Ensemble Phoenix Basel
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lunedì 27 settembre ore 20.00
Teatro alle Tese
direttore Jürg Henneberger
sassofono Raphael Camenisch
Gérard Grisey (1946-1998) Perichoresis per tre gruppi strumentali (1969 – rev.1973, 13’)
Vladimir Tarnopolski (1955) Eastanbul per grande ensemble (2008, 20’) prima es. it. *
Nadir Vassena (1970) materia oscura per sassofono e ensemble (2006, 25’) prima es. it.
Hanspeter Kyburz (1960) Parts per ensemble da camera (1994/95, 24') prima es. it.
Concerto realizzato con il supporto di Pro Helvetia
* Commissioned by Ensemble Modern and Siemens Arts Program in the context of „into Istanbul", a project by Ensemble Modern and Siemens Arts Program, in collaboration with the Goethe-Institut
Nato nel 1998 in seno all’International Gesellschaft für Neue Musik di Basilea per merito di Jürg Henneberger, che dopo aver dato vita a formazioni occasionali e flessibili sente l’esigenza di dotare la società (IGNM) di un strumento operativo permanente per l’esecuzione della nuova musica, il Phoenix Ensemble e il nucleo di 25 musicisti che lo compone è oggi una delle realtà più vitali non soltanto nel panorama musicale elvetico. L’impegno programmatico del gruppo è di dedicarsi all’esecuzione dei nomi consolidati della musica contemporanea, ma soprattutto dei più giovani con lo scopo di farli conoscere ad un pubblico ampio.
Fiore all’occhiello del concerto del Phoenix Ensemble sarà l’esecuzione di Perichoresis di Gérard Grisey, figura seminale della musica spettrale. È Grisey - insieme ai suoi compagni di strada con cui fonda l’ensemble l’Itinéraire: Tristan Murail, Roger Tessier, Michael Levinas, e più tardi Hugues Dufourt – che traccia una nuova strada rispetto al serialismo integrale di Darmstadt, e indaga il suono sotto il profilo fisico-acustico, esplorando lo spettro che va dai suoni armonici ai rumori. L’esecuzione di Perichoresis, risalente alla fine degli anni sessanta e rivisto nel ‘73, probabilmente in occasione della seconda e ultima esecuzione di cui, però, non è rimasta traccia, e a cui non ne seguirono altre, è tanto più interessante perché precede di poco il ciclo che segnerà la nascita della musica spettrale, Les Espaces Acoustiques, di cui Perichoresis contiene i germi e ne rappresenterà una prima genesi. Concepito per tre gruppi strumentali, Perichoresis significa, secondo lo stesso Grisey “uno scambio reciproco, una relazione profonda che si stabilisce, al di là della lingua e del pensiero, tra due o più persone. Tre gruppi, tre personaggi, tre colori, tre cellule ritmiche a confronto…”.
Il concerto prosegue con Eastanbul, un pezzo presentato in prima italiana del compositore ucraino Vladimir Tarnopolski, fra i più attivi divulgatori della nuova musica in Russia e fra i più impegnati propulsori del dialogo con l’occidente fin dagli anni ’90, attraverso la fondazione di società, festival, convegni. Tarnopolski è autore di una musica che combina in modo paradossale due diversi aspetti: da un lato la ricerca di una nuova eufonia, attraverso materiali sonori dalla costruzione complessa e attraverso l’abolizione tra consonanza e dissonanza, suono e rumore, armonia e timbro, strumenti acustici ed elettronici; dall’altro una teatralità raffinata in cui infonde una gioiosa ironia e un senso surreale del grottesco.
In Eastanbul Tarnopolski cerca di cogliere lo spirito e l’essenza di una città considerata crocevia tra oriente e occidente. Arrivato nella capitale turca carico di pregiudizi, Tarnopolski pensava di intitolare il suo pezzo Westanbul, in omaggio al forte desiderio di questa città di entrare e integrarsi all’Europa comunitaria. Ma la visita alla vera Istanbul cambierà i suoi progetti. “Il fascino di questa città – scrive Tarnopolski - consiste proprio nel fatto che è il dominio dell’oriente, quindi mi sono allontanato dalle mie idee precedenti verso il titolo di Eastanbul. Istanbul è come un’interfaccia tra oriente e occidente - non solo in termini geografici, ma anche in termini culturali. Per me questa città rappresenta molteplici contraddizioni - etniche, culturali, sociali e politiche. Sono stato colpito dall’enorme energia di questa città, simile a un tino di lava ribollente. Anche dal punto di vista geologico Istanbul si trova in una zona sismica attiva, e gli esperti pronosticano forti terremoti nei decenni a venire. Il paesaggio sonoro di Istanbul è caratterizzato dai numerosi richiami dei muezzin, che si odono simultaneamente da da ogni dove. Questa idea di una variazione simultanea di linee melodiche e di figure ritmiche simili è alla base del mio lavoro”.
