martedì 30 novembre 2010

Bruno Romani / Stefano Giust

Setola di Maiale: intervista con Stefano Giust, prima parte


Setola di Maiale esiste dal 1993, come è iniziato questo progetto, come avete scelto questo nome particolare e come siete riusciti a portarlo avanti nonostante tutte le difficoltà che immagino avrete incontrato in questi anni?

Il maiale... è un animale mal visto, solitamente la gente sorride vedendolo e gli sta alla larga. Come per gran parte della musica moderna. Ma è anche un animale con la cui setola si dipingeva l'arte; non solo, anche il primo fonoautografo (una specie di precursore del grammofono) funzionava grazie ad essa. Guardando un maiale negli occhi si capisce che non è solo un ammasso di carne da cucinare e mangiare.
Inizialmente Setola di Maiale produceva cassette, poi sono arrivati i cdr, e per qualcuno, ancora oggi, questo è un formato da guardare male e persino a cui sorridere. Fin dal suo inizio, Setola di Maiale è nata per pubblicare in maniera del tutto autonoma lavori di artisti poco ortodossi e per nulla commerciali che, per mancanza di opportunità discografiche o per limitate disponibilità economiche, difficilmente avrebbero dato alla luce un disco. Sto parlando di registrazioni che sarebbero andate perdute e che invece oggi esistono ufficialmente. Io stesso e alcuni musicisti di quegli anni vedevamo (e continuiamo a vedere) il catalogo setolare come una grande opportunità per pensare e registrare tutta la musica che ci passava (e ci passa) per la mente perchè poi eravamo certi (e siamo certi) di pubblicarla. Nel '93 le etichette di queste musiche non erano tante, così come oggi del resto. Poi negli anni molti musicisti si sono aggiunti, molti lavori sono nati appositamente per il catalogo che nel frattempo si è arricchito di circa 200 titoli, oltre ai video. Se avessimo prodotto dei cd invece di cassette prima e cdr poi, non so quanti dischi ci sarebbero oggi in catalogo, anzi, credo che Setola di Maiale neppure esisterebbe più: i dischi di queste musiche non si vendono molto, diciamolo tranquillamente.
Quanto alle difficoltà di portare avanti questo progetto, basta essere ostinati e persistere, qualche volta (spesso) alzando le spalle!


Voi avete scelto di occuparvi di improvvisazione, a qualunque livello sia che si tratti di free jazz, musica elettronica, jazz contemporaneo, musica sperimentale. Come mai questa scelta particolare?


Sì, l'ambito di interesse principale è la musica di improvvisazione, sia essa libera o guidata, elettronica, elettrica o acustica. Non solo però, è tutta la musica creativa e di difficile catalogazione che mi interessa. Il perchè di questa scelta è perchè io stesso come musicista mi muovo in più direzioni sperimentali e quindi Setola di Maiale non può che riflette questi orizzonti.


I vostri lavori vengono sempre realizzati in edizioni limitate con supporto cdr, molto curati e professionali e con l’etichetta Creative Commons, come la scelta di questa licenza particolare e che possibilità date ai musicisti che collaborano con voi con questa licenza?


Stiamo parlando di musiche difficili, che non trovano molti appoggi nella stampa e di conseguenza nel mercato, quindi l'idea era - ed è - di dare un taglio ai supporti costosi e alle alte tirature e di lavorare con soluzioni flessibili. Recentemente un amico mi ha fatto leggere un articolo in cui un giornalista, presentando una etichetta discografica, dichiarava che realizzano "cd veri". Caspita! E quali sarebbero i "cd falsi"? Non è data risposta, ma è chiaro che ci si riferisce ai cdr. Quindi ne dobbiamo forse dedurre che i cd contengono "musica vera" mentre i cdr contengono "musica falsa"? …Ma andiamo! I cdr possono esser fatti talmente bene che la differenza con un cd è esteticamente inesistente ed idem in termini di suono. Queste storie sul cdr sono le stesse balle di quando i giornalisti, con dati secientifici alla mano, ripetevano a pappagallo quello che erano le nuove direttive adottate dalle multinazionali, e cioè che il cd era migliore del vinile. Mi semebra evidente che si tutela qualcuno a scapito di altri, ed ecco il clientelarismo subdolo. Ho qui realizzazioni setolari in cdr dei primi lavori usciti con questo supporto (era il 1997) e funzionano tutt'oggi benissimo. Come si fa a discriminare la musica in relazione al supporto che viene utilizzato? È un atteggiamento infantile, ma soprattutto di parte. Credo che non tutti siano coscienti di questi interessi occulti. La cosa poi tragica e divertente è che questa gente poi ascolta la musica caricandola come mp3 sull'iPod! Riguardo ai dischi setolari sì, escono in edizione limitata, da 50 a 400 copie ed anche oltre, ma in catalogo rimangono vita natural durante, o almeno questo vorrei accadesse, non sempre però riesco ad avere disponibili tutti i titoli; alcuni dei più vecchi sono sold out perchè i masters sono andati perduti (maledetti DAT!).
Per quanto riguarda CC, è una piccola e sana alternativa alla SIAE e assolve il compito di tutelare la paternità artistica del lavoro, il non utilizzo a fini commerciali da parte di terzi e l'obbligo di citare l'autore da parte di chi volesse utilizzare - per fini culturali - la musica in questione. CC è utilizzata soprattutto per il materiale del Web, per questa ragione ciascun disco setolare ha almeno un brano caricato in Internet: questo ne permetterebbe così l'uso, di riflesso, anche sul supporto materiale dell'opera.

