mercoledì 31 agosto 2011

Recensione di Sculpting the Air, Autori Vari, Parma Recordings


Fa un po’ strano per un italiano scoprire che esiste una label di musica classica chiamata Navona Records, che a sua volta è una divisione della Parma Recordings e scoprire che non si tratta di una azienda italiana ma di una statunitense con base nel New England.

Il cd oggetto della recensione si intitola “Sculpting the Air” e rappresenta una efficace tentativo di documentare musica contemporanea principalmente basata sull’uso di fiati. Le musiche sono state composte da autori principalmente statunitensi, tutti viventi, con l’eccezione di Samule Barber il cui brano Summer Music inizia questa raccolta.

Le musiche qui presentate sono tutte interessanti, ciascuna presenta caratteristiche diverse che vanno dalla musica strettamente colata di tipo dodecafonico a arie di estrazione quasi jazz e più referenti alla musica afroamericana. Difficile trovare un brano più interessante rispetto agli altri in un disco dove la qualità media è indubbiamente alta, mi permetto di segnalare il piacevolissimo duo per sassofono tenore e pianoforte “Reverie, Interrupted” di James Adler e il brano, dal titolo ironicamente attuale, “A Forum for Abandoned Euro Leaders” di Barry Seroff, nato nel 1978, il più giovane dei compositori presenti nel cd

Si può scolpire l’aria? Forse no, ma sicuramente spostandone con intelligenza e creatività massa e posizione si può creare della musica interessante e struggente.

lunedì 29 agosto 2011

dotGuitar, il nuovo WeBlogMagazine italiano dedicato al mondo della chitarra (estate 2011)



I nuovi articoli dell'estate 2011:
Incontri Piero Viti-Maurizio Villa: Antigoni Goni (intervista, disco, youtube, recensioni, Volterra Guitar Project) http://www.dotguitar.it

Didattica di base G.Signorile: J.K.Mertz Tarantella http://www.dotguitar.it/zine/dida_base/mertz_tarantella.html
Approfondimenti P.Bonaguri: Ricordo di James Phelan http://www.dotguitar.it/zine/approfondimenti/phelan.html
Approfondimenti P.Bonaguri: Intervista ad Ada Gentile http://www.dotguitar.it/zine/approfondimenti/gentile.html
Approfondimenti M.Bazzotti: Storia della chitarra in Russia (6a parte) http://www.dotguitar.it/zine/approfondimenti/storiarussia14.html
Approfondimenti G.Vanità: La tecnica delle sei corde da Angelo Gilardino a John Petrucci (2a parte)http://www.dotguitar.it/zine/approfondimenti/vanita5.html (da pag 7 a 14 compresa)
Trascrizioni A.Altieri: Bach-Gounod, Ave Maria http://www.dotguitar.it/zine/trasc/ave_maria.html
Attualità Danila Andreoni: La Mostra su Italo Meschi alla Biblioteca Statale Lucchese -http://www.dotguitar.it/zine/attual/meschi.html
Attualità M.Tamburrini: Festival Koblenz 2011 - http://www.dotguitar.it/zine/attual/koblenz11_1.html
Liuteria R.Del Prete: Intervista a G.Giussani (5a parte) http://www.dotguitar.it/zine/liuteria/giussani_5.html
Analisi di base M.Rivelli: Sor Studio op 35 n.13 http://www.dotguitar.it/zine/analisi_base/sor_35_13_1.html
Scuole A.Petrosino: Riflessioni sul rapporto tra la figura del musicista e la metodologia didattica dello strumento musicale http://www.dotguitar.it/zine/scuole/petrosino_1.html
Novità editoriali scelte P.Troncone: A.Gilardino, La Chitarra http://www.dotguitar.it/zine/novedit/gila1.html
Novità discografiche scelte P.Viti: Barrios-Porqueddu http://www.dotguitar.it/zine/novcd/barrios_porqueddu1.html
Musiche L.Fiscella: 44 miniature per chitarra http://www.dotguitar.it/zine/musiche/fiscella.html

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Recensione di Road games di Allan Holdsworth


Disco dalla storia travagliata e complicata questo “Road Games”. Siamo nel 1983, il jazz rock e la fusion conquistano appassionati e i dischi dei “guitar heroes” vendono e vendono bene. Gli addetti ai lavori e gli appassionati di chitarra hanno da tempo messo gli occhi su un chitarrista prodigio, incensato dalla critica, dai colleghi ma sconosciuto al largo pubblico. Forse è giunto il momento per Allan Holdsworth di fare il grande passo e di ricevere gli onori e le soddisfazioni che le sue capacità giustamente chiedono da diversi anni.

Sembra sia il momento giusto: la Warrer Bros si interessa ad Holdsworth e gli propone un contratto per un album con la produzione di Ted Templeman. Tutto sembra andare bene, Allan comincia ad incidere i brani scritti con Paul Williams, quand'ecco spuntare le prime grane: in realtà Templeman intende fare un album solo di Allan Holdsworth che sia zeppo di ospiti e non è interessato a produrre gli I.0.U. e ne tantomeno alla voce di Paul Williams. Lo stesso Van Halen vorrebbe suonare con Allan: da lui ottiene però un rifiuto, il che mette l'«olandesino volante» di pessimo umore. Giustamente Holdsworth, da vero artista, sa che il grosso del pubblico comprerebbe l'album unicamente per la presenza degli ospiti, e non perchè interessato agli I.0.U. Cosi Templeman, fa marcia indietro, diventa irreperibile con il suo pupillo Van Halen, lasciando Allan con metà del materiale inciso, senza p una sala a disposizione. Alla fine, tra mille difficoltà e ritardi, missaggi difficoltosi, e soprattutto con un contratto capestro con la W. Bros (che impone ad Allan di pagare il resto delle spese della sala), esce Road Games, con Chad Wakerman (ex F. Zappa) alla batteria, Jeff Berlin al basso (vecchio amico della B. Bruford band), e parti vocali divise tra Paul Williams e Jack Bruce. Ogni brano è un piccolo capolavoro chitarristico: «Tokyo Dream» presenta a una struttura ritmica insolita e una grande ricerca nei suoni e negli accordi, e vede Allan impegnato nella tecnica dell'hammering finalizzato alla ricerca di soluzioni armoniche inusuali. Tale brano, con cui Holdsworth spesso apre i suoi concerti è godibilissimo per tutti gli amanti del finger tapping, la tecnica a due mani sulla tastiera. In «Water On The Brain” Jeff Berlin si scatena in un assolo definito addirittura storico. Insomma tutto I'album, anche se usci in versione di mini LP, è bellissimo, e vale ad Allan la nomination (!!!) per il «Grammy Award», il premio più ambito per ogni mucista, equivalente ad un oscar in campo cine­matografico . Tutto bene? No. No perché trovare questo mini Ep non è semplice e spesso costicchia, ma vi assicuro che ne vale la pena, è un grande disco e Allan Holdswoth è un grande chitarrista!

sabato 27 agosto 2011

Giornata della chitarra classica.. a Torino il 29 agosto!


Marco Cappelli Acoustic Trio Releases “Les Nuages En France” on Mode Records


Marco Cappelli colpisce ancora. Dopo l'eccezionale EGP del 2006, sempre targato Mode Records, Marco torna con un nuovo progetto e un nuovo disco dalle atmosfere suggestive e cinematiche come un film il bianco e nero di Louis Malle. Il nuovo cd, uscito con una inedita formazione in trio che vede la presenza di Ken Filiano al contrabbasso e di Satoshi Takeshi alle percussioni trova ispirazione nei romanzi di polizieschi di Fred Vargas, pseudonimo della scrittrice francese Frédérique Audouin-Rouzeau.

Marco è rimasto così impressionate dalle atmosfere cariche di suspence dei suoi romanzi dal voler ricreare in musica quegli scenari dai toni in chiaro scuro, intitolando ciascuno dei brani con chiari riferimenti ai personaggi che popolano di libri della Vargas, assieme alle poesie create dalla scrittrice italiana Barbara Raggi. Forse l'attrazione verso questi temi è dovuta, come spiega lo stesso Cappelli nelle note del cd, al fatto che il padre di Marco svolgeva l'attiva di giudice a Napoli. O forse ha influito la passione per il cinema.