Il concerto si completa con due novità per l’Italia: Materia oscura dello svizzero Nadir Vessena e Parts di Hanspeter Kyburz, autore complesso, i cui procedimenti matematici computazionali non diminuiscono, anzi, rafforzano l’intensità drammatica dei suoi pezzi.
Concepito per sassofono e ensemble, Materia oscura esprime tutto l’amore per questo strumento e le origini compositive di Vessena che, a proposito del brano, dichiara un “autobiografismo” di fondo: “In quanto mio primo strumento, ricollego il sassofono anche emozionalmente con gli inizi dei miei esperimenti musicali, come interprete e, quasi contemporaneamente, come compositore. Per queste sue radici profonde, che ha nel mio modo di pensare e di sentire la musica, è quindi lo strumento ideale per questa incursione nella materia oscura. Si tratta infatti di un pezzo autobiografico (con tutte le necessarie traslazioni e gli equivoci che questo termine può qui produrre). Questo scrivere la propria storia va letto come un fare i conti con problematiche di tipo tecnico, estetico, storico, (ma mi vien da aggiungere anche sensuali e sentimentali) che hanno occupato già i lavori precedenti e che, in questo brano, invece di trovare un punto di approdo, sprofondano di nuovo nell’incertezza degli inizi”.
Parts è un esempio dell’applicazione dei fondamenti matematici astratti alla composizione, in particolare algoritmi, che nella produzione di Kyburz diventa pratica costante proprio a partire dal 1995, anno di composizione del brano. Ispirato al romanzo del grande autore viennese Hermann Broch, Der Tod des Vergils (in realtà pubblicato prima in inglese nel 1945), di cui riprende la suddivisione in quattro “tempi” - arrivo, discesa, attesa, ritorno – Kyburz “si concentra in particolare sulla drammatizzazione delle sottili trame, sulla dialettica tra totalità e solitudine, erigendo un mondo interiore dinamico ed espressivo che si dipana drammaticamente fino a toccare punte di frenesia, che alla fine si disintegrano e finiscono in un distacco apatico” (Jorn Peter Hiekel). Il pezzo è infatti caratterizzato da violente esplosioni che interrompono ex abrupto il flusso del suono, e da una continua espansione/contrazione che si traduce in forme di crescendo e decrescendo. Si tratta di procedimenti “così intricati, intrecciati e contrappuntisticamente sovrapposti, da mettere in una strana posizione l’ascoltatore: portato a conoscere e percepire la forma che viene generata, ma senza che l’orecchio abbia modo di comprendere davvero ciò che questa forma davvero contiene” (Jorn Peter Hiekel)
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lunedì 27 settembre ore 20.00
Teatro alle Tese
direttore Jürg Henneberger
sassofono Raphael Camenisch
Gérard Grisey (1946-1998) Perichoresis per tre gruppi strumentali (1969 – rev.1973, 13’)
Vladimir Tarnopolski (1955) Eastanbul per grande ensemble (2008, 20’) prima es. it. *
Nadir Vassena (1970) materia oscura per sassofono e ensemble (2006, 25’) prima es. it.
Hanspeter Kyburz (1960) Parts per ensemble da camera (1994/95, 24') prima es. it.
Concerto realizzato con il supporto di Pro Helvetia
* Commissioned by Ensemble Modern and Siemens Arts Program in the context of „into Istanbul", a project by Ensemble Modern and Siemens Arts Program, in collaboration with the Goethe-Institut
Nato nel 1998 in seno all’International Gesellschaft für Neue Musik di Basilea per merito di Jürg Henneberger, che dopo aver dato vita a formazioni occasionali e flessibili sente l’esigenza di dotare la società (IGNM) di un strumento operativo permanente per l’esecuzione della nuova musica, il Phoenix Ensemble e il nucleo di 25 musicisti che lo compone è oggi una delle realtà più vitali non soltanto nel panorama musicale elvetico. L’impegno programmatico del gruppo è di dedicarsi all’esecuzione dei nomi consolidati della musica contemporanea, ma soprattutto dei più giovani con lo scopo di farli conoscere ad un pubblico ampio.
Fiore all’occhiello del concerto del Phoenix Ensemble sarà l’esecuzione di Perichoresis di Gérard Grisey, figura seminale della musica spettrale. È Grisey - insieme ai suoi compagni di strada con cui fonda l’ensemble l’Itinéraire: Tristan Murail, Roger Tessier, Michael Levinas, e più tardi Hugues Dufourt – che traccia una nuova strada rispetto al serialismo integrale di Darmstadt, e indaga il suono sotto il profilo fisico-acustico, esplorando lo spettro che va dai suoni armonici ai rumori. L’esecuzione di Perichoresis, risalente alla fine degli anni sessanta e rivisto nel ‘73, probabilmente in occasione della seconda e ultima esecuzione di cui, però, non è rimasta traccia, e a cui non ne seguirono altre, è tanto più interessante perché precede di poco il ciclo che segnerà la nascita della musica spettrale, Les Espaces Acoustiques, di cui Perichoresis contiene i germi e ne rappresenterà una prima genesi. Concepito per tre gruppi strumentali, Perichoresis significa, secondo lo stesso Grisey “uno scambio reciproco, una relazione profonda che si stabilisce, al di là della lingua e del pensiero, tra due o più persone. Tre gruppi, tre personaggi, tre colori, tre cellule ritmiche a confronto…”.
