi strumenti: l’assenza di uno strumento ritmico in questo trio da all’inizio un effetto un po’ estraniante che continua anche quando ci si accorge di come ciascuno dei musicisti contribuisca ad aggiungere di volta in volta elementi ritmici forzando i limiti del proprio strumento e lavorando su texture di suoni ai limiti della microtonalità.

Lavoro davvero interessante e per palati fini. Speriamo in un seguito.



sabato 21 marzo 2015

Frank Zappa Guitars and Snippets 12 live & 3 studio guitars solos (1978 - 1982)


Frank Zappa Guitars and Snippets
12 live & 3 studio guitars solos (1978 - 1982)


You have already heard some of these solos, but here they are in their whole form, without cuts.
00:00 - 1980 12 11- Santa Monica - Easy Meat
07:15 - 1980 10 17 Dallas - City Of Tiny Lights
11:54 - 1980 06 07 Cologne - City Of Tiny Lites
16:47 - 1980 05 24 Rotterdam - Pick Me I'm Clean
20:29 - 1980 06 07 Cologne - Easy Meat
25:43 - 1980 05 24 Rotterdam - Easy Meat
30:17 - 1984 07 22 Los Angeles - Let's Move To Cleveland
32:42 - 1988 05 01 Stockholm - The Torture Never Stops
37:58 - 1979 02 24 Paris - Watermelon In Easter Hay
41:39 - 1980 YAWYI outtakes - Dumb All Over
44:59 - 1978 02 15 Berlin - The Torture Never Stops
51:47 - 1978 02 15 Berlin - Little House I Used To Live In
57:44 - 1982 04 20 The Complete Guitar solo part 1
1:06:48 - 1982 04 20 The Complete Guitar solo part 2
1:08:54 - 1980 06 07 Cologne - Pound For A Brown

+ Various Lather Snippets 1978 circa

venerdì 20 marzo 2015

Duo Scarlatti (Nicola Pignatiello chitarra, Daniele Sardone chitarra) in concerto presso La Stanza della Musica


sabato 21 marzo ore 17:30
Concerto.
Emigranti. Duo Scarlatti (Nicola Pignatiello chitarra, Daniele Sardone chitarra). Ingresso libero

L'ottavo appuntamento della stagione "Una Stanza per la Musica" vede protagonista un talentuoso duo di chitarre, il Duo Scarlatti, composto da Nicola Pignatiello e Daniele Sardone. 
Ecco a voi l'interessante programma che Nicola e Daniele ci proporranno per ascoltare buona musica insieme nel primo giorno di primavera!

J. Sebastian Bach – Concerto nel gusto Italiano
- Allegro
- Andante
- Presto

D. Scarlatti – Sonate
- K162
- K380
- K99
- K27
- K260

M. Castelnuovo-Tedesco – Sonatina Canonica
- Vivo
- Siciliana
- Fandango

Les Guitares bien tempereés
- Do minore
- Do diesis minore
- Mi maggiore
- La maggiore
- La minore

Come sempre, l'ingresso è gratuito e al termine del concerto sarà offerto un piccolo aperitivo.

Silvia Cignoli in concerto

Programma del concerto SIMC di domenica 22 marzo 2015, ore 17, nella Dimora Storica di Villa Oliva, a Cassano Magnago (Varese).


Concerts d'hiver '15 - Duo Impérial

DOMENICA 22 MARZO - BIBLIOTECA DI SAINT-CHRISTOPHE - ore 20,45

DUO IMPERIAL

Joël Impérial, viola
Gilbert Impérial, chitarra



Musiche di Rebay, Piazzolla, Barbera e Paganini

giovedì 19 marzo 2015

Interview for Trio Chitarristico di Bergamo by Andrea Aguzzi



When did you start playing guitar and why?

We approached ourselves to the guitar in different times. Mario began at seven years old moved by the spirit of emulation against his father who was performing with electric guitar in a group of the sixties. Luca has undertaken the study of the instrument to eleven years old, after being fascinated by some executions of classical and modern guitar virtuosos (Segovia and Van Allen mostly). Marco started by himself very late, almost as a joke, around 16/17 years. Sharing a passion for guitar with friends and wanting to deepen the study of the instrument, at 20 years he enrolled in a course for classical guitar: from that day on the study of the instrument has become a fundamental part of his livfe.

What did you study and what is your musical background?