Il risultato è un disco eccezionale, che rielabora gli anni passati da Marco a New York a contatto con la sua formazione classica e contemporanea. I musicisti che lo accompagnano sono dei compagni di viaggio eccellenti e forte è il senso di unione e di condivisione che si avverte sentendoli ascoltare assieme

Cappelli sembra aver assemblato il suo Acoustic Trio per trovare un adeguato accompagnamento alla suo insolito strumento costruito su misura: una chitarra classica amplificata modificato con l'aggiunta di otto corde di risonanza al di sotto delle standard sei, già sentita in occasione di EGP. Si respira un interplay perfetto, sembra che i musicisti siano tra loro collegati telepaticamente e che non abbiano bisogno di nessuna comunicazione verbale per capirsi.

Ken Filiano è un contrabbassista che ha lavorato con diversi artisti quali Nels Cline, Bobby Bradford, John Carter, Warne Marsh, Roswell Rudd, e Don Preston. Dirige e compone per il suo quartetto composto da Michael Attias, Tony Malaby, e Michael TA Thompson.


Satoshi Takeishi ha studiato al Berklee College of Music di Boston e ha sviluppato un approccio decisamente personale e individuale nei confronti del ritmo e colore musicale, influenzato dai suoi studi in Colombia e in Medio Oriente. Ha lavorato con una vasta gamma di musicisti quali, come Eliane Elias, Eddie Gomez, Randy Brecker, Dave Liebman, Anthony Braxton, Mark Murphy, Herbie Mann, e il Paul Winter Consort.

Uno dei dischi più piacevoli del 2011!

Sound Res Video 3: Lee Ranaldo

martedì 23 agosto 2011

Sosteniamo il Festival Isole che Parlano!


Cari Amici

Il festival in questione è veramente speciale, da 15 anni presenta ogni settembre, a Palau in Sardegna, una varietà incredibile di musica eclettica intelligente da tutto il mondo.
Ideato, creato e organizzato da Paolo Angeli, musicista unico e persona di generosità e correttezza rara, quest'anno si trova in difficoltà per via di tagli a destra e manca, come un po' ovunque.Il festival lo fanno lo stesso e tutti ci lavoreranno gratis, pagheranno solo i musicisti, alcuni dei quali vengono da lontano (anche US), ma se qualcuno in più li aiuta anche solo diventando socio a 10 € ovviamente è meglio.

Leggete!

Andrea Aguzzi

Carissimi amici di Isole che Parlano,
quest'anno festeggiamo la nostra XV edizione!È un traguardo importante che ci rende orgogliosi e felici! Potete scaricare il programma sul sito www.isolecheparlano.itIn qualsiasi paese europeo, un festival che ha alle spalle 15 anni di storia come la nostra, avrebbe la possibilità di programmare con serenità il suo presente e pianificare il futuro.Ci troviamo invece senza contributo regionale (per la prima volta dopo 5 anni di contribuzione), senza finanziamento da parte della Fondazione banco di Sardegna (per la prima volta dopo 4 anni di contribuzione), senza contributo della Provincia di Olbia-Tempio e di altri sponsor che negli anni ci avevano finanziato.A circa 15 giorni dall'inizio della manifestazione, abbiamo la sola certezza del contributo del Comune di Palau.Per poter chiudere il programma, lo staff tecnico, quello organizzativo, quello amministrativo, l'ufficio stampa, la web master, hanno offerto la loro partecipazione a titolo gratuito e gli artisti parteciperanno con cachet fortemente ridotti. Paolo suonerà gratuitamente, elemento che ha permesso in extremis di chiudere il programma (eticamente , insieme a Nanni, ha sempre scelto di non esibirsi in un festival di cui è co-direttore artistico).Al momento abbiamo fortemente ridimensionato i finanziamenti inerenti la pubblicità, che verrà realizzata prevalentemente attraverso il web.Nonostante tutti questi sforzi, partiamo comunque con un passivo.Oramai siamo in ballo e...balliamo!Quello che chiediamo al nostro pubblico, ad altre realtà culturali e a persone sensibili è di sostenerci 'a distanza'.Con un gesto simbolico e pragmatico: tesserarsi come soci sostenitori all'Associazione Sarditudine, alla cifra minima di € 10 (chi volesse abbondare lo faccia!!).Se il passaparola funzionasse, ci potremmo trovare a coprire il passivo. Se dovessimo andare oltre le previsioni e si passasse da un passivo ad un attivo, potremmo retribuire chi ha offerto la sua partecipazione a titolo gratuito oppure ... completeremo il programma con altre perle preziose! Per fare ciò è sufficiente:Versare la quota d'iscrizione di 10€ o qualcosa di più (al buon cuore e alle tasche di ognuno) sul c.c. dell'Associazione Sarditudine in essere c/o Banca Popolare di Sassari, agenzia di Palau, IBAN IT80W0567685130000003050442 nella causale indicare: quota di socio sostenitore. Contestualmente compilare il form che a breve troverete pubblicato sul sito web. La tessera di socio sostenitore 2011/2012 vi sarà recapitata c/o l'indirizzo da voi indicato.

