Caro
Lucio, benvenuto sul Blog Chitarra e Dintorni Nuove Musiche, è un
po’ che ci conosciamo ma finalmente troviamo il tempo per una
intervista. La prima domanda è sempre quella classica: come è nato
il tuo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suoni
o hai suonato?
Ciao
Andrea, è un vero piacere essere intervistato per questo tuo
interessantissimo blog che, come sai, seguo da tempo con grande
interesse.
Il
mio amore per la chitarra e per la musica è nato, come spesso
accade, per puro caso. Nel 1970 mio padre era assessore alla Pubblica
Istruzione al Comune di Avellino e si interessò, insieme ad altre
personalità del mondo culturale cittadino, di istituire il
Conservatorio di Musica nella nostra città. Così fu quasi naturale,
anche un po’ per curiosità, che io e mia sorella, pur non
provenendo da una famiglia di musicisti, ci iscrivessimo ai corsi, io
a quello di chitarra e lei a quello di pianoforte. Oggi siamo ambedue
insegnanti nell'istituto che all'epoca ci vide studenti, anche se
devo dire che la scelta dello strumento da studiare fu, per me, del
tutto casuale....
Ho
avuto vari strumenti, ad iniziare da una Calace da studio che pagai
48mila lire, compreso il fodero di cartone! Sono poi passato alle De
Bonis: ne ho avute tre, una di Vincenzo del ’72, una di Nicola del
’74 e poi ancora una di Vincenzo del ’78.
Studiando
con A.Gilardino ebbi modo di conoscere L.Arban, un liutaio di origine
italiana emigrato in Sudamerica e poi ritornato in Italia, di cui
ebbi una chitarra del 1980, con la quale ho registrato i primi dischi
in duo con M.Fragnito.
In
seguito ho avuto 5 Garrone e poi una G.Giussani in abete e
palissandro. Ho avuto poi alcune Giussani modello Leonardo in
cedro/cipresso tra cui quella che ho adesso, modificata secondo
alcune mie specifiche.
Berlioz
disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per
farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è
stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del
repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il
pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più
“messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi
classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica
contemporanea. Quanto ritieni che ci sia di veritiero ancora nella
frase di Berlioz?
Sinceramente?
...proprio nulla, e non da ora! Il mondo della musica - e quindi
anche quello della chitarra - è cambiato in maniera straordinaria e
sostanziale nel secolo e mezzo e più che ci separa dalle
affermazioni di Berlioz. Se esse potevano avere una qualche
giustificazione all'epoca di Giuliani, Sor, Carulli o poi Regondi e
Coste, dove l'idioma chitarristico pervadeva gran parte del
repertorio di musiche per chitarra - non a caso composto quasi
esclusivamente da autori che erano anche chitarristi - già da molto
tempo esse non hanno più alcun senso.
Basti
solo citare ciò che hanno scritto Britten, Henze e Takemitsu per
poterle confutare appieno..., senza parlare di chi l'idioma
chitarristico ha contribuito a evolverlo, come Villa-Lobos.
Oggi
chi parla ancora di repertorio limitato o indugia in improbabili
confronti tra i repertori dei vari strumenti, testimonia solo il
permanere di un provincialismo culturale che, insieme a una buona
dose di non-conoscenza, sta, per nostra fortuna, diventando sempre
più marginale.
Come
tu giustamente sottolinei, oggi la chitarra, strumento dalle mille
facce, è ampiamente a proprio agio nella musica contemporanea e non
soffre più di nessun timore reverenziale nei confronti di altri
strumenti. Lo stesso dicasi per l'atteggiamento dei compositori nei
confronti della chitarra, quando questa risponde alle esigenze
timbrico-strumentale dei loro interessi compositivi.
Com’è
nato il tuo interesse verso il repertorio contemporaneo e quali sono
le correnti stilistiche nella quale ti riconosci maggiormente? Ascoltando
la tua musica mi sono fatto l’idea che tu venga da una grande
molteplicità di ascolti e di influenze, musica classica ma anche
leggera....
Io
credo che alla base di tutto ci sia la curiosità che ti spinge a
voler conoscere sempre ambiti nuovi e la voglia di mettersi sempre in
gioco. Se tutto questo non viene meno nel tempo, è quasi naturale
lasciarsi "influenzare" dai vari mondi musicali che ti
circondano o con i quali, per i motivi più disparati, vieni a
contatto.
C'è
poi una connotazione di tipo caratteriale che è insita nella
persona: la volontà di cercare di fare sempre tutto al meglio. In
questo, devo dire, sono stato molto fortunato incontrando sul mio
percorso due docenti che hanno segnato molto - al di là di ciò che
ho da loro imparato in ambito didattico e musicale - il mio
carattere, ed hanno contribuito allo sviluppo della mia personalità
di musicista. Mi riferisco a Eduardo Caliendo, con cui ho studiato
negli anni della mia formazione al Conservatorio “Cimarosa” di
Avellino, e ad Angelo Gilardino con cui mi sono perfezionato
lavorando molti anni all'Accademia Superiore di Biella.
