Questa sera ore 21 su Radio Voce della Speranza: Lou Harrison: Music for Guitars and percussion
L'esotismo è un problema? Quando l'occidente deve all'oriente? E' possibile fare grande musica senza pensare in termini di politica? Il compositore californiano Lou Harrison sembra aver trovato un modo elegante ed efficace di trasportare alcune caratteristiche della musica orientale incrociandole con le strutture della musica occidentale ottenendo soluzioni nuove e interessanti, ce ne accorgeremo ascoltando assieme John Schneider che suona le sue musiche dal cd Lou Harrison: Music for Guitars and percussion.
Mercoledì sera ore 21 su Radio Voce della Speranza: Lou Harrison: Music for Guitars and percussion
L'esotismo è un problema? Quando l'occidente deve all'oriente? E' possibile fare grande musica senza pensare in termini di politica? Il compositore californiano Lou Harrison sembra aver trovato un modo elegante ed efficace di trasportare alcune caratteristiche della musica orientale incrociandole con le strutture della musica occidentale ottenendo soluzioni nuove e interessanti, ce ne accorgeremo ascoltando assieme John Schneider che suona le sue musiche dal cd Lou Harrison: Music for Guitars and percussion.
Riprende il Seminario Annuale di Interpretazione Chitarristica tenuto da Frédéric Zigante e dal sottoscritto.
Grande novità di quest' anno è che a seguito della uscita del volume dei 12 Studi di Villa-Lobos curato da Zigante vi sarà in apertura del corso una conferenza concerto con la storia degli studi e della nuova pubblicazion, con l' esecuzione dei 12 studi.
SABATO 31 MARZO ore 20.00 CONFERENZA CONCERTO "I 12 Etudes di Villa-Lobos e la nuova edizione" Relatore: Frédéric Zigante Chitarra: Antonio Rugolo
vi confermo che le date del primo seminario sono il 31 Marzo e 1 Aprile. I successivi saranno a Giugno/Luglio e Settembre con date da definirsi. E possibile iscriversi anche ad un solo incontro.
I corsi si tengono a Castellaneta (TA) c/o La Civica Scuola di Musica Arcangelo Corelli Corso Vittorio Emanuele 119
Corso Annuale Zigante (Iscrizione 50€ + 350€)(3 incontri da 2 lezioni ciascuno Tot. 6 lezioni)
Corso Annuale Zigante/Rugolo (iscrizione 50€ + 470€) (6 lezioni con Zigante e 6 Rugolo Tot. 12 lezioni)
Corso Annuale Rugolo (iscrizione 50€ + 130€) (3 incontri da 2 lezioni ciascuno Tot. 6 lezioni)
Quota uditore 50€
Con preghiera di diffusione a chi ritenete possa essere interessato
A presto e vi se girare questa mail a colleghi e alunni che pensi potrebbero essere interessati. A presto Antonio Rugolo
- Concerto-Presentazione del cd "Immersus Emergo" (Setola di Maiale, Aton Records) del Trio Sorrentino/Telandro/Sigurtà. - Ospite speciale il grande Manuel Mota alla chitarra elettrica e la visual artist Alessandra Lanza che esporrà e proietterà le sue opere durante il concerto. - Domenica 26 Febbraio 2012 alle ore 21.30 presso le Officine Sonore, Via Schilke, Vercelli.
Programma:
1) Set del Trio Sorrentino/Telandro/Sigurtà 2) Set solistico di Manuel Mota 3) Set del Trio Sorrentino/Telandro/Sigurtà con Manuel Mota
Il programma della giornata prevederà anche un workshop sulla chitarra contemporanea e sull'improvvisazione (con Sergio Sorrentino e Manuel Mota) Gli allievi del workshop eseguiranno un brano in ensemble (una improvvisazione collettiva) come apertura del concerto.
Terza recensione questa settimana per Paolo Angeli, nuovo disco sempre del 2011, questa volta in duo con la violinista giapponese Takumi Fukushima. Paolo ormai lo conosciamo benissimo, vediamo invece chi è questa signora così coraggiosa da duettare con lui. Takumi Fukushima inizia lo studio del violino all'età di 5 anni a Tokio. Si laurea alla Art University Of Osaka e, completata la formazione classica, continua la sua formazione e ricerca musicale esplorando altri generi musicali: rock, jazz, pop, underground. Nel 1989/90 entra a far parte della band nipponica After Dinner, con la quale svolge tournée in tutta Europa. Il gruppo, guidato dalla cantante e compositrice Haco, propone una musica che ingloba il rock d'avanguardia post-Canterbury, in interazione con musica tradizionale giapponese, elettronica sperimentale, melodie cabarettistiche e musica contemporanea.