Sound Res Video 1: Lee Ranaldo



video by Alessandra Novaga

lunedì 22 agosto 2011

Alessandra Novaga: Sound Res con Lee Ranaldo


Non potevo credere di trovarmi improvvisamente nella Downtown di New York.
Infatti ero a Lecce, nel pieno della “villeggiatura”estiva. Eh già, perché nel Salento, magnifica terra di contraddizioni, tradizione e innovazione a volte convivono in un piacevole equilibrio anche perché il posto è talmente bello!
A Lecce, quest’anno, sempre sotto la direzione artistica del percussionista americano David Cossin , si è svolta l’ottava edizione di Sound Res, programma di residenza di musica e arte contemporanea basato sulla collaborazione di importanti musicisti e artisti prevalentemente americani. Le passate edizioni hanno ospitato personaggi del calibro di Philip Glass e Terry Riley, così come Bang on a Can e, dulcis in fundo, quest’anno, tra gli altri, Lee Ranaldo (Sonic Youth) e Phill Niblock.
Quest’ultimo ripescato all’ultimo momento, dato che il signor Niblock trascorre in Europa i sei mesi in cui non è a New York nel suo loft, dove è passata tutta l’avanguardia che ha contato qualcosa sulla scena dei tempi d’oro (e continua a passare); in Europa prevalentemente a Ghent (Belgio), per il resto passando di residenza in residenza. Quest’estate è stato in Sicilia e in Calabria, dunque perché non precettarlo anche in Puglia? E per nostra fortuna così è stato, e così questo dolcissimo simil Orson Welles ci ha allietati con la sua presenza e, soprattutto, con le sue performance.
Sound Res si pone come obiettivo quello di ospitare gli artisti stranieri e di metterli in contatto con quelli nostrani, per produrre delle opere, organizzando, oltre ai concerti, riuscitissimi workshops destinati anche ai bambini.
Io ho partecipato a quello del chitarrista Lee Ranaldo. Il tutto si è svolto in un’anonima periferia leccese con altrettanto anonime palazzine degli anni sessanta tra cui spicca questo incantevole palazzotto del ‘500 appena ristrutturato da un’associazione locale per destinarlo alla “cultura”, con un bellissimo nome: Ammirato Culture House. C’è un cortile, una stanza che vi si affaccia e un piano di sopra con alcune stanze che fungeranno da foresteria per gli artisti ospiti. Tutto bianco di pietra leccese.
Non si sa bene cosa accadrà, ci sono un po’ di chitarristi che si aggirano, le efficientissime organizzatrici (Lara Castrignanò e Alessandra Pomarico) accolgono tutti in un clima estremamente semplice e informale. Dalla stanza provengono dei suoni. La giornata è torrida, siamo al 6 di agosto. I suoni vengono dai Mac di Phill Niblock che sta provando con la video-artista canadese Katherine Liberovskaya e il sound designer inglese David Sheppard, per la performance che si terrà la sera stessa.
Arriva Lee Ranaldo, abbronzatissimo e evidentemente fresco di doccia dopo il mare, con la sua chitarra in spalla e una scatola di scarpe sotto il braccio (per i feticisti del caso erano scarpe Puma), che si rivela poi custodire i magnifici pedalini!
E mi rendo conto di che fortuna sia essere lì in quel momento, inaspettatamente, con Niblock che prova a pochi metri e Ranaldo che si aggira aspettando di iniziare il suo workshop, chiacchierando amabilmente con chiunque lo avvicini. Con lui c’è la sua bellissima moglie Leah Singer, artista visiva che fa parte del gruppo di artisti in residenza per questa edizione.
Finalmente si comincia, non si sa bene se noi suoneremo o se suonerà solo lui.
Fortunatamente suonerà solo lui!
Ci troviamo in una stanza approssimativamente di 10 metri per 6 con i soffitti a volte incrociate. Al centro c’è il tavolo con svariati Mac di tutte le dimensioni, di Niblock e della Liberovskaya, che rimangono lì seduti per tutto il tempo. Sparse ci saranno una quarantina di persone. Fa caldissimo, ogni tanto David Cossin sale su una sedia e armeggia con un condizionatore che fa le bizze (o è solo che da buon americano non gli pare vero di non avere una temperatura di almeno 18 gradi all’interno?). Ranaldo è lì seduto con la sua Fender Jazzmaster e sta suonando un pezzo, melodico e tranquillo.
Da quella canzone nasce una circumnavigazione che durerà circa 30 minuti, in cui succede di tutto. È magnifico vedere questo “signore” di più di cinquant’anni, elegantissimo nei gesti e nella postura, gentile, disponibile e allo stesso tempo estremamente poco compiaciuto e apparentemente ignaro di essere un mito vivente. E’ molto concentrato e inizia una dimostrazione del suo modo di “trattare” la chitarra.
La sua Fender è meravigliosamente malconcia. La vernice è consumatissima, è piena di segni causati dalle botte che continuamente le vengono date con qualsiasi cosa gli capiti a tiro, è piena di adesivi, scotch e anche un post-it.
Iniziano feedback ottenuti in tutti i modi possibili, loop mai vistosi ma usati per incrementare la massa sonora che cresce. Poi si alza e maneggia la chitarra come se pesasse un nonnulla. La tiene sospesa con due dita, la suona con l’arco, la percuote con bacchette di diversa foggia, la fa roteare, suona lo spazio che ha intorno. Impugnando il corpo della chitarra come se fosse un contatore geiger, fa strisciare la paletta a terra, su quei magnifici lastroni chiari di pietra leccese, sui muri, creando delle risonanze magnifiche e maestose, cercando i punti in cui la stanza suona meglio, come se la stanza stessa fosse uno strumento; si muove da una parte all’altra, in modo energico e risoluto; ritorna indietro insistendo su una nicchia dai muri antichi e spessi, per creare un’esplosione di risonanze.
Torna a sedere e i suoni rientrano nella canzone da cui tutto era partito. La chitarra è accordata alla Sonic Youth, dalla sesta alla prima GGCGCC.
Finisce di suonare e inizia una conversazione con noi che siamo lì e gli facciamo delle domande. Per questo rimando a dei piccoli video fatti con l’iphone.
La serata prosegue con un concerto di Phill Niblock e Katherine Liberovskaya. I primi due pezzi non sono vere e proprie composizioni di Niblock ma registrazioni di suoni esistenti da lui rimanipolati. Per il primo la film-maker ha usato un montato di girati vari degli ultimi dieci anni, il secondo invece è stato filmato in una fabbrica di tessuti e le inquadrature riguardano i dettagli di queste macchine in azione. È magnifico vedere come le immagini si dissolvono una nell’altra esattamente come il drone, apparentemente costante, evolve da un suono all’altro senza che lo spettatore avverta il momento in cui avviene il cambiamento. Il volume è molto alto ma sostenibile, cosa che non si può dire del pezzo eseguito per ultimo. Si tratta di Guitar Too, for four (G2,44) composto da Niblock per i due Sonic Youth, Lee Ranaldo e Thurston Moore. Qui la parte di Moore è registrata mentre Ranaldo suona il pezzo dal vivo dimostrando una concentrazione totale, praticamente al buio (con un video che gli corre alle spalle), imperturbabile, da navigata rockstar, anche quando a un certo punto un fotografo “molesto” gli spara in faccia una serie di flash che in quell’oscurità accecano anche chi è dietro. Ora il volume diventa davvero insostenibile, mi giro e vedo Niblock che si tappa le orecchie con le mani, quindi mi sento autorizzata a farlo anch’io senza troppo imbarazzo…se lo fa lui…
La sera dopo, nel grande cortile del Palazzo dei celestini, ci sarà la performance/installazione di Ranaldo e di Leah Singer, che vi interviene con dei video proiettati su tre schermi enormi alle due estremità del cortile; il titolo è Sight Unseen.
I due artisti l’hanno già eseguita in altri posti, in Canada e in Olanda, e in una di queste occasioni la performance è durata tutta la notte!
Il fulcro è la Fender di Lee Ranaldo sospesa al centro del cortile immenso, appesa a un cavo. Con il nastro adesivo è stata attaccata un’antennina wireless che la mette in contatto con i quattro amplificatori e i pedali che sono tutti ammassati a pochi metri dalla chitarra. Quindi al centro, come fosse un’arena, ci sono Lee Ranaldo, la sua chitarra sospesa e tanto spazio intorno a lui. Intorno a questo spazio ci sono i performer che vengono reclutati “su piazza” e gli altri ospiti in residenza. Stasera non va male. C’è Jeffrey Zeigler, il violoncellista del Kronos Quartet, il percussionista David Cossin e le cantanti Helga Davis e Tina Tindle. Ci sono tre voci recitanti e sei chitarristi per lato, tra cui io, con la chitarra accordata come sopra (GGCGCC), con il compito, a un suo gesto, di suonare fortissimo, con distorsore e delay, delle sequenze di accordi precedentemente concordati con Ranaldo .
Siamo lì dalle sei di sera, c’è ancora il sole, iniziano le interminabili manovre per allestire tutto l’apparato fonico e video. Lui appende la sua chitarra che rimane lì a ondeggiare nel venticello. Pian piano la luce cambia e il cielo si fa sempre più azzurro, e stare lì seduti con la chitarra in mano, circondati da tanta bellezza, in un tempo sospeso, come sospesa in modo surreale è la Fender color petrolio che da sola continua a ondeggiare, è estremamente eccitante. I passanti attraversano il cortile e non capiscono cosa accadrà.
A ricordarmi che siamo in Italia (quell’altra, non la nostra…) ci pensano dei poliziotti che arrivano come in un film degli anni cinquanta, a dire di fermare tutto perché disturbiamo una funzione religiosa, e poi il prefetto, che abita lì, mica aveva capito che la musica sarebbe stata così forte, forse si deve annullare tutto.
Ma non si annulla niente e alle dieci circa le luci si accendono. Iniziamo.
Lee Ranaldo entra nell’ ”arena” solo e inizia a dialogare con la sua chitarra sospesa, dirige tutti quelli che gli sono intorno, il violoncello, le percussioni, le voci. A tratti prende la chitarra, sempre attaccata al cavo, e la lancia violentemente tanto che nel suo vorticoso girare sfiora gli spettatori seduti a terra tra noi e lui. Usa tutto il repertorio che il giorno prima ci ha mostrato nella sua performance “privata”: usa l’arco, gli effetti, muove la chitarra suonando non più una stanza ma l’aria, la stacca e corre all’impazzata da una parte all’altra del cortile e struscia la paletta contro le antiche mura del palazzo; crea incredibili feedback. I suoni sono magnifici, potenti e caldi. Significanti. Quando suoniamo noi chitarristi si crea un muro di suono incredibile!
I video scorrono ma io non riesco a guardarli. Sono troppo concentrata su di lui. Il tutto va avanti per quasi due ore, senza sosta, in crescendo. Alla fine la chitarra resta lì sospesa, lui si appoggia tra due schermi e dal pubblico si alzano una delle organizzatrici e la sua piccola bambina che, con delle bacchette iniziano a percuoterla. Arrivano i due figli di Ranaldo a fare lo stesso e poi lui invita il pubblico ad agire sullo strumento. E lo fanno in tanti. Fa un certo effetto vedere la tranquillità con cui l’artista permette di far suonare, anzi percuotere, la sua chitarra da chiunque!
Poi smettono. La chitarra rimane lì sospesa nel vuoto, da sola. A suonare l’aria. Ranaldo si avvicina e sarà lui a concludere la serata.
Poi tutto si ferma e il pubblico esplode in un applauso liberatorio e pieno di calore.
La serata è conclusa. Mentre metto a posto i pedali, i cavi, l’amplificatore, ecco che sbuca dall’oscurità Lee Ranaldo! Viene verso noi musicisti e ci ringrazia uno per uno: “Thank you for coming”. Io gli do due baci e gli dico “thank You, Lee”.
La sera torno a casa, a Gallipoli, altro luogo incantato dove ho la fortuna di trascorrere le mie estati, e il giorno dopo mi sveglio con ancora l’adrenalina in circolo.
Manterrò il livello suonando Romitelli che di Lee Ranaldo e di Sonic Youth ne sapeva qualcosa!

