giovedì 24 settembre 2009

Omaggio a GYORGY KURTÁG 27 settembre

Domenica 27 settembre ore 20.00
Teatro alle Tese – Arsenale
OMAGGIO A GYORGY KURTÁG
- György Kurtág, Hipartita op. 43, per violino solo (2000-2004, revisione 2007, 25’)
- György Kurtág, Grabstein für Stephan op. 15c, per chitarra e gruppi sparsi di strumenti(1989, 8’)
Leone d’oro per la Musica
consegna del Leone d’oro alla carriera
a seguire
- György Kurtág, …concertante… op. 42, per violino, viola e orchestra (2002-2003 rev.2007, 25’)
violino Hiromi Kikuchi
viola Ken Hakii
chitarra Elena Casoli
direttore Zoltán Peskó
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
L’omaggio a György Kurtág, preceduto dall’incontro con l’autore ottantatreenne e dall’esecuzione del Quartetto n.1 e dei Six Moments Musicaux, culmina nella serata di domenica 27 settembre con la cerimonia di consegna del Leone d’oro alla carriera al Maestro ungherese e con l’esecuzione dei suoi pezzi di maggior respiro, aperti alle grandi forme fino ad abbracciare la grande orchestra, ma in modo mai convenzionale e sempre rispettando la “poetica del frammento” a lui tanto cara. Introdotto da un ampio pezzo per violino solo, Hipartita, il concerto presenta due caposaldi della biografia artistica di Kurtág, Grabstein für Stephan e …concertante…, nell’esecuzione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Zoltán Peskó, compatriota e allievo dello stesso Kurtág, oltre che grande direttore.

Autore schivo e appartato, Kurtág dissemina le sue opere - attraverso omaggi, titoli e dediche - di tracce e appunti sulla propria biografia umana, ma è soprattutto alle note scarne che compongono queste opere che affida davvero “le sue pagine di diario”, come ha scritto András Wilheim, “un messaggio personale che tutti potranno capire”.

Dedicato alla memoria dell’amico scomparso Stephan Stein, cantante e marito della psicologa Marianne Stein a cui Kurtág attribuisce un ruolo importante nella soluzione della sua crisi compositiva alla fine degli anni Cinquanta, Grabstein für Stephan è iniziato tra il 1978 e il 79 e concluso dieci anni dopo. Come scrive il critico Paolo Petazzi il pezzo si svolge “in una sola sezione di ampio respiro (come una lapide tagliata in un solo blocco); il tempo è quasi sempre ‘larghissimo’, la dinamica prevalentemente ‘pianissimo’ (con quattro p), con effetto ‘lontano’… finché il pianissimo prevalente e la quasi immobilità si lacerano con la più dolorosa violenza, come in un grido, che cede poi il posto al ritorno della funebre calma, e ai suoni ‘lontani’”.

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