Nel 91/92 inizia la collaborazione con i Rale - gruppo multietnico (Czech Republic, Japan, France), composto dalla danzatrice Cynthia Phung-Ngoc, Takumi Fukushima, Vladimir Vaclavek e Joseph Ostransky - con il quale incide l'album omonimo (Wolf Music Records). Nel 1993 viene pubblicato Stupeur & Trompette, con il gruppo Armenius (progetto del bassista, cantante e song writer Ferdinand Richard). Nel 94/95 avviene l'incontro con Yolanda Vidal Fernandez ed entra a far parte della compagnia "Kubilai Khan Investigations". Si trasferisce a Montpellier dove instaura una stretta collaborazione nella ricerca musicale degli spettacoli Sol Y Sombra, "Sorrow Love Song" e "Gyrations of barbarous tribes". Contemporaneamente collabora con Massimo Giuntoli (compositore e polistrumentista) al progetto Musici In Complotto e con il gruppo Les Halmas, con cui pubblica Les Halmas Plus One (Rec Rec).
Nel ’96 partecipa al progetto Nuove Musiche Dal Teatro Del Faro (di Stefano Giannotti) e forma il duo con il batterista francese Dominique Lentin. Nell’ultima decade va evidenziata la sua militanza con la rock band franco-nipponico Volapuk. Nella musica di questo quartetto si dispongono intrecci e figurazioni complesse, con sorprendenti esiti timbrici dovuti all’incontro inconsueto tra fiati, archi e percussioni. Con i Volapuk, Fukushima produce due cd e si esibisce continuativamente in tutta Europa fino al 2010, anno di scioglimento della band. Insomma un curriculum di tutto rispetto e, soprattutto “trasversale”, l’ideale per un incontro con Paolo Angeli.
Il disco è interamente registrato “live” e ascoltandolo non si fatica a capire il perché di questa scelta: i due sono abili improvvisatori, abituati a interagire tra loro su un canovaccio, ho a casa un loro concerto registrato credo un paio di anni fa e ho notato che le basi, le strutture adoperate non erano poi così dissimili da quelle che ascoltiamo nel disco mentre completamente diverso l’interplay tra i due musicisti. Per due persone ogni concerto suonato assieme è sicura fonte sia di nuove idee, sia di un continuo miglioramento nell’improvvisazione e nel linguaggio musicale. In questo disco danno sicuramente il meglio di loro, niente trucchi, niente giochetti, niente facili ammiccamenti che a due persone della loro esperienza risulterebbero tanto facili quanto ai più invisibili. Paolo scatena tutti i suoni che la sua portentosa chitarra riesce a generare, la Fukushima gli tiene testa strapazzando il suo violino e cantando in quel modo dolce che tanta cinematografia giapponese ci ha abituato a sentire. Bellissima la ripresa di Nita. Mi resta solo un dubbio: cosa vuol dire Istunomanika?
Questa sera ore 21 su Radio Voce della Speranza: Masada Guitars di John Zorn
La puntata di questa sera è dedicata a un disco molto particolare: si tratta di Masada Guitars, composto e realizzato per il 10 anniversario del quartetto Masada (una delle creature più prolifiche di John Zorn). Tre chitarristi eccezionali: Bill Frisell, Marc Ribot e Tim Sparks arrangiano e interpretano a modo loro gli spartiti del primo libro di composizioni di Masada. Jazz, musica ebraica, folk americano, blues, avanguardia si fondono in un crogiolo unico e irripetibile.
Penso che Paolo abbia goduto non poco, lui grande fan di Tom Cora e amante del violoncello a poter suonare con un musicista poliedrico come il russo Sasha Agranov. Da anni Paolo ha infatti aggiunto un altro ponte mobile alla sua chitarra sarda modificata in modo da poterla suonare con un archetto proprio come un violoncello. Ero molto curioso di sentire questo trio (Paolo Angeli, chitarra sarda modificata; Sasha Agranov, violoncello e loops; Oriol Roca, batteria) all’opera, il titolo di Piccola Orchestra prometteva già bene e l’aggiunta del nome dell’eroe dello spazio sovietico lo rendeva ancora più interessante. E le attese non sono rimaste deluse. I tre assieme letteralmente spaccano creando un disco di puro crossover post moderno assolutamente azzeccato e potente: non un solo calo di tensione per tutti i … minuti di durata del cd, un unico flusso musicale che si muove tra free jazz, contemporanea, improvvisazione, musica popolare sarda (eccezionale la versione della Corsicana con Paolo al canto), musica spagnola, russa e arabeschi vari.