domenica 21 agosto 2011

Biennale Musica di Venezia 2011: Sentieri Selvaggi


Sentieri Selvaggi

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mercoledì 28 settembre ore 20.00
Teatro Malibran
SENTIERI SELVAGGI
Steve Martland (1959) Kick (1996, 6')
Christina Athinodorou (1981) Aktaí (2008, 8')
Carlo Boccadoro (1963) Hot shot Willie (2010, 12') (solista Piercarlo Sacco)
Giovanni Verrando (1965) Dulle Griet (2010, 6')
Mark-Anthony Turnage (1960) Grazioso! (2009, 10')
Steve Reich Double Sextet (2007, 22')
flauto Paola Fre - clarinetto Mirco Ghirardini - vibrafono, percussioni Andrea Dulbecco - pianoforte Andrea Rebaudengo - violino Piercarlo Sacco - violoncello Aya Shimura
direttore Carlo Boccadoro
Sarà per quell’accattivante mix di suoni e tendenze, sarà per un’idea non punitiva dell’ascolto che la volontà programmatica di Carlo Boccadoro e del suo ensemble Sentieri Selvaggi di portare la nuova musica a un pubblico sempre più ampio ha avuto successo. Ma anche la critica considera rigenerante l’ingresso nel panorama concertistico attuale di questo gruppo, che allinea strumentisti provenienti dalle più importanti orchestre e formazioni cameristiche classiche insieme a musicisti di jazz. Un viaggio attraverso affinità elettive impensate di sei compositori propone a Venezia Sentieri Selvaggi, con Steve Martland, Christina Athinodorou, lo stesso Boccadoro, Giovanni Verrando,Mark-Anthony Turnage e Steve Reich.