continua domani

lunedì 29 novembre 2010

Stefano Giust: biografia


Il mio lavoro come musicista è focalizzato, da quasi trent'anni, sull'ampio spettro della musica sperimentale e si sviluppa in direzioni diverse, nelle quali l'improvvisazione e l'alea ricoprono un ruolo centrale. Considero l'improvvisazione contemporanea un processo aperto e compatibile con ogni idioma e situazione musicale. Indago questi aspetti nelle loro varianti, in campo acustico, elettrico, elettronico, audio/video. Collaboro con musicisti, compositori, registi, danzatori, attori, poeti, artisti visivi. Bio:Stefano Giust è un musicista improvvisatore, batterista, compositore di musica elettronica/acusmatica, performer e produttore.Nato a Unterseen, in Svizzera, nel '68; vive a Pordenone. Da autodidatta poco ortodosso, a 14 anni inizia a registrare la sua musica con il progetto sperimentale Opera, lavori pubblicati in quegli anni da OEC.Ad oggi ha pubblicato circa 80 albums a suo nome e come co-leader, negli ambiti della musica d'improvvisazione e della musica elettronica.Come batterista ha suonato tra gli altri con Dominik Gawara, Gianni Gebbia, Mick Beck, Vincenzo Vasi, Steve Beresford, Luc Ex, Edoardo Marraffa, Tristan Honsinger, Tobias Delius, Gianni Mimmo, Clayton Thomas, Mario Rechtern, Roy Paci, Wolfgang Reisinger, Carlo Actis Dato, Sakis Papadimitriou, Roberto Bellatalla, Xabier Iriondo, Chris Heenan, Patrizia Oliva, Edoardo Ricci, Giorgia Sylleou, Luca Miti, Eugenio Sanna, Andrej Bako, Daniele Pagliero, Mat Pogo, Renato Ciunfrini, MaryClare Brzytwa, Luigi Lullo Mosso, Vincenzo Ramaglia, Gareth Mitchell, Massimo Ceccarelli, Bob Marsh, Massimo Falascone, Karen O'Brien, Gianni Lenoci, Chris Iemulo, Jonas Kocher, IoIoI, Marcello Magliocchi, Roberto Ottaviano, Bart Maris, Nicola Guazzaloca, Domenico Caliri, Jonny Drury, Vittorino Curci, Andy Diagram, Giorgio Pacorig, Jacopo Andreini, Hannes Krebs, Tiziana Lo Conte, Bruno Romani, Guy Strale, Stefano Bartolini, Fred Casadei, Martin Wichtel, Valeria Merlini aka JD Zazie, Marino José Malagnino, Kanoko Nishi, Francesco Guerri, Marco Tabellini, Kilian Schrader, Ivan Pilat, João Filipe, Luca Cartolari, Alessandro Cartolari, Andrea Biondello, André Coelho, Fabio Sfregola, Stefan Krist, Sergio Fedele, Vito Maria Laforgia, Giuseppe Mariani, Jeppa K Hall, Claudio Comandini, Luciano Caruso, il poeta Federico Tavan, Eric Arn, Michele Brieda, Shawn Clocchiatti-Oakey, Cristiano Luciani, Marco Maurizi, Enrico Malatesta, Michel Le Maigne, Giorgio Simbola, Daniele Giannotta, Emmanuel Louis, Filippo Giuffrè, Dario Fariello, Antonio D'Intino, Frantz Loriot, Andrea Laino, Tuia Cherici, Maurizio Suppo, Norontako Bagus Kentus, Alessandro Boscolo, Victor L. P. Young, Federico De Pizzol, Marco Crestani, Claudia Cancellotti, Paolo Capovilla, Igor Alban Chevalier, Teho Teardo, Fulvia De Colle, Marco Carcasi, Pat Riské, Lorenzo Commisso, Paul Snowdon, Walter Belloni, Patrizio Pica aka Ben Presto, Bartolomeo Sailer aka Wang Inc., Luca Vortex, Sergio Cacherano Staropoli, Mike Goyvaerts, Margarida Guia, Marco Loprieno, Nicole Legros, Pierpaolo Caputo, Davide 'Did' Lorenzon, Alessandro Fiorin Damiani, Alberto Collodel, Jean-Michel Van Schouwburg, Lorenzo Gabriele, Francesco Rosati, Andrea Gulli, Paolo Pascolo, Manfred Riolsperger, Lucio Corenzi, Gianluca Varone, Errico De Fabritiis, Stefano Cogolo, Deborah Walker, Silvia Tarozzi, John Cuny, Massimo Miola, Rinus Van Alebeek, Mikaele Pellegrino, Marco Eneidi, Herbert Lacina, Stefano Ferrian, Luca Pissavini, Alexandre Soares, Gustavo Costa, Henrique Fernandes, Beppe Scardino, Hervé Boghossian, Jeff Gburek, Edi Leo, Pino Montecalvo, Silvia Kastel, Ninni Morgia, Noel Taylor, Diego Cofone aka Dicofone, Andrea Reali, Keiko Higuchi, Paed Conca.Insieme ad altri musicisti ha dato vita ai progetti Camusi, Crash Trio, Papiers Collés, Ipersensity, Carver, Aghe Clope, NOTG, L'Amorth Duo, Gbur, Gebbia/Giust/Iriondo Trio, Ògun, Black Taper Taiga, Suonimmagine, Kongrosian Trio, Squame, Skinstrings, Babelis Project, Setoladimaiale Unit, Nudocrudo, Margine, Orbitale Trio, Le Bambine, Redglass Hearts, Opera; collaborazioni e concerti con Rediffusion (UK), Roy Paci's Furious Alchemy Collective, DIN-Collective (UK), Trio Solzenicyn, Strähne Trio (DE), Lendormin, Gravida (I/USA), Maisie, Vonneumann, Phil Minton's Feral Choir, Larsen Lombriki, Sektor 304 (PT), Vincenzo Ramaglia's Chimera, Bologna Improvisers Orchestra, Collectif Inaudible (BE), Blistrap (UK).Ha tenuto concerti in Italia, Inghilterra, Scozia, Paesi Bassi, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Svizzera, Austria, Slovenja, Belgio, Polonia.Ha suonato in festivals, tra cui l’Italian Jazz Rebels (Bologna), Pre Sonar Event (Londra), Fonomanie (diretto da Roberto Ottaviano e Marcello Magliocchi, Bari '03), Scatole Sonore (Roma '07, '08, '09), Festival Sons Libérés (Bruxelles), Note Non Note/Nuove Partiture e Improvvisazione (Biblioteca Nazionale Centrale, Roma), Retrograde In The Dromosphere Festival (Poznań‎, Polonia), Mopomoso (diretto da John Russell, Londra); rassegne d'arte contemporanea, tra cui la 48ma Biennale di Venezia ('99), la Biennale Internazionale Arte Giovane (Torino), Hic Et Nunc (Udine '02, '03, '04), AD'A-Area D'Azione (Rocca Sforzesca, Imola), Azioni Inclementi (Vicenza); gallerie d'arte come la Galleria Neon Campobase (Bologna), Villa Manin-Centro d'Arte Contemporanea (Udine '02, '05, '06), Galleria Contemporaneo (Venezia), Illuseum (Amsterdam); teatri come il Teatro Miela (Trieste '90, '04), Teatro Abeliano (Bari), Petit Théâtre Mercelis (Bruxelles), Passos Manuel (Porto); clubs come il Wendel (Berlino), The Klinker (Londra '07, '08), Celeste - Neu New York/Vienna Institute Of Improvised Music (Vienna), Vortex (Londra); centri sociali come il Rialtosantambrogio (Roma), Leoncavallo (Milano), CPA (Firenze); centri culturali come The Foundry (Londra), ZDB/Galeria Zé Dos Bois (Lisbona), La Centrale (Bordeaux), Sowieso (Berlino), Staalplaat (Berlino), Amann Studio (Vienna); Chiese come l'Abbazia di San Zeno (Pisa); Università come l’Accademia di Belle Arti di Bologna, il DAMS di Torino; audio-video festivals come il Lago Film Fest; performance presso stazioni radiofoniche come la storica Resonance 104.4FM, radio sperimentale del London Musicians' Collective (Londra '05, '09), Radio Kairos (Bologna). Ha suonato dal vivo colonne sonore per films di Marcel Duchamp, Fernand Léger, Man Ray, Stan Brakhage, Manucinema, Ciprì e Maresco, Derek Jarman e altri.Come compositore di musiche creative, acusmatiche ed elettroniche, suoi lavori sono stati utilizzati dai registi sperimentali Giovanni Andreotta e Fabrizio Personeni; per video installazioni di Gorazd Krnc, Toni Mestrovic, Alessandro Amaducci, Sammlerfamilie/Filoart, Tullio De Gennaro, Renzo Cevro-Vukovic, Lorenzo Commisso, Alan De Cecco aka Soda, Iris Ollschewski, Sguardi Sonori. Alcune sue composizioni elettroniche sono state utilizzate in un video documentario e opera teatrale eseguite al Teatro Nacional de El Salvador (San Salvador, '09). Nel 2005 il progetto audio/video Papiers Collés è segnalato al Premio Nazionale delle Arti Multimediali del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.Nel 1993 ha fondato l'etichetta radicale Setola di Maiale - musiche non convenzionali, un network/catalogo di musicisti d'avanguardia che divulga il suo lavoro così come il lavoro di molti artisti eccellenti: ad oggi ha prodotto 180 albums, coinvolto circa 300 musicisti e organizzato 3 festivals.


