Questa recensione copre una grave lacuna all’interno del mio blog. Nell’anno in cui vede finalmente riconosciuti i suoi meriti, vedi i concerti e le celebrazioni recenti a Milano Musica, è obbligo recensire questo doppio cd dell’ottima casa discografica Kairos interamente dedicato alle musiche di Helmut Lachenmann.
Era davvero obbligo, non solo in considerazione del ruolo e del posto che Lachenmann ricorpre all’interno della musica contemporanea ma anche e soprettutto per il fatto che in questa doppia opera troviamo il suo pezzo per chitarra più famoso: quel Salut fur Caudwell composto e dedicato nel 1977 agli stessi interpreti che effettuano questa registrazione, i chitarristi Wilhelm Bruck e Theodor Ross. Pezzo metafisico. Dove i silenzi e i suoni che escono dai due strumenti a sei corde fanno proprio un spazio non delimitato, per un opera dal significato politico e pensata in onore al poeta marxista Christopher Caudwell, morto in quel grande crogiuolo di speranze e di utopie che fu la guerra civile spagnola contro il dittatore Franco, spalleggiata dall’italietta fascista.
Ma la chitarra trova posto anche nei Concertini del 2004 (recentemente suonati a Milano Musica con la presenza alla chitarra di Elena Càsoli) altra opera dove il titolo inganna per lasciare posto non a delle visioni musicali integrate ma a delle occasioni per i singoli strumenti, mentre cede il posto alle voci inquietanti e mormoranti di Les Consolationes, datato 1967-69, 1977-78.
Descrive qualcosa di reale questa musica? Riescono a realizzare qualcosa di concreto queste forme di astrattismo mentale? Esiste una funzione associata alla forma? E’ pura arte in se stessa? Autoconclusiva, quindi indipendente e immortale per definizione?
Al di là di queste domande, a cui non so dare risposta, rimangono le sensazioni forti date dall’ascolto e in questo senso queste musiche si differenziano (parlo del risultato finale, ovviamente) da certe forme ultraminimali presenti nella musica liberamente improvvisata tanto cara a personaggi come Derek Bailey. Di Lachenmann restano le parole di elogio di Luigi Nono: "è un musicista fornito di una capacità di invenzione prismatica, timbrica, temporale tale da sottoporre al materia sonora a trasformazioni di una rapidità che, all'inizio. è difficile da percepire."
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