martedì 29 aprile 2008

Recensione di StrongStrangeStrings di Elena Càsoli, Stradivarius 2001


"Suono uno strumento che vive oggi uno dei momenti più felici della sua lunga storia. Uno strumento che ha saputo evolversi adeguando struttura e caratteristiche timbriche ai mutamenti del pensiero musicale, fino a trovare nel XX secolo una molteplicità di forme ed espressioni pari solo al periodo rinascimentale e barocco."


Sono le prime parole che si leggono nell’introduzione del pregevole libretto di 28 pagine allegato al cd StronStrangeStrings edito dalla Stradivarius nel 2001, in cui Elena Càsoli mette a disposizione le musiche da lei interpretate di un gruppo di autori che hanno rivolto la propria attenzione alla chitarra in modo sorprendentemente eclettico e innovativo, “… la chitarra è stato uno strumento praticato in tutti i generi musicali, accanto a quello classico, si è prodotto, nella prima metà del secolo scorso, un forte interesse nel suoi confronti da parte di diversi compositori classici. Schönberg, Berg e Webern l’hanno inserita nei loro lavori proprio come strumento popolare che caratterizzava le loro opere per la sua estraneità al suono classico, come nella Serenata di Schönberg o nel Wozzeck di Berg, in cui fanno la loro apparizione delle chitarrine da Bierhaus popolare. La stessa cosa è successa negli anni Sessanta. Quando i compositori hanno inserito la chitarra classica o elettrica, l’hanno fatto con l’idea di usare uno strumento di rottura rispetto al mondo della musica classica: una protesta contro il suono tradizionale. È stata quindi una fortuna che la chitarra avesse un’altra vita. Adesso negli ensamble contemporanei è diventato uno strumento importante quanto gli altri. Non patisce più questa sorta di isolamento, che invece esiste ad esempio nel rapporto con il repertorio ottocentesco. (da: "Amadeus", n.152, 2002. © Paragon / Michele Coralli)”