Setola di Maiale - musiche non convenzionali


"Quale musica può rappresentare il mondo contemporaneo? Senza dubbio dovrebbe essere una musica moderna, una musica che affonda le sue radici nella realtà quotidiana, che rende conto dei rivolgimenti sociali e del fatto che la gran massa del pubblico non sa che farsene della musica. Nello stesso tempo dovrebbe anche — come ogni verità — avere qualcosa di sensazionale, e a tal fine basterebbe che questa musica non fosse falsa, come lo è invece quella che circola ora nella vita culturale, che impone al pubblico falsi sentimenti e relazioni, e costituisce un perenne ostacolo ai rapporti fra l'uomo e il suo tempo." Fred K. Prieberg, Musica Ex Machina, Berlino, 1960.

Setola di Maiale - musiche non convenzionali è un network ed etichetta radicale che coinvolge musicisti indipendenti — per la maggior parte improvvisatori — lontani dalle regole del mercato musicale, più o meno ufficiale. Nasce nel gennaio 1993 per esigenza dei musicisti Stefano Giust e Paolo De Piaggi, che abbandonerà qualche anno più tardi. Lo scopo principale è cercare di colmare un'esigenza molto diffusa nella comunità dei musicisti sperimentali, cioè quella di dare corpo e continuità alle musiche creative prodotte eminentemente nel nostro paese, autoproducendo lavori che per mancanza di opportunità discografiche, o per limitate disponibilità economiche degli stessi artisti, andrebbero perduti. Setola di Maiale si fonda sulla partecipazione attiva e sulla creatività peculiare di ciascun musicista coinvolto: sono nati così progetti di collaborazione, contatti, festivals, le performances alla 48ma Biennale di Venezia oppure presso la storica radio inglese Resonance del London Musicians' Collective. E naturalmente ha preso forma il catalogo, che è possibile consultare ed eventualmente acquistarne i titoli che documenta la musica e le esperienze prodotte in tutti questi anni, proponendo lavori ufficiali di solisti e gruppi nell'ambito dell'improvvisazione creativa — non solo di derivazione jazzistica — e della musica contemporanea nella sua espressione più ampia. In altre parole Setola di Maiale tratta musiche di improvvisazione, free jazz, musica elettronica, jazz contemporaneo, musica sperimentale. I lavori presentati sono opere musicali realizzate in edizioni limitate con supporto cdr, molto curati e professionali. Setola di Maiale non è un'etichetta commerciale a fini di lucro e nemmeno un'associazione; è piuttosto un laboratorio/archivio di libera coagulazione che opera nella più totale libertà creativa e gestionale, il cui intento è documentare e diffondere musiche d'avanguardia. La cultura dell'autoproduzione DIY diventa inevitabilmente l'unica forma di supporto possibile, affinchè certa musica possa esistere in un mercato che evidentemente manca o è stereotipato. È anche un'alternativa ad un modo di fare musica basato sul denaro, sulla mercificazione, sulla diffusione ad ogni costo, sul distacco tra musicista e pubblico a dispetto delle quantità di copie vendute. In altre parole — e nostro malgrado — questa è ancora utopica arte underground.
Website: http://www.setoladimaiale.net

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domenica 28 novembre 2010

Di che musica sei? Programazione musicale dal 29 novembre al 4 dicembre 2010


Di che musica sei? Programazione musicale dal 29 novembre al 4 dicembre 2010


Su Radio Voce della Speranza


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Diapason: i podcast dedicati alla Chitarra Classica e Contemporanea!


E' con molto piacere che vi informo che sono disponibili sul sito di Radio Voce Della Speranza i podcast delle ultime puntate di Diapason dedicate al mondo della chitarra Classica e Contemporanea a cura di Andrea Aguzzi:


La Chitarra e il Minimalismo (andata in onda il 25/11/2010)




La Chitarra Contemporanea e i Compositori Italiani seconda parte (andata in onda il 18/11/2010)




La Chitarra Contemporanea e i Compositori Italiani prima parte (andata in onda il 11/11/2010)
- Info Trasmissione
- Podcast


La Chitarra e il Tango (andata in onda il 04/11/2010)




Buon Ascolto!

Máximo Diego Pujol - Tango de Abril, performed by Tatyana Ryzhkova

sabato 27 novembre 2010

Frammenti: Intervista con Irene Elena e Silvia Mastrogregori quinta parte


Ultima domanda, proviamo a voltare verso la musica le tre domande di J.P.Sartre verso la letteratura: Perché si fa musica? E ancora: qual è il posto di chi fa musica nella società contemporanea? In quale misura la musica può contribuire all’evoluzione di questa società?