Mario: at seven years old I began studying privately. At eleven I entered the guitar class of the Donizetti Music Institute in Bergamo and, under the guidance of Giorgio Oltremari, I graduated with honors at age 19. I later attended courses with Angelo Gilardino and Tilmann Hoppstock, while I undertook parallel study of the electric guitar, self-taught. I then graduated in Musicology, always at Donizetti Institute,and in second-level instrument. Despite having a classical education, I love listening to a lot of rock and heavy metal, that I play even as interpreter and author with a rock group of friends.
Luca: I joined the Institute Donizetti in Bergamo, graduating under Giorgio Oltremari’s leadership. I was a member for several years of a rock band from Bergamo. For classical music I prefer the big baroque concerts and symphonic music from nineteenth century. About rock have a special devotion for great virtuosos like Steve Vai, Joe Satriani, Tony McAlpine.
Marco: from twenty years I have carried out parallel studies in musicology and the study of classical guitar, ending in the same period. I graduated by the Conservatory of Piacenza under Marco Taio’s guidance. I later attended master classes with Carlos Bonell and Giulio Tampalini and I achieved the best result the Second Level Diploma in Guitar Institute Donizetti in Bergamo, after two years of study with Luigi Attademo. It 's very difficult to summarize in a few lines my musical background. If I have to mention some reference point, I would say definitely Bach and many composers of the twentieth century: Debussy, Stravinsky, Bartok ... but also Charles Mingus, Jimi Hendrix (I’m left handed too..). About my personal listening i have preferences for chamber and symphonic music, where I get the main ideas for my interpretations.

What guitars do you play and what guitars have you played?

Luca has a Masaru Khono Special '89 and Mario a Masaru Khono Special '92. Marco currently plays a guitar made by Lodi brothers, but he has played for several years a guitar made by luthier Michele Della Giustina.

How did the Trio Chitarristico di Bergamo start?

Mario and Luca first met while studying at the Institute Donizetti, while Marco and Mario met in Cremona, both studying at the Faculty of Musicology. In the summer of 2008 we found ourselves in an orchestra of guitars led by a guitarist friend, Paolo Viscardi. That was an opportunity to meet again, and in a short time the idea was born, and so we gave life to the Trio Chitarristico di Bergamo.

How did you get the idea of your cd "Light Shadows of Ideas"?

Starting from the study of several nice transcriptions, we focused ourselves more and more actively in the study of the works for guitar trio. And we continued our research motivated by the desire to discover and learn even contemporary works. Playing many scores by Italian living composers had the effect to push themselves to compose and dedicate more new music for our Trio. After a few years, in a natural way, we get to the idea to reunion all these scores in a CD.

What is the significance of improvisation in your music research? Shall we talk about improvisation in a repertoire so encoded as the classic one or we're forced to leave it and turn to other repertoires like jazz, contemporary, etc?

It 'a very complex problem. Improvisation in "classical" music has always existed, at least until the beginning of nineteen century. The deepening of the concept of "repertoire" in the romantic era has pushed the schools of music, especially conservatories, to specialize themselves more and more in the training of interpreters, sacrificing the creative aspect that has remained the prerogative for composers only. Knowing how to improvise means knowing how to compose extemporaneously; a lot of contemporary music leaves wide spaces for improvisation, as well as Baroque music or other ancient music .. The problem is mainly bound to the nineteen century and nowadays we still suffer the legacy of educational and cultural setting tied to a static repertoire’s conception and a secularized musician’s figure. Nothing forbids us to learn to be performers, composers and improvisers. The modern education tends to unite and not to divide these aspects.

Berlioz said that composing for classical guitar was difficult because you had to be first and foremost a guitarists, these words have often been used as a justification for the limited repertoire of classical guitar in confront to other instruments like piano and violin. At the same time it has been more and more "confused" by the growing interest that the guitar (whether classical, acoustic, electric, midi) collects in contemporary music, not to mention the success in pop music, where electric guitar is now synonymous of rock music... what do you think it’s still true about Berlioz’s words?

Berlioz gave these observations in a specific historical context. The guitar began to be supplanted by a repertoire whose favorite instruments had a most sound impact. However, Berlioz’s words sounds somehow still present. Almost all the scores that we recorded in our CD for example were composed by guitarists-composers and part of the guitar repertoire is linked to the name of musicians who have learned the practice of the six strings. However, if we think of the twentieth-century repertoire for guitar, many masterpieces were conceived by authors who have often collaborated with their interpreters. But guitar still scares, this polyphonic instrument still requires a thorough knowledge, without which a lot of music that could be written would be not executable or otherwise with a low emotional impact. As for the modern guitar, whether electric or acoustic, we do not think that has challenged the classical guitar, simply we talk about a different instrument, which prefers other techniques and other types of repertoire (not necessarily incompatible).

