martedì 3 gennaio 2012

Zorn e il Rumore, una indiretta risposta ad Attali, al Postmodernismo e a Cage, seconda parte


Spesso e volentieri la sua musica ha accolto al proprio interno suoni e rumori che attingono dalla realtà, dalla televisione e dai cartoni animati, in un magma musicale che viene a consistere nel rumore stesso, o piuttosto, nelle tensioni tra i rumori.
In quanto perfetto prodotto auto-dichiarato dell’ "età dell’informazione":

“I grew up in New York City as a media freak, watching movies and TV and buying hundreds of records. There's a lot of jazz in me, but there's also a lot of rock, a lot of classical, a lot of ethnic music, a lot of blues, a lot of movie soundtracks. I'm a mixture of all those things. “
Spillane, libretto del cd

Zorn arriva a sfruttare tutte le diverse forme e correnti di suono e background sonori che emergono dai mass media, in particolare dalla televisione, dalla radio e dalla pubblicità, che saturano ormai da decenni la nostra vita contemporanea: tutte le forme di suono, dal rumore bianco a Beethoven, dai richiami di anatra al bebop diventano materie prime per il compositore. Puro suono musicale che non ha più bisogno che sia temperato o tonale, ma che, libero da alcuna idea preconcetta, può essere usato all'interno della composizione come materia prima allo stesso livello di qualsiasi altro rumore. Solamente il rumore disponibile e accettabile dall'ascoltatore “sociale” può determinare le limitazioni, se ci sono, nella composizione. In questo caso la Musica, come Jacques Attali postula nel suo libro, diviene semplicemente "l'organizzazione del rumore", costituendo "la gamma di lunghezze d'onda udibili delle vibrazioni e dei segni che costituiscono la società" .
Ma il rumore quindi, per Zorn, non semplicemente suono accidentale o “naturale”, lo "sfondo" udibile che emerge in un lavoro come 4’33’’ di Cage: il pubblico costretto dal pianoforte silenzioso ad ascoltare il proprio mormorio o il panorama sonoro urbano che arriva attraverso una finestra aperta. Tale musica, che Attali approva considerandola come l’inizio di una nuova era per la composizione e il coinvolgimento dell’ascoltatore nella produzione musicale autonoma, liberata dalle limitazioni sociali e estetiche dell'industria musicale, Zorn la chiama il “dead, lifeless music" ("musica morta, esanime") fatta da "boring old farts, (“vecchie scoregge noise"), di cui lo stesso Cage è per Zorn uno degli esponenti principali.
Piuttosto, Zorn include nel proprio arsenale musica per-registrata e suoni da cartoni animati, battute e parodie musicali, citazioni da B-movies e film porno, tutti esempio di ciò che Attali, seguendo
Adorno, suggerisce implicare controllo sociale, consumo e produzione di massa e "morte dell'originale".
Attali vede nell'aspetto della registrazione del disco come una cementificazione della relazione tra "musica e soldi", e nella tecnologia dello studio di registrazione e nella de-ritualizzazione della musica pure limitazioni ai poteri estetici del compositore-musicista:

An acoustician, a cybernetician, [the musician] is transcended by his tools. This constitutes a radical inversion of the innovator and the machine: instruments no longer serve to produce the desired sound forms, conceived in thought before written down, but to monitor unexpected forms. . . . [T]he modern composer . . . is now rarely anything more than a spectator of the music created by his computer. He is subjected to its failings, the supervisor of an uncontrolled development. Music escapes from musicians.
(An acoustician, un cybernetico [il musicista] è trasceso dai suoi attrezzi tecnologici. Questo costituisce un'inversione integrale dell'innovatore e della macchina: gli strumenti non servono più a produrre le forme di suono desiderate, concepite come pensiero prima scritto, ma per esaminare forme inaspettate. . . . lui il compositore moderno. . . ora è raramente niente di più che un spettatore della musica creata dal suo computer. Lui è sottoposto alle sue debolezze, il supervisore di un sviluppo incontrollato. La musica fugge dai musicisti.
Jacques Attali libro “Noise: The Political Economy of Music”,

Nessun commento: