Gli antenati dei più moderni strumenti a corda, violino incluso, appaiono per la prima volta nell’iconografia mesopotamica intorno al 2000 a.C. (…) I Greci denominavano un liuto similare pandora, e il termine derivava quasi certamente dal sumerico pan-tur, ‘piccolo arco’, indicandone così un’origine nell’arco musicale che si potrebbe dimostrare assai probabile.
Queste le prime parole che, nella sua Storia degli strumenti musicali, Curt Sachs dedica specificamente al liuto. Ma che cos’era questo arco musicale che, secondo tale autorevole opinione, sembrerebbe il lontano capostipite dell’intera famiglia degli strumenti a corda? Sempre nel testo di Sachs, che servirà egregiamente da guida in questa nostra breve esplorazione storica, leggiamo:
L’arco dei cacciatori è un oggetto consueto: una stecca o un ramo flessibili incurvati da una corda tesa tra le loro due estremità. Dal momento che l’arco musicale ha identica forma, molti antropologi hanno ravvisato un rapporto di filiazione tra questo arco e l’arco dei cacciatori: coloro che maneggiano l’arco per le necessità della caccia –essi dicono- certamente intesero il sibilo o il leggero schiocco della corda allo scoccar della freccia e furono indotti a usare i loro archi come strumenti musicali. Il che non è irragionevole pur risultando di fatto erroneo, al pari di molte spiegazioni a prima vista plausibili. Presentando una lunghezza di circa m 3,50 quegli archi che noi abbiamo buone ragioni per ritenere le più antiche, nulla hanno a che fare con l’arco dei cacciatori.
Queste le prime parole che, nella sua Storia degli strumenti musicali, Curt Sachs dedica specificamente al liuto. Ma che cos’era questo arco musicale che, secondo tale autorevole opinione, sembrerebbe il lontano capostipite dell’intera famiglia degli strumenti a corda? Sempre nel testo di Sachs, che servirà egregiamente da guida in questa nostra breve esplorazione storica, leggiamo:
L’arco dei cacciatori è un oggetto consueto: una stecca o un ramo flessibili incurvati da una corda tesa tra le loro due estremità. Dal momento che l’arco musicale ha identica forma, molti antropologi hanno ravvisato un rapporto di filiazione tra questo arco e l’arco dei cacciatori: coloro che maneggiano l’arco per le necessità della caccia –essi dicono- certamente intesero il sibilo o il leggero schiocco della corda allo scoccar della freccia e furono indotti a usare i loro archi come strumenti musicali. Il che non è irragionevole pur risultando di fatto erroneo, al pari di molte spiegazioni a prima vista plausibili. Presentando una lunghezza di circa m 3,50 quegli archi che noi abbiamo buone ragioni per ritenere le più antiche, nulla hanno a che fare con l’arco dei cacciatori.
http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-sachs_curt/sku-128480/storia_degli_strumenti_musicali_.htm
Di fatto, non risulta che l’arco musicale sia associato a credenze o rituali di caccia, nemmeno presso quelle popolazioni ‘primitive’ che ancora oggi, o almeno fino a poco tempo fa, lo usavano.
Presso i Cora del Messico la zucca adattata a risonatore sulla quale l’arco poggia, vale come sacro emblema della dea della terra e della luna; in molte tribù soltanto le donne suonano gli archi musicali. In Rhodesia sono questi strumenti ad essere adoperati nelle cerimonie di iniziazione delle fanciulle. In altri contesti, l’arco musicale, soprattutto il cosiddetto arco a bocca, che nello Zimbabwe è detto chipendani, è usato soprattutto dai pastori.
http://www.africainmusica.org/bibliografia/italiano/arcoMusicale.htm
Di fatto, non risulta che l’arco musicale sia associato a credenze o rituali di caccia, nemmeno presso quelle popolazioni ‘primitive’ che ancora oggi, o almeno fino a poco tempo fa, lo usavano.
Presso i Cora del Messico la zucca adattata a risonatore sulla quale l’arco poggia, vale come sacro emblema della dea della terra e della luna; in molte tribù soltanto le donne suonano gli archi musicali. In Rhodesia sono questi strumenti ad essere adoperati nelle cerimonie di iniziazione delle fanciulle. In altri contesti, l’arco musicale, soprattutto il cosiddetto arco a bocca, che nello Zimbabwe è detto chipendani, è usato soprattutto dai pastori.
http://www.africainmusica.org/bibliografia/italiano/arcoMusicale.htm
Infatti, dice ancora Sachs, l’arco musicale è uno dei primi strumenti che non ha più una destinazione sociale, comunitaria, ma strettamente personale. In particolare il suono debole, smorzato del chipendani è realmente apprezzabile solo da parte del musicista che individualmente lo utilizza.
Il suonatore deve infatti tenere un'estremità dell'arco tra i denti, pizzicandone la corda in vari modi e modificando il suono attraverso la maggiore o minore apertura delle labbra. Si creano così una serie di variazioni, appena udibili dagli ascoltatori, che invece il musicista sente distintamente attraverso la vibrazione delle ossa della testa. Anche per questo motivo era lo strumento ideale per riempire le lunghe, noiose, ore del pascolo.
Esistono tre principali tipi di archi musicali:
l’arco con risonanza indipendente, che viene, appunto, fatto poggiare su una cassa di risonanza esterna che può essere una zucca, un canestro, un recipiente di terracotta o di metallo;
l’arco con risonanza indipendente, che viene, appunto, fatto poggiare su una cassa di risonanza esterna che può essere una zucca, un canestro, un recipiente di terracotta o di metallo;
l’arco con risonatore solidale, detto anche a zucca, in quanto all’arco sta attaccata una zucca che funziona da risonatore;
l’arco a bocca, laddove, come si diceva è la bocca dell’esecutore ad agire da risonatore, con una modalità che ricorda la tecnica con la quale viene suonato la scacciapensieri (non a caso un altro strumento che può essere definito tipicamente ‘pastorale’).
Per ulteriori, più approfondite informazioni, chi vuole può consultare questa pagina, ricca fra l'altro, di utili illustrazioni
Jacopo da Montaio
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