La prima domanda è sempre quella classica: come è nato il suo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suoni o hai suonato?
La vera folgorazione è arrivata quando avevo circa setto/otto anni: frequentavo l’oratorio con i miei fratelli più grandi e suonavo la batteria nelle manifestazioni della chiesa. C’erano un paio di ragazzi più grandi che suonavano e a me sembravano bravissimi. Nel frattempo stavo in camera mia a giocare con una chitarra di plastica con la quale facevo finta di suonare ascoltando a tutto volume le canzoni dei Kiss o degli Status Quo.
Poco tempo dopo, avevo nove anni, i miei zii mi regalarono una chitarra e da lì cominciò il tutto.
Devo dire che l’amore per lo strumento è sempre stato totale, mi ha sempre interessato qualsiasi cosa avesse a che fare con la chitarra, tanto è vero che ho studiato liuteria con Carlo Raspagni e per qualche tempo ho anche costruito degli strumenti, ma ho presto capito che dovevo stare dall’altro lato della chitarra.
la mia prima chitarra significativa è stata una Eko C02 elettrica, con il corpo in pino e un ampli FBT. Erano terribili, ma a me sembravano strumenti d’oro.
Un amico di famiglia era il direttore di un negozio di strumenti musicali a Milano e io stavo da lui quasi tutti i pomeriggi chiedendogli di provare qualsiasi chitarra. Tornavo a casa e non facevo che pensare alle chitarre e a quanto volevo una Fender.
E avevo 12 anni. Forse si dovrebbe parlare di ossessione.
Di recente ho descritto il mio rapporto con la chitarra nel libro del fotografo Ralph Gibson “State of the Axe” in cui Ralph ha chiesto a ognuno dei chitarristi ritratti di scrivere a proposito del loro rapporto con lo strumento. A parte la gioia di essere nello stesso libro insieme a gente come Jim Hall, John Scofield o Les Paul è stato bellissimo avere la possibilità di spiegare ai potenziali lettori cosa viveva un ragazzino italiano nei primi anni ’80 che aveva la passione per la chitarra.
Era ed è ancora una cosa mia; un rapporto molto intimo, una coperta di Linus che ti sta attaccata alle spalle in una custodia. Ricordo ancora un periodo molto brutto della mia vita in cui però uscivo tutti i giorni con la chitarra sulla schiena, che mi servisse o no. La sola idea di poterla tirare fuori e sentire le corde sotto le dita mi faceva sentire meglio.
Ora il rapporto è sicuramente più maturo, ma sono ancora in grado di rimanere sconvolto quando “incontro” uno strumento per il quale perdo la testa: mi è successo giusto un mese fa con una Gibson ES125 degli anni ’50.
Ora la mia chitarra principale è una Fender Telecaster ’52 alla quale ho cambiato le sellette del ponte con delle Glendale in titanio e alla quale ho fatto sostituire i tasti e correggere il radius del manico che è stato anche sverniciato. E’ una chitarra molto semplice e per questo molto difficile da suonare. L’altro strumento del cuore è una “Antonio Catania” (credo) degli anni ’40, in faggio con una buffa forma tipica delle chitarre siciliane da stornello. L’ho fatta sistemare da Lucio Carbone e ha un suono fantastico; forse poco volume, ma un suono malinconico e molto blues.
Una cosa che mi ha stupito è la versatilità e la disinvoltura con cui approcci non solo la chitarra elettrica, ma anche altri strumenti come il banjo, la baritone e la fretless, come mai questa scelta? Solo una necessità per poter eseguire un repertorio più ampio o una precisa scelta stilistica? Quali sono le difficoltà, anche tecniche, che ha incontrato passando da uno strumento all’altro?
Credo che alla base ci sia una fortissima curiosità e voglia di fare tutto, ma volte tutto questo diventa un arma a doppio taglio perchè è inevitabile essere dispersivi.
La chitarra baritona è uno strumento che va molto di moda e io appassionato di cose e musiche degli anni ’50 mi ci sono fatto trascinare. Posseggo una Jerry Jones Neptune che è una replica delle vecchie Danelectro, ma costruita con un pò più di grazia di Dio. Ha un suono molto Twang che mi piace tantissimo e poi il fatto di avere le corde così grosse permette di lavorare molto sugli armonici. Di recente la sto usando per leggere cose da violoncello, ma faccio una gran fatica. Il banjo è uno strumento che suono molto poco, ma solo perchè non ho tempo di studiarlo come vorrei e quindi mi limito a fare quelle due cose in cui mi sento sicuro. Penso che studiare la tecnica di roll del banjo bluegrass sia utile a tutti i chitarristi, ti apre la mente. Suono anche varie chitarre slide, lap steel con le quali ho acquisito una discreta tecnica negli anni, ma anche queste vorrei veramente suonarle meglio.
La fretless merita un discorso a se: ho desiderato molto averne una e quando ne ho avuto la possibilità ho scelto di farmela costruire su mio progetto da un liutaio milanese.Ha un manico in wengè con tastiera in ebano e corpo in mogano e questo le da un grande sustain. E’ molto difficile da suonare perchè in pratica sei sempre stonato e farsi una tecnica su questo strumento mi è costato un paio di anni di studio. La suono dal 2000 e nel 2006 sono stato invitato a partecipare al fretless guitar festival di New York; il mondo della chitarra fretless è decisamente strano, quando ero lì mi sembrava di essere in una setta dove se hai dei tasti non ti accetta nessuno.