Silvia: Credo che l'unico lato positivo di tutti gli attacchi che vengono oggi fatti alla cultura sia proprio il porsi queste domande. Si fa musica per comunicare, per oltrepassare le parole ed utilizzare un altro linguaggio per condividere emozioni. Per piacere e per rivolta. Proprio per questo chi fa musica ha delle difficoltà da superare: la sordità di chi non sa ascoltare, il fastidio di chi non vuole ascoltare, la paura di chi sa che ascoltare può voler dire mettere in discussione e suscitare critiche. E credo che il piacere, la critica e la comunicazione possano aiutare l'evoluzione della società.
Ho visto proprio oggi una risposta esaustiva a queste domande in un articolo di Martha Nussbaumm su Internazionale in cui lei critica i tagli alle università umanistiche dimostrando come non possa esistere democrazia senza la capacità critica e di pensiero che gli studi umanistici (e dell'arte in generale) sviluppano, e proprio da questo articolo prendo in prestito alcune righe per concludere la mia risposta: “Stiamo inseguendo i beni materiali che ci piacciono, e ci danno sicurezza e conforto: quelli che lo scrittore e filosofo indiano Rabindranath Tagore chiamava il nostro “rivestimento” materiale. Ma sembriamo aver dimenticato le capacità di pensiero e immaginazione che ci rendono umani, e che ci permettono di avere relazioni umanamente ricche invece di semplici legami utilitaristici. Se non siamo educati a vedere noi stessi e gli altri in questo modo, immaginando le reciproche capacità di pensiero ed emozione, la democrazia è destinata a entrare in crisi perchè si basa sul rispetto e sull'attenzione per gli altri. Questi sentimenti a loro volta si basano sulla capacità di vedere le altre persone come esseri umani e non come oggetti.”

Irene: Io faccio musica perché mi permette di essere creativa, perché mi dà piacere, perché dà qualità al tempo che passo da sola ma anche a quello che passo con gli altri. Mi permette di esplorare l’universo delle emozioni, può farmi ragionare, portarmi indietro nel tempo o nel futuro, può raccontarmi qualcosa che prima non sapevo. Perché ci interessa la cultura? Perché ci permette di andare fuori da noi, verso altre persone, altri mondi. Perché è performativa, nel senso che trasforma noi stessi e la realtà che ci circonda. Ci sono veramente infiniti motivi per cui amare la musica.
Il posto dei musicisti nella società contemporanea è uno dei peggiori. Suonare in giro ed essere giustamente retribuiti per moltissimi è un miraggio. Spesso si studia tantissimo, si fanno ore di prove, per guadagni miseri. Per molti l’insegnamento diviene scelta obbligata per arrivare a fine mese. Se sono meno fortunati finiscono a fare lavori di tutt’altro tipo, che garantiscono più stabilità. Negli anni passati quasi la totalità delle persone che lavoravano ad Ikea Bologna in realtà svolgeva professioni artistiche. Chi insegna si trova di fronte ad enormi difficoltà ad accedere ad un posto nel pubblico e spesso si rimane lo stesso precari. Nel privato si viene pagati poco, con contratti co.co.pro. (cioè senza nessuna garanzia ma con una tassazione come se fosse un lavoro stabile). Il pubblico non investe, nel libero mercato vige la legge della libera concorrenza e dei prezzi al ribasso. Per dare un’idea di quanto siamo lontani dal rispetto dei diritti delle professioni artistiche basta leggere lo statuto sociale degli artisti con cui l’Europa invitava gli Stati membri a confrontarsi: https://docs.google.com/View?id=ddb564b_4ktr6g38x
Mi fermo ma questa situazione mi fa molta rabbia, anche perché, e rispondo all’ultima delle tre domande, questa disciplina è talmente versatile e potente che possiamo trovarla declinata in milioni di situazioni differenti e da molteplici punti di vista. “La Musica” come oggetto disincarnato non esiste, ci sono sempre dei soggetti che le permettono di vivere e che le attribuiscono dei significati. Può avere una caratteristica fortemente sociale, permettendoci di comunicare delle idee e delle emozioni e di stare insieme agli altri; è una disciplina che insegna ad imparare, come fanno alcune metodologie alternative di insegnamento come ad esempio il metodo Suzuki; ci permette di esplorare la realtà con altri sensi; spesso è stata catalizzatore di energie, creando intorno a sé comunità politiche – sociali. Ma non voglio idealizzarla né darle potere salvifico: sono sempre le persone che fanno la differenza.

venerdì 26 novembre 2010

Frammenti: Intervista con Irene Elena e Silvia Mastrogregori quarta parte


Quali sono invece i vostri cinque spartiti indispensabili?

Silvia: Estudios sencillos di Brower, il preludio alla suite Compostelana di Mompou, i preludi di Villa-Lobos, la Ciaccona di Paolo Ugoletti, Canciòn del Emperador di Narvaez.

Irene: La fuga degli amanti nella valle dell’eco di Brouwer, Frammento di Carlo Carfagna, Choros 1 di villa lobos, Retrato Brasileiro di Baden Powell, il preludio della Cavatina di Tansman ma anche qualcosa di Piazzolla.

Parliamo di marketing. Quanto pensate che sia importante per un musicista moderno? Intendo dire: quanto è determinante essere dei buoni promotori di se stessi e del proprio lavoro nel mondo della musica di oggi?

Silvia: E' fondamentale, per il nostro programma radio così come per il lavoro di musicista. E' un po' il lato oscuro del fare musica, ma che piaccia o meno non credo se ne possa comunque prescindere. Bisogna sapersi conquistare l'attenzione di chi ascolta per essere davvero un musicista oggi, tener presente che il pubblico è disattento e ha bisogno di essere continuamente richiamato e stimolato, senza per questo dover abbassare le proprie prospettive.

Irene: E’ una parte del proprio lavoro indispensabile. Spesso molto complicata, perché nessuno ci insegna come si faccia. Non basta solo avere cura del proprio “prodotto” e presentarlo nel miglior modo possibile. Si tratta di costruire reti di relazioni, comunità di interessi, nelle quali far vivere il nostro lavoro. Tutto ciò comporta grande fatica e molto dispendio di tempo e di energie fatto in modo ovviamente gratuito con la speranza che serva come investimento per il proprio futuro.

Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario? Tutta questa passiva tendenza ad essere aggiornati e di possedere tonnellate di mp3 che difficilmente potranno essere ascoltati con la dovuta attenzione non comporta il rischio di trascurare la reale assimilazione di idee e di processi creativi?

Silvia: Ammetto che personalmente nel molto che ci è proposto faccio una gran fatica a non confondermi, a non distrarmi e a non perdere di vista ciò che cerco. Ma è un rischio che sono ben disposta ad affrontare visto che ne ricavo un'enorme quantità di stimoli e nuove idee facilmente fruibili e ancor più facilmente condivisibili.

