venerdì 4 settembre 2009
Recensione di V IV MMV Death Jazz di Riccardo Pittau Congragation, Improvvisatore Involontario, 2005
Era una sera come tante altre, me ne stavo seduto con i piedi sulla scrivania del mio ufficio rimuginando tra me e me se uscire e andare a bere un drink al postaccio all’angolo o cercare avere qualche soffiata su qualche nuovo compositore improvvisatore post moderno. A un certo punto la mia attenzione venne attirata dalla confezione di un cd dalla copertina dai colori nebbiosamente evanescenti da cui sembrava uscire una mummia dall’aria tutt’altro che rassicurante e che portava come titolo in calce la frase “Death Jazz”… che diamine … una seconda occhiata confermò i miei sospetti .. 26 brani, ventisei tracce racchiuse in un’ora, sette minuti e quarantadue secondi .. che diamine pensai fra me e me adoratori dei Naked City? Poi cercai i nomi dei musicisti e provai quasi un giramento di testa: Riccardo Pittau alla tromba, Francesco Cusa alla batteria, Vincenzo Vasi al basso, Gianni Gebbia al sax e Paolo Angeli con la sua chitarra sarda preparata. Per ciascuno di loro avevo un fascicolo rigonfio nel mio articolo: improvvisatori, musicisti atipici, fuori dal coro e dai canoni anche per essere dei jazzisti, e per di più due di loro sardi e perfino due laureati al DAMS di Bologna, doveva essere roba forte, senza tanti compromessi e inutili giri di blues .. soprattutto quel Paolo Angeli, con cui avevo già avuto a che fare quest’anno…
Beh .. inutile aspettare Sam, alzati e metti questo disco sul piatto e sentiamo di che stoffa è fatta questa musica.. qualche secondo di silenzio e poi ..un inizio sommesso .. lunghe note di basso.. fremiti di batteria .. note tirate di una tromba sghemba … le oscurità che si coagulano negli angoli del mio ufficio .. straniamenti timbrici, poliritmi come nuvole e iniezioni di noize con la giusta carica nevrotica .. però sono bravi! E in quintetto sono anche meglio! Non si risparmiano di sicuro e ce la mettono tutta, echi di Miles elettrico, canti ubriachi alla Captain Beefheart, geometrie braxtoniane .. e questa tromba che se ne va in giro, tranquilla, sicura, piazza le note come un pugile i colpi, con calma sicurezza, gestendosi i tempi nel modo migliore, quasi cool, levigata e lucida.
Riprendo in mano il cd cercando meglio nelle note, schivando i tranelli delle date di nascita dei musicisti messi così apposta per deviare qualche investigatore poco accorto e esperto, bel disco libero, provocatorio, sperimentale e libertario, sorrido, a Wojtyla sarebbe piaciuto? Questa è musica da riascoltare, gente, non si accontenta di un approccio sommario, no questa musica è libera come l’aria non inquinata e, lo so, non finirà qui, ci risentiremo e presto, nelle notti insonni di questa calda e afosa metropoli…
… sarà meglio andare ora, là fuori, da qualche parte Lester Bangs sta discutendo con Miles Davis…
Empedocle70
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