Una sintetica descrizione del contenuto in frequenza
Il timbro è uno dei tre fondamentali caratteri distintivi del un suono. Fisicamente, due suoni di una stessa corda vibrante ma pizzicata in maniera diversa si distinguono in base al contenuto in numero e ampiezza delle armoniche. Le armoniche sono componenti del suono ad una frequenza multipla della fondamentale. Immaginiamo di poter descrivere un suono come un polinomio di infiniti termini, ognuno contenente una sola informazione: la frequenza. Ora immaginiamo di moltiplicare ogni singolo termine per un coefficiente. Adesso il polinomio è la somma di termini, ognuno dei quali si distingue dagli altri per il contenuto in frequenza e per il coefficiente che lo moltiplica. Il coefficiente moltiplicativo si chiama ampiezza.
In questo modo abbiamo scritto un suono come una combinazione lineare di un’infinità di suoni armonici semplici. Nella realtà un suono non contiene una infinità di armoniche semplici, ma la scrittura polinomiale è ancora valida perché basta porre a zero alcuni coefficienti per eliminare le frequenze che non interessano. Se volessimo farlo in pratica, sarebbe impossibile misurare l’esatto contenuto armonico di un suono perché ci sarebbero sempre alcune armoniche con una ampiezza così bassa da non poter essere registrate con gli strumenti attualmente disponibili.
I nostri due suoni di uguale energia, di uguale nota fondamentale, prodotti dalla chitarra nelle condizioni sopra descritte, e che io sto chiamando “caldo” e “metallico”, semplicemente per convenzione, si potranno descrivere con due diversi polinomi. Se avessimo a disposizione un potente strumento (diciamo una evoluzione moderna del risuonatore di Helmholtz) potremmo registrarli, graficarne lo spettro nel dominio delle frequenze e scoprire il valore dei singoli coefficienti, con l’approssimazione data dalla risoluzione e sensibilità dello strumento di misura. Solo così potremmo distinguere e descrivere i due diversi suoni. Qui non abbiamo a disposizione né lo strumento né i suoni, ma chiunque è invitato a immaginare un suono dal carattere “caldo” e un suono dal carattere “metallico”, entrambi prodotti da una chitarra classica: ognuno con la propria esperienza può farlo.
In linea teorica, un suono “caldo” differisce da un suono “metallico” sia per il numero di coefficienti moltiplicativi diversi da zero sia per l’ampiezza degli stessi. Poiché, però, stiamo considerando suoni provenienti dalla stessa corda, stessa chitarra etc., si può ragionevolmente semplificare la trattazione assumendo che entrambi i suoni abbiano un identico numero di coefficienti diversi da zero ma con diversa ampiezza. Quindi lo stesso numero di suoni armonici sovrapposti alla fondamentale, ma con ampiezze diverse, ovvero con una diversa distribuzione nelle frequenze dell’energia contenuta nei suoni stessi.
La propagazione del suono
Un’ultima ed importante asserzione. Ѐ noto dalla fisica che nell’aria tutti i suoni si propagano alla stessa velocità, la velocità del suono, appunto!, indipendentemente dalla loro frequenza. Quindi tutte le armoniche contenute in un suono si propagano alla stessa velocità. Mentre si propaga, però, il suono si smorza, ovvero la sua intensità diminuisce, e lo fa col quadrato della distanza.
Il timbro è uno dei tre fondamentali caratteri distintivi del un suono. Fisicamente, due suoni di una stessa corda vibrante ma pizzicata in maniera diversa si distinguono in base al contenuto in numero e ampiezza delle armoniche. Le armoniche sono componenti del suono ad una frequenza multipla della fondamentale. Immaginiamo di poter descrivere un suono come un polinomio di infiniti termini, ognuno contenente una sola informazione: la frequenza. Ora immaginiamo di moltiplicare ogni singolo termine per un coefficiente. Adesso il polinomio è la somma di termini, ognuno dei quali si distingue dagli altri per il contenuto in frequenza e per il coefficiente che lo moltiplica. Il coefficiente moltiplicativo si chiama ampiezza.
In questo modo abbiamo scritto un suono come una combinazione lineare di un’infinità di suoni armonici semplici. Nella realtà un suono non contiene una infinità di armoniche semplici, ma la scrittura polinomiale è ancora valida perché basta porre a zero alcuni coefficienti per eliminare le frequenze che non interessano. Se volessimo farlo in pratica, sarebbe impossibile misurare l’esatto contenuto armonico di un suono perché ci sarebbero sempre alcune armoniche con una ampiezza così bassa da non poter essere registrate con gli strumenti attualmente disponibili.
I nostri due suoni di uguale energia, di uguale nota fondamentale, prodotti dalla chitarra nelle condizioni sopra descritte, e che io sto chiamando “caldo” e “metallico”, semplicemente per convenzione, si potranno descrivere con due diversi polinomi. Se avessimo a disposizione un potente strumento (diciamo una evoluzione moderna del risuonatore di Helmholtz) potremmo registrarli, graficarne lo spettro nel dominio delle frequenze e scoprire il valore dei singoli coefficienti, con l’approssimazione data dalla risoluzione e sensibilità dello strumento di misura. Solo così potremmo distinguere e descrivere i due diversi suoni. Qui non abbiamo a disposizione né lo strumento né i suoni, ma chiunque è invitato a immaginare un suono dal carattere “caldo” e un suono dal carattere “metallico”, entrambi prodotti da una chitarra classica: ognuno con la propria esperienza può farlo.
In linea teorica, un suono “caldo” differisce da un suono “metallico” sia per il numero di coefficienti moltiplicativi diversi da zero sia per l’ampiezza degli stessi. Poiché, però, stiamo considerando suoni provenienti dalla stessa corda, stessa chitarra etc., si può ragionevolmente semplificare la trattazione assumendo che entrambi i suoni abbiano un identico numero di coefficienti diversi da zero ma con diversa ampiezza. Quindi lo stesso numero di suoni armonici sovrapposti alla fondamentale, ma con ampiezze diverse, ovvero con una diversa distribuzione nelle frequenze dell’energia contenuta nei suoni stessi.
La propagazione del suono
Un’ultima ed importante asserzione. Ѐ noto dalla fisica che nell’aria tutti i suoni si propagano alla stessa velocità, la velocità del suono, appunto!, indipendentemente dalla loro frequenza. Quindi tutte le armoniche contenute in un suono si propagano alla stessa velocità. Mentre si propaga, però, il suono si smorza, ovvero la sua intensità diminuisce, e lo fa col quadrato della distanza.
parte prima
parte seconda
parte terza
1 commento:
Bell'articolo! Non vedo l'ora di leggere il seguito. Vedo anche che si mantiene scorrevole anche per chi, come me, è a malapena scientificamente alfabetizzato!
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