SCUOLA DELLA CHITARRA - Sul repertorio didattico
L’insegnante che voglia guidare l’allievo seguendo un corretto e completo iter formativo deve poter disporre di un apparato metodologico che contempli in maniera equilibrata lo sviluppo dell’abilità manuale, dell’intelligenza musicale
e della sensibilità artistica. Una chiara distinzione fra questi tre aspetti può servire
a chiarire la ragione per cui nel mio recente lavoro SCUOLA DELLA CHITARRA, progetto didattico completo e ragionato per la formazione tecnica e musicale (Carisch 2007) tanto spazio viene dato al repertorio didattico solistico e d’insieme.
Se la graduale acquisizione dell’abilità manuale è resa possibile da un’assidua pratica degli esercizi contenuti nei numerosi testi di tecnica elencati nelle diverse tabelle, per lo sviluppo dell’intelligenza musicale e della sensibilità artistica non v’è altro da fare che applicarsi con altrettanta assiduità allo studio di un graduale, cospicuo e vario repertorio didattico le cui pagine siano come tante finestre da aprire sul più variegato panorama musicale.
Posto come fondamentale principio metodologico che agli inizi ogni nuova acquisizione tecnica deve trovare un’immediata applicazione musicale, il principio logico di ordine superiore che ne consegue è che ogni nuovo brano proposto allo studente non deve avere un grado di difficoltà che sia superiore alle sue attuali capacità. Cedere alla tentazione di consentirgli l’approccio al pezzo “bello” e lungamente desiderato (vuoi il Capriccio arabo, Asturias, la Fuga di Bach, le variazioni sul Flauto magico, ecc.) o come spesso accade, assegnargli i brani per il cosiddetto esame di Ottavo subito dopo aver superato l’esame di Quinto o i brani per l’esame di Diploma non appena superato l’Ottavo, significa condannare l’allievo ad un dilettantesco e accanito lavoro di demolizione di difficoltà superiori alle sue forze, con grave e dispendioso investimento di tempo.
Quale altro strumentista impiegherebbe tre anni per impadronirsi di 10 studi di Sor e di un pezzo come le Variazioni su un tema di Händel? O due anni per imparare una Fuga di Bach e una Sonata?
Se ciò si verifica molto spesso per il chitarrista, significa che nel suo percorso di apprendimento esistono gravi lacune di fondo che sono principalmente:
L’insegnante che voglia guidare l’allievo seguendo un corretto e completo iter formativo deve poter disporre di un apparato metodologico che contempli in maniera equilibrata lo sviluppo dell’abilità manuale, dell’intelligenza musicale
e della sensibilità artistica. Una chiara distinzione fra questi tre aspetti può servire
a chiarire la ragione per cui nel mio recente lavoro SCUOLA DELLA CHITARRA, progetto didattico completo e ragionato per la formazione tecnica e musicale (Carisch 2007) tanto spazio viene dato al repertorio didattico solistico e d’insieme.
Se la graduale acquisizione dell’abilità manuale è resa possibile da un’assidua pratica degli esercizi contenuti nei numerosi testi di tecnica elencati nelle diverse tabelle, per lo sviluppo dell’intelligenza musicale e della sensibilità artistica non v’è altro da fare che applicarsi con altrettanta assiduità allo studio di un graduale, cospicuo e vario repertorio didattico le cui pagine siano come tante finestre da aprire sul più variegato panorama musicale.
Posto come fondamentale principio metodologico che agli inizi ogni nuova acquisizione tecnica deve trovare un’immediata applicazione musicale, il principio logico di ordine superiore che ne consegue è che ogni nuovo brano proposto allo studente non deve avere un grado di difficoltà che sia superiore alle sue attuali capacità. Cedere alla tentazione di consentirgli l’approccio al pezzo “bello” e lungamente desiderato (vuoi il Capriccio arabo, Asturias, la Fuga di Bach, le variazioni sul Flauto magico, ecc.) o come spesso accade, assegnargli i brani per il cosiddetto esame di Ottavo subito dopo aver superato l’esame di Quinto o i brani per l’esame di Diploma non appena superato l’Ottavo, significa condannare l’allievo ad un dilettantesco e accanito lavoro di demolizione di difficoltà superiori alle sue forze, con grave e dispendioso investimento di tempo.
Quale altro strumentista impiegherebbe tre anni per impadronirsi di 10 studi di Sor e di un pezzo come le Variazioni su un tema di Händel? O due anni per imparare una Fuga di Bach e una Sonata?
Se ciò si verifica molto spesso per il chitarrista, significa che nel suo percorso di apprendimento esistono gravi lacune di fondo che sono principalmente:
1.difficoltà di lettura (della quale gli esaminandi danno spessissimo prova);
2.carenze tecniche;
3.carenza di senso della forma;
4.carenza di immaginazione e di senso poetico.
Proviamo ad esaminare ciascuno dei quattro punti.
