mercoledì 3 febbraio 2010

Intervista con Simone Massaron seconda parte



Come è il tuo rapporto con lo studio di registrazione e con le case discografiche? Sembra che tu abbia un ottimo rapporto con la LongSong Records, casa discografica italianissima quasi di culto, come sei arrivato a loro?

Siamo arrivati l’uno all’altro nello stesso tempo considerato che il loro primo disco è “Breaking News” mio disco d’esordio con Elliott Sharp.
Il mio rapporto con la LongSong è molto stretto e ho fatto parte di numerosi progetti di altri artisti. Di base c’è una grande fiducia reciproca e sicuramente devo molto alla LongSong che mi ha permesso di realizzare il mio “Dandelions on Fire” con Carla Bozulich e di suonare con Nels Cline, Marc Ribot e Elliott Sharp.
Adoro stare in studio di registrazione, adoro vedere le idee prendere forma. Riesco ad avere una grande concentrazione e sono sempre stato uno che “rende”. Non ho mai digerito molto la figura del produttore perchè odio dover spiegare a qualcuno che non sia un musicista che cosa ho in mente, ma nello stesso tempo voglio ascoltare i consigli e spesso chiedo pareri che mi aiutino nelle scelte.


Sembra essersi creata una piccola scena musicale di chitarristi classici dediti a un repertorio innovativo e contemporaneo, oltre a lei mi vengono in mente i nomi di Elena Càsoli, Marco Cappelli e David Tanenbaum, David Starobin, Marc Ribot con gli studi di John Zorn … si può parlare di una scena musicale? Ci sono altri chitarristi che lei conosce e ci può consigliare che si muovono su questi percorsi musicali?

Non sono un chitarrista classico e quindi faccio fatica a rispondere a questa domanda.
Ma quando ho suonato con Marc Ribot mi ricordo di avergli detto che il suo disco “Exercise in Futility” dove lui affronta la tecnica classica, è stato, per me, come un faro nella notte. Sono sicuro che ha pensato che lo stessi prendendo in giro. In ogni caso è un disco che consiglio a tutti.

Parlando di compositori innovativi, che ne pensa di John Zorn, dei suoi studi Book of Heads e della scena musicale downtown newyorkese così pronta ad appropriarsi e a ricodificare di qualunque linguaggio musicale, dall’improvvisazione, al jazz, alla contemporanea, al noise ,alla musica per cartoni animati?

Zorn è un genio del marketing e un forse un genio musicale. A lui fa capo molto della scena downtown New York che produce una grandissima quantità di musica a volte ottima e a volte no. Seguo la produzione di Zorn, anche come discografico, da anni e di sicuro lui è la più grande influenza di questi ultimi anni anche se sono in pochi ad ammetterlo.
Venendo ai Books Of Heads, li ho sempre trovati fantastici. Mi piacerebbe studiarli.


Quale significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

Penso che l’improvvisazione sia un linguaggio applicabile a qualsiasi genere. La grande pecca è che nelle scuole si insegna a improvvisare solo in un linguaggio come quello jazzistico mentre sarebbe fondamentale farlo in qualsiasi ambito e a qualsiasi livello. Quando mi trovo a fare improvvisazione con musicisti classici mi rendo conto di quanto sia difficile per loro lasciarsi andare a inseguire un’idea. E’ solo una questione di pratica: dobbiamo essere preparati all’improvvisazione che spesso fornisce il germe della composizione.

Nel 1968 Derek Bailey chiese a Steve Lacy di definire in 15 secondi la differenza tra improvvisazione e composizione, la risposta fu “In 15 secondi la diferenza tra composizione e improvvisazione è che nella composizione uno ha tutto il tempo di decidere che cosa dire in 15 secondi, mentre nell’improvvisazione uno ha 15 secondi” .. lei si ritrova in questa definizione, oppure Lacy ha esagerato in arguzia e ironia?

Vorrei averlo detto io...

Che ruolo ha la dissonanza nella tua musica?

Lo stesso della consonanza. (...)
Non ho mai scritto musica che non avesse superato il test del “riesco o non riesco a fischiettarla?” e quindi il mio concetto di dissonanza è legato in modo indissolubile alla mia tecnica di fischio.(...) A volte mi piace giocare con gli arrangiamenti magari facendo sovrapporre un accordo di dominante all’accordo di tonica creando una buffa non-risoluzione ma questo è molto legato a che tipo di timbri hai a disposizione. Amo molto il rumore nella composizione o nell’esecuzione dal vivo, ma non so se questo può essere inteso come dissonanza.



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