Arturo Tallini: In modo banale e scontato: a 11 anni un mio amico, vicino di casa, ebbe una chitarra in regalo, ma a lui non interessava; io invece fui incuriosito quando me la fece vedere e gliela chiesi in prestito. Il primo brano che trovai a orecchio (sulla prima corda e solo su quella...) fu Blu, Blu, L'amore e' blu, una canzoncina di musica leggera (ora che ci penso, BLU e' il titolo di quello che fino ad oggi considero il mio disco piu' importante, corsi e ricorsi della vita...): perche' ovviamente il primo innamoramento non fu per la chitarra classica, di cui nemmeno sospettavo l'esistenza, ma per quella ritmica, ïnsomma per la musica leggera. Del resto capii abbastanza presto che ...alle feste e con gli amici la faccenda funzionava, e cosi' andai avanti nella formazione di un repertorio di musica leggera che, battute a parte, effettivamente mi piaceva molto suonare e trovare a orecchio.
E: Lei è considerato a ragione uno dei chitarristi italiani più indirizzato verso al musica contemporanea, quando ha iniziato a dedicarsi a questo repertorio nuovo, interessante ma anche poco diffuso? Quali sono state le difficoltà che ha incontrato?
A.T.: Il primo approccio professionalmente significativo fu nel 1984: per un disco RCA dedicato tutto a nuove musiche; Guido Podesta' il direttore artistico della collana, chiese a me e Vincenzo Di Benedetto, con cui allora formavo il Duo Chitarristico Romano, di registrare un brano molto difficile di Irma Ravinale, Jointly, uno di Mauro Cardi, Texture e Interludi Dialoganti di Flavio Scogna. Per il suo brano, Scogna chiedeva, nel finale, di suonare il MI sesta corda e immediatamente scordarla di un tono sotto; io non volevo che l'effetto di glissando fosse discontinuo (come avviene ïnevitabilmente se si abbassa la corda con la mano sinistra). E allora presi un giracorde e lo fissai con della plastilina (allora si chiamava 'Pongo'): questo mi permetteva un bel glissando molto naturale e continuo; ricordo ancora la sua faccia stupita e la domanda "tutto questo per il mio pezzo?"
Racconto questo aneddoto per far capire il perche' del mio avvicinarmi alla musica contemporanea: su tutto, il gusto per il gioco, l'esplorazione, l'ampliamento delle possibilità strumentali, il raccogliere sempre la sfida che ogni brano nuovo ci propone...
Difficolta'? Senz'altro il fatto che molta musica contemporanea imponga di trovare gesti nuovi, soluzioni, idee molto spesso inedite e impreviste, che nessuno ci insegna in conservatorio. Il caso limite, fino a oggi e' stato per me Ko-Tha di Giacinto Scelsi, con la chitarra appoggiata in orizzontale e decine e decine di gesti nuovi da inventare per poter realizzare la partiiura: tanto per fare un esempio la chitarra e' usata come uno strumento da percuotere con le unghie, con le nocche, sul ponte, sulla cordiera, il tutto contemporaneamente pizzicando le corde a vuoto: un vero viaggio in un altro pianeta dove gli abituali riferimenti diventano inutili e il chitarrista e' costretto a costruire un rapporto nuovo con lo strumento.
Scelsi: ko-tha Miami 2008
E.: Sembra essersi creata una piccola scena musicale di chitarristi classici dediti a un repertorio innovativo e contemporaneo, oltre a lei mi vengono in mente i nomi di Marco Cappelli, David Tanenbaum, David Starobin, Elena Càsoli, Emanuele Forni, Marc Ribot con gli studi di John Zorn … si può parlare di una scena musicale? Siete in contatto tra di voi o operate ciascuno in modo indipendente? Ci sono altri chitarristi che lei conosce e ci può consigliare che si muovono su questi percorsi musicali?A.T.: L'interesse per la musica contemporanea si e' effettivamente molto ampliato...; ma non sono d'accordo sulla domanda in se': perche' chi suona contemporanea non dovrebbe muoversi in modo indipendente? E perche' parlare di una 'scena' ? Trovo esemplare l'esempio di Pollini, che da sempre accosta Boulez, Stockhausen a Beethoven o a Chopin; non c'e' una setta che si occupa di strane faccende: ci sono chitarristi che, a differenza di altri, si occupano in particolare di questo repertorio.