Una premessa sicuramente importante per un disco che si rivela molto interessante proprio a causa della versatilità e capacità di Elena Càsoli di adattare se stessa, la propria tecnica chitarristica (davvero notevole) e le proprie chitarre (si spazia dalla classica, all’acustica, all’arciliuto, alla chitarra elettrica) alle musiche e alle esigenze di compositori molto diversi tra loro.
Si inizia l’ascolto col primo brano di Roberto Doati “L’apparizione di tre rughe” del 2001. In realtà si tratta del primo di 5 frammenti di durata diversa e crescente (30”, 1’, 2’, 3’ 5’ forse al compositore piace la serie di Fibonacci http://it.wikipedia.org/wiki/Sezione_aurea_(musica) ), scritti come interludi da utilizzare durante i concerti e qui ripresi con la stessa funzione all’interno del cd.
Sono brani che risuonano come delle prove orchestrali di inizio concerto, cascate di suoni dai colori irridiscenti, liquidi, multiformi, dai suoni scomposti, quasi interlocutori, paesaggi isolazionisti, echi di Loren MazzaCane Connors. Dopo questo approccio iniziale così al di fuori dei canoni “classici” si ascolta il bellissimo brano di Leo Brouwer “Paisaje cubano con campanas” del 1986. Come lo definisce la stessa interprete: “un omaggio affettuoso di Leo Brouwer alla propria isola” dove il compositore riesce a fondere “semplicemente” la tradizione musicale popolare afro-cubana con la musica “colta” sperimentale europea tramite una serie di passaggi e paesaggi musicali colorati, freschi e rilassanti allo stesso tempo.
Lupus in fabula, ritroviamo Steve Reich con il suo Electric Counterpoint, brano e compositore di cui abbiamo già parlato qui nel blog.
“.. suono la chitarra elettrica da più di dieci anni e anche questo è accaduto grazie ad alcuni compositori. Ho sentito da parte loro un interesse per questo strumento e al tempo stesso ho notato la difficoltà nell’entrare in contatto con chitarristi elettrici che fossero in grado di leggere le loro partiture. Così ho studiato, letto, provato, ascoltato molto e mi sono accorta che in certi casi i compositori la usavano come tramite per avvicinarsi a un linguaggio più simile al rock, altre volte partivano da presupposti di tipo elettronici o elettroacustici. Quindi l’esperienza compositiva si applicava anche alla chitarra elettrica, prescindendo da quella che è stata la sua storia nel rock o nel jazz. A volte è fin irriconoscibile come chitarra elettrica, essendo talmente trasformata attraverso anche tecniche specifiche, che modificano a tal punto il suono e l’attacco da non rendere più riconoscibile il suono più noto di una chitarra elettrica. Rimane comunque uno strumento in cui l’intervento delle mani è sempre molto fisico, a differenza ad esempio di una tastiera. (da: "Amadeus", n.152, 2002. © Paragon / Michele Coralli)”
Ascoltando il brano mi sono domandato se l’interprete adoperi il plettro o la tecnica classica, il risultato è comunque notevole, un’interpretazione a mio modesto parere più delicata, con un tocco migliore di quella di Pat Metheny e con un suono pulito e bilanciato (registrazione impeccabile) in grado di far risaltare al meglio il contrappunto di Reich.
A seguire quelle che per me sono le gemme del disco: tre pezzi tratti dal Guitar Book del compositore americano Lou Harrison, tre brevi composizioni con atmosfere che ricordano molto da vicino chitarristi come John Fahey nei suoi periodi più intimisti e rilassati (Yellow Princess). Harrison è un compositore famoso per i suoi lavori nell’ambito delle microtonalità e per i suoi interessi per la musica indonesiana e questi pezzi, eseguiti con la chitarra acustica sono semplicemente stupendi per intensità e capacità evocativa.
L’ascolto prosegue con l'inserimento di repertori che sono di casa nella cosiddetta "contemporary steel guitar", con un uso più manipolatorio del suono con le composizioni di Maurizio Pisati con Spiegelkontaktfabrik, il cui pensiero visivo ricorda non casualmente un'opera come La fabbrica illuminata di Luigi Nono e Michele Tadini con Scenario, quasi a chiudere un triangolo sonoro iniziato con L'apparizione di tre rughe di Roberto Doati.
Si ritorna su terreni decisamente melodici con le trascrizioni di Toru Takemitsu dei tre evergreen Over The Rainbow, Summertime e Yesterday. Chi è abituato alle versioni jazzistiche di questi standard avrà una (piacevole) sorpresa: nella tradizione jazzistica l’attenzione nella rilettura dello standard viene posta più sulla componente armonica piuttosto che sulla parte melodica del brano, invece Takemitsu ribalta la questione portando la melodia in primo piano, creando dei brani intrisi di romanticismo e ben interpretati in questo senso dalla Càsoli, con sentimento e con un tocco davvero pregevole.
Il bilancio di questo disco è indubbiamente più che positivo e la conferma sono la facilità e la frequenza con cui torna periodicamente a girare sul mio lettore cd.
Una nota di merito per l’eccellente qualità di incisione e per il libretto allegato, 28 pagine di interessante lettura dove la Càsoli idealmente accompagna con le sue riflessioni l’ascoltatore nei percorsi musicali proposti.

Roberto Doati
http://www.cematitalia.it/servizi/bio.php?cat=comp&id=92&lg=ita

Steve Reich
http://chitarraedintorni.blogspot.com/2007/11/steve-reich-different-trains-electric.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Steve_Reich

Lou Harrison
http://en.wikipedia.org/wiki/Lou_Harrison

Maurizio Pisati (video su Youtube)
http://it.youtube.com/results?search_query=Maurizio+Pisati+&search=Cerca

Michele Tadini
http://it.youtube.com/watch?v=282XgLBj9vA
http://www.esz.it/esz_ita/autori/autori_tadini.html

Toru Takemitsu
http://it.wikipedia.org/wiki/Toru_Takemitsu


Stradivarius

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