mercoledì 8 aprile 2009

Tango: Suonare Piazzolla, insegnare Piazzolla, un’esperienza. di Elena Càsoli parte prima


Immaginate una sera di dicembre. Sono le nove, è buio da qualche ora, l’aria è pungente e nevica ancora sulla capitale svizzera, già abbondantemente imbiancata. Per le strade solo qualche passante e un tranquillo silenzio che avvolge la case e i giardini. Il lunedì sera in inverno, alle nove, Berna è già immersa nella notte.
Ma, in una sala della Hochschule der Künste, uno dei gruppi da camera della mia classe sta ancora provando Che Tango Che! di Astor Piazzolla. Tra pochi giorni lo presenteranno per la prima volta in pubblico nella Große Konzert Saal.
Sono sei bravi giovani musicisti, il quintetto classico -Jakob alla chitarra elettrica e Vincent al violino, allievi della sezione jazz della scuola, Sabrina al contrabbasso, Jahra al pianoforte e Andreas con il suo akkordeon- ai quali si aggiunge Rita, la voce per questa chanson francaise del musicista porteño.
Terminate le altre lezioni, raggiungo l’ensemble e, attraverso le finestra illuminate, la musica di Piazzolla mi invita ad entrare.
Una scena che si è ripetuta molte altre volte negli ultimi anni, quintetti e trii con i quali abbiamo condiviso qui a Berna splendide ore di lavoro su queste musiche, ma ancora, a volte, mi chiedo: cosa ci porta a suonare Piazzolla? Quanto siamo lontani qui, nell’inverno bernese, da Buenos Aires, da quella società, da quel gusto, dalla cultura che ha dato vita al tango argentino? Che legame ci può essere tra la nostra formazione musicale e Che Tango Che! ? Possiamo noi essere interpreti interessanti di questa musica, darne una lettura che esprima qualità e valore e che aggiunga qualcosa a quello che ci ha lasciato nei suoi dischi Piazzolla stesso? Ciò che stiamo facendo può raggiungere un risultato artistico verso il quale tendiamo quando lavoriamo su altri autori del repertorio classico o si esaurisce nel piacere di accennare, anche noi, musicisti europei, queste melodie ormai così conosciute, solo perché la loro bellezza e fama ci attraggono?
Queste sono domande che man mano pongo ai miei studenti e alle quali cerchiamo una risposta lavorando insieme. Quanto avete già ascoltato di Piazzolla? Cosa conoscete del tango? Avete mai letto Jorge Luis Borges o Julio Cortazar? Sapete chi è stato Carlos Gardel?
Sappiamo che i musicisti argentini che suonano tango sono molto severi nei loro giudizi su qualunque interprete di altra origine si accosti a questo repertorio. Più indulgenti verso i jazzisti, molto spesso insofferenti già alle prime note verso chi ha una formazione classica. E in molti casi devo ammettere, da musicista europea, che hanno ragione. Spesso si ascoltano interpretazioni della musica di Piazzolla corrette, anche ricche di virtuosismo, ma che sul piano stilistico, timbrico ed emotivo rivelano tutta la distanza geografica e culturale che sta tra noi e l’Argentina, un vero oceano.
I giovani musicisti della Hochschule quando vengono nella mia classe per questo corso possiedono buone doti tecnico-strumentali, una attenta preparazione musicale e molto, molto entusiasmo all’idea di poter finalmente accostarsi alla musica di Piazzolla. Già tre elementi preziosi per poter lavorare insieme. Ma non pensano di dover entrare in questo mondo attraverso una ricerca interpretativa che non può essere meno ampia e profonda di quella che hanno già sperimentato con Bach, Mozart, Bartok o De Falla. Spesso di Piazzolla hanno ascoltato solo i brani più famosi, non conoscono altri autori di tango, e ancor meno hanno riferimenti sulla cultura argentina che sta intorno al tango.
Vi è, qui come per ogni autore, un fraseggio fatto di accenti, gesti, appoggi melodici, articolazioni ritmiche e dinamiche ed un linguaggio dove ritmo, tensioni e rilassamenti, accelerazioni, sospensioni, sfumature devono trovare il luogo e il modo di concatenarsi alle note, affinchè queste raccontino qualcosa di vero, di autentico del pezzo e di chi l’ha composto.
E vi è una cultura, che possiamo assorbire attraverso le parole degli scrittori, i film, i dischi e tutte le espressioni e informazioni che da quella cultura ci provengono, dalla quale non possiamo prescindere, se vogliamo cominciare a capire, come interpreti, il senso di questa musica.

- parte prima
- parte seconda

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