mercoledì 24 marzo 2010

Intervista a Enrico Coniglio, seconda parte


Parlaci del tuo rapporto con internet e il downloading, credi che questi due fenomeni abbiano cambiato il modo in cui si produce e si ascolta la musica? Hai mai pensato di tornare al vinile?

Personalmente ho una propensione per la musica “stampata” piuttosto che per quella “scaricata”, che sia free o a pagamento. Sono irrimediabilmente legato al supporto fisico, alla matericità del disco, al fatto che mi piace rigirarmelo tra le dita, esplorare la sua consistenza, innamorarmi della sua veste grafica. Internet e downloading stanno cambiando indubbiamente il modo in cui si ascolta musica, ma non tanto il mondo in cui si produce. Pensare una release che sarà distribuita solo in formato mp3 ti porta a fare delle scelte che possano massimizzare la qualità dell’ascolto, sapendo che comunque non si può tirar fuori sangue da una rapa. C’è poi da dire che chi scarica mp3 spesso fruisce la musica direttamente dalle mini-casse del suo Pc, con l’ovvia conseguenza che il suono ne risulta estremamente povero.
Stampare in vinile è costosissimo, ma è una scelta affascinante che alcune etichette continuano a fare, penso al recente “Fifty Inner Spaces/Girl” di Janek Schaefer e Stephan Mathieu stampato da Crònica Electrònica in 50 copie. Mi piacerebbe fare un vinile, ma forse c’è il pericolo di allontanare ulteriormente un certo pubblico “medio”… Quanto a “tornare al vinile”, mi suona un po’ come un’operazione di archeologia musicale.


A volte ho la sensazione che la possibilità di scaricare tutto, qualunque cosa da internet gratis abbia creato una frattura all’interno del desiderio di musica, una sorta di banalizzazione: insomma dov’è la spinta per un musicista a incidere un disco che con pochi euro riesci da solo a registrare e stampare quello che vuoi e chiunque può farlo? Alla fine diventa quasi un gesto quotidiano che si perde in un mare di download dove scegliere diventa impossibile … stiamo entrando in un epoca radicalmente diversa da quella che abbiamo vissuto finora? Come poter scegliere?

La possibilità di produrre musica in modo economico, cioè di poter disporre di un proprio studio a costi contenuti, ha aumentato a dismisura l’offerta. Questo, unito alla possibilità del download, ha generato un proliferazione indistinta, oltre che di musica, di net label che la veicolano. C’è da perdere la testa, è un vero e proprio oblio, un flusso di dati che rischia di travolgere tutto, musicisti, ascoltatori ed etichette. L’unica possibile bussola è la qualità.
Il musicista deve frenare la sua ansia creativa e limitare le proprie release: non si può “spammare” con la propria musica. L’ascoltatore deve scaricare con parsimonia: per ascoltare ci vuole tempo e pazienza, non ha senso riempirsi l’hard-disk di album inascoltati. Le net label devono selezionare di più: non è che siccome sarà un free download allora si deve dire di sì a tutti.
Tra una ventina d’anni parlare di un disco stampato farà ridere i nostri figli e ci ritroveremo la soffitta piena di scatoloni di cd stipati, ma non per questo bisogna pensare che questa rivoluzione digitale vada subita e così porti alla banalizzazione definitiva della musica e del suo ascolto.


Sei un musicista veneto... come vedi la possibilità di fare musica elettronica o comunque avanguardia in una città come Venezia che da una parte sembra ormai addormentata nel suo passato e d’altra ospita un evento come la Biennale?

Venezia non sarà mai una città all’avanguardia per molti motivi che non sto ad elencare. Quanto a me ho rinunciato da un pezzo all’idea di trovare consenso in patria. Venezia è una vetrina di eventi internazionali, quanto alla Biennale potrebbe tranquillamente essere trasportata in un altro pianeta, perché di ricadute sulla città ne ha ben poche. È uno spazio blindato, per un elite di turismo culturale che si definisce ancora “alto” e che non dà spazio se non ai nomi importanti della scena internazionale.
A Venezia si sopravvive come comparse o spettatori del suo inevitabile declino, cosa che in fondo cerco di raccontare con la mia musica. La sua decadenza è la mia ispirazione, la frustrazione di abitarla la mia dolce condanna. Perché alla fine non mi immagino in un altro posto che questo. Sarò qui fino a quando il mare non se la porterà via, e non manca molto a sentire le ultime previsioni sullo scioglimento dei ghiacci.

continua domani

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