Suoni oltre l’orizzonte.
Di Nicola Sani (Presidente della Fondazione Scelsi)
La chitarra è uno strumento dal suono arcaico. La sua è una voce nomade, erede di culture e tradizioni dove fare musica significava portarsi il suono “appresso”. Un bagaglio a mano di straordinarie possibilità timbriche ed espressive, voce di polifonie, accompagnatrice di canti, percussione battente. Più di ogni altro strumento sintetizza l’idea del tempo, del passare dei giorni, evoca la lontananza di atmosfere notturne e la prossimità dei marciapiedi metropolitani. Quello della chitarra è un suono che si vive con tutto il corpo, abbracciandolo, diventando tutt’uno con la sua risonanza. Arturo Tallini sembra vivere in questo modo il proprio rapporto con uno strumento dal fascino tuttora complesso; il suo bagaglio a mano è una sorta di chiave di lettura del mondo sonoro, delle diverse scritture che la chitarra attraversa. Un piano diagonale, che mette in relazione le diverse strategie di rappresentazione dei suoni, in una ricerca continua che ripercorre le strade della musica, come piste tracciate da antiche carovane. Al centro di questi percorsi c’è la necessità di portarsi al di là del tracciato comune, oltre i sentieri già battuti.
Non è una scelta facile; il Novecento ha aperto un’infinità di finestre sul suono, il nomadismo è diventato prassi, la chitarra si è mimetizzata infinite volte, rischiando di perdere la propria sonorità. Voce per eccellenza dell’universo giovanile, ha riassunto le contraddizioni di intere generazioni, diventandone lo sfondo e l’eco. Tallini ragiona su tutto questo con un percorso nel Novecento chitarristico, unendo compositori diversi e distanti in un progetto molto originale, che sembra riassumersi nell’esecuzione di Ko-Tha di Giacinto Scelsi (è estremamente significativo che questa registrazione integrale delle Tre Danze di Shiva esca proprio nell’anno del centenario della nascita di questo ancora enigmatico compositore). Nel lavoro di Scelsi la chitarra è utilizzata come strumento a percussione risonante, diviene la base di una ricerca ritmica e timbrica per la creazione di inedite sonorità. Eppure rimane estremamente coerente con le caratteristiche dello strumento, lo utilizza al pieno delle sue possibilità, ne amplifica i significati guardandolo da una diversa angolazione prospettica. Il percorso che Tallini propone attraverso la sua visione contemporanea della sei corde offre molti spunti per riscoprire la straordinaria ricchezza sonora ed espressiva di uno strumento di cui erroneamente si crede di conoscere tutto. Al contrario, ciò che mette in relazione la ricerca di Britten, Petrassi, Scelsi, Nicolau, Dall’Ongaro e Cresta è proprio la necessità di superare gli stereotipi dello strumento per renderlo congeniale alle necessità del presente. Così assumono un significato e una luce diversa le melodie di D’Angelo, private di qualsiasi dimensione retorica e nostalgica. Questo percorso così denso e intensamente vissuto, è reso possibile grazie ad una tecnica strumentale unica, come quella di Tallini, che al di fuori di ogni compiacimento virtuosistico riesce a rendere perfettamente comprensibile e comunicativo un universo sonoro dove non è sempre facile riuscire ad orientarsi. La sua ricerca è un invito a non fermarsi alle apparenze, ad approfondire le diverse direzioni e proseguire al di là di quell’orizzonte aperto che il secolo scorso ci ha indicato, nella musica come nei diversi linguaggi dell’arte contemporanea.
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