English Version
Un po’ di storia. E’ il 2007, siamo a Colonia, in Germania, per la Triennale di Musica. Il programma della Triennale prevede che sei specialisti di musica rinascimentale si confrontino con altrettanti esperti di musica contemporanea. Pianoforte con clavicembralo, organo con tatstiere e sintetizzatori e così via. La chitarra ovviamente si affianca al liuto.
Un po’ di storia. E’ il 2007, siamo a Colonia, in Germania, per la Triennale di Musica. Il programma della Triennale prevede che sei specialisti di musica rinascimentale si confrontino con altrettanti esperti di musica contemporanea. Pianoforte con clavicembralo, organo con tatstiere e sintetizzatori e così via. La chitarra ovviamente si affianca al liuto.
Da questi accoppiamenti i musicisti devono creare della musica nuova che tenga conto delle caratteristiche dei loro strumenti e della loro formazione musicale. Per la chitarra il campione chiamato nel nome della modernità è il signor Scott Fields, americano, chitarrista e improvvisatore votato alla libera improvvisazione sullo stile di gente come Derek Bailey o Larry Ochs, e compagno di giochi di Elliott Sharp. al liuto anzi alla tiorba viene chiamato Stephan Rath.
I due suonano, si divertono, creano una bella intesa tanto che le loro musiche vengono registrate dallo stesso Fields e dopo un paio di anno stampate su cd per la Neos, casa discografica molto attenta ai repertori contemporanei.
Nelle note che accompagano il cd Fields parla tranquillamente di musica “composta” per la Triennale, ma non esiste alcun riferimento sul fatto che queste musiche siano state stampate o siano disponibili per altri interpreti. Sinceramente spero esistanod elle trascrizioni perché le musiche sono davvero belle, molto intense e quasi sognanti nella loro malinconia e i due musicisti suonano benissimo. Nonostante la differenza di strumento e di formazione superano benissimo le difficoltà e suonano con un interplay davvero bello e piacevole. I due strumenti posso fare quello che vogliono, suonare il basso d’accompagnamento, le parti melodiche, essere dissonanti .. e si scambiano con molto gusto i ruoli e le competenze senza scalfire il tessuto musicale o senza mostrare segni di cedimento. Sono 5 brani i primi quattro ideati come parti di una suite e l’ultimo “what we talk” che da il nome la cd concepito come a se stante, le durate comprese tra un minimo di di quasi 6 minuti a un amssimo di quasi 23. Diversamente da altre situazioni che vedono gli improvvisatori eccedere in prolissicità a scapito della qualità delle idee qui la musica scorre serena senza affaticamenti per l’ascoltore, i due musicisti sono bravi e sanno intrecciarsi bene fra loro.
Bel disco, da ascoltare per chi suona in un duo o per chi magari sta pensando di crearne uno in compagnia di un liutista, in questo caso questo cd sarebeb un’ottima base di partenza, Scott Fields è presente su internet con un suo sito e magari si potrebbe anche chiedergli se esistono trascrizioni di questi duetti.
Nessun commento:
Posta un commento