Come
nacque il GuitArt Quartet?
Il
GQ nacque quasi per caso. Avevo da poco interrotto la mia
collaborazione di duo più che ventennale con il mio amico e collega
Mario Fragnito ed avevo iniziato a suonare da solo producendo i primi
CD solistici (quelli dedicati a Carcassi, Legnani e Giuliani), quando
- eravamo nel 1996 - Gianvito Pulzone, a cui avevo dato alcune
lezioni in vista del suo diploma, mi chiese se avevo qualche alunno
che potesse rimpiazzare un membro di una sua formazione nata in
ambito scolastico. Così nel presentargli Giovanna Siciliano Iengo,
mia talentuosa alunna appena diplomata col massimo dei voti e la
lode, gli proposi di costituire una formazione stabile, alla quale
avrei partecipato anche io nel ruolo di prima chitarra e di
“conduttore”. A noi si sarebbe aggiunto poi un altro giovane
virtuoso avellinese, Gianluca Allocca, che si assunse il ruolo - non
certo comodo - di quarta chitarra, adoperando uno strumento a 8
corde.
Fu
un successo straordinario, da subito, e l’unione di tre giovani
talenti con un musicista che aveva già una grande esperienza come me
si dimostrò un’arma vincente.
Fummo
subito presi da un incredibile vortice di concerti a livello
internazionale e, dopo pochissimi anni, iniziarono anche le dediche
di alcuni importantissimi compositori.
A
chi ti riferisci?
Innanzitutto
ad Angelo Gilardino che scrisse per noi il “Concerto Italiano”
per quattro chitarre e orchestra, che fu da noi eseguito in prima
assoluta con l’Orchestra di Torino diretta da Paolo Ferrara.
Ricordo la mia felicità quando Angelo mi comunicò la sua intenzione
di scrivere e dedicarci un concerto, così come ricordo la
complessità, ma anche la bellezza, del Concerto e l’entusiasmo per
quella che per noi, come quartetto, era la prima esperienza con
l’orchestra. Il risultato, sotto tutti i punti di vista, fu
eccellente! Sia la qualità della musica (sarò di parte, ma per me
rimane uno dei concerti migliori scritti da Angelo...) che la
performance nostra e dell’orchestra diedero vita ad una serata che
per me rimane indimenticabile. Non ti nascondo che avere in sala,
alla prima esecuzione, il compositore, oltre che importanti
“personaggi” come F.Zigante, T.Hoppstock ed altri, rese il
momento oltremodo emozionante...
Come
è nata la tua amicizia con Leo Brouwer? Ho notato che avete
“incrociato” le vostre strade diverse volte .. l’ultimo disco
del GuitArt Quartet è un vero e proprio atto di rispetto e di amore
nei confronti della sua musica che tu hai suonato più volte…
L’incontro
con Leo avvenne a Cordoba, dove c’eravamo recati per una intervista
per GuitArt, la rivista che avevamo da poco fondato con i membri del
quartetto.
Era
il 2000 e a quell’epoca Leo era Direttore dell’Orchestra del
Teatro di Cordoba. Ricordo che ci accolse in una pausa di alcune
prove dell’orchestra e ci portò in una specie di bettola, dove
mangiammo - benissimo!! - e ai cui tavoli fu fatta l’intervista.
Durante quell’incontro gli proponemmo di scrivere per noi un
concerto per quartetto e orchestra. Acconsentì subito con grande
entusiasmo - eravamo già diventati amici! - e all’inizio dell’anno
successivo avevamo già la partitura del “Concierto Italico”.
Pochi
mesi dopo lo tenemmo a battesimo, con lui come direttore, al Festival
di Todi e due giorni dopo al Festival Internazionale delle Orchestre
di Avellino. Di quel primo piccolo tour di debutto fu fatto un bel
video con un’intera troupe (regista, fonico, direttore della
fotografia, addetto luci, etc) che vedeva frammenti di un’intervista
a Leo alternati a spezzoni di backstage, prove e i concerti veri e
propri. Dal video fu poi realizzato un DVD (montato da Giogiò
Franchini, artista più volte candidato ai Nastri d’Argento e al
David di Donatello) che ha fatto il giro del mondo riscuotendo
grandissimo successo, ed è stato più volte trasmesso anche dalla
piattaforma televisiva di Sky Classica.
Ma
la collaborazione non finì con quel tour...
Abbiamo
suonato moltissime volte il “Concierto Italico” con la direzione
di Leo, facendo con lui una bellissima registrazione, ma anche in
tantissime altre occasioni, circa un centinaio, con altri direttori,
un po’ in tutta Europa e nel Nord e Sud America...
Come
nacque poi l’idea della Gismontiana?
Dopo
aver suonato in tutto il mondo il Concierto Italico - nel frattempo
era stato scritto per noi dal compositore polacco G.Drozd il
“Concerto Rapsodico”, che abbiamo tenuto a battesimo al Festival
di Lublino in Polonia - ci chiedemmo se era il caso di commissionare
a Leo un altro concerto con orchestra, visto il successo del
precedente, che ci era stato richiesto tantissime volte da
organizzatori e direttori artistici di mezzo mondo. Ragionandone con
lui ci venne da pensare alla sua elaborazione delle canzoni dei
Beatles e gli chiedemmo se voleva, lavorando in una direzione simile,
“arrangiare” del brani del celebre jazzista brasiliano Egberto
Gismonti.
Così
venne composta la “Gismontiana” per quartetto di chitarre e
orchestra d’archi, che suonammo in prima esecuzione al bellissimo
Teatro Gesualdo di Avellino e, la settimana dopo, al Festival di
Latina alla presenza del compositore.
Anche
in questo caso il successo fu incredibile e quindi siamo veramente
contenti di aver contribuito a far sì che un grande personaggio come
Leo abbia scritto ben due concerti per noi, che oggi vengono
stabilmente suonati, anche da tanti altri quartetti, in tutto il
mondo.
Decidemmo
quindi che era maturato il tempo di registrare un CD dedicato alle
musiche di Leo e lo proponemmo a Emanuelle Denis, la direttrice
artistica della GHA (nonché moglie di Odair Assad).
Fummo
veramente lusingati quando ci rispose positivamente, visto che per la
GHA hanno registrato e pubblicato CD i nomi più importanti del
chitarrismo mondiale, da D.Russell agli Assad, dal Los Angeles Guitar
Quartet a Roland Dyens.
Nel
CD abbiamo incluso anche una nuova versione del “Paesaggio cubano
con pioggia”. Avendo già registrato lo stesso brano nel nostro
album di debutto - “From Spain to Southamerica” - ho pensato di
fare una nuova registrazione e di elaborarla poi elettronicamente.
Anzi,
approfitto di questa intervista per spiegare, visto che mi è stato
chiesto più volte, il procedimento adottato.
La
registrazione è stata inserita, usando Pro Tools, in una serie di 8
processori (Comb.Filter, Doppler, Resonance, Shuffling, Metaflanger,
MondoMod, SuperTap-6Taps, PitchAccom.) con 6 Reverb, 3 Compressori e,
naturalmente, un Limiter sul Master in uscita. Tutti gli effetti
erano a cascata e su ogni Channel Strip c’era un EQ diverso, per
cui il missaggio è stato particolarmente laborioso, data l’influenza
di ciascun effetto sugli altri, anche perché c’era un progetto
iniziale di elaborazione - da me pensato e studiato - a cui mi sono
voluto strettamente attenere.
Avere
il controllo finale su tutto è stato abbastanza difficile!
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