Da
entrambi ho mutuato questo grande entusiasmo nei confronti di tutto
ciò che riguarda la musica e la chitarra, lo studio, la ricerca del
repertorio, la curiosità di analizzare gli aspetti più peculiari
delle interpretazioni dei grandi artisti e di appropriarmene - senza
"affiliazioni" -, e di farlo tenendo presente sempre i
risvolti culturali che tutto questo ricercare comporta, insomma una
sorta di "eticità" che attraverso la chitarra diventa un
impegno di vita, non solo artistica, quotidiano.
L’impegno
costante con l’insegnamento al Conservatorio di Avellino, la
collaborazione con Antonello Ruggero, il forte rapporto con Leo
Brouwer, il GuitArt Quartet …. Ci vuoi parlare di tutti questi
impegni?
Insegnare
è stato per me soprattutto innovare; già dai primi anni di
insegnamento ho sempre cercato di andare oltre i programmi
ministeriali dei corsi ordinamentali, abbastanza validi per l’epoca
in cui vennero emanati, ma distanti anni luce dal nostro attuale
mondo. Con le prime sperimentazioni avviate dal Ministero in
conservatorio nel 2001 - e con la "complicità" del mio
collega/fratello S.Magliaro! - demmo vita ai corsi di I Livello, tra
i pochissimi in Italia approvati dal Ministero, con un rinnovamento
totale dei programmi, con due percorsi distinti, Chitarra dell’800
su strumenti d'epoca e Chitarra del '900 e contemporanea.
Approfittammo
delle possibilità offerte dalla "sperimentazione" per
inserire altre discipline costruendo un percorso più articolato, che
prevedesse esami in cui suonare - come brani obbligatori, non a
scelta - studi come quelli di Gilardino e Gangi, ma anche di
Bettinelli, Dodgson, Jolivet, Bogdanovic e Camargo-Guarnieri - oltre
a quelli di Villa-Lobos - per “Prassi Esecutiva Repertori
Monografici”, almeno quattro Preludi e Fughe di M.Castelnuovo
Tedesco per “Musica per insiemi di chitarre” e due Concerti per
chitarra e orchestra per “Prassi Esecutiva Repertorio Orchestrale”,
oltre naturalmente al repertorio con alcuni brani d'obbligo per la
“Prassi Esecutiva”. Non mi pare ci siano molti conservatori con
simili programmi di esame, tutti obbligatori e non lasciati alla
scelta occasionale di un alunno o di un docente.
All’inizio
venne rinnovato anche il concetto stesso di esame: ogni prova veniva
registrata e nel solo primo anno abbiamo prodotto ben 6 CD! Con i
migliori alunni ho inoltre formato un’orchestra di chitarre, nella
quale ho anche suonato, nella parte di chitarra solista (la chitarra
live) dell’Electric Counterpoint di S.Reich.
Oggi
alcuni di quegli alunni sono a loro volta docenti di conservatorio e
collaborano con me, come colleghi, allo sviluppo di quei programmi.
La
voglia di “incontrare” altri ambiti mi ha poi portato a
collaborare con Antonella Ruggiero, personaggio che non ha bisogno di
presentazioni, allestendo un programma che potesse mettere in risalto
la sua splendida voce grazie ad arrangiamenti che interagissero con
essa senza far assumere al nostro quartetto, il GuitArt Quartet, il
ruolo comprimario di strumentisti “accompagnatori”, ma creando un
unico insieme “concertante”.
Ricordo
ancora il debutto al Forum di Assago a Milano: fu un momento a dir
poco allucinante, prima del concerto ci fu un nubifragio catastrofico
- alberi caduti, strade allagate - che ci costrinse non solo a non
poter uscire per più di un’ora dall’albergo, ma poi anche ad
iniziare il concerto con circa tre ore di ritardo e a suonare su un
palco ancora pieno d’acqua (il concerto era all’aperto) col
rischio di saltare in aria tra cavi di microfoni, luci e telecamere
della RAI... insomma, una vera avventura...
Con
Antonella abbiamo poi partecipato, tra l’altro, anche ad un
importantissimo omaggio a D.Modugno, che si svolse nel Teatro Greco
di Benevento, davanti ad un pubblico di circa 1400 persone, che fu
trasmesso da RAIUno e poi, tramite RAI International, visto da circa
45 milioni di persone in tutto il mondo...
Un’altra
“avventura” sono stati poi i concerti con l’attore Alessandro
Haber, nei quali lui recitava testi di J.L.Borges e noi suonavamo,
con lui o alternandoci a lui, brani di Troilo, Piazzolla, Brouwer e
Gardel. Non potendo fare alcuna prova - era sempre impegnatissimo sul
set di qualche film - ogni concerto diventava una sorta di
improvvisazione, con risultati che erano legati all’estemporaneità
dell’estro momentaneo. Ricordo un concerto al Festival di Mottola,
lui arrivava dall’Africa dove stava girando un film, noi dal
Portogallo, dove avevamo suonato la sera prima, e dopo circa 14 ore
di viaggio. Giungemmo circa mezz’ora prima dell’inizio del
concerto, a malapena in tempo per fare il sound-check: fu
semplicemente splendido, uno dei concerti più belli e intensi che
abbia mai fatto!
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