Potremmo invece discutere sul perche' siano pochi quelli che affrontano questo repertorio; secondo me è inevitabile pensare a Segovia: sappiamo quanto lui non amasse la musica contemporanea e preferisse un repertorio che, pur novecentesco, si reggeva comunque sulle stesse strutture armoniche e di pensiero della musica classica; mi pare opportuno ricordare che lui, parlando della musica che non amava parlava di nubarrones de la impotencia creativa; secondo lui, la vera musica, appunto il repertorio segoviano, sarebbe emersa dopo il dileguarsi di quei nubarrones...
E allora mi chiedo: cosa sarebbe oggi la chitarra se Segovia avesse chiesto musiche a Schoenberg, a Stravinsky, a Ligety o ad altri che hanno poi fatto la storia della musica del '900? Il prudente modernismo dei Turina, Ponce, Castelnuovo-Tedesco, ci ha regalato certo pagine ben fatte e a volte bellissime; pero' esse hanno tenuto la chitarra un po' ai margini di quel mondo in cui la musica viene inventata e non riproposta.
Castelnuovo-tedesco: Fantasia per chitarra e pianoforte II cd Musikstrasse
Castelnuovo-Tedesco, dal Romancero Gitano; Balladilla de los tres Rios con Vocelisensemnle diretto da Alberto Galletti CD Musikstrassehttp://www.4shared.com/account/file/56313482/f2550e23/balladilla_de_los_tres_rios.html?sId=gCI0isHoAjewopog
Dopo, molti di coloro che si sono formati nel contatto diretto con Segovia hanno fatto proprie le idee del grande spagnolo e, a loro volta, formato allievi; il risultato è che oggi esiste un settore, direi maggioritario, di chitarristi che non amano il repertorio contemporaneo soltanto per non averlo mai voluto avvicinare seriamente.
Altri chitarristi che si occupano di contemporanea: beh, senz’altro Magnus Anderson, Arnaud Dumond, e, naturalmente, Eugenio Becherucci, che ha suonato tutto il suonabile….
E.: Di recente lei ha eseguito in concerto uno dei brani più famosi di John Cage 4’33’’, come ha reagito il pubblico e come mai proprio la scelta di questo brano?
A.T.: Il brano di Cage e' stato per me una scoperta entusiasmante: il silenzio, associato all'immagine dello strumentista sul palcoscenico' puo' essere devastante, sconvolgente ed e' quello che mi e' stato detto da molti del pubblico. Il silenzio non e' solo l'assenza del suono perche' in questo caso ci si aspetta che lo strumentista suoni (fra l'altro io inizio ogni movimento con un 'attacco' ...sul silenzio); e quel suono, che mai arriva non ci parla solo del silenzio riempito dai suoni-ambiente ma anche di una sorta di presenza-assenza, di una promessa non mantenuta, di una potenza che non diventa mai atto; come in quegli incubi in cui si sogna di parlare ma...la voce non esce....
Come mai questa scelta? Perché mi è sembrato bello che un pezzo del genere con una valenza così drammatica e con una tale forza simbolica fosse inserito nel repertorio della chitarra. Inoltre credo che ai chitarristi faccia bene scoprire di quali contenuti anche il nostro strumento possa farsi portatore: i festival chitarristici ci mostrano spesso come sia molto più facile far passare pezzi di grande furbizia strumentale e poco contenuto musicale, che addormentano un po’ il pensiero…è chiaro che c’è un tempo per i pezzi da pubblico e un tempo per il Nocturnal di Britten, ma forse un po’ di qualità in piu' ci fa bene….
Britten: Passacaglia e song dal Nocturnal cd Tempi Moderni
http://www.4shared.com/account/file/56315218/e2a47f1a/8passacaglia_e_song.html?sId=AvlmL7upBIx9DN2I
A Settembre ad Alessandria durante il Convegno di chitarra di quest'anno ho fatto questo pezzo, prima delle Canzoni Lidie di Nuccio D’Angelo: lì, dove il pubblico non era certo incline alle avventure, devo dire che le reazioni sono state molto superiori alle mie aspettative.
In effetti credo che, da una parte, noi artisti dovremmo, almeno una volta nella vita, avere il coraggio di proporre cose dirompenti, e che dall’altra il pubblico tenda ad essere conservatore, solo nella misura in cui gli stimoli che riceve sono poveri di interesse: come spiegare altrimenti che 40 anni fa la RAI proponeva tutti i venerdi il teatro di prosa, da Eduardo De Filippo e Pirandello, e che il pubblico di allora, meno smaliziato di quello di oggi, non disdegnava affatto?
