9. Consigliaci cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta.. Che musiche ascolti di solito?
Premesso che cinque cd sono davvero pochi, ho pensato di scegliere qualche cosa che in qualche modo avesse segnato la mia vita, per questo motivo ho pensato ad Ascension di John Coltrane, perché è stato il primo disco free jazz che ho ascoltato e che adoro per la sua componente spirituale, la struttura è incredibile: sembra un fiume che non smette mai di ingrossarsi e scorrere! Ho pensato anche a Spiritual Unity di Albert Ayler, in quanto lo considero l’elemento di unione tra jazz concepito come riconoscibilità e facilità di “orientamento” per così dire, e improvvisazione libera vista come fattore destabilizzante. L’altro motivo, più affettivo, per cui l’ho scelto è perché questo è stato il primo approccio con il chitarrista che stimo di più, Marc Ribot. Per questo, il terzo cd che scelgo è Marc Ribot plays Franzt Casseus, perché l’interpretazione stupefacente di quest’album lo rende uno dei lavori più insospettabilmente vari che mi sia capitato di sentire. Il quarto titolo, è un album di Miles Davis, Filles de Kilimanjaro, perché racchiude in sé le due fasi che preferisco di questo musicista, concentrandosi sul momento di transizione in cui l'improvvisazione comincia a slegarsi dalla composizione muovendosi verso il suono come fine e non mezzo del percorso espressivo. L’ultimo album che mi porterei su quest’isola sarebbe sicuramente qualche cosa della Masada di John Zorn, in particolare del Masada String Trio, un po’ perché credo che sia rappresentativo nel modo di comporre, ma anche nell'improvvisazione che arriva alle origini, riuscendo ad avere un bilanciamento espressivo tra classica, folk e jazz, davvero particolare, Credo che la metà dei meriti di questi lavori sono dovuti alla presenza di Greg Cohen, che credo sia uno dei migliori musicisti, al momento.
10. Quali sono invece i tuoi cinque spartiti indispensabili?
Sono contento di questa domanda, perché avevo eliminato dagli album dell’isola deserta tutta la musica contemporanea, che trova ora lo spazio che merita.
Ritengo sicuramente indispensabile “Worker's Union” di Louis Andriessen, perché rappresenta in pieno la mia idea di musica scritta, contrapponendo un rigore assoluto con un altrettanto assoluto agio interpretativo; In C di Terry Riley, perchè è davvero divertente da suonare, è stato il primo spartito di musica minimalista che ho letto e perchè ti permette libertà assoluta perfettamente organizzata con gli altri musicisti
Come terzo scelgo 24 studi di chitarra di Mario Giuliani, perché come ogni chitarrista, ho un rapporto di amore e odio con questi esercizi che mi hanno consumato le dita in gioventù.
Uno spartito che mi ha veramente lasciato senza parole è Clapping music di Steve Reich, l’ho giudicato allucinantemente bello, ne sono rimasto davvero colpito!
Vista l’importanza che ha avuto per me, ho tenuto per ultimo John Cage. I suoi lavori sono stati il primo impatto, anche se solo “grafico” che ho avuto con la musica sperimentale quando ancora non mi ero interessato ad essa. Credo che sia stato davvero determinante per me e per i miei studi successivi.
11. Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli ti senti di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?
Di consigli, ne vorrei io da loro! È un grande rammarico il fatto di non aver mai conseguito il diploma in chitarra. Diciamo quindi che posso consigliare come collaboratore e amico di musicisti diplomati, di non mettere mai davanti il titolo e continuare a studiare anche in direzioni meno tradizionali e fare esperienze delle più varie. Nessuno vuole parlare con un diploma, ma con un musicista.
12. Con chi ti piacerebbe suonare e chi ti piacerebbe suonare? Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando?
Per quanto riguarda personalità italiane, collaborerei volentieri con i chitarristi che apprezzo maggiormente, Egle Sommacal, Asso Stefana, Stefano Pilia, Simone Massaron, Enrico Terragnoli. Meno specificatamente stimo moltissimo tutti i musicisti facenti parte del Gallo Rojo, il batterista Francesco Cusa, e credo che lavorerei davvero volentieri con personalità come Enrico Gabrielli e Xabier Iriondo. Ho peraltro ascoltato di recente il mio collega nel Guitar Improvisation Project M Tabe, che ho trovato molto interessante, collaborerei molto volentieri anche con lui. I progetti che ho in testa sono svariati, credo che quello che si fa largo con maggior insistenza sia quello di sonorizzare dal vivo un film. Nel frattempo sto lavorando ad un esperimento insieme alla batterista Monica Colella, con cui ho già suonato in molti progetti, e sto rifinendo l’uscita di questo mio primo disco solista, che dovrebbe essere ormai certa per i primi mesi del prossimo anno. Sarà un disco completamente rassegnato e quasi totalmente di sola chitarra con qualche “ospite”.
13. Ultima domanda, proviamo a voltare verso la musica le tre domande di J.P.Sartre verso la letteratura: Perché si fa musica? E ancora: qual è il posto di chi fa musica nella società contemporanea? In quale misura la musica può contribuire all’evoluzione di questa società?
Si fa musica per misurarsi con se stessi e con l'ambiente che abbiamo intorno.
Dovrebbe avere il ruolo che dovrebbe spettare all'arte, cioè quello di cercare di far riflettere le persone, prendendole allo stomaco, e non sempre lavorando sulle emozioni.
Oggi c'è bisogno di sensazioni, forti e non ignorabili, stimoli per togliersi dal torpore che il momento storico ci butta addosso.
Non basta “non guardare la televisione” bisogna fare qualcosa di più, lasciarsi guidare da quella “rivoluzione” che abbiamo dentro, e che forse, la musica può tirarci fuori.
Non credo di essere un visionario pensando che la musica ci potrebbe davvero tirare fuori da questo pantano!
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