Il programma di concerto che Sentieri selvaggi propone per indagare gli intrecci tra prassi compositiva contemporanea e linguaggi musicali "altri" si incentra su partiture in cui deliberatamente i compositori hanno aperto un confronto con esperienze musicali apparentemente "barbare", ossia, in senso etimologico, fondate su lingue estranee alla lingua franca di una comunità specifica, e quindi considerate "rozze", "inintelleggibili", "incivili".
In apertura Kick di Steve Martland, dove una melodia popolare per violino del XVII secolo inglese viene sottoposta a una travolgente e scatenata serie di variazioni che ne mutano profilo e significato attraverso l'uso di stilemi ritmici e armonici provenienti dai più diversi mondi del paesaggio sonoro di oggi.
Dal mosaico ricco di influenze compositive del suo percorso di formazione, la giovane compositrice greca Christina Athinodorou ha tratto un linguaggio personale: pur evitando di evidenziare in forma esplicita un rapporto con la tradizione musicale popolare del proprio Paese; nelle partiture della Athinodorou soffia un quasi inconsapevole vento “mediterraneo” che emerge in Aktaí, partitura commissionata da Sentieri Selvaggi nel 2008.
In Hot shot Willie di Carlo Boccadoro il mondo del blues è evocato esplicitamente nel titolo, che è lo pseudonimo del grande bluesman Blind Willie McTell. Ed è ancora il violinista del gruppo, come in Martland, il solista di questo concerto da camera, in cui viene chiamato a utilizzare tecniche strumentali simili a quelle dei grandi fiddlers americani dei primi anni ‘20, ovvero un modo di suonare lo strumento che nulla ha a che vedere con la tradizione europea.
I principi di interferenza del segnale e saturazione dello spazio sonoro, praticati in alcune forme estreme della musica trance, animano la partitura di Giovanni Verrando Dulle Griet, dove l'inarmonicità del quadro di Pieter Bruegel da cui è tratto il titolo sembra quasi voler tratteggiare l'inferno della quotidiana e folle alienazione metropolitana.
Grazioso! non è, come potrebbe sembrare, l'innocua aspirazione di una partitura accomodante. È invece il nome del primo modello della chitarra elettrica utilizzata da Jimmy Page dei Led Zeppelin: l'impatto dell'hard rock così rievocato si sostanzia in un brano aggressivo e ritmico, che svela un nuovo aspetto della creatività compositiva di Mark Anthony Turnage.
Infine in Double Sextet, partitura premiata con il prestigioso Pulitzer nel 2009 ed entrata a far parte stabilmente del repertorio di Sentieri Selvaggi, compare in forma esplicita l'enorme influenza che il sistema armonico del jazz ha e continua ad avere sul linguaggio di Steve Reich, con l'utilizzo di strutture scalari modali e modulazioni improvvise fortemente connesse alle scansioni formali del discorso musicale.
Steve Martland (Liverpool – Gran Bretagna, 1959). Studia composizione all’Università di Liverpool e in Olanda con Louis Andriessen. Martland rifiuta il dogma accademico in favore della pluralità delle influenze musicali, sia antiche che moderne, sia “serie” che vernacolari. Lavora spesso con artisti che operano fuori dalle istituzioni accademiche e con la sua Steve Martland Band svolge un intensa attività concertistica internazionale. Nel 1998 ha collaborato con il gruppo Spiritualized su un progetto per il Flux Festival di Edimburgo. La sua musica è stata spesso utilizzata e adattata per il cinema e la televisione. Ha scritto e diretto A Temporary Arrangement with the Sea, un film su Louis Andriessen commissionato dalla BBC in coproduzione con NOS (Olanda).
Babi Yar (1983), un suo ampio brano sinfonico, è stato eseguito per la prima volta quasi in contemporanea in America dalla St. Louis Symphony Orchestra sotto la direzione di Leonard Slatkin e in Gran Bretagna dalla Royal Liverpool Philharmonic Orchestra; successivamente il pezzo è stato inciso per la leggendaria etichetta Factory. Martland ha recentemente rielaborato la partitura e questa nuova versione è stata eseguita recentemente a Glasgow dalla BBC Scottish Symphony Orchestra sotto la direzione di Jurjen Hempel. Starry Night per percussioni e quartetto d’archi è un suo pezzo recente, composto per il TROMP International Music Festival and Competition. La sua musica corale, ampiamente eseguita, include Street Songs, originariamente scritta per i King’s Singers e Evelyn Glennie e successivamente presentata dal Monteverdi Choir e Colin Currie sotto la direzione di John Eliot Gardiner; sempre in questo campo, ha in programma una collaborazione con Paul Hillier.
La sua musica è stata spesso impiegata dai coreografi: Drill per l’Opera House di Sidney, Crossing the Border per il National Ballet di Amsterdam. Danceworks, espressamente commissionato dal London Contemporary Dance Theatre, e poi eseguito in tutto il mondo da grandi compagnie come Les Grands Ballets Canadiens e il Ballet Tech di New York.
Christina Athinodorou (Cipro - Grecia, 1981) - Compositrice e direttrice d’orchestra, la sua formazione si svolge tra Francia e Inghilterra. Studia composizione con Julian Philips e direzione d’orchestra con Alan Hazeldine conseguendo una laurea in musica e poi un master alla Guildhall School of Music and Drama di Londra; segue corsi di orchestrazione, composizione e musica elettronica con Robert Pascal, Olivier Kaspar e Denis Lorrain al Conservatorio nationale superiore di Lione. Trascorre anche un anno alla University of North Texas (Denton), dove studia composizione con Joseph Klein e pianoforte con Nikita Fitenko. Ha conseguito inoltre un dottorato in composizione alla Royal Halloway University di Londra (2011), dove in precedenza aveva insegnato. Tra il 2009 e il 2010 è artista in residenza alla Cité International des Arts di Parigi.
La sua musica è eseguita da noti ensemble e orchestre (Pierrot Lunaire Ensemble Wien, Sentieri selvaggi, Aldworth Philharmonic Orchestra, St Albans Symphony Orchestra/City of London Sinfonia, Endymion Ensemble, Guildhall Percussion Ensemble, Cyprus Symphony Orchestra…) ed è stata presentata in vari festival di musica classica e contemporanea, e in varie sedi e serie di concerti, tra gli altri: MiTo 2008, Italia Classic-Wave Firenze 2007, Spaziomusica Cagliari 2008, Teatro dal Verme Milano, Festival Forfest 2006 - Repubblica Ceca, Viitasaari Musiikin Aika Festival 2008, New Music Festival PeriFÈRIA 2009 - Finlandia, Reading and Dartington Halls, Lauderdale House, Warehouse London, British Music Information Centre New Music Mart 2008 – Gran Bretagna, Kulturhaus Lüdenscheid, Düsseldorfer Tonhalle, Musikclub Konzerthaus Berlin (Germania), Kanagawa Art Hall - Giapppone, Chamber Concert Series of the Royal Flemish Philharmonic Orchestra 2009 - Belgio.
Spesso ha diretto i suoi lavori, tra cui merita di essere ricordata l’opera in un atto Ita Vivam commissionata da GSMD (Guildhall School of Music and Drama).
Carlo Boccadoro (Italia, 1963). Ha studiato al Conservatorio di Milano dove si è diplomato in pianoforte e strumenti a percussione. Nello stesso istituto ha studiato composizione con diversi insegnanti, tra i quali Paolo Arata, Bruno Cerchio, Ivan Fedele e Marco Tutino.
Dal 1990 la sua musica è presente in importanti stagioni concertistiche tra cui: Teatro alla Scala, La Biennale di Venezia, Bang On A Can Marathon di New York, Aspen Music Festival, Monday Evening Concerts (Los Angeles), Orchestra Filarmonica della Scala, Filarmonica '900 del Regio di Torino, Gewandhaus di Lipsia, Alte Oper di Francoforte, Festival di Lucerna, Concertgebouw di Amsterdam, National Concert Hall Dublin, Royal Academy di Glasgow, Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Pomeriggi Musicali, Orchestra "G.Verdi", Arena di Verona, Festival MiTo, Unione Musicale di Torino, Mittelfest di Cividale del Friuli, Teatro Comunale di Bologna, Ferrara Musica, Aterforum, Orchestra "A.Toscanini" dell'Emilia Romagna, Teatro Regio di Parma, Orchestra della Toscana, Cantiere Internazionale D’Arte di Montepulciano, Accademia Filarmonica Romana, RomaEuropa Festival, Teatro Massimo di Palermo, Teatro Comunale di Cagliari, e molti altri. Ha scritto molta musica per il teatro collaborando con Luca Ronconi, Valter Malosti, Renato Sarti, Giorgio Gallione, Serena Sinigaglia. Ha collaborato con musicisti jazz come Abdullah Ibrahim, Jim Hall, Paolo Fresu, Maria Pia De Vito, Mauro Negri, Paolo Birro, Bebo Ferra, Glauco Venier, Roberto Dani, Andrea Dulbecco, Paolino Dalla Porta, Emanuele Cisi, Chris Collins.
Nel 2001 è stato selezionato dalla Rai per partecipare alla Tribuna Internazionale dei Compositori dell’UNESCO a Parigi. I suoi libri di argomento musicale sono pubblicati da Einaudi. Insieme a Filippo Del Corno e Angelo Miotto è uno dei creatori del progetto culturale Sentieri selvaggi.
Giovanni Verrando (Sanremo - Italia, 1965). Ha iniziato i propri studi in Francia, giovanissimo, con il pianoforte e la chitarra classica. In seguito ha studiato composizione al Conservatorio di Milano con G. Manzoni, N. Castiglioni e G. Zosi, e filosofia all'Università Statale di Milano. Ha proseguito la propria formazione all'Accademia Chigiana di Siena con F. Donatoni ricevendo nel 1990 il premio SIAE e il Diploma di merito. Dal 1993 al 1997 è a Parigi, dove ha frequentato il Corso annuale di informatica musicale dell'IRCAM. Negli anni '90 e 2000 è stato premiato in molti concorsi internazionali, fra i quali: IRCAM/Ensemble InterContemporain Comitè de lecture, Gaudeamus Music Week di Amsterdam, Festival International d’art lyrique di Aix-en-Provence, ISCM World Music Days e altri ancora. In questi anni, la sua musica è stata presentata nei festival e nelle stagioni di tutto il mondo: Wien Modern, Centre G. Pompidou di Parigi, Berliner Festspiele, Festival Musica di Strasbourg, Opera Bastille di Parigi, La Biennale di Venezia, Tonhalle di Zurigo, Milano Musica, Stockholm New Music, Roma Europa, Huddersfield Contemporary Music Festival, Archipel de Geneve, Festival Ultima di Oslo, Shangai, Varsavia, Tokyo, Royaumont, Köln, Helsinki, Amsterdam, etc.
A partire dal 2005 la sua ricerca musicale si è concentrata sulla parte inarmonica dello spettro, sul rumore e le micro-proprietà dei suoni (Triptych, Memorial Art Show, Dulle Griet). Nell’aprile 2003 è andato in scena Alex Brücke Lange, ritratto commissionatogli dal Festival International d’Art Lyrique di Aix-En-Provence e dalla Fondazione Nuovo Teatro Comunale di Bolzano, con la regia di Yoshi Oida.
Nel 2007, insieme a un mecenate, ha fondato RepertorioZero. Insegna composizione presso la Scuola Civica di Milano.?La sua musica è pubblicata dalle Edizioni Suvini Zerboni.
Mark Anthony Turnage (Corringham – Gran Bretagna, 1960). Studia con Oliver Knussen e John Lambert, poi con Gunther Schuller; Night Dances (‘81) per orchestra riceve il Guinness Composition Prize e il Mendelssohn Prize. Punto di svolta del suo percorso è Greek (1988), lavoro di teatro musicale dall’omonima pièce di Steven Berkoff, commissionato da Henze per la Biennale di Monaco. Seguiranno Three Screaming Popes, Kai, Momentum e Drowned Out, frutto di quattro anni di lavoro come compositore associato presso la City of Birmingham Symphony Orchestra (1989/1993). Blood on the Floor, commissionato dall’Ensemble Modern e scritto (’96) per i jazzisti John Scofield, Peter Erskine e Martin Robertson, viene eseguito anche da Simon Rattle con i Berliner Philharmoniker. La sua seconda opera, The Silver Tassie (1997-‘99), debutta con ampi consensi all’English National Opera nel febbraio 2000 e vince sia il South Bank Show che l’Olivier Awards for Opera nel 2001. Nel 2000 è il primo compositore associato della BBC Symphony Orchestra, periodo che inaugura con Another Set, a cui seguono: il trittico per orchestra Etudes and Elegies (Barbican Weekend della BBC 2003, nell’ambito di un ritratto monografico); Bass Inventions, commissione dell’Asko Ensemble, Birmingham Jazz e BCM, eseguita in prima dal bassista Dave Holland ad Amsterdam (2001); Dark Crossing per Oliver Knussen e la London Sinfonietta; Scorched, scritto insieme a John Scofield per trio jazz e orchestra (2002). Fra le composizioni più recenti: il concerto per viola On Opened Ground (Yuri Bashmet e Cleveland Orchestra, 2002); Crying Out Loud eseguito dall’Ensemble Modern (2004); A Constant Obsession per il Nash Ensemble e Mark Padmore; Five Views of a Mouth per BBC Scottish Symphony Orchestra e il flautista Dietmar Wiesner; Out of Black Dust per i Berliner Philharmoniker.
Il suo lavoro è attualmente pubblicato da Boosey & Hawkes. I lavori precedenti al 2003 sono pubblicati da Schott.