E.: Si può pensare a 4’33’ come a un pezzo basato sull’improvvisazione indeterminata o come un pezzo di musica aleatoria?
A.T.: Come ho gia' accennato, credo che 4'33'' sia una geniale rappresentazione innanzitutto; e' chiaro, pero', che l'aleatorieta' esiste, nella misura in cui sono imprevedibili i suoni dell'ambiente, le reazioni del pubblico, i rumori esterni ecc; mentre credo che l'improvvisazione sia assente dall'idea del pezzo.
E.: Nel suo sito internet lei ha messo a disposizione tra gli mp3 uno dei pezzi musicali più famosi di Bruno Maderna: Serenata per un Satellite. Come mai la decisione di trasporre per chitarra questo pezzo così suggestivo e tra l’altro non molto diffuso?
Maderna: Serenata per un satellite Miami 2008
http://www.4shared.com/account/file/65926534/9782ac10/arturo_tallini_live_maderna_serenata_per_un_satellite.html?sId=gCI0isHoAjewopog
A.T.: Negli ultimi 2 anni della mia vita e' successo qualcosa per cui l'esigenza di improvvisare e' ‘salita’ da sola e si e' concretizzata nell'incontro con la fantastica jazzista Marilena Paradisi: e' li che il mio rapporto con l'improvvisazione (non jazzistica, voglio precisarlo) e' iniziato. E immediatamente ho voluto cimentarmi anche da solo: quella esecuzione risale ad un concerto a Milano, alla Scuola Civica nell'aprile 2007. Perche' la decisione di suonarlo? La risposta e' sempre la stessa: cimeniarmi in pezzi che mi diano l’occasione di reinventare il mio essere musicista e mi portino ad ampliare i miei orizzonti.
Improvvisazione Live con Marilena Paradisi; Roma Università La Sapienza 2008
http://www.4shared.com/account/file/58633353/4f81eff3/11_online.html?sId=gCI0isHoAjewopog
E.: Questo pezzo del 1969, scritto su un grandissimo foglio con diversi pentagrammi messi in posizione non orizzontale e non in ordine, è un gioco di combinazioni che lascia all’esecutore libera possibilità rendendolo uno degli esempi più famosi di musica aleatoria. Che scelte ha operato per poter suonare questo pezzo? Ha tenuto presente il percorso musicale scelto da Claudio Ambrosiani nella sua trascrizione del 1985?
A.T.: Credo che l’idea di gioco di combinazioni, e quindi anche dell’alea,sia un po’ lontana dall’idea di Maderna: secondo me a lui non interessa il gioco matematico o il caso, ma la capacità evocativa della partitura, da una parte, e dell’interprete dall’altra: tanto è vero che in partitura ci sono molti segni che non hanno nessun significato musicale, ghirigori, scarabocchi, macchie….Secondo me lui in partitura, ci parla di mondi possibili: poi è l’interprete che li popola di personaggi, fantasmi, evocazioni, colori….Ho ascoltato la versione di Ambrosini che mi piace molto, come pure diverse altre. La scelta che ho fatto e' stata di smontare, variare, destrutturare le frasi proposte, studiandole con tante diteggiature diverse: in tal modo ho trasformato la partitura in una sorta di 'stanza dei giocattoli' da prendere liberamente davanti al pubblico costruendo il pezzo lí per lí. Credo che sia l'unico modo per risolvere l'aporia scritta in calce alla partitura improvvisando, insomma ma! Con le note scritte.
1 commento:
E' puro godimento intellettuale - oso azzardare: di matrice brechtiana - scorrere le parole del Tallini.
Lo scorso gennaio ho assistito ad uno dei concerti della serie "Pollini prospettive" all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Il concerto accostava le mirabolanti combinazioni timbriche delle Notations di Boulez al Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 di Brahms. L'accostamento - a séguito di una curiosa valutazione del chiacchiericcio post concerto - risultava ardito in misura proporzionale all'arretratezza del gusto musicale di chi si esprimeva al riguardo.
Ma parlo da profana.
Posso misurarmi solamente con le sensazioni che provo durante un ascolto; e quello del Ko-Tha di Giacinto Scelsi eseguito dal M° Tallini, per dirne uno, è un'esperienza profondamente intestina, strutturata, appassionante...
Felice di essere qui.
Un inchino ad Arturo Tallini.
(non troppo temperato, s'intende)
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