1.Difficoltà di lettura. Da un programma logico di studio che pretenda procedere gradualmente dovrebbe risultare che se un bravo principiante può leggere degnamente, in una settimana, un pezzo di poche righe, uno studente del II anno dovrebbe saper decifrare altrettanto degnamente, in una settimana, un pezzo di una pagina intera. Analogamente, uno studente del IV anno almeno due pagine; uno studente del V anno tre pagine e così via, fino allo studente del corso medio/superiore che dovrebbe essere in grado di decifrare nello stesso arco di tempo, cinque o più pagine.
2.Carenze tecniche. Quando non siano da addebitarsi a limiti di natura fisiologica, esse non possono derivare che da una pratica lacunosa o disordinata degli esercizi melodici, armonici e contrappuntistici proposti nelle varie tappe di studio. Giova sottolineare l’importanza di insistere sugli esercizi concernenti legature, barré, arpeggi, accordi, scale e salti di Posizione fino a raggiungere o quanto meno ad approssimarsi a velocità metronomiche di buon livello. Vale il principio che l’utilità di un dato esercizio può venir meno solo quando la sua esecuzione sia diventata facilissima.
3.Carenze di senso formale. Suonare un brano musicale senza conoscerne a fondo la struttura formale, con le conseguenze di ordine agogico, dinamico e timbrico che ne derivano sul piano espressivo e del fraseggio, non può che generare un’esecuzione “dattilofonica” priva di senso e più che mai priva di pregio artistico.
4.Immaginazione e senso poetico. La musica può raccontare, descrivere, cullare, far ridere, far piangere, far danzare, far sognare, infondere paura o coraggio, suscitare ricordi o semplicemente, come dice Honegger, … arredare il tempo: non occorre scomodare Platone per sapere che questa è la nostra esperienza di ogni giorno. E’ compito dell’interprete sensibile
cercare di scoprire l’anima segreta della pagina musicale per appropriarsene e svelarla, con tutti i mezzi della magia strumentale, a chi l’ascolta.
Dove vada a parare questa lunga premessa è presto detto. La durata del corso di chitarra è stata giustamente prevista di 10 anni e non è logico che di questi, 5 ne vengano spesi per mettere insieme (direi “digitare alla meglio”) una misera ventina di pezzi trascurando aspetti essenziali della formazione artistica dello strumentista. Attraverso lo studio di un appropriato repertorio didattico adeguato alle maggiori disponibilità tecniche via via acquisite e costituito da opere diverse per epoca, autore, genere e forma, è possibile utilizzare in modo redditizio il lungo tempo disponibile offrendo allo studente l’opportunità di completare, di pari passo con la sua formazione strumentale, la sua formazione artistica.
Se la chitarra possiede un vasto repertorio originale ottocentesco e moderno non va dimenticato che in essa “col passar del tempo, si sono venuti a sedimentare i valori essenziali di nobili strumenti decaduti [liuto, vihuela e chitarra barocca] dei quali raccoglie l’eredità senza rinunciare al suo carattere e a quanto deve al popolo per le proprie origini (De Falla). Da questa autorevole considerazione emerge l’esigenza culturale di includere nel repertorio didattico, oltre alle opere
dei Maestri dell’Ottocento, sia le pagine di musica antica che quelle di origine popolare con le rispettive peculiari connotazioni storiche e stilistiche.
Non deve quindi sembrare pletorico l’elenco dei numerosi pezzi proposti nelle varie tabelle del lavoro succitato, dalle Miniature slave alle Bagatelle in Rondò, dai Jeux d’enfants alle Pagine scelte con i Sanz, i De Visée e i Roncalli, dalla Miniantologia di musica antica al Metodo secondo con le variazioni su melodie popolari.
Oltre a queste tante finestre da aprire sul più variegato panorama musicale,un posto di grande rilievo spetta infine alle trascrizioni del trittico barocco-classico- romantico Primo Bach, Mozartiana e Album per la gioventù di Ciaikowski dall’innegabile e fondamentale valore formativo tecnico-artistico.
Mauro Storti
[1] Note introduttive La didattica chitarristica fra Seicento e primo Ottocento.
I metodi di Ferdinando Carulli, Fernando Sor e Dionisio Aguado. L’eredità mancata.
Segnali di rinnovamento. Giulio Regondi e Francisco Tárrega.
Il metodo di Emilio Pujol. Miguel Llobet e Andrés Segovia.
Sopravvivenza del passato. Conservazione e involuzione. L’insegnante.[2]
[3] Il metodo struttuale Strutture musicali e categorie tecniche. L’analisi funzionale. Esercizi e Studi.
Metodo o sistema. Metodo propedeutico e metodo diretto.
Articolazione del corso diretto. Lettura delle tabelle-guida.
Natura e struttura dell’opera.Note preliminari Lo strumento e la postura. Il tocco. I parametri dinamici. I parametri timbrici.
Il punto di attacco. Il tocco appoggiato. La lettura.Programmi e Tabelle-guida Dal I al VII Corso APPENDICEIl corso propedeutico Il gioco della musica.Tuffarello e Funambolina.Note tecniche. 206 Pagine - 167 Esempi musicali - 60 Figure
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