I tre sono eccezionali e si integrano benissimo tra loro: Oriol Roca è un batterista perfetto, flessibile e perfettamente a suo agio nei poliritmi e capacissimo di suonare anche al di fuori della pulsazione, una spalla perfetta per Angeli e Agranov che si disputano allegramente i territori del basso continuo e della melodia, saturando ogni spazio libero possibile e creando una corrente sonora in continua mutazione. Simbiosi perfetta, inter-play perfetto. Mai una sbavatura, mai una caduta di stile.
Grande Paolo come sempre alla ricerca continua di nuovi territori e di nuove possibilità!
Voglio solo una cosa: indirizzo della trattoria dove i tre astronauti sono stati fotografati per il packaging del cd, la prossima volta che capito a Barcellona ci porto la famiglia, quella frittura sembra proprio buona…
con MANUEL MOTA: Giovedì 23 Febbraio - Rovereto (Marano d'Isera), Spazio U-Man Contemporary Art/Space/Project con MANUEL MOTA: Sabato 25 Febbraio - Genova, Spazio Targa con LUCA PISSAVINI: Domenica 26 Febbraio - Milano, UNZA! Ciclofficina Nord
con la presentazione del nuovo cd Solo Acoustic Guitar.!!
Credo si assolutamente normale, nella vita di ciascuno di noi e non solo degli artisti, ogni tanto tirare una riga, fare le somme, scattare delle istantanee che congelino un momento, che rappresentino uno stato di fatto, una documentazione di quello che finora si è creato. Tibi sembra proprio una di queste istantanee, è una sorta di compendio, una rilettura di alcuni brani del suo già vasto repertorio per chitarra sarda modificata e preparata, un’opera di musica e immagini realizzata in dual disc (da un lato il cd e dall’altro il dvd audio/video) in collaborazione con il fratello fotografo Nanni Angeli e registrato in presa diretta al teatro San Leonardo di Bologna.
Dal punto di vista musicale non mi sento di aggiungere nulla di più a quello che ho già detto: Paolo Angeli è un chitarrista spettacolare, dotato di grande tecnica e inventiva e sicuramente uno dei più grossi innovatori che il nostro strumento preferito possa schierare, in questi anni ha introdotto una vera svolta nel suono della chitarra trasformandola in una piccola orchestra dagli strumenti ad arco, versatile, flessibile e innovativa, riuscendo a combinare tra loro le tradizioni popolari della sua terra di origine (la Sardegna) con riferimenti alla musica da camera, inflessioni etniche, riferimenti jazz e influenze di un certa avanguardia newyorkese.
Se a questo aggiungiamo un lavoro di immagini e di fotografie semplicemente toccante nella sua poetica e nel suo desiderio di rappresentare l’artigianato artistico e la creatività sottostante alla costruzione della chitarra di Paolo … Tibi è davvero uno dei lavori migliori in assoluto che ho ascoltato nel corso del 2011 e uno dei cd dai quali partire per capire e avvicinarsi alla poetica di questo grande artista italiano.
Mercoledì sera ore 21 su Radio Voce della Speranza: Masada Guitars di John Zorn
La puntata di mercoledì sera è dedicata a un disco molto particolare: si tratta di Masada Guitars, composto e realizzato per il 10 anniversario del quartetto Masada (una delle creature più prolifiche di John Zorn). Tre chitarristi eccezionali: Bill Frisell, Marc Ribot e Tim Sparks arrangiano e interpretano a modo loro gli spartiti del primo libro di composizioni di Masada. Jazz, musica ebraica, folk americano, blues, avanguardia si fondono in un crogiolo unico e irripetibile.
