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Prima recensione pubblicata nel nuovo anno e ultima scritta nel vecchio, singolare coincidenza e punto di snodo temporale! E’ un grande piacere potere parlare dell’ultima fatica musicale del Maestro Oscar Ghiglia che in questa nuova uscita per la Stradivarius suona per noi le musiche di Bach.
Nel suo libro “ Ricordo al futuro” Luciano Berio scrive “.. Mi piace invece leggere o ascoltare la musica che si interroga, ci interroga e ci invita a una costruttiva revisione o, addirittura, a una sospensione del nostro rapporto col passato e a una sua riscoperta sule tracce di percorsi futuri….(1)” e queste parole sembrano rappresentare un chiave di lettura perfeta per questo disco. Lo stesso Ghiglia si interroga nel bel libretto che accompagna il disco su “quale sarebbe il modo di eseguire la musica di Bach?” La risposta a questa domanda apparentemente retorica ma invece sostanziale e sostanziosa nell’economia musicale della poetica di un musicista rivela l’eterno dilemma tra una visione della musica come metalinguaggio espressivo e quella che la vede algida figura fine a se stessa, indipendente sia da una visione contemporanea del mondo che dal trascorso del passato.
La risposta che Ghiglia esprime attraverso i colori della sua musica sembra essere quella di attingere a piene mani dalla biblioteca universale della musica che ci circonda e che ci ha creato. Una biblioteca immensa, che cresce a dismisura in ogni istante e in ogni direzione e spazio dimensionale, le cui stanze sono piene di suono e di cui lo stesso Bach ha ricoperto e ricopre un ruolo eccezionale.
Scrive Borges “..vidi il meccanismo dell’amore e la modificazione della morte, vidi l’Aleph da tutti punti, vidi nell’Aleph la terra e nell terra di nuovo l’Aleph e neln’Aleph la terra, vidi il mio volto e le mie viscere, vidi il tuo volto e provai vertigine e piansi, perché il miei occhi avevano visto l’oggetto segreto e supposto, il cui nome usurpano gli uomini, ma che nessun uomo ha contemplato: l’inconcepibile universo.(2)”
Che modo meraviglioso di iniziare il 2009! Qualità di registrazione stupenda, semplicemente ineccepibile!
Nel suo libro “ Ricordo al futuro” Luciano Berio scrive “.. Mi piace invece leggere o ascoltare la musica che si interroga, ci interroga e ci invita a una costruttiva revisione o, addirittura, a una sospensione del nostro rapporto col passato e a una sua riscoperta sule tracce di percorsi futuri….(1)” e queste parole sembrano rappresentare un chiave di lettura perfeta per questo disco. Lo stesso Ghiglia si interroga nel bel libretto che accompagna il disco su “quale sarebbe il modo di eseguire la musica di Bach?” La risposta a questa domanda apparentemente retorica ma invece sostanziale e sostanziosa nell’economia musicale della poetica di un musicista rivela l’eterno dilemma tra una visione della musica come metalinguaggio espressivo e quella che la vede algida figura fine a se stessa, indipendente sia da una visione contemporanea del mondo che dal trascorso del passato.
La risposta che Ghiglia esprime attraverso i colori della sua musica sembra essere quella di attingere a piene mani dalla biblioteca universale della musica che ci circonda e che ci ha creato. Una biblioteca immensa, che cresce a dismisura in ogni istante e in ogni direzione e spazio dimensionale, le cui stanze sono piene di suono e di cui lo stesso Bach ha ricoperto e ricopre un ruolo eccezionale.
Scrive Borges “..vidi il meccanismo dell’amore e la modificazione della morte, vidi l’Aleph da tutti punti, vidi nell’Aleph la terra e nell terra di nuovo l’Aleph e neln’Aleph la terra, vidi il mio volto e le mie viscere, vidi il tuo volto e provai vertigine e piansi, perché il miei occhi avevano visto l’oggetto segreto e supposto, il cui nome usurpano gli uomini, ma che nessun uomo ha contemplato: l’inconcepibile universo.(2)”
Che modo meraviglioso di iniziare il 2009! Qualità di registrazione stupenda, semplicemente ineccepibile!
Link: http://www.stradivarius.it/scheda.php?ID=801157033795500
Empedocle70
(1) Luciano Berio – Un ricordo al futuro.Lezioni Americane. Einaudi
(2) Jorge Luis Borges – L’Aleph. Feltrinelli
Empedocle70
(1) Luciano Berio – Un ricordo al futuro.Lezioni Americane. Einaudi
(2) Jorge Luis Borges – L’Aleph. Feltrinelli
2 commenti:
Mi pare di aver capito che si tratta di qualsoca di più che di una semplice esecuizione del tema proposto! Sai, i primi anni di università mi chiedevo proprio cosa volesse dire "variare sul tema", riguardando l'architettura, proprio in rapporto alle mie poche, miserabili, esperienze da chitarrista. Credo che una, tra le tante, differenze tra l'arte musicale e quella architettonica sia proprio in questo: la possibilità di infondere emozioni. La modalità di questa operazione è assolutamente diversa nelle due disciplina, seppur presente. Credo che la principale differenza sia nel fatto che mentre il musicista deve infondere lui stesso, questa parte enfatica ed emotiva, attraverso la propria tecnica ed interpretazione, l'architetto ha come unico mezzo proprio la previsione di come potrà apparire la propria opera... Un'avvicinamento reciproco si ha forse con il digitale e la post-produzione, dove l'architetto è in grado di poter "vedere" la propria opera in tre dimensioni" ed il musicista deve "prevedere" il risultato di post-produzione... :) O sto dicendo una marea di cavolate?!
No non credo tu stia dicendo delle cavolate, credo però che bisogna distinguere tra il musicista e il compositore, il secondo è più simile all'architetto che progetta un edificio (sonoro in questo caso) che ha bisogno del musicista per essere costruito. Una volta il compositore poteva "ascoltare" la sua composizione solo nela propria testa, ora coi computer può ascoltarla senza il diretto intervento dei musicisti .. altra cosa .. l'architetto l'edificio lo costruisce una volta e .. rimane lì, se è bello se è abitabile tocca agli altri scoprirlo .. il musicista/compositore ricostruisce e demolisce contemporaneamento il suo edificio sonoro ogni volta che lo suona...... :)
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