martedì 31 marzo 2009

Tango: In due - Tango a parole di Maurizio Pisati













• Scrivo in due quarti. Se mi chiedi di parlare del Tango, questa è la mia "salida": contare, e dove arrivano le pause ricordare la danza. Certo una Milonga in due, e forse più avanti anche i tre e i quattro quarti, ma sinora solo due. Sì perchè, non sapendolo ballare ho voluto ugualmente comporne, capendo che quei passi non son fatti per essere memorizzati ma inventati ogni volta rimettendo tutto in gioco.

Mi sono concentrato quindi su quei momenti unici, apparentemente non di danza, che sempre intravedevo nel ballerino. Strani tic, scarti, un rallentamento fuori dal tempo, raddrizza le spalle, muove appena il mento: le pause. Lì egli ascolta qualcosa che nessun altro sente, proprio mentre tutto tace lui è totalmente concentrato sul sentire. Allora ho intuito che quei silenzi erano il luogo segreto dove incontrare il Tango.

• Ho composto i miei pochi Tanghi partendo da quelle sospensioni. Il primo, Fueye - 3 minuti per Astor (EnsembleNuovaArmonia, Roma 1997, Ed. Ricordi), dal nome con cui a Buenos Aires chiamano il polmone che dà il respiro: il mantice del Bandoneón. Un breve giro di Tango in cui, in omaggio ad Astor, gli elementi della danza scaturivano da un frammento strawinskyano.

Poi il secondo in Stock-ZONE TakuHon (TeatroStudio - MilanoMusica1999). Quasi alla fine, ad un tavolo si ritrovano un Violoncellista e un Percussionista. Attaccano, Cello e nocche sul tavolo, due file di Archi sulle sponde di un fiume e due ballerini nel mezzo -sì, nell'acqua, nel pieno della scrittura- a lottare contro una melodia di pause, tra le quali si fanno strada le prime note, e poi sempre più Tango sino al culmine.

• Quindi il terzo Tango, nato dal secondo come un ponte tra oriente e occidente: TEI per Koto e Pianoforte (TheaterWinter, Tokyo2000). E' inserito in una Suite in cui ogni pezzo è separato da un "tei", termine con cui in alcuni testi cantati Heian si indicavano i respiri scritti alla voce. Non più Bandoneón quindi, ma certo un'altra forma di respiro, dove i graffi delle unghie e i colpi sulle corde danzano col Piano nero.

Scrivo in due quarti, perchè il tango che da bambino sentivo cantare da mia madre, tra sé mentre riordinava, era in due. Cantava senza danza, camminando più veloce del tempo, fermandosi quando serviva alle mani e non nelle pause. Anzi, nelle pause introducendo un discorso, o chissà, pensieri. Anche questo, si sente, è un tango, un tango canzone non ancora composto. Al prossimo compleanno glielo scrivo.

mp

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