Luciano Berio wrote "the preservation of the past has a way too negative, as it becomes a way to forget the music. The listener gets an illusion of continuity that allows him to select what apparently confirm that same continuity and censor everything that seems to bother it", what role can historical and musicological research get in this context?

The phrase Berio think is addressed to the detractors of the avanguard, but should be contextualized. Making musicological research, in function of performance practice and rediscover the masterpieces of the past does not mean closing the door to the "new", indeed it could be used as a valuable mine to allow the new music to break the feared continuity.

I sometimes have the feeling that in our time music’s history flow without a particular interest in its chronological course, in our discotheque past and the future become interchangeable elements, would it present a risk for an interpreter and a composer of a uniform vision? A "globalization" of music?

We think that it’s the duty of a serious interpreter select in his discotheque valid recordings, according to a criterion of choice that involves careful listening and a strong critical thinking skills. Nowadays (especially in the web) we face a so wide music offer that go beyond the simple need of the listeness, who face a lot of music in a very volatile and superficial way. It’s a duty of attentive listeners and good interpreters fight this superficiality, because the technological means nowadays, if well used, offer great advantages.

What are your next projects?


Recording a cd of nineteen music for guitar trio.

João Luiz and Douglas Lora - Brasil Guitar Duo full concert


Brasil Guitar Duo, a 2006 winner of the Concert Artists Guild International Competition, and hailed by Classical Guitar magazine for its "maturity of musicianship and technical virtuosity," is equally at home on a classical or a world-music series. Its innovative programming features a seamless blend of traditional and Brazilian works, resulting in a full global touring schedule and a growing catalogue of critically acclaimed recordings. The Duo has appeared internationally on major concert series and at festivals in Cuba, Germany, England, South Korea, Colombia, Brazil, Austria, Panama, Poland, and Bermuda. Recent and upcoming U.S. engagements include recitals in such major venues as New York, Santa Barbara, Miami, Houston, Dallas/Fort Worth, St. Louis, Tucson, Portland, Nashville, San Jose, and Oakland.

http://www.brasilguitarduo.org/home
http://pt.wikipedia.org/wiki/Brasil_Guitar_Duo


mercoledì 18 marzo 2015

Guitars Speak; The Allman Brothers Band Live At Fillmore East


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La storia ci dice che il disco At Fillmore East venne registrato nel corso di tre serate (l'11, 12, e 13 marzo 1971) svoltesi a New York City nel locale Fillmore East di proprietà del promoter Bill Graham. Il 27 giugno, il Fillmore East chiuse definitivamente i battenti, e la band fu invitata a suonare nel corso del concerto finale di commiato. Finalmente nell’ottobre 2014 tutte queste registrazioni sono state raccolte in un eccezionale cofanetto di 6 cd con tutte le registrazioni integrali. Considerato da molti uno dei più bei live della storia della musica, in queste registrazioni gli Allman Brothers danno il meglio di sé proponendo la loro miscela di rock, blues e jazz con una forza e intensità incredibili.

History tells us that the At Fillmore East record was recorded over three nights (11, 12, and 13 March 1971) held in New York City in the Fillmore East owned by promoter Bill Graham. On June 27, the Fillmore East finally closed its doors, and the band was invited to play in the final farewell concert. Finally in October 2014 all of these recordings have been collected in a unique 6 cds box set with all the complete recordings. Considered by many one of the best live in music history, in these recordings the Allman Brothers give the best of themselves offering their blend of rock, blues and jazz with an incredible strength and intensity.

http://radiovocedellasperanza.it/

martedì 17 marzo 2015

FIV VIII 2015 - Festival Internacional de Violão - Maurizio Grandinetti


Programação de concertos
10/04 - Fundação de Educação Artítstica - 20 hrs
Maurizio Grandinetti (ITA)
Projeto Novas - Elodie Bouny, Alexandre Gismonti, Carlos Walter, Guilherme Vincens (França, RJ/MG)

11/04 SESC Paladium - 20hrs
Alieksey Vianna Trio (MG)
Yamandu Costa (RS)

12/04 Grande Teatro do Palácio das Artes - 20 hrs
Duo Assad (RJ)

Programação Master Classes
(programação prévia podendo sofrer alterações e horários a confirmar)

10/04 - Fundação de Educação Artística
Master Class - Aliéksey Vianna

11/04 - Conservatório da UFMG
Oficina Projeto Novas 
Mater Class Sérgio Assad 
Mater Class Odair Assad

12/04 - Fundação de Educação Artística
Mater Class Maurizio Grandinetti 
Oficina Yamandu

Endereços: 
Fundação de Educação Artística
Rua Gonçalves Dias, 320
CEP: 30140-090 Belo Horizonte - MG
(31) 3226 6866 • contato@feabh.org.br

Conservatório da UFMG
Conservatório UFMG - Av. Afonso Pena, 1534
Tel:(31) 3409-8300 - Fax:(31) 3409-8333

Informações sobre inscrições:

As inscrições para as master classes do FIV - Festival Internacional de Violão 2015 estão abertas.
Para realizar a inscrição, enviar um currículo breve, a peça que irá ser apresentada na master class e um link de video com a peça a ser executada. A curadoria do Festival irá selecionar os alunos executantes para cada master class, teremos 03 alunos executantes em cada.

