sabato 6 giugno 2009

Recensione di Paralleli e Paradossi di Barenboim Daniel e Said Edward W., Il Saggiatore 2008


Leggere libri come questi fa bene. Fa molto bene. Due intellettuali, maestri nei relativi campi e di diversa estrazione, origine e formazione culturale che pacatamente e serenamente si incontrano sul territorio comune della musica. In realtà la musica, la più astratta delle arti, è una scusa elegante perché il critico Eward W Said, intellettuale di origine palestinese e il direttore d’orchestra Daniel Barenboin di origine ebraica possano liberamente e intelligentemente confrontarsi sul significato civile dell'arte, sul valore formativo dell'ascolto dei grandi compositori, sui parallelismi tra arte del suono e arte della parola. Ne esce un intreccio denso di riflessioni del musicista dilettante e del musicista di fama internazionale che via via si delinea come una visione complessa dell'universo sonoro, luogo irreale ed effimero che si anima per la breve durata delle note, dove la musica vive sospesa tra due dimensioni: soggetta alle regole della fisica, costruita su precisi rapporti matematici, è al tempo stesso capace di esprimere sentimenti e ideali con un'intensità che l'immagine e la parola raramente attingono. Nel tentativo di venire a capo di questo gustoso paradosso i due amici ne approfittano per “scantonare” liberamente e per riflettere sul significato politico dell'opera di Beethoven, sulla lezione di Furtwängler, sul magistero di Toscanini, sulle difficoltà morali di un direttore d'orchestra ebreo innamorato di Wagner. Una visione dell’arte come progetto educativo, per la creazione di uomini nuovi che sappiano superare le divisioni e al globalizzazione del nostro tempo cancellando odi e divisioni, indicando un futuro di convivenza possibile. Questa edizione è arricchita da uno scritto di Claudio Abbado.

Empedocle70

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