Ho,
a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica
scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico,
nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il
passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non
può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di
una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?
Credo
tu abbia ragione ma io proverei a ribaltare la domanda partendo da un
altro punto di vista. Cosa contraddistingue un interprete e quanto
delle sue caratteristiche viene influenzato da ciò che suona?
Quando
sento Pollini suonare Mozart, Chopin o Petruška, o Brahms sento un
interprete dai connotati personalissimi eppure con mille
sfaccettature diversissime.
Un
grande interprete secondo me è colui che sa infondere nella musica
che suona un gran tocco di originalità restituendoci la personalità
del compositore filtrata attraverso il suo pensiero, in un equilibrio
costante e preciso, che sappia inquadrare il repertorio suonato nella
sua epoca e nel suo stile - senza dimenticare il rispetto per la
forma-struttura -, ma che sappia anche donarci le emozioni di una
”invenzione” con una sua - magari folgorante - intuizione
interpretativa.
Devo
dire, senza falsa modestia, che una delle più belle considerazioni
che sono state scritte sul mio modo di suonare, è quella espressa su
Classical Guitar Magazine - in maniera semplicissima ma molto lucida
- dal compianto Colin Cooper: He
demonstrates that if you take a piece of well-tailored music and
apply the ordinary rules of musical performance to it, as any pianist
would do, the result is magic"
Queste
considerazioni portano però a porci un’altra domanda: quanto di
tutto questo è alla portata del pubblico e, nello specifico, del
pubblico dei concerti di chitarra? (si, lo so non dovrei dirlo, ma è
inutile nascondere che spesso il pubblico che segue la chitarra è un
po’ “a parte”)
Spesso
sento nomi “onnipresenti” in diversi ambiti - mi riferisco ai
cosiddetti specialisti dei repertori cross-over o alla musica
d’avanguardia che poi si “avventurano” quasi con sufficienza su
brani semplici di Sor o Giuliani, senza essere capaci di “inventare”
nulla e quindi restituendoci delle interpretazioni che poco si
differenziano da quelle di un bravo alunnetto di quarto anno di
corso, roba da far cadere le braccia...
Oppure
coloro che hanno un successo straordinario affrontando quel
repertorio classico/leggero dove tutto ciò che sono la profondità e
le caratteristiche del pensiero interpretativo “colto” - non a
caso - non è che siano solo sbiaditi.... semplicemente non esistono!
E
quindi.... parliamo di marketing. Quanto pensi che sia importante per
un musicista moderno? Intendo dire: quanto è determinante essere dei
buoni promotori di se stessi e del proprio lavoro nel mondo della
musica di oggi? Te lo chiedo perché ho sempre apprezzato il tuo
impegno nei confronti anche dei “contorni” della musica: la
presenza costante sui social network, la lunga collaborazione con
GuitArt, il tuo blog DotGuitar, la casa discografica on line (di
recente hai permesso l’acquisto del cd Blu di Arturo Tallini da
lungo tempo non più disponibile), la presenza assidua nei forum di
chitarra classica come DelCamp o Porqueddu ... come sta cambiando la
figura del musicista?
Il
marketing non è altro che una studiata pubblicizzazione di ciò che
si fa e si è - se lo si è - come artisti. Questo sostanzialmente
significa un allargamento dei contatti e delle opportunità che
possono essere date ad un artista per poter avere maggiori occasioni
di proporsi e farsi conoscere.
Alla
fine però puoi allargare tutti i contatti che vuoi, ma se la tua
proposta artistica - mi mantengo sul generico - non ha una validità
accettabile, prima o poi il pubblico se ne accorge e ti castiga.
Quante meteore abbiamo visto dissolversi nel nulla!
D’altro
canto il marketing da solo ha un respiro breve e di sicuro non ti fa
fare carriera, a meno che non sei disposto ad addentrarti in altri
ambiti e a investire cifre grandissime che, nel nostro mondo “colto”,
hanno poco senso, visto il ritorno in termini economici.
E’
un errore confondere il fatto che vivendo in un mondo in cui il ruolo
della comunicazione sembra diventato prioritario, questo sia il
fattore principale su cui basare e sviluppare una carriera artistica.
Ci
sono dei veri e propri bluff che spesso trovano dei canali di
diffusione grandissima della propria attività attraverso i
mass-media e quindi un enorme successo.
Diventa
purtroppo difficile spiegare al grande pubblico - grazie al
bombardamento quotidiano di musica-immondizia, esso ha perso anche la
residua capacità di distinzione tra ciò che dovrebbe essere Arte e
ciò che è intrattenimento - che questa musica è solo un abile
miscuglio di ciò che di più bello è stato fatto da altri, sia in
campo classico che leggero, e quindi è difficile parlare di Arte,
che è soprattutto “invenzione” rispetto all’intrattenimento,
che è in gran parte basato sulla “riproposizione”. Questo è un
fenomeno che è cresciuto in maniera esponenziale soprattutto in
Italia, basti solo pensare che l’educazione all’ascolto musicale
è totalmente assente nelle nostre scuole di ogni ordine e grado...
