L’evento che rompe l’impasse e segna una svolta è una borsa di studio del governo francese vinta con la sinfonia in tre movimenti Buenos Aires. Grazie ad essa, nel settembre del ’54 Piazzolla approda a Parigi per studiare con la celebre insegnante di composizione Nadia Boulanger. Sarà lei a compiere il prodigio di riconciliare le due personalità scisse di Piazzolla, quella del tangueiro e quella del compositore colto: dopo averlo ascoltato suonare un tango al pianoforte, Nadia Boulanger esclama: “Questo è Piazzolla! Non lo abbandoni mai!”. Piazzolla dipingerà sempre questo episodio come una sorta di epifania, la definitiva scoperta di se stesso. A partire da questo momento Piazzolla fonda gruppi che rispecchiano e assecondano di volta in volta la sua evoluzione artistica: tra i più importanti, l’Octeto Buenos Aires (1955), che segna la nascita del cosiddetto tango de vanguardia e scandalizza il pubblico con l’inclusione nell’organico della chitarra elettrica; il Quinteto Nuevo Tango (1961), il primo dei due quintetti “classici” di Piazzolla; il Noneto “Conjunto 9” (1971); l’Ottetto elettronico (1975) e il Sestetto (1989).
Per tutti gli anni ’60 e ’70 Piazzolla alterna all’attività creativa, concertistica e discografica come solista e in ensemble la stesura di lavori di più ampio respiro (ad esempio l’“operita” Maria de Buenos Aires, del 1968). I soggiorni in Europa si fanno lunghi e frequenti, soprattutto in Francia e in Italia; a Roma egli soggiorna per oltre un anno, dal marzo 1974 al settembre 1975 – un periodo segnato tra l’altro dalla collaborazione col sassofonista Gerry Mulligan.
È con la fine degli anni ’70 che il successo di Piazzolla raggiunge dimensioni planetarie: da quel momento, e fino all’ultimo, la vita del musicista argentino è scandita dalle tournées e dai continui spostamenti da una sponda all’altra dell’Oceano. Anche all’apice del successo, tuttavia, egli non cessa mai di considerarsi prima di tutto un compositore colto, anzi: proprio nell’ultimo quindicennio della sua vita vedono la luce opere importanti come il Concerto per bandoneón (1979), la suite Punta del Este (1980) per bandoneón e archi, Le Grand Tango (1982), un lavoro di grandi dimensioni per violoncello e pianoforte dedicato a Mstislav Rostropovich (che lo eseguirà solo otto anni dopo), e Four for Tango (1987), scritto per il Kronos Quartet.
All’interno del corpus delle opere di Astor Piazzolla – oltre 3000 pezzi, la cui catalogazione precisa è impresa ardua e non ancora completata – quello dei lavori originali per chitarra costituisce un gruppo quantitativamente e qualitativamente molto significativo. Bisogna attendere fino ai primi anni ’80, però, perché l’interesse di Piazzolla per lo strumento si concretizzi efettivamente nella creazione di un brano. Nel dicembre 1980 il chitarrista argentino Roberto Aussel presenta alla Salle Gaveau di Parigi tre dei pezzi che, nel 1984, confluiranno nel ciclo dei Cinco Piezas. Nel marzo ’85 Piazzolla è ospite al Festival della Chitarra di Liegi, in Belgio, con l’antico e fidato collaboratore Cacho Tirao, alla cui consulenza tecnica il compositore ricorre nella stesura di molti dei suoi lavori chitarristici: su commissione del Festival, e sotto la direzione del cubano Leo Brouwer, i due musicisti uniscono le loro forze per la prima esecuzione del Concerto per chitarra, bandoneón e archi (denominato, appunto, Omaggio a Liegi). Il Concerto, che secondo il pianista Pablo Ziegler sarebbe ispirato alla musica di William Walton, viene replicato poco dopo a Parigi e a Montevideo, rispettivamente con Roberto Aussel e Baltasar Benítez alla chitarra. È ancora al Festival di Liegi dell’85 che viene eseguita la suite per flauto e chitarra Histoire du Tango, in quattro movimenti, ciascuno dei quali evoca un’epoca e uno scenario della storia del tango. Appena un anno prima, inoltre, Piazzolla ha composto la Tango Suite per il duo brasiliano costituito da Sergio e Odair Assad, che ha incontrato e ascoltato a Parigi.
La musica per chitarra di Astor Piazzolla adopera tutti gli artifici musicali in possesso del compositore: imitazioni, dissonanze, politonalità e atonalità, poliritmia, abbondanza e varietà di modulazioni, progressioni. La ricchezza di colori (accresciuta dall’impiego di effetti percussivi), la profonda coesione formale e l’equilibrio perfetto fra gli strumenti concertanti fanno delle sue opere un caposaldo della letteratura per chitarra del ’900.
