Enzo Restagno è stato un critico e giornalista musicale tra i più impagabili che il nostro paese abbia mai avuto il piacere di annoverare tra i suoi concittadini, dotato di una cultura e una preparazione encomiabile ha sempre analizzato, parlato e promosso con grande coraggio e vigore la musica contemporanea ricorrendo a forme coerenti che potessero lasciare un passaggio nel tempo e fossero di aiuto a chiunque volesse confrontarsi con le avanguardie musicali del nostro secolo.
Questo libro dedicato alla figura di Steve Reich ne è un buon esempio, fa parte di una collana di edizioni monografiche tutte incentrate sulla figura di un compositore e contiene una intervista al compositore minimalista newyorchese e la traduzione del suo libro Writings On Music che a sua volta raccoglie tutta una serie di saggi e riflessioni attorno alla musica da lui scritti in vari periodi della sua lunga carriera.
Restagno è un intervistatore abile, un gentiluomo, un giornalista d’altri tempi, quasi salottiero ma che sa mettere a tal punto a suo agio il suo interlocutore da riuscire a ricavare da lui pensieri, riflessioni e analogie talmente originali e interessanti da lasciare stupiti. Con lui l’intervista diventa una lunga confidenza a cui sembra di poter assistere come se si fosse direttamente presenti al dialogo tra giornalista e intervistato, in un certo senso è quasi un erede dell’arte della maieutica socratica: riesce a far parlare la gente limitandosi a dare qualche lieve indirizzo a una conversazione che, appunto, assomiglia più a una lunga confidenza.
Leggere i saggi e le idee di Reich poi è una cosa encomiabile, scrive è da lungo tempo suo fan e quindi non può che risultare piacevole per me immergermi nelle strutture logiche di pensiero del compositore americano per riscoprire le strutture organizzative e processuali alla base del suo fare musica, è come se ci si trovasse all’interno dello sviluppo spiraliforme dell'evoluzione creativa della sua musica, ormai lontana dal minimalismo, ma sembra basata su una struttura che si rinnova con mezzi espressivi nuovi come la musica etnica e la musica ebraica. Emerge una chiarezza metodologica formidabile, vera base di sostegno della sua opera, lontana anni luce da certe “cineserie” e facili ammiccamenti all’esotismo musicale della word music. Imprescindibile per ogni fan di Reich.
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