Jozef Van Wissem è un bel tipo. Nelle foto sui suoi dischi e su internet appare sempre con lo stesso look: capelli biondi a caschetto, vestito rigorosamente di nero, faccia allegra come quella di un funerale, l’aria metidabonda e persa tra l’emo e il dark metal.
Insomma non ispira molta allegria, semmai una certa attitudine tardo romantica, meglio quindi passare all’ascolto dei suoi dischi che sono delle piacevoli sorprese.
Jozef van Wissem è infatti rinomato per il suo approccio inusuale al liuto del Rinascimento ed al liuto barocco, probabilmente gli strumenti meno usuali nel mondo della musica contemporanea.
La sua attitudine è quella conservare la tecnica classica del liuto mettendola a disposizione di un approccio completamente moderno e contemporanea, copiando ed incollando tra loro brani classici con meccanismi vicini al cut “and paste” letterario di William Burroughs, invertendo le melodie, aggiungendo pezzi e basi elettroniche ed infine registrando il tutto. Cosa che mi piace moltissimo, Van Wissem, nonostante l’uso di sottili manipolazioni elettroniche del suono, rimane in larga parte fedele al timbro ed alla risonaza particolari del liuto, oltre che alla tecnica classica utilizzata per suonare lo strumento. Il risultato è un certo piacevole senso di “stordimento” musicale come se vedessi passare una carrozza con i fregi e gli stucchi settecenteschi ma a propulsione solare.
Grazie a questo suo approccio concettualmente radicale Van Wissem ha iniziato ad essere conosciuto dal pubblico qualche anno fa, anche grazie al grande quantitativo di collaborazioni che vanta con musicisti e artisti appartenenti a qualunque genere (e sotto genere) musicale.
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