Il concerto prosegue con Eastanbul, un pezzo presentato in prima italiana del compositore ucraino Vladimir Tarnopolski, fra i più attivi divulgatori della nuova musica in Russia e fra i più impegnati propulsori del dialogo con l’occidente fin dagli anni ’90, attraverso la fondazione di società, festival, convegni. Tarnopolski è autore di una musica che combina in modo paradossale due diversi aspetti: da un lato la ricerca di una nuova eufonia, attraverso materiali sonori dalla costruzione complessa e attraverso l’abolizione tra consonanza e dissonanza, suono e rumore, armonia e timbro, strumenti acustici ed elettronici; dall’altro una teatralità raffinata in cui infonde una gioiosa ironia e un senso surreale del grottesco.
In Eastanbul Tarnopolski cerca di cogliere lo spirito e l’essenza di una città considerata crocevia tra oriente e occidente. Arrivato nella capitale turca carico di pregiudizi, Tarnopolski pensava di intitolare il suo pezzo Westanbul, in omaggio al forte desiderio di questa città di entrare e integrarsi all’Europa comunitaria. Ma la visita alla vera Istanbul cambierà i suoi progetti. “Il fascino di questa città – scrive Tarnopolski - consiste proprio nel fatto che è il dominio dell’oriente, quindi mi sono allontanato dalle mie idee precedenti verso il titolo di Eastanbul. Istanbul è come un’interfaccia tra oriente e occidente - non solo in termini geografici, ma anche in termini culturali. Per me questa città rappresenta molteplici contraddizioni - etniche, culturali, sociali e politiche. Sono stato colpito dall’enorme energia di questa città, simile a un tino di lava ribollente. Anche dal punto di vista geologico Istanbul si trova in una zona sismica attiva, e gli esperti pronosticano forti terremoti nei decenni a venire. Il paesaggio sonoro di Istanbul è caratterizzato dai numerosi richiami dei muezzin, che si odono simultaneamente da da ogni dove. Questa idea di una variazione simultanea di linee melodiche e di figure ritmiche simili è alla base del mio lavoro”.
Il concerto si completa con due novità per l’Italia: Materia oscura dello svizzero Nadir Vessena e Parts di Hanspeter Kyburz, autore complesso, i cui procedimenti matematici computazionali non diminuiscono, anzi, rafforzano l’intensità drammatica dei suoi pezzi.
Concepito per sassofono e ensemble, Materia oscura esprime tutto l’amore per questo strumento e le origini compositive di Vessena che, a proposito del brano, dichiara un “autobiografismo” di fondo: “In quanto mio primo strumento, ricollego il sassofono anche emozionalmente con gli inizi dei miei esperimenti musicali, come interprete e, quasi contemporaneamente, come compositore. Per queste sue radici profonde, che ha nel mio modo di pensare e di sentire la musica, è quindi lo strumento ideale per questa incursione nella materia oscura. Si tratta infatti di un pezzo autobiografico (con tutte le necessarie traslazioni e gli equivoci che questo termine può qui produrre). Questo scrivere la propria storia va letto come un fare i conti con problematiche di tipo tecnico, estetico, storico, (ma mi vien da aggiungere anche sensuali e sentimentali) che hanno occupato già i lavori precedenti e che, in questo brano, invece di trovare un punto di approdo, sprofondano di nuovo nell’incertezza degli inizi”.
Parts è un esempio dell’applicazione dei fondamenti matematici astratti alla composizione, in particolare algoritmi, che nella produzione di Kyburz diventa pratica costante proprio a partire dal 1995, anno di composizione del brano. Ispirato al romanzo del grande autore viennese Hermann Broch, Der Tod des Vergils (in realtà pubblicato prima in inglese nel 1945), di cui riprende la suddivisione in quattro “tempi” - arrivo, discesa, attesa, ritorno – Kyburz “si concentra in particolare sulla drammatizzazione delle sottili trame, sulla dialettica tra totalità e solitudine, erigendo un mondo interiore dinamico ed espressivo che si dipana drammaticamente fino a toccare punte di frenesia, che alla fine si disintegrano e finiscono in un distacco apatico” (Jorn Peter Hiekel). Il pezzo è infatti caratterizzato da violente esplosioni che interrompono ex abrupto il flusso del suono, e da una continua espansione/contrazione che si traduce in forme di crescendo e decrescendo. Si tratta di procedimenti “così intricati, intrecciati e contrappuntisticamente sovrapposti, da mettere in una strana posizione l’ascoltatore: portato a conoscere e percepire la forma che viene generata, ma senza che l’orecchio abbia modo di comprendere davvero ciò che questa forma davvero contiene” (Jorn Peter Hiekel)
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