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Carissimi assidui partecipanti (e non..!) della Giornata della Chitarra Classica, ecco come di consueto la locandina della Giornata della Classica del mese corrente. Sabato 25 Febbraio alle ore 16.00 (leggermente più tardi del solito) si terrà la prossima dedicata interamente ai giovani/issimi. L'età va da 8 anni a 17 circa. Vi segnalo in particolare due giovani talenti che suoneranno: Francesco Spina (16 anni) e Matteo Vitali (17 anni). Il primo (di Scandiano, Reggio Emilia) è 1° premio assoluto al Concorso Internazionale Giovani Talenti di Pavia e quì trovate la sua pagina web: http://www.wix.com/spina95/spinafrancesco#! Il secondo è vincitore del Concorso Val di Sole (Trento) e quì trovate un suo video di quando aveva 14 anni: http://www.youtube.com/watch?v=V6ZiTC1TJEA e da allora da quanto ne so non ha mai smesso di studiare..! In breve, sono ragazzi che meritano perciò spero davvero di vedervi numerosi! Prima di loro suoneranno altri giovanissimi e la Guitar Orchestra diretta dal Maestro Davide Bontempo; vi aspetto perciò Sabato 25 Febbraio alle ore 16.00; la sede è sempre quella di Via Lessona 20 all'interno dell'auditorium C.A.M. (Centro di Aggregazione multifunzionale) Lessona. Quel giorno la via probabilmente sarà chiusa al traffico per i carri natalizi perciò chi viene in macchina dovrà lasciarla in un posto nelle vicinanze. Per qualsiasi informazione e logistica non esitate a contattare me, Direttore Artistico, coordinatore e qualunque altra cosa vi viene in mente..! dell'iniziativa. Grazie dell'attenzione e buon proseguimento Giorgio D'Ambrosio
Rafael Toral è un ingegnere elettronico portoghese con la grande passione per la musica. I suoni numi tutelari sono John Cage e Brian Eno: convergenze parallele? In un certo senso sì, da entrambi attinge le idee di musica come processo, di suono puro in se stesso, di contrapposizione tra rumore e silenzio, dell’uso dello strumento come generatore di possibilità. Complice il fatto di lavorare all’epoca presso una radio, incomincia a pensare a come combinare tra loro queste influenze e a generare una idea nuova di ambient. Imbraccia una chitarra elettrica Fender Jaguar e comincia a registrare lunghe tracce di ambient microtonale. L’incontro con Jim O’Rourke fa il resto, Jim produce i suoi primi dischi e lo introduce nell’ambiente newyorkese. Toral comincerà a collaborare con Phil Niblock e Rhys Chatham e a conoscere la gioventù sonica che in quegli anni spiccava decisamente il volo. In più aiuta a creare la nuova scena d’avanguardia portoghese, un manipolo di musicisti e di laptopisti (scusate il neologismo) che proprio in quegli anni inizia a muovere i primi passi sotto l’occhio attento di The Wire (che ne pubblicherà anche una interessante compilation). Tre i brani presenti in questo cd, ambient microtonale dicevamo, layer di suoni generati tramite l'interazione di un ebow e la sua chitarra, coltri di feedback e di rumore bianco impastate tra loro, per un suono che diventa materia. La bravura di Toral è stata quella comunque di affrancarsi da certe idee sulla casualità di Cage e di superare il concetto di musica come “tappezzeria”, come background di Eno, proponendo un suo personale e interessante progetto, sviluppato poi con altri cd e una definitiva conversione alla musica elettronica pura. Molto, molto bello.
Questa sera ore 21 su Radio Voce della Speranza: What we talk di Scott Fields e Sphean Rath
Puntata nro 20 per Guitars Speak dedicata a un cd particolare, si tratta di "What we Talk" suonato da Scott Fields e Stephan Rath, musica contemporanea per chitarra classica e tiorba. Un disco decisamente particolare e interessante, come l'improvvisazione può unire tra loro le due realtà apparentemente inconciliabili come la musica contemporanea e la musica rinascimentale!
Mercoledì sera ore 21 su Radio Voce della Speranza: What we talk di Scott Fields e Sphan Rath
Puntata nro 20 per Guitars Speak dedicata a un cd particolare, si tratta di "What we Talk" suonato da Scott Fields e Stephan Rath, musica contemporanea per chitarra classica e tiorba. Un disco decisamente particolare e interessante, come l'improvvisazione può unire tra loro le due realtà apparentemente inconciliabili come la musica contemporanea e la musica rinascimentale!
Dicevamo disco amato dai fan della prima ora di Zorn, disco di grande interesse musicale ed ideologico, pietra angolare che porterà nel giro di qualche anno allo sviluppo dell’immenso canzoniere Masada, poi replicato nel Nuovo Millennio con il successivo Book Of Angels, imperniati sul rinnovamento e l’attualizzazione della musica klezmer.