sabato 20 agosto 2011

Biennale Musica di Venezia 2011: RepertorioZero Electric String Quartet


RepertorioZero Electric String Quartet

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martedì 27 settembre ore 18.00
Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian
REPERTORIOZERO ELECTRIC STRING QUARTET
Jean-François Laporte (1968) New Piece per quartetto d'archi elettrico (2011, 15‘) prima es. ass.
Karlheinz Stockhausen (1928-2007) Violoncello daOrchester-Finalisten per violoncello e musica elettronica (1995/96, 3’23”)
Carlo Ciceri (1980) Cruda per trio d'archi elettrico (2011, 7') prima es. ass.
Karlheinz Stockhausen Viola da Orchester-Finalisten per viola e musica elettronica (1996, 4’33”)
Andrea Agostini (1975) O-zone per violoncello elettrico solo (2003/11, 8') prima es. ass.
Karlheinz Stockhausen Violine da Orchester-Finalisten per violino e musica elettronica (1995/96, 3’20”)
Steve Reich (1936) Different Trains per quartetto d'archi elettrico e nastro registrato (1988, 27')
violino elettrico Franziska Shoetensack, Jacopo Bigi
viola elettrica Paolo Fumagalli
violoncello elettrico Giorgio Casati
regia del suono Fabrizio Rosso
All’ensemble di musicisti di RepertorioZero, di recentissima formazione, è stato assegnato il Leone d’argento 2011, istituito dalla Biennale di Venezia soltanto lo scorso anno e destinato alle giovani generazioni. All’ensemble milanese va il merito, secondo la motivazione, “di una ricerca innovativa - nel modo di lavorare con la musica d’oggi - che vuole andare oltre l’esperienza delle avanguardie tradizionali, che si confronta con un repertorio tutto da costruire e con la necessità di trovare soluzioni alle numerose variabili presenti nella musica contemporanea”. Ed è nella scelta degli strumenti, nell’approccio al suono e all’amplificazione che RepertorioZero attinge ad una esperienza musicale che non è esclusivamente scritta. Al centro della ricerca dei componenti di RepertorioZero, di stanza a Milano, è l’evoluzione del linguaggio musicale attraverso l’utilizzo della nuova liuteria, con un’attenzione particolare a quella elettrica, intesa come estensione degli strumenti acustici tradizionali verso una sintesi con i mezzi tecnologici, sia analogici che digitali, fuori da ogni accademismo.
A Venezia l’ensemble RepertorioZero si presenta con un organico di quartetto d’archi elettrico e il regista del suonoFabrizio Rosso, collaboratore fisso, e un programma che illustra gli sviluppi e le potenzialità dell’elettronica applicata agli archi, alternando nuove esecuzioni a brani che sono già parte del repertorio contemporaneo. Tre le prime esecuzioni previste: il quartetto elettrico scritto dal canadese Jean François Laporte (brano commissionato da RepertorioZero e da Conseil des arts du Canada); Cruda, un trio d'archi elettrico che il giovane compositore italianoCarlo Ciceri ha scritto espressamente per RepertorioZero; O-zone per violoncello elettrico solo, scritto da Andrea Agostini nel 2003 e rivisitato nel 2011. Due sono gli autori storici di riferimento: Karlheinz Stockhausen, del quale verranno presentati tre estratti solisti da Orchester-Finalisten, e Steve Reich, che chiuderà il concerto conDifferent Trains.
Musicista atipico, il canadese Jean-François Laporte è un artigiano che esperisce ogni singolo suono nel suo stato naturale, ma anche oggetti e materiali diversi, estendendo così il suo territorio di indagine. In questa ricerca, Laporte si avvale di strumenti ideati e costruiti da lui, vere e proprie “macchine sonore” per cui ha scritto pezzi dedicati, ma che a volte integra con gli strumenti musicali tradizionali senza creare gerarchie. Nel 2002 il suo pezzo Tribal per orchestra di strumenti inventati è stato proclamato “creazione dell’anno” nell’ambito del Prix Opus (Québec), mentre Prana si è aggiudicato il primo premio nella categoria musica mista al 23° Concorso internazionale di musica elettroacustica intitolato a Luigi Russolo. Per la prima volta alla Biennale, Laporte presenta una nuova composizione per quartetto d’archi elettrico.
Intercalati tra le composizioni dei trentenni Carlo Ciceri e Andrea Agostini sono tre degli assoli che compongonoOrchester-Finalisten di Stockhausen, seconda scena di Mittwoch aus Licht, a sua volta parte del monumentale cicloLicht. Composto tra il ’95 e il ’96, la prima esecuzione di Orchester-Finalisten ha avuto luogo nel giugno 1996 al Carré Theatre di Amsterdam con l’Asko Ensemble nell’ambito dell’Holland Festival, che aveva commissionato l’opera. Si tratta della messa in scena di un’audizione per un posto in orchestra a cui partecipano 11 strumentisti per 11 assoli, accompagnati da musica concreta ed elettronica proiettata spazialmente in ottofonia. Originariamente la competizione si svolge con gli strumentisti che “si librano nell’aria” e ad ogni strumento e al suo assolo è associata un’immagine particolare. Al violoncello un aeroporto sul mare, al violino una riserva ornitologica, alla viola anatre selvatiche in volo su una stazione ferroviaria… C’è anche chi ha fornito letture suggestive di questi brani, come lo studioso Robin Maconie, che interpreta il termine “finalisten” in senso antropologico e filosofico e quindi nel ciclo di assoli vede l’intento di imitare la natura, per l’esattezza il mondo degli insetti.

