Parliamo
di ‘Oltre’, il primo lavoro discografico di Misticanza. Cos’è
Oltre e perché Oltre?
Oltre
è un viaggio, un diario, un racconto in brani/capitolo, uno sguardo
alle spalle, un nuovo sentiero da esplorare, una necessità.
Ho lavorato quasi
unicamente per la danza flamenca ed il teatro ed era da tempo che
sentivo l'esigenza di raccogliere ed in qualche modo dare forma alle
tante note prodotte durante questi dieci anni di attività
professionale e di strutturarle in un dialogo musicale che potesse
reggersi autonomamente e vivere di vita propria.
Impulso
che ha trovato la giusta e necessaria forza dall'incontro con
Francesco De Vita, straordinario chitarrista e compositore e la
conseguente nascita del progetto Misticanza.
Un
diario, dicevo, che non segue un ordine cronologico e che vede
qualche pagina scritta da Francesco e altre a due mani, ma è proprio
questo che ricercavo, una sorta di fotografia istantanea che fermasse
questo preciso momento tra uno sguardo al vissuto e
contemporaneamente il primo passo verso il nuovo sentiero, l'Oltre,
per l'appunto.
Dopo
aver dedicato così tanto tempo al flamenco era quasi naturale che il
'colore' del disco si muovesse fra profumi e sentori andalusi, ma la
tavolozza che abbiamo voluto utilizzare è molto più variopinta, i
contorni meno nitidi e il tratto più sfumato.
Le
musiche sono permeate da uno spunto, principalmente ritmico,
flamenco, ma la linea compositiva risente delle personali esperienze
musicali: dal rock progressive all'acustica, dalla bossa nova alla
classica, dalla tradizione del sud Italia al folk mediterraneo, una
Misticanza che rende davvero unico questo progetto.
Le
chitarre lavorano a canoni, contrappunti, si inseguono e dialogano in
un continuo intreccio sonoro alternandosi nel 'portare' la linea
melodica principale, una fusione totale scevra da presupposti tipici
del mercato discografico e calcoli matematici a tavolino, libera
espressione 'Oltre' le definizioni di genere, con l'unico obiettivo
di regalarci e regalare emozioni.
La
scelta di accordare con un La di riferimento a 432Hz è anch'essa un
tentativo, che ci auguriamo riuscito, di ottenere un impasto più
gradevole all'ascolto e che meglio si sposa con le atmosfere delle
nostre composizioni.
Dieci
brani che raccontano il passato, il presente e anticipano il futuro
di Misticanza, nella convinzione, sempre più solida, di dedicarci a
suonare ciò che ci coinvolge, che ci piace e ci appaga quando
mettiamo le dita sui manici e le corde delle nostre chitarre.
Quando
hai iniziato a suonare la chitarra e perché? Che studi hai fatto e
qual è il tuo background musicale? Con che chitarre suoni e con
quali hai suonato?
Devo
dire che sono stato molto fortunato, la mia famiglia si è sempre
dimostrata molto attenta e rispettosa del mondo musicale, merito di
mia nonna, eccellente pianista, ma anche dei miei genitori che hanno
seguito i primi concerti jazz nell'immediato dopoguerra e anche di
mio fratello, più grande di me, ottimo chitarrista, anche se la sua
traiettoria professionale lo ha portato a fare tutt'altro.
Una
chitarra a disposizione, dunque, non è stato un problema averla
anche se da bambino prediligevo la batteria e poi, da adolescente, il
flauto traverso.
In
casa si è sempre ascoltata molta musica, dal rock alla classica, Led
Zeppelin, Genesis, ma anche PFM, Le Orme, o ancora CSNY o Robert
Fripp e Fabrizio De Andrè, unica esclusione, forse, la musica dance.
Ho
suonato per lungo tempo una Martin HD28, che ancora possiedo,
inseguendo gli artisti che in quell'epoca venivano definiti New Age e
che introducevano il fingerpicking in Italia, ed ho avuto modo di
seguire gli ambienti chitarristici che si andavano via via formando:
nella Torino dei primi anni '80 non era difficile 'imbattersi' in
personaggi come Peppino D'Agostino o Duck Baker :)
Dopo
una lunga pausa lavorativa, una decina di anni in cui non ho mai
smesso di suonare anche se non professionalmente, ho 'incontrato' il
flamenco.
Sono
completamente autodidatta per cui l'idea che io potessi anche solo
pensare di poter suonare flamenco era molto distante dai miei
progetti, ma l'innamoramento era ormai avvenuto con il baile,
che ho studiato per qualche anno.
Questa
esperienza mi ha aiutato a comprendere i legami tra la musica
flamenca e il cante
e il baile,
i risvolti ritmici e tutte quelle caratteristiche che rendono
quest'arte così unica nel panorama mondiale.
