martedì 1 aprile 2008

Ralph Towner: una chitarra oltre il tempo parte prima


Ralph Towner nasce a Washington il 1 marzo del 1940, figlio d'arte, cresce, in una famiglia dove si respira un'aria estremamente stimolante musicalmente. Le prime avventure musicali non lo portano verso la chitarra, lo strumento che per primo lo rese famoso, ma col pianoforte classico e con la tromba. Nel 1958, frequentando i corsi di teoria musicale e composizione all'Università dell'Oregon, conobbe Glen Moore, destinato a diventare il suo contrabbassista di sempre; ma solo, quasi per caso, acquistò una chitarra classica. L'incontro con la chitarra avviene nel 1962, all’età di 22 anni, è casuale ma sconvolgente oltre che "tardivo", se ne innamora a tal punto da trasferirsi in Europa, per studiare lo strumento al Conservatorio di Vienna, dove lo studio della chitarra avviene parallelamente a quello del liuto e della musica antica. In questo importante periodo pone le fondamenta della sua sonorità e tecnica. Solo nel 1968 tornò definitivamente negli USA, stabilendosi a New York: e, pur suonando jazz (soprattutto come pianista), cominciò a espandere e codificare sulla chitarra uno dei background musicali col più alto peso specifico per il suo futuro sviluppo artistico estetico e concettuale: Towner esplora la musica filtrandola in un'ottica jazzistica, maturando una felice integrazione e assimilazione tra musica appunto improvvisata e il rigore e la compostezza dell'approccio classico.
“I miei studi classici a Vienna rappresentano le fondamenta della mia sonorità e della mia tecnica, mi ha confermato il musicista. Il risultato di questo mio training è udibile negli elementi della produzione del suono, dell'articolazione e delle dinamiche: sottigliezze, queste, che normalmente sono applicate più all'interpretazione dei brani classici che al jazz e alla musica improvvisata.*”
E' in un clima vitalistico e frenetico che Ralph Towner si trova ad interagire con un'esperienza collettiva straordinaria ed irripetibile: quella che si respirò nelle avanguardie musicali dei primi anni '70 a New York. Sperimentazioni alla ricerca di nuove combinazioni di strumenti, di approcci, di stili e culture musicali differenti. Molti musicisti di questo periodo si trovano a plasmare nuovi linguaggi e nuove frontiere improvvisative diverse da quelle del bebop e delle correnti jazzistiche degli anni '60: Miles Davis, i Weather Report e la Mahavishnu orchestra furono i gruppi più significativi che seppero compiere questa grande rivoluzione dei linguaggi e dell'estetica musicale.

Questa sua eclettica attitudine dovette essere notata ben presto, vista la varietà di impieghi musicali che Towner riusciva a trovare. Partecipò perfino al Festival di Woodstock col cantautore Tim Hardin, e con lui avrebbe anche registrato, portandosi dietro il compianto Colin Walcott, fra i primi specialisti americani di strumenti come il sitar e le tablas.
“Ma il festival di Woodstock fu per me soltanto un lavoro come un altro. Molti jazzisti, a quell'epoca, erano chiamati a suonare dai musicisti folk. Paul Motian, ad esempio, era a Woodstock con Arlo Guthrie nello stesso set in cui suonai io, e Tim Hardin chiamava spesso anche Eddie Gomez e Warren Bernhardt. A quei tempi c'era un grande interesse per musiche diverse dal bebop; i Weather Report, Mahavishnu, Miles Davis e tutti i musicisti di New York erano soliti interagire e sperimentare nuove forme di improvvisazione.*”Tra i 1970 e il '72 Towner fece parte del Paul Winter Consort, un gruppo che molti considerano tra i capostipiti della cosiddetta New Age. Qui Towner incontra l'oboista Paul McCandless col quale, insieme al vecchio compagno di università Glen Moore (contrabbasso) e Collin Walcott (tabla e sitar), forma gli Oregon. Il nuovo quartetto, gruppo di grande respiro, orientato verso sperimentazioni etniche e jazz-folk, con una sonorità eterogenea, introspettiva e meditativa, incide per la Vanguard nel 1972 il primo disco, non a caso, intitolato "Music of Another Present Era", mentre contemporaneamente in trio o come solisti, registrano anche per la ECM , espandendo la propria popolarità anche al vecchio continente. Ma considerare se stesso e i propri collaboratori come antesignani della New Age è un atteggiamento che - per quanto diffuso tra i pretesi storici di questa fortunata ma indefinibile area musicale - a Towner ripugna.
“Molte fra le categorie che il marketing musicale ha definito a tut'oggi sono, il più delle volte, versioni limitate e sterilizzate di alcune delle innovazioni che furono introdotte nei primi anni Settanta. La New Age, in particolare, sembra essere una categoria che richiede un sound costantemente privo di urgenza, di senso drammatico, di modulazioni armoniche e scale melodiche intricate, e che dunque non distragga da un'educata conversazione. Tutto sembra ridursi ad una sorta di utilitaristico massaggio sonoro per l'uomo d'affari stanco e annoiato, prodotto soprattutto da musicisti con scarsa esperienza delle possibilità emotive e drammatiche della musica in quanto forma artistica.*”

Sempre di questo periodo (novembre 1971) la prestigiosa partecipazione di Towner al secondo album dei Weather Report "I Sing The Body Electric", tra i cui solchi Towner lasciò un'indimenticabile performance alla chitarra a dodici corde, nel brano The Moors. Effimero ma brillantissimo, l'episodio costituisce un unicum nella discografia del gruppo, e sembra l'esatta dimostrazione dell’eccitante clima musicale newyorkese che si respirava allora. “Quella seduta di registrazione dei Weather Report fu un tipico esempio di quell'epoca musicale. Andammo negli studi della Columbia, e Wayne Shorter portò un lungo schema di una nuova composizione. Cercammo per ore di trovare un modo di realizzarla nel miglior modo possibile. Alla fine io cominciai a improvvisare da solo sul tema, e tutti uscirono dallo studio. Mi ascoltavo in cuffia, ma non ero completamente cosciente del fatto che mi stavano registrando. Continuai a suonare per un po', e a un certo punto decisi di andare a vedere dove erano finiti gli altri. Stavano tutti in regia, eccitati da quanto avevo appena finito di suonare. Allora ritornammo in studio e suonammo quella che poi diventò la seconda parte del brano.*”

* RALPH TOWNER. IL PROUSTIANO di Gianfranco Salvatore Intervista a RALPH TOWNER realizzata il pubblicata su 'Fare Musica', dicembre 1992 http://www.gianfrancosalvatore.it/incontri/ralphtowner.html

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