Ma “Kristallnacht” non è Masada, diversi i musicisti impiegati, diversi i suoni, diverso il contesto. Zorn crea cinema per le orecchie, fotografie sonore: un lungo piano sequenza della notte fra il 9 ed il 10 novembre 1938, poche ore che impressero una svolta alla storia, dove non vi è salvazione, né redenzione: la storia non l’ha portata con sé, in dono, assieme alle macerie ed alle vite distrutte. E come tale nella sua cruda realtà mostra una musica giocata sui contrasti, dilaniata dai rumorismi, in grado di lasciare un marchio indelebile per chi la ascolta.
L’ascolto non è assolutamente facile, ma penso che questo sia uno di quei lavori imprescindibili per chi voglia avvicinarsi all’universo di Zorn. Oltre il virtuosismo a cui i musicisti di Zorn ci hanno abituati, aldilà del sentimento e dell’avanguardia, lontano anni luce dall’easy listening di album come The Dreamers e The Gift, questo lavoro colpisce come arte, come shock, come esperienza, come potenza e espressività fotografica che emana da ogni singolo passaggio.
Gli strumenti, le musiche, i suoni, i rumori non cedono un millimetro, un solo grammo della ferocia insensata che animava le anime delle alte cariche naziste: la musica esprime un dramma corporeo, concreto, devastante. La tromba secca, lancinante, disperata che toglie il velo a “Shtetl (Ghetto Life)”, le registrazioni radio, a sollevare la nazione in propria difesa (“Republiken, Fallen!”), l’inutile dolce nenia mitteleuropea in sfumare, unica traccia di melodia all’interno di un blocco cupo, ossessivo, claustrofobico, violento, senza speranza, come senza speranza fu la storia stessa.
“Gahelet (Embers)” è silenzio ambientale, appena percorso da scosse ed archetti, l’omertà che il mondo osservò nei confronti del massacro, una contrapposizione traumatizzante ed estrema verso il free jazz compulsivo e nevrastenico di “Tikkun (Rectification)” e le aggressioni industrial di una pesantissima “Barzel (Iron Fist)”, litanie e versetti salmodiati ridotti in brandelli all'interno di un coacervo di brutture noise, dove ogni tonfo, ogni gemere è il pugno ponderoso delle percosse, dei supplizi. Un disordine cavalcato dalla sei corde di Ribot in “Gariin (Nucleus - The New Settlement)”, inferno no wave no future, altro che punk del 1977, che suona, agghiacciante e vaticinante, alla stregua del disastro che fu, e che si ricompone solamente a tratti su “Tzfia (Looking Ahead)”, febbricitante spaccato di tensione e desolazione per elettronica, violino e chitarra.
Chiudono le urla e i rumori di “Never Again”. Mai più, mai più. Basta parole e discorsi da doppiopetto. Basta immagini, basta strumenti, basta musica, solo rumore, feroce, un suono bianco che taglia la bocca, dodici minuti di raggelante realtà: i vetri dei negozi che passano in frantumi, le urla della gente che gioisce dello scempio, del dolore inferto agli altri. Il sangue del capro espiatorio che viene immolato e il giubilo di chi agisce. Cocci che volano e si schiantano come le vite che rappresentano, raramente contrastati da pochi momenti di tenue melodia, rapidi attimi di sollievo in un maelestrum di dolore, coperti da una coltre di feedback sparge sale sulle ferite e rammenta l'intrinseca sofferenza della condizione ebraica.
Quali i collegamenti fra i tratti della poliedrica personalità artistica di Zorn e le sue origini ebraiche?
Kristallnacht viene presentato, dicevamo, al Festival Art Project di Monaco di Baviera nel 1992 assieme al manifesto, firmato assieme a Marc Ribot, con cui lanciava l'idea di una “Radical New Jewish Culture”. Il manifesto, stilato per argomentare il senso di due serate intitolate appunto alla “nuova cultura radicale ebraica”, muoveva dalla constatazione che, a fronte della classificazione e dell'analisi della musica americana sulla base dei più diversi criteri (provenienza geografica, appartenenza di genere, orientamenti politici, matrice etnica e sociale, derivazione stilistica), il contributo ebraico rimane scarsamente visibile.