Da
qui prende il via la mia carriera professionale come chitarrista
flamenco che mi ha regalato ed ancora regala grandi soddisfazioni.
La
chitarra che mi ha accompagnato per tanti anni era costruita da
Arcadio Marin, di Madrid, grande chitarrista flamenco ed ottimo
liutaio, i miei Maestri Jesus Torres e Juan Antonio Suarez 'Cano'
suonano attualmente con sue chitarre. Quando mi sono trasferito nelle
terre bolognesi ho conosciuto Giulio Cantore, anch'egli ottimo
chitarrista e 'giovane' liutaio, e mi sono innamorato di due sue
chitarre che alterno per le mie necessità.
Quali
sono state e sono le tue principali influenze musicali? In che modo
esprimi la tua “forma” musicale sia nell’ambito dell’esecuzione
che nell’improvvisazione, sia che tu stia suonando “in solo”
sia assieme altri musicisti? Elabori una “forma” predefinita
apportando aggiustamenti all’occorrenza o lascia che sia la “forma”
stessa ad emergere a seconda delle situazioni, o sfrutti entrambi gli
approcci creativi?
Il
panorama della chitarra flamenca è veramente molto vasto e
costellato da straordinari interpreti che necessariamente lasciano il
segno nella formazione di chiunque intraprenda lo studio del
flamenco, sia che si parli di tradizionale che di jazz-flamenco o di
contaminazioni in genere. Innegabili le influenze di tutti i grandi
da Paco De Lucia a Vicente Amigo dai quali, ovviamente, non si può
prescindere, ma fra i meno conosciuti dal grande pubblico annovererei
Juan Gomez 'Chicuelo' e il già citato Jesus Torres.
I
miei brani sono nati quasi tutti in solitario, anche se in questi
ultimi anni con Misticanza c'è stato un cambio di percorso che mi
diverte molto e pare anche molto proficuo. Non sono un virtuoso e ho
sempre gradito poco le performance prettamente 'tecniche', preferisco
ricercare un passaggio in cui trasmettere uno stato d'animo,
un'emozione, una sensazione, raccontare una storia e dalla stessa
trarne ispirazione.
Quale
significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può
tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così
codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e
rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?
Difficile
per me, autodidatta, rispondere a questa domanda, a maggior ragione
se così specifica sull'improvvisazione all'interno del repertorio
classico. Nell'ambito del flamenco, ed ancora di più se si fa
riferimento all'accompagnamento del baile
o quello del cante,
l'improvvisazione è quasi la consuetudine, per cui non credo sia
necessario alcun altro commento relativo alla sua importanza; nelle
mie composizioni, invece, preferisco attenermi alla diteggiatura e
struttura che ho pensato...salvo
'districarmi'
dal maledetto errore per cui, di necessità virtù :)
In
che modo la tua metodologia musicale viene influenza dalla comunità
di persone (musicisti e non) con cui tu collabori? Modifichi il tuo
approccio in relazione a quello che direttamente o indirettamente
ricevi da loro? Se ascolti una diversa interpretazione di un brano da
te già suonato o che vuoi eseguire tieni conto di questo ascolto o
preferisci procedere in totale indipendenza?
Come
accennavo sopra, il lavorare con Francesco De Vita sul progetto
Misticanza ha notevolmente cambiato il mio approccio alla
composizione ed è assolutamente normale che un tema venga rivoltato
e riconsiderato in funzione di ciò che nasce durante l'evoluzione
stessa del brano. Ho sempre cercato di proporre solo musica scritta
da me, per necessità prima e per convinzione poi, e sfortunatamente
nessun altro chitarrista ha mai suonato per intero un mio brano o ne
ha fatta una sua interpretazione, ma credo proprio che se ciò
accadesse e la trovassi di mio gusto un pensierino lo farei
sicuramente.
Una
domanda un po’ provocatoria sulla musica in generale, non solo
quella contemporanea o d’avanguardia. Frank Zappa nella sua
autobiografia scrisse: “Se John Cage per esempio dicesse “Ora
metterò un microfono a contatto sulla gola, poi berrò succo di
carota e questa sarà la mia composizione”, ecco che i suoi
gargarismi verrebbero qualificati come una SUA COMPOSIZIONE, perché
ha applicato una cornice, dichiarandola come tale. “Prendere o
lasciare, ora Voglio che questa sia musica.” È davvero valida
questa affermazione per
definire
un genere musicale, basta dire questa è musica classica, questa è
contemporanea ed è fatta? Ha ancora senso parlare di “genere
musicale”?
Non
ho ben inteso se il senso della domanda fosse questo, ma una delle
difficoltà che incontriamo parlando di Misticanza è relativo alla
definizione del suo genere. Abbiamo cercato di fugare ogni dubbio già
nella scelta del nome, Misticanza, che già di per se indica una
miscellanea, un insieme poco classificabile. Sono tutti brani
originali e se si può intravedere una matrice flamenca sono comunque
frutto di tutto il vissuto, musicale e non, e catalogare 'Oltre' come
disco flamenco o acustico o contemporaneo diventa difficile se non
impossibile. Personalmente preferisco continuare a mettere una nota
accanto ad un'altra lasciandomi trasportare dall'emozione che ne
scaturisce senza chiedermi od obbligarmi a rispettare questi o quei
paletti: la si definisca come si vuole, l'importante è 'arrivare' al
pubblico e goderne insieme.
Berlioz
disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per
farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è
stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del
repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il
pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più
“messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi
classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica
contemporanea, per non parlare del successo nella musica leggera,
dove chitarra elettrica è ormai sinonimo di rock ... in quanto
musicista polivalente e trasversale… quanto ritiene che ci sia di
veritiero ancora nella frase di Berlioz?
La
domanda è particolarmente tecnica, e inviterei Francesco De Vita a
raccontarci la sua opinione in merito.
‘Sicuramente
non bisogna dimenticare che l'esiguità del repertorio è dovuta alla
giovane età dello strumento; Antonio de Torres inizia la sua
carriera come liutaio dopo il 1840, e solo da allora la chitarra
inizia a divenire capace di esprimersi al livello che oggi
conosciamo.
E'
inevitabile manchi una grossa fetta di letteratura e che le
trascrizioni non possano superare i limiti di proiezione sonora dello
strumento rispetto a qualsiasi altro presente in orchestra; e che sia
evidente quanto
compositori
chitarristi come Sor o Giuliani, abbiano saputo sfruttare l'acustica
dello strumento in maniera ottimale. Impatti sonori brillanti e
potenti, utilizzando con maestria le corde a vuoto; l'equilibrio e
l'impasto delle voci interne, la predilezione per le tonalità che
calzano meglio sullo strumento. Per non parlare dell'efficacia delle
diteggiature.. Contestualizzato alla chitarra classica trovo quindi
l'affermazione di Berlioz ancora veritiera.
Ma
il discorso è completamente diverso per la chitarra contemporanea.
le possibilità che oggi offrono sistemi di amplificazione, effetti,
software, hanno annientato i limiti compositivi. Si può ottenere
qualsiasi tipo di suono, farlo durare quanto si vuole, suonare in
tapping.. lo strumento è diventato assolutamente poliedrico e offre
tutte le possibilità di eseguire in maniera ottimale una qualsiasi
composizione nata per altri strumenti.
Trovo
la chitarra lo strumento più geniale mai inventato ("un
pianoforte in miniatura" Segovia) e soprattutto uno strumento
ancora in evoluzione.’
Ho,
a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica
scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico,
nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il
passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non
può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di
una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?
Penso
che ognuno di noi sia un essere unico e straordinariamente originale
proprio per la sua unicità, per cui il rischio di globalizzare un
sentire musicale non dovrebbe neanche porsi se non ci si lasciasse
irretire dalle richieste di un 'mercato' ma si desse libero sfogo
alla creatività. Mancano gli spazi adeguati dove poter presentare i
progetti e purtroppo sempre più spesso si fa riferimento al cassetto
del registratore
di
cassa invece che alla qualità ed originalità del gruppo o del
solista in
questione.
Ci
consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con
se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..
Ho
meditato a lungo sui cinque dischi da scegliere e ogni giorno
l'elenco variava, anche stravolgendo completamente l'ordine
precedente. Ho deciso che baratto i cinque dischi, il lettore, le
cuffie e i cinque spartiti con una piccola chitarra da avere con me
sull'isola deserta :)
Il
Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che
consigli ti senti di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di
iniziare la carriera di musicista?
L'ho
già detto ma lo sottolineo: suonare sempre ciò che ti piace
ascoltare
Quali
sono i tuoi prossimi progetti?
In
questo momento ci stiamo dedicando alla promozione del disco, abbiamo
qualche data di presentazione e ci auguriamo se ne aggiungano ancora
molte altre.
Nel
frattempo sto consolidando il lavoro di composizione dopo le prime
date realizzate ed in funzione della stagione estiva con gli
spettacoli TerrAdentro e Battito di Flamenquevive e parallelamente i
live con il quartetto Alboreo e il Collettivo Decanter.
Misticanza
- 31 Gennaio - Evento privato - Bologna
21
Febbraio Spazio Menomale - Bologna
Battito/Flamenquevive
- 20 Febbraio Teatro Fabbri – Forlì
Nessun commento:
Posta un commento