Irene: Il mondo globalizzato ci impone di fare i conti con questi nuovi scenari completamente mutati. E la rete è uno strumento non secondario. Trovo fantastico poter possedere tonnellate di mp3. E’ come avere un’enorme enciclopedia musicale sempre a portata di mano, un infinito campo di possibilità. E’ sempre il mio sguardo, poi, a fare la differenza. Se sono una persona superficiale, difficilmente ascolterò con cura. L’abbondanza di mp3, quindi di informazioni musicali a nostra disposizione anche attraverso le condivisione in free download, ha rotto definitivamente il monopolio delle grandi case discografiche e anche della Siae. Che non l’hanno presa bene. Io credo che tutto ciò che pensiamo, creiamo e produciamo sia profondamente influenzato dall’ambiente in cui viviamo, da quello che è venuto prima di noi, da ciò con cui siamo entrati in contatto. Che di tutto questo diventi proprietaria la Siae mi sembra una follia, tanto assurdo quanto brevettare il genoma umano! Cambia il senso della cultura: non è fatta per essere condivisa? Ma anche per essere “remixata”? Cioè rielaborata da altri, mescolata, resa ibrida? Rimessa in circolo dopo essere stata reinventata da un punto di vista singolare? Al fondo della questione c’è anche un ricatto economico, nel momento in cui dobbiamo vivere del mestiere di musicisti. Penso che ci sia necessità di discutere pubblicamente di tutto questo e mi piacerebbe anche spostare radicalmente le coordinate del dibattito e chiedere che venga garantito alle professioni artistiche un reddito di base. Allora sì che non ci sarebbero più ricatti...


continua domani

giovedì 25 novembre 2010

La chitarra e il Minimalismo

QUESTO GIOVEDI ore 21.00 SU DIAPASON Radio Voce della Speranza:

La chitarra e il minimalismo



I compositori minimalisti americani sembrano avere subito in particolar modo il fascino della sei corde. Un brano fra tutti, quell’Electric Counterpoint composto da Steve Reich per Pat Metheny è diventato negli anni forse il brano più suonato in assoluto da chiunque abbia voluto cimentarsi con la nuova musica e non a caso apre e chiude questa puntata di Diapason con due versioni particolari: la prima per strumenti etnici-folk suonata da Marco Cappelli, la seconda molto più rock e decisa eseguita da Marco Pavin.
Oltre a Reich presente anche con Nagoya guitars eseguita da Emanuele Forni, incontreremo anche Terry Riley, LaMonte Young con la sua Sarabande, e Scott Johnson di cui ascolteremo Bowery Haunt, un brano per due chitarre pubblicato quest’anno nel suo recente disco Americans.
Buon ascolto
Andrea Aguzzi



Scaletta musicale della puntata:
- Electric Counterpoint di Steve Reich suonato da Marco Cappelli dal disco YUN MU
- Nagoya guitars di Steve Reich suonato da Emanuele Forni dal disco Ceci n’est pas une guitare
- Sarabande di LaMonte Young suonato da John Schneider dal disco Just west Coast
- Harp of New Albion di Terry Riley suonato da John Schneider dal disco Just Guitars
- Francesco en Paraiso da Cantos Desiertos di Terry Riley suonato da David Tanenbaum dal disco The Book of Abbeyozzud
- Barabas di Terry Riley suonato da Elena Càsoli dal disco Changes Chances
- John Somebody di Scott Johnson suonato da Scott Johnson dal disco John Somebody
- Bowery Haunt di Scott Johnson suonato da Scott Johnson dal disco Americans
- Electric Counterpoint di Steve Reich suonato da Marco Pavin dal disco Electric Dream

Frammenti: Intervista con Irene Elena e Silvia Mastrogregori terza parte



Ho la sensazione che la musica contemporanea che non rientri nel calderone “mainstream” sia “divisa” in due approcci differenti: da un lato i compositori e i musicisti che provengono dall’accademia, dall’altra musicisti che provengono da una formazione culturale completamente diversa (jazz, minimalismo, scena musicale downtown newyorkese, noise, elettronica, improvvisazione in particolare) pronta ad appropriarsi e a ricodificare qualunque linguaggio musicale, dall’improvvisazione, al jazz, alla contemporanea, al noise, alla musica per cartoni animati, e che queste due facce della medaglia ogni tanto si incontrino e che questi “scambi” comincino a diventare piacevolmente sempre più frequenti, voi come sentite questa nuova situazione?

Silvia: Quello della contaminazione tra il lato accademico e il lato più vario e meno codificato della musica credo sia un terreno fertile da cui, oggi, crescono le esperienze più interessanti e più mature per la musica contemporanea. Personalmente mi interessa moltissimo un genere di musica che non voglia per forza seguire dei percorsi, rientrare in determinati canoni, ma semplicemente creare qualcosa di bello e interessante avvalendosi di tutti quegli strumenti che la storia offre o ha offerto, a volte citando dei modelli esistenti, altre stravolgendoli completamente.

Irene: Nell’era del remix mi sento assolutamente di supportare questa modalità di ricodificazione continua. Del resto credo anche che la storia della musica classica sia piena di esempi simili, dove musiche popolari o provenienti da lontano erano un'occasione creativa straordinaria.
La creativà poi ricodifica costantemente quello che conosce già, e lo fa in modo differente per ognuno anche perché la nostra storia e l’ambiente in cui viviamo ci condiziona profondamente.

Quali sono i vostri chitarristi preferiti?

Irene e Silvia: mettiamo insieme queste due domande e le nostre risposte poichè tutto quello che passiamo in radio fa parte dei nostri dischi e chitarristi preferiti e non ce la sentiamo di fare distinzioni per un'isola deserta

Ho riscontrato una cosa nel mondo della musica classica: dopo anni di inattività e di “torpore” di recente sembra essersi rimesso in moto, alla ricerca di nuovi contatti, nuove possibilità, nuovi mezzi di divulgazione … insomma sta accadendo per la classica (e la contemporanea) quello che era successo negli anni ’60 per il jazz e negli anni ‘ 90 per la musica elettronica e la musica indipendente (RIO, post rock, post punk, etc.): la ricerca di nuovi spazi indipendenti … gli altri generi musicali su questo godono già di certi vantaggi, una scena musicale già definita, label e net label discografiche indipendenti, fan zine, blog, trasmissioni radiofoniche, locali e situazioni culturali dedicate .. pensate si possa creare qualcosa di simile anche per il mondo della chitarra classica .. magari superando certe annose questioni di antipatia e arretratezza culturale?

Silvia: Lo spero decisamente! Anche se nella musica classica mi sembra che il problema più grande sia l'idea che aver studiato e appartenere a una determinata “scuola” venga avvertito come un peso o un baluardo da proteggere piuttosto che come una base da cui partire per confrontarsi. Basta guardare i blog, i forum e i siti di chitarra: molti di questi hanno dimenticato di essere un luogo di libera circolazione dei saperi e delle idee e sono diventati un modo per esaltare un determinato maestro o deprecarne un altro. Per quanto mi riguarda, l'unico metro di giudizio che mi sento oggi di avere è il mio gusto personale: non mi è ancora capitato di avere un “motivo” per scegliere un brano da mandare in onda che fosse diverso dal voler condividere qualcosa.

