domenica 26 ottobre 2008

F.Bottai, Sera sul fiume

Voce recitante, Pietro Tartamella
Chitarra, Angelo Barricelli
(frammenti da ‘Sarabande’, Sonata in la minore: ‘L’Infidele’ di S.L.Weiss)
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Sera sul fiume


Tra i monti

ora il vento tace.

Ma

nella sera immota

si alza in volo

l'airone

tra lontananze immense,

nei cieli

amanti dell'eterno.

Con tenerezza invidiosa

lo vedo

lentamente svanire

all'orizzonte.

Così,

come l'airone

lontana

è la mia voce:

con simile mite

demenza

di memorie incantate sonda,

danzando, l'estremo limite.

Ho sempre pensato, scriveva Giorgio Caproni in una lettera indirizzata all’attore Achille Millo, che le poesie non andrebbero stampate, ma incise su dischi. Una poesia scritta è come una partitura musicale. Non basta conoscere le note per leggerla. Occorre l’interprete, colui che la anima. Troppi lettori sono abituati oggi a leggere le poesie sul ritmo della prosa d’informazione. E le parole (le note!) rimangono morte. Anche storicamente e/o antropologicamente: la poesia precede la scrittura, la poesia ha fatto a meno (può fare a meno) del segno grafico. Lo dimostrano le culture di tradizione orale che hanno spesso raggiunto alti livelli di produzione poetica, lirica e narrativa, prima che intervenisse la scrittura a fissare sulla carta, con segni grafici convenzionali, il ‘lavoro’ dei poeti…


Ma torniamo all’analogia fra partitura musicale e testo poetico: esattamente come chi legge una partitura, anche chi legge una poesia dovrebbe servirsi più dell’orecchio che dell’occhio per capire, per godere pienamente la bellezza di quel che sulla pagina è scritto. Infatti in mancanza di uno strumento che suona o di una voce che declama, ci dovrebbe pur essere un lavorio mentale capace di ‘immaginarseli’, di figurarseli davanti grazie alle conoscenze ed esperienze accumulate in un passato in cui tanti strumenti e tante voci sono state ascoltate..


Ora questo è il punto: una simile capacità di ‘lettura mentale’ è una conquista difficile, anzi impossibile se manca ‘a monte’, l’esperienza diretta, fisica del suono.
Comunque chi vuole può fare a questo riguardo un piccolo esperimento, confrontando, come nel caso che qui proponiamo, la lettura, individuale e silenziosa, di un testo con l’ascolto del medesimo nell’interpretazione di colui che, come dice Caproni, declamandolo, lo anima.
Infine, la poesia è accompagnata, da un commento musicale appropriato, che serve, indubbiamente ad enfatizzare la magia della parola, a rendere ancora più pregnante e profondo il suo alone di significati. Anche il fatto che quella musica sia affidata ad una chitarra va opportunamente sottolineato: resta confermato infatti che la voce umana e il suono della chitarra formano un binomio perfetto…

Fauvel


P.S. Questa poesia di Fausto Bottai è propriamente un logogrifo (variazione dell'anagramma che consiste in una serie di anagrammi parziali di una sola parola o frase). In questo caso i versi sono appunto anagrammi parziali ricavati da un'unica matrice: il verso iniziale della Divina Commedia "Nel mezzo del cammin di nostra vita".

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