All’inizio degli anni ’90 Piazzolla ha in progetto di scrivere un lavoro da camera commissionato da Rostropovich per violoncello, pianoforte, chitarra e percussioni. Ma una lunga malattia e la morte, sopraggiunta il 4 luglio 1992, glielo impediscono. “Ho un desiderio: che si ascolti la mia musica anche nel 2020. E persino nel 3000” ha dichiarato una volta Piazzolla. E la storia della musica, probabilmente, esaudirà il desiderio dell’uomo che ha portato il tango in tutte le sale da concerto del mondo.
Per tutti gli anni ’60 e ’70 Piazzolla alterna all’attività creativa, concertistica e discografica come solista e in ensemble la stesura di lavori di più ampio respiro (ad esempio l’“operita” Maria de Buenos Aires, del 1968). I soggiorni in Europa si fanno lunghi e frequenti, soprattutto in Francia e in Italia; a Roma egli soggiorna per oltre un anno, dal marzo 1974 al settembre 1975 – un periodo segnato tra l’altro dalla collaborazione col sassofonista Gerry Mulligan.
È con la fine degli anni ’70 che il successo di Piazzolla raggiunge dimensioni planetarie: da quel momento, e fino all’ultimo, la vita del musicista argentino è scandita dalle tournées e dai continui spostamenti da una sponda all’altra dell’Oceano. Anche all’apice del successo, tuttavia, egli non cessa mai di considerarsi prima di tutto un compositore colto, anzi: proprio nell’ultimo quindicennio della sua vita vedono la luce opere importanti come il Concerto per bandoneón (1979), la suite Punta del Este (1980) per bandoneón e archi, Le Grand Tango (1982), un lavoro di grandi dimensioni per violoncello e pianoforte dedicato a Mstislav Rostropovich (che lo eseguirà solo otto anni dopo), e Four for Tango (1987), scritto per il Kronos Quartet.
All’interno del corpus delle opere di Astor Piazzolla – oltre 3000 pezzi, la cui catalogazione precisa è impresa ardua e non ancora completata – quello dei lavori originali per chitarra costituisce un gruppo quantitativamente e qualitativamente molto significativo. Bisogna attendere fino ai primi anni ’80, però, perché l’interesse di Piazzolla per lo strumento si concretizzi efettivamente nella creazione di un brano. Nel dicembre 1980 il chitarrista argentino Roberto Aussel presenta alla Salle Gaveau di Parigi tre dei pezzi che, nel 1984, confluiranno nel ciclo dei Cinco Piezas. Nel marzo ’85 Piazzolla è ospite al Festival della Chitarra di Liegi, in Belgio, con l’antico e fidato collaboratore Cacho Tirao, alla cui consulenza tecnica il compositore ricorre nella stesura di molti dei suoi lavori chitarristici: su commissione del Festival, e sotto la direzione del cubano Leo Brouwer, i due musicisti uniscono le loro forze per la prima esecuzione del Concerto per chitarra, bandoneón e archi (denominato, appunto, Omaggio a Liegi). Il Concerto, che secondo il pianista Pablo Ziegler sarebbe ispirato alla musica di William Walton, viene replicato poco dopo a Parigi e a Montevideo, rispettivamente con Roberto Aussel e Baltasar Benítez alla chitarra. È ancora al Festival di Liegi dell’85 che viene eseguita la suite per flauto e chitarra Histoire du Tango, in quattro movimenti, ciascuno dei quali evoca un’epoca e uno scenario della storia del tango. Appena un anno prima, inoltre, Piazzolla ha composto la Tango Suite per il duo brasiliano costituito da Sergio e Odair Assad, che ha incontrato e ascoltato a Parigi.
La musica per chitarra di Astor Piazzolla adopera tutti gli artifici musicali in possesso del compositore: imitazioni, dissonanze, politonalità e atonalità, poliritmia, abbondanza e varietà di modulazioni, progressioni. La ricchezza di colori (accresciuta dall’impiego di effetti percussivi), la profonda coesione formale e l’equilibrio perfetto fra gli strumenti concertanti fanno delle sue opere un caposaldo della letteratura per chitarra del ’900.
All’inizio degli anni ’90 Piazzolla ha in progetto di scrivere un lavoro da camera commissionato da Rostropovich per violoncello, pianoforte, chitarra e percussioni. Ma una lunga malattia e la morte, sopraggiunta il 4 luglio 1992, glielo impediscono. “Ho un desiderio: che si ascolti la mia musica anche nel 2020. E persino nel 3000” ha dichiarato una volta Piazzolla. E la storia della musica, probabilmente, esaudirà il desiderio dell’uomo che ha portato il tango in tutte le sale da concerto del mondo.
Questo testo è stato gentilmente concesso dall'autore e si trova all'interno del cd di Matteo Mela "Astor Piazzolla Complete Guitar Music" edito dalla Stradivarius.
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