Irene: Io lo spero e nel nostro piccolo penso di essere parte di quel mondo che ricerca nuove possibilità e nuovi spazi per questo strumento e per questo repertorio al di là delle linee di divisione imposte da altri. In questo sono contenta di aver trovato uno spazio nell’esperienza di Kairos, nella quale la ricerca di nuovi spazi di indipendenza è uno degli obiettivi. Per me è anche interessante chiedersi: perché fare tutto questo? Che senso ha lavorare in questa direzione? Potremmo fare una lista molto lunga, io parto da alcune idee da verificare sulle quali ragioniamo da un po’. Le professioni artistiche oggi vivono una sistuazione preoccupante di definanziamento pubblico da un lato e una situazione di forte sfruttamento quando vanno a confrontarsi con il libero mercato. Ricercare un percorso di indipendenza in tutto questo non è cosa da poco. E’ possibile oggi fare scelte artistico-culturali slegate dalla pura necessità economica in un momento storico come l’attuale? Per me provare a costruire qualcosa in questa direzione significa più diritti per tutti, più libertà, anche dagli schemi precostituiti, significa possibilità di ricercare e sperimentare secondo le proprie necessità o desideri.
Molti dei generi musicali che citi non hanno un passato di forte accademizzazione come la musica classica. Spesso hanno vissuto “ai margini” dei percorsi “ufficiali”, alcuni hanno fatto dell’antiaccademia la propria base costitutiva, molti hanno anche usato altri codici per il passaggio delle conoscenze: l’imitazione e l’ascolto al posto della lettura della partitura, ad esempio. La chitarra è stata sempre uno strumento ibrido, da questo punto di vista, e lo dimostra anche la difficoltà che ha avuto ad inserirsi nel mondo dei Conservatori. E per fare questo passaggio di “normalizzazione” ha dovuto dividersi e tagliare fuori anche pezzi della propria storia. La difficoltà di muoversi con disinvoltura in certi ambienti è conseguenza anche di una storia fatta spesso di inutili rigidità ed esclusioni ma che è una strada a mio parere indispensabile.
continua domani

mercoledì 24 novembre 2010

Frammenti: Intervista con Irene Elena e Silvia Mastrogregori seconda parte



Nel libretto del cd Strong Strange Strings di Elena Càsoli leggo "Suono uno strumento che vive oggi uno dei momenti più felici della sua lunga storia. Uno strumento che ha saputo evolversi adeguando struttura e caratteristiche timbriche ai mutamenti del pensiero musicale, fino a trovare nel XX secolo una molteplicità di forme ed espressioni pari solo al periodo rinascimentale e barocco." Devo ammettere di essere rimasto molto impressionato da questa dichiarazione di intenti: spesso e volentieri ho letto di chitarristi lamentarsi della “povertà” del repertorio chitarristico, nei confronti di quello di altri strumenti come il violino e il pianoforte, questa dichiarazione riferita alla musica contemporanea ribalta completamente la situazione.. che ne pensate?

Silvia: Sono assolutamente d'accordo con ciò che dice Elena Càsoli: la contemporaneità è un periodo ricchissimo per la chitarra, pieno di aperture e contaminazioni. Ciò che nella storia della musica è stato motivo di discriminazione dello strumento (la sua presunta “non nobiltà”, il fatto di non far parte dell'orchestra, la quasi completa assenza dal repertorio della classicità musicale...) è oggi fonte d'interesse, sia da parte dei compositori che degli interpreti. La sua varietà di suoni, di timbri, di tecniche, di liuteria, la rende poi terreno adattissimo a sperimentazioni sonore, tecniche, compositive.

Irene: Anche io ero rimasta molto colpita leggendo il libretto di questo cd. In generale sono affascinata dalla personalità artistica di Elena Casoli e mi ha fatto veramente piacere poterla intervistare per la nostra trasmissione. La chitarra è un prisma ed è sempre stato uno strumento a cavallo tra il “colto” e il “popolare”. Questa sua natura così versatile le ha permesso oggi di essere all’altezza del tempo presente e anche protagonista nelle nuove tecnologie. Questo non è un fatto astratto, ma vive grazie a persone in carne ed ossa che portano avanti quest’idea di chitarra e che sono disposte a mettersi in gioco sperimentando e ricercando.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Personalmente ritengo che questa affermazione sia sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea e mi sembra che le proposte musicali che voi fate nel vostro programma sottolineino bene questa nuova situazione dobve sempre più compositori, anche non chitarristi, scrivono per la sei corde….

Silvia: Tantissimi compositori per chitarra oggi non sono chitarristi. Un po' credo sia dovuto alla caduta dei pregiudizi con cui il nostro strumento ha fatto i conti per secoli, e che tenevano lontani tutti coloro che non conoscevano a fondo le potenzialità delle sei corde. In parte però penso che il merito vada al fatto che il suono della chitarra si adatti perfettamente ai sentimenti contemporanei, al bisogno di intimismo, al gusto per le piccole sfumature, per le sonorità più popolari o più lontane dalla nostra cultura.

Irene: Non credo che sia indispensabile essere chitarristi. Sicuramente ogni compositore si confronta con lo strumento per cui decide di scrivere ma vale per tutti, non solo per il nostro strumento. Possedere una tecnica chitarristica è un elemento che certamente incide su una composizione ma non è escludente rispetto al desiderio di scrivere. Qualche mese fa mi è stato chiesto di partecipare ad un progetto musicale trascrivendo per chitarra classica alcuni brani pensati per musica elettronica e voce. Da qui è nato un gruppo, gli “Oh!The Lady Stone” (
http://www.myspace.com/ohtheladystone) dove chitarra classica e musica elettronica convivono senza problemi. I live per ora hanno carattere acustico ma coltivano l’aspetto ibrido di questo progetto. Penso che ci sia un interesse crescente verso questo strumento anche da un punto di vista non strettamente accademico e lo penso anche quando vedo tanti liutai produrre chitarre classiche amplificate di ottimo livello. Questo ci permette di poter conservare le peculiarità di questo strumento che spesso si perdono ricorrendo ad amplificazioni con una ripresa microfonica esterna.

continua domani

martedì 23 novembre 2010

Frammenti: Intervista con Irene Elena e Silvia Mastrogregori prima parte


Care Irene Elena e Silvia Mastrogregori come è nata la vostra passione per la chitarra classica e qual’è il vostro background musicale?