L’altra
sera ero a Londra a cena con uno scienziato britannico, un
ricercatore collega di mia moglie. Abbiamo avuto una lunga
discussione su alcune opere di Bach e, devo dire, sono rimasto
meravigliato dalla sua competenza ed ancor più quando mi ha
raccontato che lui era un cembalista dilettante e che tutti nella sua
famiglia suonavano almeno uno strumento, la moglie il violino e i due
figli il violoncello ed il flauto. E tutto questo rappresentava per
loro la normalità, così come era normale che quasi tutti i loro
amici avessero una buona conoscenza - sempre da dilettanti - della
musica, attraverso una pratica strumentale diffusa, spesso iniziata
in ambito scolastico.
Difficile
credere che persone del genere non sappiano distinguere tra Arte e
intrattenimento...
Mi
si dirà che c’è anche l’arte dell’intrattenimento: verissimo.
Ma il piano è un altro e ciò che distingue il “vero” dal
“finto” è la genuinità e la sincerità delle intenzioni. Non ho
nessuna difficoltà a dire che, ad esempio, “Emozioni” di
L.Battisti può essere considerata Arte - anzi senz’altro lo è -,
ma non credo che Battisti si sia mai dato pena di omologarsi come
musicista nell’ambito “colto” - era “semplicemente” un
Artista -, così come vedo fare ad alcuni personaggi che tentano per
forza di ostentare una patente di autorevolezza culturale attraverso
la definizione di “chitarrista classico” o, in altri ambiti, di
“nuovo Mozart”.
Ritornando
alla tua domanda, devo dire che non ho mai pensato alla poliedricità
delle mie attività come un aspetto del marketing, ma piuttosto ad
interessi collaterali che si sono aggiunti, spesso anche casualmente,
allo studio della musica e della chitarra e quindi alla mia normale
attività.
DotGuitar
Magazine è nato dall’esigenza di alcuni miei attuali e passati
alunni di portare sul web quelle che erano le esperienze fatte con i
magazine cartacei, che stanno ora vivendo un momento di crisi, non
solo di vendita, quasi drammatico.
Vista
la mia esperienza mi sono posto come coordinatore delle loro idee e,
in breve tempo, abbiamo avuto risultati impensabili. Raggiungere
circa 40mila contatti alle ultime uscite del Magazine è cosa non da
poco, anche tenendo conto che molti contatti avvengono dall’estero,
il che, per un magazine pubblicato quasi interamente in italiano, mi
sembra un risultato non da poco.
Che
problemi avete dovuto affrontare?
Progettando
questo Magazine, il primo problema che si è posto è stato quello di
conciliare la “velocità” di internet con la necessità dei tempi
per articoli di approfondimento, problema in gran parte risolto con
l’adozione di una doppia piattaforma, una di tipo blog su TypePad
(http://dotguitar.typepad.com), aggiornata in tempo reale, con
notizie ed informazioni su concerti, concorsi, info ed attività
varie, e un’altra su un vero sito dedicato (www.dotguitar.it),
con rubriche di approfondimento, analisi, attualità, storia,
liuteria, etc.
Al
WeBlogMagazine (credo il primo in ambito chitarristico, non solo in
Italia, con questa doppia struttura/piattaforma), si sono da poco
aggiunti altri due settori: uno è la WebLabel, di cui sono Direttore
Artistico, ed un altro è lo Shop, curato da alcuni miei
collaboratori.
L’entusiasmo
che questa iniziativa sta suscitando è dimostrato anche dall’apporto
che subito hanno dato tantissimi miei amici e colleghi tra i quali
non posso non ricordare P.Viti, G.Signorile, P.Troncone, P.Bonaguri,
A.Dieni, M.Rivelli, M.Bazzotti, G.Giglio, L.Tortorelli, M.Tamburrini,
R.Del Prete, A.Altieri, A.Ruggiero, R.Calandruccio, S.Testa,
S.Magliaro, G.Vanità e tantissimi altri.
Ritornando
alla precedente tua domanda, per quanto riguarda i forum, purtroppo
la mia partecipazione, soprattutto a quelli stranieri, si è molto
diradata per problemi di tempo.
Credo
che essi possano svolgere un ruolo molto importante soprattutto nel
far crescere l’humus dal quale può uscire un pubblico con una
preparazione migliore.
Molti
amateurs possono trovare utili informazioni e spunti positivi per
coltivare quella che è la loro passione per la chitarra.
Ma
l’importante è saper discernere, quando si pongono quesiti di
natura tecnica o musicale, tra chi ha l’autorevolezza per poter
dare risposte valide e chi invece non è altro che un “sedicente”
concertista o didatta che, al di fuori del forum e nella vita
concertistica e artistica reale, conta poco più di niente. Del resto
oramai i curricula di tutti si trovano facilmente su internet e la
gente non è stupida, ha imparato a valutare...
Grande
merito va dato comunque agli amministratori e ai moderatori, i quali
il più delle volte svolgono questo ruolo difficile senza un ritorno
economico, con grande passione, dedizione e impegno di tempo per
seguire gli utenti, che sono mossi dal desiderio di apprendere,
possibilmente da chi ne sa non “per sentito dire”.
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