Para a inscrição:
Nome, telefone, email, currículo breve, link com video da peça que irá ser executada
A curadoria irá fazer a seleção dos candidatos e irá adequar as performances para cada master class oferecido
Inscrições até 06/04 pelo email:

As Master Classes são livres para alunos ouvintes, não precisando de inscrição prévia, assim como as Oficinas.
Todas as Master Classes e Oficinas são gratuitos e abertas para o público em geral, apenas para alunos executantes nas Master Classes que será necessária a inscrição prévia e seleção pela curadoria do Festival.

lunedì 16 marzo 2015

Intervista con il Trio Chitarristico di Bergamo e Andrea Aguzzi


Quando avete iniziato a suonare la chitarra e perché?

Ci siamo avvicinati alla chitarra in tempi molto diversi. Mario ha iniziato a sette anni mosso dallo spirito di emulazione nei confronti di suo padre che si esibiva con la chitarra elettrica in un gruppo degli anni sessanta. Luca ha intrapreso lo studio dello strumento ad undici anni, dopo esser stato affascinato da alcune esecuzioni di virtuosi della chitarra classica e moderna (Segovia e Van Allen su tutti). Marco ha iniziato da autodidatta molto tardi, quasi per scherzo, intorno ai 16/17 anni. Condividendo la passione chitarristica con amici e volendo approfondire lo studio dello strumento, a 20 anni si è iscritto ad un corso di chitarra classica: da quel giorno lo studio dello strumento è diventato parte fondamentale della propria vita.

Che studi avete fatto e qual è il vostro background musicale?

Mario: a sette anni ho iniziato lo studio privatamente. A undici sono entrato nella classe di chitarra del l’Istituto Musicale Donizetti di Bergamo e, sotto la guida di Giorgio Oltremari, mi sono diplomato con il massimo dei voti a 19 anni. Ho frequentato successivamente corsi di perfezionamento con Angelo Gilardino e Tilmann Hoppstock, mentre da autodidatta ho intrapreso parallelamente lo studio della chitarra elettrica. Mi sono successivamente Laureato in Musicologia e ho conseguito, sempre all’istituto Donizetti, il diploma in strumento di secondo livello. Pur avendo una formazione classica, amo ascoltare molta musica rock e heavy metal, che affronto anche da interprete e autore con un gruppo rock di amici.
Luca: dopo i corsi in biblioteca mi sono iscritto all’Istituto Donizetti di Bergamo , diplomandomi sotto la guida di Giorgio Oltremari. Sono stato membro per diversi anni di una rock band bergamasca. In ambito classico prediligo i concerti grossi barocchi e la musica sinfonica ottocentesca. In ambito rock ho una particolare dedizione ai grandi virtuosi come Steve Vai, Joe Satriani, Tony McAlpine.
Marco: dai vent’anni ho portato avanti parallelamente gli studi in Musicologia e lo studio della chitarra classica terminandoli nello stesso periodo. Mi sono diplomato al conservatorio di Piacenza sotto la guida di Marco Taio. Ho frequentato successivamente corsi di perfezionamento con Carlos Bonell e Giulio Tampalini e ho conseguito con il massimo dei voti il Diploma di Secondo Livello in chitarra all’Istituto Donizetti di Bergamo, al termine di due anni di studio con Luigi Attademo. E’ molto difficile sintetizzare in poche righe il mio background musicale. Se devo citare qualche punto di riferimento, direi sicuramente Bach e molti autori del Novecento: Debussy, Stravinskij, Bartok… ma anche Charles Mingus, Jimi Hendrix (come non inserirlo, sono anch’io mancino..). Negli ascolti prediligo la musica cameristica e sinfonica, da cui traggo i principali spunti interpretativi.

Con che chitarre suonate e con quali avete suonato?

Luca possiede una Masaru Khono Special dell’89 e Mario una Masaru Khono Special del ’92. Marco utilizza attualmente una chitarra dei f.lli Lodi, dopo aver suonato per diversi anni una chitarra del liutaio Michele Della Giustina.



