Chi conosce Alessandra Novaga come interprete di solida formazione classica (studi con
Stefano Grondona, Oscar Ghiglia, Paul Galbraith, concerti in molte sale prestigiose in tutta
Europa e registrazioni per Stradivarius e Radio RAI) sarà probabilmente stupito nel vederla
all’opera in qualità di strumentista elettrica. Il 13 marzo scorso la chitarrista di Latina si è infatti
esibita allo spazio Altavoz di Marghera (VE), offrendo al pubblico un concerto che non esitiamo
a definire gustoso. La scaletta proposta può essere letta come una overview delle possibilità
espressive della chitarra elettrica contemporanea: si è partiti da War/Alamo/Lenin/Science
Fiction/Crime/Hell di Travis Just e si è arrivati a Trash TV Trance di Fausto Romitelli, passando
per una selezione di studi dal Book of Heads di John Zorn.
Si tratta di brani distanti dalle linee di ricerca musicale del secondo novecento, Darmstadt su
tutte. Le matrici stilistiche di questi lavori possono piuttosto essere rintracciate oltreoceano,
nel chitarrismo elettrico dai primi anni ‘70 in avanti e nelle ricerce della scena No Wave;
ciononostante, si tratta comunque di brani dalle caratteristiche stilistiche eterogenee. Li
descriviamo brevemente, soprattutto a beneficio di chi avesse meno familiarità con il repertorio
contemporaneo per chitarra.
Il ciclo zorniano dei Book of Heads (1978) raccoglie trentacinque studi, dedicati al vulcanico
Eugene Chadbourne e resi immortali da un’incisione (1995) dell’americano Marc Ribot. Ognuno
di questi studi si configura come una vera e propria “opera aperta”, dove all’esecutore viene
richiesto di confrontarsi con tecniche altamente non convenzionali: archetti, palloncini pieni di
riso e altri oggetti di norma non associati alla chitarra (se non alla produzione sonora tout-court)
diventano un arsenale nelle mani dell’esecutore, che è chiamato a completare il pezzo facendo
ricorso all’improvvisazione.
Tanto improvvisativa è la scrittura di Zorn, quanto invece più deterministica è quella di Fausto
Romitelli. Trash TV Trance (2002), scritto per il chitarrista belga Tom Pauwels, è un condensato
di esperienze elettrofone riconducibili, come spiegato dallo stesso Romitelli, ad ambiti come
il rock e la techno. Il suono della chitarra romitelliana, non distante dalle esperienze dello
spettralismo francese, è molto ruvido e punta a dare un’idea del sound chitarristico quanto più
possibile distante dalla levigatezza e dal nitore cari al mondo accademico.
Il titanico War/Alamo/Lenin/Science Fiction/Crime/Hell di Travis Just (2011), che proprio in
questo concerto ha avuto il suo battesimo, potrebbe essere situato dal punto di vista della
scrittura a metà tra determinismo ed improvvisazione: pur in un contesto interpretativo
relativamente aperto, soprattutto per quanto riguarda le durate degli eventi sonori, il
compositore fissa comunque numerosi parametri, altezza e successione dei suoni su tutti. Il
risultato è un ciclo di grandi dimensioni (all’incirca tre quarti d’ora). Dei tre brani proposti, è forse
quello meno legato all’idiomaticità della chitarra elettrica, tant’è che a nostro avviso potrebbe
essere proposto, stanti le indicazioni in partitura, anche con uno strumento classico, senza che
ciò sia di detrimento alla resa finale.
Alessandra Novaga ha saputo destreggiarsi con competenza e solidità nel confronto con
questi tre mondi espressivi. Di War/Alamo/Lenin/Science Fiction/Crime/Hell abbiamo ascoltato
un’esecuzione particolarmente lucida, dove era possibile distinguere in maniera netta gli episodi
ricorrenti, anche se molto distanti gli uni dagli altri, comunicando un grande senso di ordine e
coerenza testuale in un magma musicale che, per le sue dimensioni mastodontiche, tende di
per sè all’entropia. Il risultato è stato un flusso musicale di grande tensione, quasi ininterrotto.
Molto convincenti anche le prove su Zorn, dove oltre all’aspetto più strettamente strumentale
ha colpito la resa scenica (v. studio con i palloncini), e Romitelli; in Trash TV Trance il climax
creato dall’accavallarsi incalzante delle fasce sonore, sapientemente gestito, è stato forse la
vetta espressiva dell’evento. Colpiscono, oltre ai risultati più strettamente musicali, anche il
coraggio, l’umiltà e la dedizione di Alessandra Novaga nel rimettersi in gioco per affrontare le
sfide di un repertorio, lo sottolineiamo, non alla portata di tutti gli interpreti.
Menzione speciale anche per l’ambientazione underground dell’evento, una palazzina nel
cuore della Marghera post-industriale, che per una sera, grazie al concerto, è tornata a brillare
di luce propria.
Leonardo De Marchi
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