lunedì 19 maggio 2014

Intervista al Maestro Umberto Cafagna con Andrea Aguzzi, prima parte




La prima domanda è sempre quella classica: come è nato il suo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suona o ha suonato?

In realtà il mio interesse per la musica in generale,ed in particolare per il suono della chitarra risale alla mia infanzia .
In famiglia si parlava spesso di mia nonna che aveva studiato e suonava il pianoforte e di mio nonno, mandolinista dilettante nel senso più nobile del termine.
Mia zia poi era diplomata in pianoforte .
Mia madre mi racconta di interi pomeriggi , nelle domeniche invernali , trascorsi ad ascoltare arie d'opera oltre che le usuali canzoni-arie della "Piedigrotta"eseguite dal non insolito duo. Credo, a quanto mi si racconta, che fosse questa una tradizione molto radicata nelle famiglie della mia terra .
Intorno ai miei sette anni sono poi stato folgorato dalla chitarra ( ricordo di aver sentito dire , da bambino, che se suonata da mani di artista fosse capace di parlare e la cosa mi colpì profondamente……)
Ma era ancora troppo presto perché potessi prendere lezioni , non era possibile trovare insegnanti di chitarra classica, come si diceva allora con molta deferenza, per cui , disponendo in casa di un buon pianoforte ,incominciai a suonarlo ad orecchio con esiti non cattivi ( ricordo di aver realizzato una mia versione dell'Adagio di Albinoni e dell'Aria sulla Quarta corda di Bach): In genere tutto quello che ascoltavo e mi catturava emotivamente diveniva un buon banco di prova per il mio orecchio.
Le mie prime vere lezioni di chitarra sono poi arrivate intorno ai 12 anni.
Da quel momento non ho più lasciato la chitarra.
Sono passate per le mie mani strumenti di fabbrica ( ricordo di aver posseduto una Alhambra del 1978, forse la prima arrivata a Bari ed acquistata in un negozio di strumenti musicali che ora non c'è più) , poi una Contreras , una Ramirez.
Poi dal 1990 ho incominciato ad interessarmi a Torres per cui ho chiesto a Luigi Locatto di realizzare per me una copia storica che ho suonato per quasi dieci anni con molta soddisfazione.
Le mie ultime due produzioni discografiche sono state realizzate con una Manuel Ramirez e con una Panormo.


Come è nata l’idea di un progetto discografico interamente dedicato alla forma della Sonata?

Sono sempre stato attratto dalle forme ampie , che permettono di far emergere all'ascolto le strutture architettoniche su cui è costruito un brano.
Amo molto anche i fogli d'album, ma sono particolarmente a mio agio con la sonata.
Trovo che permetta , essendone capaci, di entrare nelle pieghe della musica, leggerne i continui rimandi e più in generale di offrire una chiave di lettura del testo in cui è possibile ritrovare più che altrove la propria idea di cultura;qualcosa che ti rappresenti , giacchè per quanto oggettiva possa essere la lettura dell'opera d'arte, chiunque se ne avvicini compie un'operazione più o meno cosciente di "interpretazione " per sè e per gli altri.

Ascoltando la sua musica ho notato la tranquilla serenità con cui lei si approccia allo strumento indipendentemente dal repertorio, da con chi sta suonando, dal compositore, dallo strumento che lei adopera dimostrando sempre un totale controllo sia tecnico che emotivo, quanto è importante il lavoro sulla tecnica per raggiungere a questo livello di “sicurezza”?

Più che di lavoro sulla tecnica ( termine che si presta a grossi fraintendimenti….) mi piace parlare di formazione strumentale.
Credo che si tratti di pervenire alla capacità cosciente di soluzione di ogni dato della scrittura strumentale, e questo deve accadere con totale attenzione alla sostanza musicale e al riparo da ogni moda cui il mondo della chitarra è ancora troppo sensibile.
I contributi degli ultimi anni in tal senso sono ormai all'attenzione di chiunque voglia capire.
Non è poi secondario il fattore tempo.
Non ho mai ritenuto di dover dimostrare niente con il mio lavoro, per cui mi sono sempre dato il tempo necessario per arrivare a definire il mio percorso con l'opera che decido di eseguire o di incidere.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea. Come musicista e storico di questo strumento quanto ritie che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

All'epoca certamente parecchio, ma oggi per nostra fortuna molte barriere si sono sgretolate.La diffusione che lo strumento ha , nelle sue varie tipizzazioni, fa sì che se non tutti i compositori di rilievo, la stragrande maggioranza non considerino più la composizione per chitarra un evento eccezionale o peggio marginale nel proprio corpus di opere.
Vero è piuttosto che l'idioma della chitarra , per sua natura, tende ad escludere i linguaggi alieni per sensibilità alle caratteristiche espressive dello strumento.

Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo può assumere la ricerca storica e musicologica in questo contesto?

Si tratta di tornare alla matrice originaria di ogni percorso creativo, cogliendone quegli elementi di verità che connotano l'atto creativo restituendone la sua essenza, mondata da tutto quanto gli si sovrappone, tempo , mode, sovrastrutture culturali e storiche, ignoranza in senso lato.
Credo che compito di una ricerca musicologica epurata da condizionamenti di varia natura sia recuperare con consapevolezza ed onestà intellettuale una autentica capacità di discernimento, ed in genere di donare strumenti di conoscenza che per la loro correttezza scientifica possano aiutare a forzare i propri loop estetico-emotivi.
Ma anche questo è un percorso che richiede sincera , autentica ed autonoma apertura mentale.

Insomma, nessuno può staccarci da quei condizionamenti cui sovente snobisticamente indulgiamo, se non la nostra rinnovata consapevolezza.

continua domani

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