Composto nel 2003 e rivisitato quest’anno per la Biennale Musica, O-zone è l’occasione per Andrea Agostini di riflettere su quelle che sarebbero diventate le sue ossessioni e su quei tratti che avrebbe via via abbandonato. Ossessioni come “l’iterazione e la reiterazione degli elementi, il contrasto tra movimenti estremamente rapidi e raggelamenti repentini, un lavoro sulla ciclicità e sulla frammentazione e ricomposizione drammaturgica della forma”. Aspetti poi dimenticati come “certi gesti carichi di reminiscenze post romantiche”, di un gusto teatrale ed estroverso (A. Agostini).
Un pezzo celebre, quasi quanto Music for 18 Musicians, ma con in più una profonda valenza simbolica: ebreo che il destino ha fatto nascere in America, Reich rievoca in Different Trains i suoi viaggi da bambino tra Los Angeles e New York paragonandoli a ben più terribili viaggi che altri bambini in quella stessa epoca compivano in Europa. Suddiviso in tre movimenti - America: Before the War, Europe: During the War, After the War – il brano, dell’88, segna il ritorno di Reich all’utilizzo del nastro registrato in cui suoni, voci, rumori, intergiscono con la scrittura che, anzi, ruota attorno ad esso. “Per la realizzazione di questo manifesto sonoro Reich ha dunque assemblato fonti diverse, nello stridente contrasto tra normalità e tragedia: la voce della sua governante, che rievoca quei viaggi in treno; il racconto di un autista di pullman che copriva frequentemente quella tratta; frammenti delle testimonianze di tre sopravvissuti all'Olocausto; rumori di treni d'epoca. Dalle frequenze e dalle altezze di ogni singola frase ha quindi ricavato sequenze riprodotte e sviluppate dagli archi secondo moduli metrici diversificati. In questo contesto, l'interazione tra archi e traccia elettronica produce una reale unità sonora dall'incedere incalzante e dall'impatto a tratti agghiacciante” (Enzo Boddi).
Carlo Ciceri (La Spezia – Italia, 1980). Dopo essersi diplomato in pianoforte, ottiene il Master in direzione d'ensemble (sotto la guida di G. Bernasconi) e in composizione (con N. Vassena e G. Verrando) presso il Conservatorio di Lugano. Si laurea in musicologia presso l'Università di Pavia e studia con J. Baboni Schilingi e F. Voisin al Conservatorio di Montbéliard.
La sua musica è premiata in numerosi concorsi (Zeitklang, Jurgenson Composition Competition, Camillo Togni, Incontri Internazionali Franco Donatoni, Gianni Bergamo Composition Award); ottiene inoltre due residenze a MIA-Annecy e presso la Fondation Royaumont. Sue opere sono state programmate e commissionate da vari festival (Festival Archipel, Tage für Neue Musik, Oggimusica, Rondò, Novecento e presente) e sono state eseguite da numerosi ensemble (recherche, Divertimento, Vortex, MDI, Linea, Ex Novo) e orchestre (Zurcher Kammerorchester, Orchestra della Svizzera Italiana).
La sua produzione si è concentrata dapprima sulla musica strumentale e in particolare sulla creazione di un corpus omogeneo di lavori dai quali sono nati due cicli: VASTA, per viola solista e ensemble, e IA, per strumento ad arco solista. La sua attenzione si è poi rivolta da una parte agli strumenti amplificati e/o elettrificati, dall'altra al teatro nelle sue più aperte declinazioni. Di questo periodo sono Der gelbe Klang, musiche per ensemble amplificato per l'azione scenica di Kandinsky, e La Discesa per voci ed ensemble amplificato. Insegna Composizione assistita presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano e presso la Scuola Civica di Musica di Milano. Dal 2011 fa inoltre parte del comitato artistico di RepertorioZero.
Andrea Agostini (Bologna – Italia, 1975). Ha studiato pianoforte, composizione e musica elettronica a Bologna; in seguito si è perfezionato con Brian Ferneyhough, Michael Jarrell, Ivan Fedele e altri, e ha seguito il corso biennale in composizione e informatica musicale all'IRCAM di Parigi.
Ha composto opere di musica strumentale, elettroacustica e mista. È risultato vincitore o finalista in svariati concorsi internazionali (Musica Viva, Prix Noroit, 3rd Seoul Competition for Composers, Nuova Consonanza…) e ha ricevuto commissioni da diversi ensemble e istituzioni, tra cui il Ministero francese della Cultura e la Cineteca del Museo del Louvre. Le sue opere sono regolarmente eseguite in importanti festival in Europa e Nord America (MiTo, Sincronie, REC, IMEB, MIA, Agora, Spark…).
La sua curiosità per la totalità dei linguaggi musicali contemporanei l'ha portato a lavorare in ambiti diversi, come il rock e le musiche improvvisate, e a studiare tradizioni musicali non occidentali. Ha composto musiche per la radio, il cinema e il teatro. Nello stesso tempo, è attivo nel campo dell'informatica musicale e ha sviluppato, insieme al compositore Daniele Ghisi, una libreria di strumenti informatici per la composizione assistita da computer. Collabora, inoltre, con numerosi artisti in progetti sperimentali legati alle nuove tecnologie ed è attualmente “compositore in ricerca” all'IRCAM.

venerdì 19 agosto 2011

Biennale Musica di Venezia 2011: Mitteleuropa Orchestra


Mitteleuropa Orchestra

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domenica 25 settembre ore 20.00
Teatro alle Tese
MITTELEUROPA ORCHESTRA
Kent Olofsson (1962) Collagène per chitarra contralto, glissentar e orchestra (2006/2011, 15’) prima es. ass.
Aldo Clementi (1925-2011) Concerto per pianoforte, 24 strumenti e carillons (1975)
Pasquale Corrado (1979) Inciso per orchestra (2011, 10’) prima es. ass.
Giacinto Scelsi (1905-1988) Ohoi – I principi creativi per 16 archi (1966, 7’)
Vittorio Zago (1967) Segel per orchestra sinfonica (2007/2011, 17’) prima es. ass.
chitarra Stefan Östersjö
direttore Andrea Pestalozza
Presenza ormai costante del Festival di Musica, la Mitteleuropa Orchestra è diretta da Andrea Pestalozza, fra i più attivi interpreti della musica contemporanea. Il concerto veneziano offre pagine di nuova musica - con lo svedeseKent Olofsson e gli italiani Vittorio Zago e Pasquale Corrado – alternate a pagine di due autori radicalmente diversi ma ugualmente rappresentativi della musica del secolo breve, Aldo Clementi e Giacinto Scelsi.

