giovedì 27 agosto 2009
Recensione di Black Sea di Fennesz,Touch 2008
C’è un qualcosa di ipnotico nella musica di Fennesz che ti spinge ad ascoltare e riascoltare questo disco, ultimo prodotto delle sue fatiche e delle sue intuizioni sulla chitarra elettrica processata dal computer. Comprato d’impulso alla fine del suo coinvolgente e applauditissimo concerto a Venezia al Teatro Fondamenta Nuove, questo cd non tradisce nè le atmosfere del concerto né il suo titolo: è un mare di suoni e di musiche, compatto, denso, di cui non si vede ne avverte la profondità e in cui si intravedono tra le lente, distorte, irridiscenti onde bagliori sonori e sprazzi cromatici.
Siamo lontani dagli assolati pomeriggi di Endless Summer, qui si ascolta un continuum sonoro potente, visionario, senza alcun alleggerimento nella sua pressione acustica, un tessuto sonoro venato di imperfezioni, screzi, sostanze grumose, con uno spessore armonico ad elevata densità materia. Il tutto si muove su un equilibrio perfetto tra manipolazione, creatività, improvvisazione e ricerca sonora, giocando tra i chiaroscuri cromatici e gli impercettibili silenzi, alla fine rimane nelle orecchie un eco potente, nostalgico e quasi epico, tracce di uno spleen lontano e allo stesso tempo futuribile. Meraviglioso e potente.
Empedocle70
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