Silvia.: Ho iniziato a suonare la chitarra classica da bambina, prima per gioco e poi per piacere, ma lo studio più impegnato è stato una scelta di pochi anni fa, intorno ai vent'anni. E' stato in quel periodo che ho deciso di preparare l'esame di ammissione al Conservatorio di Bologna, dove sono attualmente iscritta, all'ottavo anno.

Irene: La mia passione per la chitarra è nata in casa. Mia madre la suonava da autodidatta, cantava diverse canzoni accompagnandosi ma sapeva anche fare la famosa “Giochi proibiti”. Questo pezzo mi affascinò molto da bambina e lo imparai per imitazione. Anche mio padre “strimpellava” e in generale si ascoltava molta musica di generi diversi. Il nonno era un ottimo violinista. Così ho cominciato ad amare la musica e verso i 10 anni ho cominciato a prendere lezioni privatamente. Agli studi in Conservatorio ho sempre affiancato la passione per la chitarra e il basso elettrici, per la musica elettronica e per moltissimi altri generi musicali.

Come è nata l’idea di un programma radio specifico per la chitarra classica e come mai il titolo di Frammenti?

Silvia: L'idea del programma sulla chitarra è stata di Irene, che già lavorava in radio. Il nome Frammenti è un po' un modo per dichiarare la nostra volontà di non tracciare un quadro preciso, esaustivo, ma presentare una realtà musicale varia, frammentaria - appunto -, senza una coerenza da rispettare che non sia il nostro gusto o la nostra curiosità.

Irene: Ho cominciato ad appassionarmi al mezzo radiofonico alcuni anni fa proprio a Radio Kairos e mi girava sempre in testa quest’idea di fare una trasmissione dedicata alla chitarra ma mi mancava una complice. Avevo voglia di mettere insieme “le diverse chitarre” che amo e tenere insieme più generi partendo dalla chitarra classica attraverso uno sguardo particolare, quello mio e di Silvia in questo caso. E così prendiamo questi infiniti “frammenti” nati dalla nostra curiosità e li usiamo per stabile infinite connessioni con altri.
Questa visione aperta sul mondo chitarristico-musicale ci ha permesso di fare molte cose che riprenderemo tutte anche in questa stagione: live in studio, interviste con chitarristi e compositori, ascolto di registrazioni antiche, presentazione di eventi che ci interessano e molto altro ancora. “Prove tecniche per un programma sulla chitarra” è il sottotitolo che ci siamo date, per sottolineare che siamo alle prime armi, facciamo delle prove, vediamo se funziona. Sperimentiamo e mettiamo a verifica delle ipotesi. Per ora ci stiamo divertendo molto.

Come vi trovate all’interno di Radio Kairos? Che tipo di radio è? Navigando del sito internet ho notato il forte interesse per tematiche sociale e per la musica indipendente, mi è sembrato quasi di tornare indietro alla scena musicale bolognese degli anni ’90 .. creativa.. vulcanica..

Silvia: Radio Kairos è stata per me una bellissima scoperta. Mi era capitato spesso di ascoltarla, ma passare dall'altra parte, dalla parte di chi crea i programmi, è stata ed è un'esperienza bellissima e stimolante. La radio è completamente autogestita, motivo per cui ti senti subito coinvolta e responsabile, desiderosa di curare una cosa che percepisci immediatamente come tua.

Irene: Radio Kairos è un grande esperimento collettivo di indipendenza. La storia delle radio a Bologna è ricca e di tutto rispetto e credo che questa esperienza, nel suo piccolo, tenti di inserirsi in maniera intelligente dentro il tessuto bolognese, che resta ricco di esperienze artistiche, politiche e culturali che troppo spesso non vengo adeguatamente valorizzate dalle varie amministrazioni locali. Ultimamente è nata una campagna (
www.siamolacultura.org) che mette insieme tantissime esperienze a livello locale proprio per dire questo: vogliamo più soldi per fare cultura, vogliamo valorizzare le tante e piccole esperienze che rendono ricca questa città. Ecco, per me Kairos è una di queste esperienze, fortemente caratterizzata dall’elemento culturale e politico-sociale, attraverso l’autogestione e la sfida ad essere indipendente nei contenuti. Oltre alla propria trasmissione c’è anche una dimensione collettiva di confronto che permette di fare piccoli progetti insieme, trasversali, imprevedibili. E così grazie al nostro “frammento” di trasmissione abbiamo la possibilità di reinventarci in altro, in un progetto più ambizioso, quello di una radio libera ed indipendente nel 2010.
L’anno scorso ad esempio ci siamo cimentati in un’impresa di video-inchiesta partecipando alla campagna “Yes we cash”, che chiede il reddito minimo garantito per i precari dell’Emilia-Romagna. Il video si intitola “Diversamente precari” (http://vimeo.com/14739629) e mi ha permesso anche di ragionare molto sull’assenza di diritti e tutele per i musicisti oggi. Quest’anno invece stiamo preparando un ciclo di trasmissioni per ragionare su donne, corpi e migrazioni che andrà in onda da Gennaio.

continua domani

lunedì 22 novembre 2010

Bern 25.11.10. Gitarren-Duo Elena Càsoli und Jürgen Ruck


Frammenti: Irene e Silvia


Silvia nasce nel 1986 a Roma, mentre Irene già da tre anni scorrazza per la riviera romagnola. L'infanzia della prima trascorre lenta in un paesino del viterbese, tra le colline dell'alto Lazio, mentre l'altra sguazzava nell'Adriatico.
Più o meno negli stessi anni iniziano a prendere lezioni di chitarra, un po' per gioco e un po' per curiosità. La maggior aspirazione per entrambe, in quel perdiodo, è imparare a suonare “Giochi proibiti”. L'adolescenza entusiasma e confonde, e Silvia si improvvisa bassista in un gruppo rock mentre Irene preferisce la chitarra elettrica e il punk.
Poi arriva Bologna e il Conservatorio e finalmente le due si conoscono, ma passano due anni prima che inizino veramente a frequentarsi. Nel frattempo Silvia si laurea in Lettere e Irene va a studiare il Flamenco in Andalusia. L'occasione per conoscersi meglio arriva il 3 ottobre 2009, quando, in occasione della Giornata del Contemporaneo, suonano in duo con un programma di musica del Novecento. Inizia così un sodalizio che approda, nel marzo 2010, in “Frammenti”, programma radiofonico che non vuole più scrollarsi di dosso lo statuto di “prove tecniche”.

domenica 21 novembre 2010

Di che musica sei? Programazione musicale dal 22 al 27 novembre



La programmazione musicale Di che musica sei dal 22 al 27 novembre


Settimana molto chitarristica! Da non perdere!

