venerdì 28 novembre 2008

Recensione di Jatékok di György Kurtág, Stradivarius di Empedocle70




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La bellezza è una cosa per me estremamente difficile da definire …. con una certa obiettività. Bellezza e gusto dell'osservatore sembrano infatti due fattori inscindibili, due lati della stessa medaglia, pensare a una bellezza indipendente da un qualche osservatore … è come pensare a un’opera d’arte, a una meravigliosa partitura che viene gelosamente custodica in cassaforte e che nessuno riuscirà a suonare.
Credo però che la ricerca della bellezza comporti la cognizione degli oggetti come aventi una certa armonia intrinseca oppure estrinseca, con la natura, che suscita nell'osservatore un senso ed esperienza di attrazione, affezione, piacere, salute. Penso che possa essere il caso di questo disco dove possiamo ascoltare musica nuova, fresca, originale, lontana da certi aspetti di perfezionismo fine a se stesso. Ne deriva una registrazione di impagabile bellezza come questa che riunisce una scelta dei didattici Jatékok (Giochi) suonati da Kurtág stesso con la moglie, un pezzo magico per il Cimbalon di Ildikó Vékony e il classico Grabstein für Stephan per chitarra e strumenti, solista del quale è la musicalissima Elena Càsoli.
Jatékok (Giochi) non è un metodo per lo studio del pianoforte concepito per i giovani allievi, bensì un’opera - secondo le parole del compositore contemporaneo ungherese - “suggerita dal bambino che si dimentica di se stesso mentre suona; quel bambino per il quale lo strumento è ancora un gioco.” Si tratta infatti di un’opera che prende le mosse dall’osservazione delle esperienze infantili intorno alla musica e che cerca di esorcizzare tali esperienze attraverso il recupero della memoria dei traumi di chi si accosta alla musica ancora in giovane età.
Szálkák è dedicato alla musicista Martha Fabian, che ebbe grande influenza non solo su Kurtag ma anche su altri musicisti ungheresi, ed è per cimbalon, il dulcimer ungherese, mentre Grabstein für Stephan per chitarra e gruppi di strumenti, è un pezzo singolare in un unico respiro, caratterizzato da una notevole dinamica, una “lapide musicale” in cui la chitarra di Elena Càsoli gioca un ruolo di cornice con arpeggi semplici e lineari su cui corrono gli altri strumenti, in un quadro di grande suggestione emotiva.
Lasciatevi conquistare.


Empedocle70

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