Fino a questa importante provocazione zorniana la diffusa e spesso determinante presenza di artisti di origine ebraica in diversi settori di punta della musica contemporanea statunitense non era mai stata valutata nella sua portata complessiva. Il testo di Zorn e Ribot costringeva a considerare l’apporto della cultura ebraica come qualcosa di più di una semplice coincidenza: l'origine ebraica di tante figure storiche della musica americana anni Cinquanta-Settanta (dalla corrente minimalista di Steve Reich al rock di Bob Dylan, Lou Reed, Iggy Pop, all'improvvisazione del gruppo Musica Elettronica Viva con Steve Lacy, Alvin Curran, Richard Teitelbaum, solo per fare qualche nome) e di un impressionante stuolo di protagonisti del jazz di ricerca e dell' avantgarde affermatisi a partire dagli anni Ottanta (fra gli altri Tim Berne, Dave Douglas, Mark Dresser, Joey Baron, Greg Cohen, Mark Feldman, Anthony Coleman, John Lurie, Elliott Sharp, Zeena Parkins, Shelley Hirsch e appunto Marc Ribot).
Ma il messaggio di Zorn si spingeva in realtà ancora più avanti. Questo monifesto anticipa molte delle scelte musicali che Zorn opererà negli anni seguenti.
La grande domanda è: fino ache punto la specificita della tradizione ebraica ha contribuito a difendere e assimilare gli elementi oppressi di altre culture, fino ad arrivare alla musica-patchwork venuta fuori da New York negli anni Ottanta? Il free jazz, il punk e l'hardcore, la furia e la rabbia che hanno espresso contro la borghesia yuppie del Jako di Oliver Stone hanno forse a che fare con l'archetipico contributo ebraico alla storia dell'esilio e dell'oppressione e con l'ira profetica contro l'ingiustizia?
Nei rampanti anni Ottanta nell'area post-free e avantgarde d'oltreoceano, in particolare a New York, affiora in maniera massiccia un tipo di espressione che allude alla non conciliazione con l'organizzazione sociale dominante: si tratta di un ritorno all'improvvisazione radicale e alla lezione del free portata alle estreme conseguenze, alle sonorità elettroniche e rock, al rumorismo fine a se stesso. Campi in cui Zorn agisce magistralmente da diversi decenni e che rappresentano alcune delle linee direttrici della sua attivita che in forme diverse si prolunghera fino ai giorni nostri.
L'aggressività, la violenza della musica dei quei periodi sembrano togliere la rivoluzione dalla teca della storia per evocarla in una sorta di allegra seduta spiritica catartica, in un beffardo rito all'insegna della libertà, del gioco e del piacere. Con le sue atmosfere aghiaccianti, selvagge e tenebrose, il progetto Painkiller, costituito da Laswell con Zorn e Mike Harris, batterista del gruppo metal Napalm Death, va oltre la celebrazione, oltre l'omaggio alla rivoluzione, nella direzione della rappresentazione pura, del divertissement di attori consumati che come un autore di truculenti fumetti o romanzi dell'orrore non vogliono davvero spaventare ma semplicemente divertire.
Così come i formidabili Naked City, fondamentali nel merito di ricordare il valore catartico dell'aggressività in musica, e l'importanza di sonorità e approcci che il mondo delia musica corrente colpevolmente tende a rimuovere. Uno dei motivi di maggiore interesse del lavoro di Zornè sempre stato proprio quello di sottrarre questo genere di urgenze dalla dimensione di sub culture troppo spesso sottovalutate se non disprezzate come quelle del metal e dell'hardcore. L'estremismo dei Naked City mostra anche questo pregio: rimettere in circolo in un bacino piu ampio e significativamente diverso da quello del pubblico del jazz, i segnali provenienti dalle ricerche piu audaci del jazz e dell'avanguardia, dentro musiche in grado di divulgarli ma senza ridurne la portata e riproponendole invece in un'espressione originale.
Lo stesso Spillane, di cui abbiamo già parlato qui sul Blog, oltre a offrire la prova di una straordinaria destrezza compositiva, nel suo eclettismo rappresenta una forma americana dell'emergere di una nuova generazione che attraverso la massiccia esposizione alle piu varie sollecitazioni musicali ha assorbito elementi e ha sviluppato un'attitudine che la porta non gia all'omologazione ma alla costruzione di inedite, spiccate identità.
In questo senso l'omaggio al patrimonio della cultura musicale ebraica, che continuerà con Masada, si unirà con l’omaggio alla musica di Coleman espresso in Spy vs Spy e una sua reinterpretazione, che ci porta a chiederci se ad esempio le musiche balcaniche e mediorientali citate e fuse nel free jazz di Masada non siano un nuovo esempio della capacità della cultura ebraica di immedesimarsi nell'altro, di cambiare forma senza per questo rinunciare alla propria identità.