giovedì 12 novembre 2009

Intervista con Giorgio Tortora terza parte



Sempre Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo possono assumere la musica e i compositori contemporanei in questo contesto?

I compositori definiti contemporanei anch’essi non esistono. Ci sono persone che con la musica vorrebbero comunicare, altre rappresentare, altre ancora sperimentare. A me non piacciono i provocatori, meno ancora i “giustificatori”. Per capire questo concetto basta guardare alla pittura dove un manipolo di nuovi artisti utilizza con estrema naturalezza gli stilemi del passato, filtrandoli poi con una pretestuosa concettualità analitica, riuscendo ad imporre infine un qualsivoglia segno.
Ho visto assurde opere di Julian Schnabel e di Damian Hirst quotare cifre imbarazzanti anche per il collezionista più ingenuo, ma per fortuna la musica è una forma artistica più complicata delle altre e gli aspetti illusori - quando passano - poi muoiono. Guarda Berio che hai citato molte volte nelle tue domande: compone le “Sequenze” legandole a forme gregoriane, ma certamente nessun ascoltatore darebbe un giudizio diverso se questi straordinari branisi intitolassero “Tropi” o “Lukumskaije”. Nella musica le troppe parole hanno confuso l’arte suprema: illustri maestri che, ignari della discriminante inserita nella tua domanda, hanno prodotto semplicemente musica sublime, oggi sono ignari protagonisti delle suonerie dei telefonini.


Parliamo di marketing. Quanto pensi sia importante per un musicista moderno, intendo dire: quanto è determinante essere dei buoni promotori di se stessi e del proprio lavoro nel mondo della musica di oggi?

Il marketing è fondamentale. Il mio nome, Giorgio Tortora, non è certo di primo livello ma cosa dovrei fare per evitare di impormi al giudizio degli esecutori attraverso - magari - un mio pronipote che forse fra cent’anni mi riscoprirà, se non utilizzare al meglio le attuali tecnologie? Ovviamente ci deve essere una reale solidità rispetto ciò che si ha la presunzione di proporre, ma un editore, un agente di spettacolo, non metterebbero certo soldi ad un qualsivoglia progetto - pur ben reclamizzato - se privo di solide fondamenta, con il paradosso - e non mi chiedo se positivo o negativo - che l’operazione commerciale diviene dogma di una nuova gerarchia di valori. Che vada bene o che vada male ai totem della musica, così sarà, anzi, così già è!.

Quale significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

Per me l’improvvisazione, soprattutto quella jazzistica, è la rovina della musica! Ho molto riflettuto prima di arrivare a questa affermazione così negativa, ma la mia motivazione consiste nel credere che nessuna mente umana mai riuscirà a determinare una sequenza di “arte suprema” semplicemente improvvisando. Il resto è atteggiamento culturale, moda.


continua domani

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