Con Collagène Olofsson ripensa e amplia una delle sue più recenti composizioni, introducendo anche un nuovo organico, piuttosto inusuale, come spesso accade per questo artista che affonda le radici nel rock progressivo (nel 1978 ha fondato la band Opus Est), coltivato parallelamente a regolari studi di composizione, e che si muove a cavallo tra acustica ed elettronica.
La prima versione risale al 2006, come seconda parte di un trittico per chitarra e orchestra intitolato Corde. Oltre ad aver esteso la parte iniziale e finale del brano, nella nuova versione, scritta appositamente per la Biennale, anche l’organico orchestrale si amplia, moltiplicando fiati e ottoni e introducendo clarinetto, fagotto e trombone. Altri tre strumenti a corda sono poi aggiunti alla parte solista: una glissentar, cioè una chitarra fretless (senza tasti) a 11 corde, una specie di ibrido tra l’oud arabo e la chitarra elettrica; una chitarra contralto a 11 corde, che tecnicamente riproduce le sonorità dell’arciliuto barocco, e un banjo a 5 corde. Scrive il critico Tony Lundman: “Titoli e temi delle sue composizioni spaziano negli ampi territori della musica orientale e della musica antica. La relativa complessità tecnica è spesso compensata da una sorprendente immediatezza, frutto del suo orecchio per la tessitura musicale e della sua esperienza nella sviluppo timbrico. Una sensibilità ‘psico-acustica’ che dà alla sua musica, senza compromessi, la capacità di avvicinare intimamente l’ascoltatore”. Collagène è dedicato a Ligeti, deceduto mentre Olofsson lavorava alla partitura orchestrale, e nella musica sinfonica del grande autore ungherese trova ispirazione.
Il Concerto per pianoforte, 24 strumenti e carillons esprime tutta la novità della scrittura di Aldo Clementi, figura fondamentale della musica internazionale, a cui la Biennale Musica, che tante volte ha ospitato il compositore siciliano, rende un doveroso omaggio dopo la sua recente scomparsa. Fin dagli anni ’60 Clementi segue la strada dell’informale e va verso una musica fatta di blocchi sonori continui che annulla contrasti e sviluppo temporale a favore di una sorta di immobilità. Così la partitura del Concerto ruota attorno a “33 battute che l’autore prescrive di ripetere almeno 14 volte adottando diverse sovrapposizioni e combinazioni del materiale sonoro degli archi, dei fiati, del pianoforte e dei carillons. L’autore stesso suggerisce un piano di sovrapposizioni, ma lascia al direttore la libertà di altre scelte avvertendo tuttavia che ‘le combinazioni uguali non saranno mai vicine una all’altra’. E questa impostazione rende evidente che il variare degli impasti non si pone come ‘svolgimento’ di un discorso” (dalle note di programma).
L’incontro di un bambino miope con la sua fantasia, capace di trasformare la realtà e di guardarla con stupore sempre nuovo, è l’occasione per questa sorta di rêverie in cui il trentenne Pasquale Corrado parte da una figura musicale, fornita dalle note do e si, per irradiarne tutte le possibili variazioni e ricreare situazioni ogni volta diverse. “La struttura narrativa di Inciso – scrive il compositore - si articola attraverso diversi movimenti e sequenze ritmiche, descrivendo la straordinaria complessità dell’innocenzache, di fronte all’indeterminatezza del mondo, diventa l’unico e più forte elemento de/costruttivo del reale. Poi, man mano che le due note si sovrappongono, l’aspetto sincronico prevale su quello diacronico, e l’aspetto armonico su quello melodico. Fa così comparsa in lontananza un’ambigua e crudele spettatrice: l’Illusione, maschera dell’inconscio, forza logica costruttiva e distruttiva capace di trasformare l’uomo in un essere vulnerabile. Ma anche l’Illusione, di fronte all’incanto del gioco di un bambino, non può fare altro che guardare e pazientemente attendere”.
Originalissimo musicista e pensatore, poeta e pittore, Giacinto Scelsi per anni è stato oggetto di culto, ma oggi la sua musica, superando polemiche e misteri, ha ottenuto crescente attenzione grazie al moltiplicarsi delle esecuzioni e ha raggiunto un pubblico assai ampio, dopo che Scorsese ha utilizzato due dei suoi brani più celebri per il suo ultimo film,Shutter Island. Il pezzo in esecuzione, Ohoi – i principi creativi, è un esempio dell’avventura pionieristica iniziata da questo autore nel 1961 con i Quattro pezzi su una nota sola, avventura che farà di Scelsi quel creatore di suoni “venuto dal futuro”, di cui parla Quirino Principe nel saggio introduttivo a Il sogno 101, l’autobiografia di Scelsi ripubblicata lo scorso anno dopo anni di oblio.
È “l’atto della ricapitolazione” che sta alla base di Segel (Vele), il brano proposto da Vittorio Zago in una versione rinnovata per la Biennale Musica, un gesto che presuppone “l’attingere a diverse e numerose fonti sparse”, schegge, frammenti di partiture proprie e altrui che Zago assembla e trasfigura in una forma nuova e originale. Così, nella parte finale, “in un fitto ripresentarsi di brandelli (la sezione più centrifuga della partitura, tuttavia la più sorvegliata), irrompe un ultimo tessuto, dato dalla verticalità iniziale del quinto movimento di Sinfonia di Berio (movimento che ‘ricapitola’ i quattro precedenti), e dal compendio dei precedenti. Le epifanie di questo accordo approdano alle intere due prime battute del movimento stesso: quasi ad avviare, al termine del brano, un moto di ricapitolazione appartenente a una creazione altra. Si rivela essere null'altro che un corto circuito di ricapitolazioni, che si sgonfia negli accordi iniziali di Segel; vele sgonfiate e incapaci di destreggiarsi in un mare tempestoso, ricco di insidie (le numerosissime scaglie impazzite); ormai nemmeno più in grado di domandarsi ...chi... ...ha... ...domato... ...cosa...” (V. Zago). Composto nel 2006, a seguito del Brandenburger Symphony Prize che Zago vince quello stesso anno, Segel è presentato sotto una nuova veste espressamente per la Biennale Musica.
Kent Olofsson (Karlskrona - Svezia, 1962) - Ha studiato composizione all’Accademia di musica di Malmö 1984-1991 con Rolf Martinsson, Hans Gefors, Bo Rydberg, Bent Sørensen, Trevor Wishart, Anders Hillborg, Anders Nordentoft. Ha studiato anche direzione d’orchestra, teoria musicale e ingegneria acustica. La sua produzione comprende oltre 125 lavori fra musica sinfonica, da camera, elettroacustica, di teatro musicale, per strumenti barocchi, ma anche rock alternativo, per coreografie e installazioni. Da alcuni anni collabora regolarmente con il gruppo di teatro svedese Teatr Weimar, con cui ha realizzato una serie di opere di “teatro sonoro”. Una delle più apprezzate tra queste èHamlet II: Exit Ghost per attori, elettronica dal vivo e video. Teatr Weimar organizza insieme al gruppo di musica contemporanea Ensemble Ars Nova SONAT una serie di progetti sperimentali tra musica e teatro. La musica di Olofsson è stata eseguita da ensemble e orchestre di fama - Ensemble Recherche, Symphonieorchesters des Bayerischen Rundfunks, Coro della Radio Svizzera, Klangforum Wien - ed è stata diretta da Lothar Zagrosek, Gustavo Dudamel, Mario Venzago, Franck Ollu.
Egli stesso chitarrista – ha iniziato la sua carriera in un gruppo rock progressivo, Opus Est, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, prima di iniziare a studiare composizione a Malmö – la chitarra ha assunto un ruolo centrale in molti dei suoi lavori. Un esempio è Il Liuto d’Orfeo per chitarra e nastro, con cui ha vinto il primo premio nel 1999 all’International Competition for Electro acoustic Music a Bourges. Scritto per il chitarrista Stefan Östersjö, per cui ha composto anche Corde per chitarra e orchestra: la prima parte, Fascia, ha vinto il terzo premio al Musica Viva/MBW Composition Competition di Monaco nel 2004, e per l’intero concerto il Christ Johnson Grand Prize for Composition di Stoccolma nel 2009. Nel 2010, Aether per coro e orchestra è stato eseguito a Madrid tra i finalisti del XVII Premio Reina Sofía de Composición musical.
Pasquale Corrado (Melfi - Italia, 1979)? - Tra il 2003 e il 2008 si diploma in pianoforte, musica corale e direzione di coro, composizione (sotto la guida di Alessandro Solbiati), direzione d’orchestra (sotto la guida di Daniele Agiman). Ottiene inoltre il diploma di merito con menzione particolare al Corso internazionale di alto perfezionamento in musica da film. Continua gli studi di composizione con Ivan Fedele presso l’Accademia di Santa Cecilia e frequenta il biennio di composizione al Conservatorio di Milano con Alessandro Solbiati. A Parigi, dal settembre 2010, frequenta il Cursus 1 all’IRCAM. Ha inoltre seguito masterclass con: Luís De Pablo, Stefano Gervasoni, Luca Francesconi, Hanspeter Kyburz, Tristan Murail, Beat Furrer, Fredèric Durieux, Helmut Lachenmann, Azio Corghi.
In qualità di compositore, suoi brani sono stati eseguiti nell’ambito di festival e stagioni concertistiche come:?la Biennale di Venezia 2008; Festival Koinè; Rondò Divertimento Ensemble; Unione Musicale Torino; MiTo; Festival Acanthes, Metz; Fondazione Spinola-Banna per l’Arte (Quintetto Bibiena); Viagens pelo som e pela imagem – 2010 (Lisbona); Orchestra d’Ereprijis Festival; Festival Musica Nuova (Orchestra Sinfonica Umberto Giordano). È stato selezionato per partecipare al Young Composers Meeting Forum 2009, presieduto da Louis Andriessen. Vincitore nel 2007 del Concorso di composizione per orchestra del Conservatorio di Milano, ha orchestrato le melodie tratte dall’Opera del mendicante di John Gay per la regia di Filippo Crivelli. Ha composto le musiche per il film La terribile armata di Gherard Lamprecht.
Ha diretto e arrangiato le musiche per diversi programmi televisivi RAI, collaborando con molti cantanti pop nazionali e internazionali. Nel 2007 è vincitore del premio Rotary Club per la Direzione d’orchestra. Dal gennaio 2010 è edito dalla Suvini-Zerboni Milano.
Vittorio Zago (Vigevano - Italia, 1967) - Diplomato in pianoforte nel 1989, studia composizione con F. Pigato e B. Bettinelli e si diploma al Conservatorio di Milano sotto la guida di Azio Corghi. In seguito si perfeziona al Mozarteum di Salisburgo con Mauricio Kagel. Nel 1994 vince il primo premio al 16° Concorso di composizione Castello di Belveglio (Chiù per contralto e due soprani) e il primo premio nell'edizione straordinaria del Concorso di composizione Goffredo Petrassi di Parma (Taibhsìper arpa, viola e flauto). Insieme a Paolo Ferrari, con cui ha collaborato alla scrittura di alcuni pezzi, ha vinto nel 1999 il Premio Città di Pavia (In-abstracto complexu: (l’) attività della musica) e nel 2005 il Premio Àlice Bel Colle (In-divenire ulteriore).
Le sue musiche sono eseguite presso istituzioni musicali e da orchestre di prestigio - Società del Quartetto di Milano, Teatro Regio di Parma, Maggio Musicale Fiorentino, Comunale di Modena, Orchestra Milano Classica, Orchestra Cantelli, Bachzaal di Amsterdam, Accademia Reale di Belle Arti di Madrid, Festival Pianissimo 2000 di Sofia, Time of Music Festival di Viitasaari, Kumho Art Hall di Seul, Tokyo Opera – e sono state incise dalla casa discografica svizzera Audio Production. Nel 2004 ha pubblicato Le giornate di un compositore (Ed. "O barra O"), in cui l'autore si concentra sul rapporto tra l'essenza del discorso musicale e l'esistenza da cui scaturisce.
Insegna composizione al Conservatorio di musica G. Puccini di La Spezia. È laureato in giurisprudenza all’Università Cattolica di Milano. Le sue musiche sono pubblicate dalle case editrici Ricordi (Milano), Rugginenti (Milano) e Bèrben (Ancona).