Come è nato il Trio Chitarristico di Bergamo?

Mario e Luca si sono conosciuti durante gli studi presso l’Istituto Donizetti, mentre Marco e Mario si sono incontrati a Cremona, entrambi iscritti alla Facoltà di Musicologia. Nell’estate del 2008 ci siamo ritrovati in un’orchestra di chitarre diretta da un amico chitarrista, Paolo Viscardi. Quella è stata l’occasione per rivedersi e nel giro di poco tempo è nata l’idea e di dar vita al Trio Chitarristico di Bergamo.

Come è nata l'idea di un cd come "LightShadows of Ideas"?

Partendo dallo studio di convincenti trascrizioni, col passare del tempo ci siamo dedicati sempre più attivamente allo studio delle opere per trio di chitarre. Una ricerca continua motivata dal desiderio di scoprire e approfondire anche le opere contemporanee. L’esecuzione di molti pezzi di autori italiani viventi ha spinto gli stessi a comporre e a dedicarci nuova musica. Dopo qualche anno, in modo del tutto naturale, è nata l’idea di fissare questi brani in un CD “a tema”.

Quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

E’ un problema molto complesso. L’improvvisazione nella musica “classica” è sempre esistita, almeno fino all’inizio dell’800. Il radicarsi del concetto di “repertorio” in epoca romantica ha spinto le scuole di musica, soprattutto i conservatori, a specializzarsi sempre più nella formazione di interpreti, sacrificando l’aspetto creativo che è rimasto prerogativa dei soli compositori. Saper improvvisare significa saper comporre in modo estemporaneo; molta musica contemporanea lascia spazio all’improvvisazione, così pure la musica barocca o quella di altre epoche più antiche.. Il problema è principalmente ottocentesco e al giorno d’oggi subiamo ancora il retaggio di un’impostazione didattica e culturale legata ad una concezione statica del repertorio e ad una figura del musicista secolarizzata. Nulla ci vieta di imparare ad essere degli esecutori, dei compositori e degli improvvisatori. La didattica moderna tende ad unire e non a dividere questi aspetti.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea, per non parlare del successo nella musica leggera, dove chitarra elettrica è ormai sinonimo di rock ... quanto ritenete che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

Berlioz lasciò queste osservazioni in un contesto storico ben preciso. La chitarra iniziava ad essere soppiantata da un repertorio che prediligeva strumenti dal maggior impatto sonoro. Tuttavia la frase di Berlioz suona per certi versi ancora attuale. Quasi tutti i brani che abbiamo inciso nel nostro CD ad esempio sono stati composti da chitarristi compositori e parte del repertorio chitarristico è legato al nome di musicisti che hanno appreso la pratica delle sei corde. Tuttavia, se pensiamo al vasto repertorio novecentesco per chitarra, molti capolavori sono stati concepiti da autori non chitarristi che si sono avvalsi spesso dell’aiuto di interpreti. Ma la chitarra ancora oggi spaventa, è strumento polifonico che presuppone una conoscenza approfondita, senza la quale molta musica che potrebbe essere scritta risulterebbe poco eseguibile o comunque di basso impatto emotivo. Quanto alla chitarra moderna, sia essa elettrica o acustica, non pensiamo che abbia messo in crisi la chitarra classica, semplicemente parliamo di uno strumento diverso, che predilige altre tecniche e altri tipi di repertorio (non per questo inconciliabili).

Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo può assumere la ricerca storica e musicologica in questo contesto?

La frase di Berio pensiamo sia rivolta ai detrattori dell’avanguardia, ma andrebbe contestualizzata. Fare ricerca musicologica, documentarsi in funzione della prassi esecutiva, riscoprire e valorizzare i capolavori del passato non significa chiudere le porte al “nuovo”, anzi potrebbe servire da preziosa miniera per permettere alla nuova musica di rompere la continuità temuta.

Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?

Pensiamo sia dovere dell’interprete serio selezionare nella propria discoteca le incisioni che ritiene più valide, secondo un criterio di scelta che implica un ascolto attento e una forte capacità critica. Oggigiorno (soprattutto nel web) esiste un’offerta musicale talmente vasta da oltrepassare la domanda dei fruitori, i quali affrontano moltissima musica in modo molto volatile e superficiale. E’ compito dell’ascoltatore attento e del bravo interprete combattere questa superficialità, anche perché i mezzi tecnologici al giorno d’oggi, se usati bene, offrono dei grandissimi vantaggi.

Quali sono i vostri prossimi progetti?


Un disco di musiche dell’800 per trio di chitarre.