La vera folgorazione è arrivata quando avevo circa setto/otto anni: frequentavo l’oratorio con i miei fratelli più grandi e suonavo la batteria nelle manifestazioni della chiesa. C’erano un paio di ragazzi più grandi che suonavano e a me sembravano bravissimi. Nel frattempo stavo in camera mia a giocare con una chitarra di plastica con la quale facevo finta di suonare ascoltando a tutto volume le canzoni dei Kiss o degli Status Quo.
Poco tempo dopo, avevo nove anni, i miei zii mi regalarono una chitarra e da lì cominciò il tutto.
Devo dire che l’amore per lo strumento è sempre stato totale, mi ha sempre interessato qualsiasi cosa avesse a che fare con la chitarra, tanto è vero che ho studiato liuteria con Carlo Raspagni e per qualche tempo ho anche costruito degli strumenti, ma ho presto capito che dovevo stare dall’altro lato della chitarra.
la mia prima chitarra significativa è stata una Eko C02 elettrica, con il corpo in pino e un ampli FBT. Erano terribili, ma a me sembravano strumenti d’oro.
Un amico di famiglia era il direttore di un negozio di strumenti musicali a Milano e io stavo da lui quasi tutti i pomeriggi chiedendogli di provare qualsiasi chitarra. Tornavo a casa e non facevo che pensare alle chitarre e a quanto volevo una Fender.
E avevo 12 anni. Forse si dovrebbe parlare di ossessione.
Di recente ho descritto il mio rapporto con la chitarra nel libro del fotografo Ralph Gibson “State of the Axe” in cui Ralph ha chiesto a ognuno dei chitarristi ritratti di scrivere a proposito del loro rapporto con lo strumento. A parte la gioia di essere nello stesso libro insieme a gente come Jim Hall, John Scofield o Les Paul è stato bellissimo avere la possibilità di spiegare ai potenziali lettori cosa viveva un ragazzino italiano nei primi anni ’80 che aveva la passione per la chitarra.
Era ed è ancora una cosa mia; un rapporto molto intimo, una coperta di Linus che ti sta attaccata alle spalle in una custodia. Ricordo ancora un periodo molto brutto della mia vita in cui però uscivo tutti i giorni con la chitarra sulla schiena, che mi servisse o no. La sola idea di poterla tirare fuori e sentire le corde sotto le dita mi faceva sentire meglio.
Ora il rapporto è sicuramente più maturo, ma sono ancora in grado di rimanere sconvolto quando “incontro” uno strumento per il quale perdo la testa: mi è successo giusto un mese fa con una Gibson ES125 degli anni ’50.
Ora la mia chitarra principale è una Fender Telecaster ’52 alla quale ho cambiato le sellette del ponte con delle Glendale in titanio e alla quale ho fatto sostituire i tasti e correggere il radius del manico che è stato anche sverniciato. E’ una chitarra molto semplice e per questo molto difficile da suonare. L’altro strumento del cuore è una “Antonio Catania” (credo) degli anni ’40, in faggio con una buffa forma tipica delle chitarre siciliane da stornello. L’ho fatta sistemare da Lucio Carbone e ha un suono fantastico; forse poco volume, ma un suono malinconico e molto blues.
Una cosa che mi ha stupito è la versatilità e la disinvoltura con cui approcci non solo la chitarra elettrica, ma anche altri strumenti come il banjo, la baritone e la fretless, come mai questa scelta? Solo una necessità per poter eseguire un repertorio più ampio o una precisa scelta stilistica? Quali sono le difficoltà, anche tecniche, che ha incontrato passando da uno strumento all’altro?
Credo che alla base ci sia una fortissima curiosità e voglia di fare tutto, ma volte tutto questo diventa un arma a doppio taglio perchè è inevitabile essere dispersivi.
La chitarra baritona è uno strumento che va molto di moda e io appassionato di cose e musiche degli anni ’50 mi ci sono fatto trascinare. Posseggo una Jerry Jones Neptune che è una replica delle vecchie Danelectro, ma costruita con un pò più di grazia di Dio. Ha un suono molto Twang che mi piace tantissimo e poi il fatto di avere le corde così grosse permette di lavorare molto sugli armonici. Di recente la sto usando per leggere cose da violoncello, ma faccio una gran fatica. Il banjo è uno strumento che suono molto poco, ma solo perchè non ho tempo di studiarlo come vorrei e quindi mi limito a fare quelle due cose in cui mi sento sicuro. Penso che studiare la tecnica di roll del banjo bluegrass sia utile a tutti i chitarristi, ti apre la mente. Suono anche varie chitarre slide, lap steel con le quali ho acquisito una discreta tecnica negli anni, ma anche queste vorrei veramente suonarle meglio.
La fretless merita un discorso a se: ho desiderato molto averne una e quando ne ho avuto la possibilità ho scelto di farmela costruire su mio progetto da un liutaio milanese.Ha un manico in wengè con tastiera in ebano e corpo in mogano e questo le da un grande sustain. E’ molto difficile da suonare perchè in pratica sei sempre stonato e farsi una tecnica su questo strumento mi è costato un paio di anni di studio. La suono dal 2000 e nel 2006 sono stato invitato a partecipare al fretless guitar festival di New York; il mondo della chitarra fretless è decisamente strano, quando ero lì mi sembrava di essere in una setta dove se hai dei tasti non ti accetta nessuno.
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