giovedì 15 maggio 2014
Intervista con Ermanno Brignolo di Andrea Aguzzi, terza parte
Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario? A volte ho la sensazione che la possibilità di scaricare tutto, qualunque cosa da internet gratis abbia creato una frattura all’interno del desiderio di musica, una sorta di banalizzazione: insomma dov’è la spinta per un musicista a incidere un disco che con pochi euro riesci da solo a registrare e stampare quello che vuoi e chiunque può farlo? Alla fine diventa quasi un gesto quotidiano che si perde in un mare di download dove scegliere diventa impossibile … stiamo entrando in un epoca radicalmente diversa da quella che abbiamo vissuto finora? Come poter scegliere?
Lei si rende conto che, per rispondere a questa domanda, potrei esaurire lo spazio a disposizione sui server che ospitano questa piattaforma? Scherzi a parte – si capiva che era una battuta? – proverò a essere conciso. Innanzitutto io non credo che l’avvento del digitale sia stato la causa scatenante della crisi del mercato discografico: si sono spostate le dinamiche, questo sì, ma eravamo anche arrivati a prezzi folli per prodotti oggettivamente piuttosto scadenti – in molti settori. L’accorciarsi dei tempi di produzione, la necessità di sempre più novità (che di nuovo spesso non avevano niente) e l’incapacità di adattarsi all’avvento di nuovi canali di distribuzione sono fattori che hanno agevolato l’avvento della pirateria, tuttavia è difficile stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina. La prima conseguenza– assai più grave e diffusa della crisi del mercato discografico – del fenomeno della pirateria e della diffusione digitale a basso costo è stata la perdita del concetto di sacrificio: potendo avere tutto gratis e subito, è sparito il senso della conquista, della necessità di guadagnarsi un oggetto, sia esso un disco, un libro o la corretta interpretazione di un brano. Avendo diretto accesso a qualsiasi strumento, è anche esplosa la diffusione di programmi per la produzione audio, pertanto – come lei stesso ha sottolineato – oggi chiunque ha la possibilità di fare un disco con pochissimi euro. Occhio ai risultati, però! L’abbassamento della qualità finale, dettato dalla compressione dei file (.mp3 e altri) e l’accessibilità diretta alla diffusione su canali digitali (gratuiti o meno) ha anche sdoganato il fai-da-te come strumento preferenziale; tuttavia, rimane è tutto da dimostrare – e io ho i miei dubbi… – che bastino un computer e un programma per produrre un disco di qualità... Per venire al discorso della scelta, questa è resa difficilissima dalla mancanza di riferimenti e buoni consiglieri, ruolo che, in passato, era egregiamente svolto dai direttori artistici delle case discografiche: il loro compito consisteva nel selezionare, filtrare le proposte e portare sul mercato quelle che ritenevano più meritevoli di attenzione. Nel momento in cui una casa discografica non solo non investe negli artisti, ma addirittura chiede loro dei soldi per essere pubblicati e distribuiti (taccio, per pietà, delle cifre che mi sono state chieste, ad esempio, da una piccola etichetta indipendente per la pubblicazione del mio ultimo disco, “Platero e io”, poi uscito con dotGuitar), il filtro artistico sparisce, perché da fornitore, l’interprete è diventato cliente della casa discografica, e il cliente – si sa – ha sempre ragione. Ci sono sempre stati artisti meritevoli di attenzione, interpreti eccellenti e mezze tacche, e continuano a esserci; oggi, però, i dischi di questi ultimi si trovano anche nei cataloghi delle major (Jeux intredits per chitarra e orchestra, da Deutsche Grammophon; La catedral per chitarra classica e chitarra elettrica da Sony Classical sono solo due esempi delle perle di questi giganti). Come scegliere, dunque? Non c’è alternativa che costruirsi una formazione solida, fare in modo di avere le idee chiare su ciò che è buono e ciò che invece non lo è (e al diavolo i mezzi termini), imparare a distinguere l’arte dall’aria fritta e, senza dimenticare il proprio sacrosanto gusto personale, indirizzare le proprie scelte secondo la propria cognizione di causa. D’altra parte, canali come Youtube, Spotify, Deezer e SoundCloud consentono di avere rapidissimo accesso a una mole spaventosamente grande di registrazioni: ascoltarle online è gratuito, dopo di che, se ritenute meritevoli, può valere la pena acquistarle, anche per dare un po’ di soddisfazione e di riconoscimento a chi, dentro a quelle registrazioni, ci ha messo un pezzo della propria esistenza.
Ci consigli cinque dischi per lei indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..
Lei mi vuole male! Stilerò due liste, una di chitarra e l’altra no, ma anticipo che oltre a queste ci sarà anche una lista dei desideri. I dischi di chitarra che ritengo imprescindibili sono:
a. Novecento guitar sonatas di Cristiano Porqueddu
b. La registrazione dei sessanta studi di virtuosità e trascendenza di Gilardino ad opera di Angelo Marchese
c. Esacordo italiano di Gianluca Barbero
d. La registrazione di Segovia (1956) della Fantasia-Sonata di Manén e. Les guitares bien temperée del duo Mela Micheli Poi, se c’è posto, anche una copia dell’Andrés Segovia Archive…
Se, invece, esuliamo dalla chitarra, la lista diventa
a. Federico Mompou suonato da Arturo Benedetti Michelangeli
b. J. S. Bach, Messa in si minore diretta da Gardiner
c. Claude Debussy suonato da Gieseking
d. Maurice Ravel, concerto per pianoforte e orchestra suonato da Arturo Benedetti Michelangeli e diretto da Sergiu Chelibidache
e. Frank Martin, Petite symphonie concertante, Concerto per 7 fiati, 6 monologhi, Orchestre de la Suisse romande diretta da Armin Jordan
La lista dei desideri, invece, sarebbe:
a. Christian Saggese interpreta quello che gli pare, ma sarebbe ora che un chitarrista di quella portata registrasse almeno un centinaio di dischi.
b. Non mi farei scappare una serie di dischi con Angelo Gilardino alla direzione di un’orchestra, e non necessariamente alle prese con musica per chitarra…
c. Berliner Philarmoniker interpretano i migliori concerti per chitarra e orchestra del Novecento.
Quali sono invece i suoi cinque spartiti indispensabili?
Decine, parecchie decine. Restringendo il campo a cinque, direi
a. Benjamin Britten – Nocturnal after John Dowland
b. Angelo Gilardino – Sonata n. 2
c. Mario Castelnuovo-Tedesco – Platero y yo
d. Joan Manén – Fantasia Sonata op. A=22
e. Manuel Maria Ponce – Variazioni e fuga sulla Follia
__ continua domani __
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