Download la programmazione


Diapason: La chitarra e il minimalismo

I compositori minimalisti americani sembrano avere subito in particolar modo il fascino della sei corde. Un brano fra tutti, quell’Electric Counterpoint composto da Steve Reich per Pat Metheny è diventato negli anni forse il brano più suonato in assoluto da chiunque abbia voluto cimentarsi con la nuova musica e non a caso apre e chiude questa puntata di Diapason con due versioni particolari: la prima per strumenti etnici-folk suonata da Marco Cappelli, la seconda molto più rock e decisa eseguita da Marco Pavin.

Oltre a Reich presente anche con Nagoya guitars eseguita da Emanuele Forni, incontreremo anche Terry Riley, LaMonte Young con la sua Sarabande, e Scott Johnson di cui ascolteremo Bowery Haunt, un brano per due chitarre pubblicato quest’anno nel suo recente disco Americans.

Buon ascolto

Andrea Aguzzi

Scaletta musicale della puntata:

1) Electric Counterpoint di Steve Reich suonato da Marco Cappelli dal disco YUN MU
2) Nagoya guitars di Steve Reich suonato da Emanuele Forni dal disco Ceci n’est pas une guitare
3) Sarabande di LaMonte Young suonato da John Schneider dal disco Just west Coast
4) Harp of New Albion di Terry Riley suonato da John Schneider dal disco Just Guitars
5) Francesco en Paraiso da Cantos Desiertos di Terry Riley suonato da David Tanenbaum dal disco The Book of Abbeyozzud
6) Barabas di Terry Riley suonato da Elena Càsoli dal disco Changes Chances
7) John Somebody di Scott Johnson suonato da Scott Johnson dal disco John Somebody
8) Bowery Haunt di Scott Johnson suonato da Scott Johnson dal disco Americans
9) Electric Counterpoint di Steve Reich suonato da Marco Pavin dal disco Electric Dream

FramEnsemble-Francesco Pavan-Cinque interludi

venerdì 19 novembre 2010

Novecento e presente Concerto domenica 21 novembre


Torture Gardern dopo vent'anni, terza parte di Empedocle70



Una vera band di talenti puri, un mix di personalità, generi, talenti ed estremismi capeggiati da uno Zorn più incazzato che mai hanno prodotto un disco con quarantadue (42!) velocissime tracce taglienti e affilate come la lama di una satana, un assalto sonoro feroce e brutale dal quale non è semplice capire che diavolo sta succedendo. un disumano affresco sonoro di devastanti e nude alterazioni. Quarantadue pezzi impossibili da descrivere accuratamente, vi bastino solo alcuni titoli: Thrash Jazz Assassin, Blood Duster, Shangkuan Ling-Feng, Perfume of a Critic's Burning, Blunt Instrument, Sack of Shit, New Jersey Scum Swamp, Cairo Chop Shop, Victims of Torture e Fuck the Facts. Una compressione sonora ai limiti della tolleranza: eccovi i Naked City di "Torture Garden".

La tua musica sembra andare di pari passo con un complesso background culturale. Già in "Locus Solus" c'è un riferimento al surrealismo. Il riferimento a Roussel è un “modello stilistico” o solo espressione di gusti personali?

“Per me la musica che faccio, la musica di ogni compositore, deve essere musica vivente , musica che esprime ciò che io ho imparato, ciò a cui sto pensando e come mi sento e a causa di questo io compio una ricerca continua ascoltando, leggendo, guardando film, tentando di fare esperienza delle cose nuove, viste da angoli differenti. Nelle mie ricerche cresco come persona, e ciò diviene vero nei differenti progetti musicali, e questo perché mi sono interessato da quando avevo quindici anni a certe correnti artistiche, soprattutto Dada e surrealismo, venendo a conoscenza di Roussel, amando la sua opera e sentendo che forse c'è lo stesso tipo di connessione tra il lavoro con la forma improvvisativa nel rock e qualcosa delle strutture stilistiche con cui lavorava Roussel. Anche se forse questo non era così evidente in quel momento. Ma io devo seguire comunque il mio istinto; molto spesso sento che questa è la direzione giusta... e vado per quella via...Solo successivamente, verifico le mie intuizioni e posso dire: sì, aveva un senso, era giusto o meno.”

Di lì a breve Zorn si trasferirà in Giappone dove aprirà una propria label discografica di culto, la Avant, e getterà le basi per l’altra sua opera importante: la Tzadik.

E a proposito di Giappone, il tuo interesse per questo paese è ancora molto forte, dalle collaborazioni sempre più frequenti con musicisti giapponesi ai rapporti con alcuni grafici e, più in generale, con la cultura di quel paese.

"E' molto semplice anche se l'argomento richiederebbe ore e ore. Cercherò di essere il più conciso possibile. Posso dirti che, parlando un po' superficialmente, il Giappone è un luogo particolarmente vivo, la cultura è in rapida evoluzione e ha questa grande capacità di assimilare elementi diversissimi da tante altre culture, sintetizzandoli. La gente è curiosa riguardo a qualsiasi tipo di musica e i musicisti sono eccezionali: è uno strano miscuglio di cui ho bisogno e che influenza la mia musica. Riescono a prendere tutto, se necessario, da qualsiasi parte, tutto ciò che possa servir loro o interessarli in qualche modo e, a modo loro, ricreano nuovamente. E' questo il punto di contatto tra quello che attualmente faccio e il Giappone: l'informazione. Vado in quel paese e posso avere qualsiasi tipo di informazione da qualsiasi parte. Ti faccio un esempio: l'importazione di CD da tutto il mondo, cose che non ho mai visto neppure in America. E' straordinario!”
A distanza di vent’anni questo disco continua a dividere e stupire.

Empedocle70

giovedì 18 novembre 2010

Diapason: La chitarra contemporanea e i compositori italiani seconda puntata questa sera su Radio Voce della Speranza


Siamo al terzo appuntamento dedicato alla chitarra contemporanea qui su Diapason e continua la nostra indagine nel mondo dei compositori italiani che hanno scritto musiche per la sei corde. Dopo la prima puntata principalmente incentrata sulla figura di Goffredo Petrassi, ci occupiamo di altri tre compositori: il fiorentino Sylvano Bussotti che apre e chiude il programma con due diverse versioni della sua Ultima Rara, sono due versioni eccezionali dato che se la prima eseguita dal Trio Chitarristico di Roma vede la presenza come voce narrante di Paolo Poli, la seconda viene eseguita dallo stesso compositore!
Largo spazio alla “gens veneta” con la presenza del veneziano Bruno Maderna e del veronese Franco Donatoni, le loro musiche sono interpretate da Elena Càsoli, Davide Ficco, Stefano Cardi.


Buon ascolto!
Andrea Aguzzi


Ascolteremo i seguenti brani:


- Ultima Rara (pop song) di Sylvano Bussotti suonato dal Trio Chitarristico di Roma (Fabio Renato d’Ettorre, Arturo Tallini, Fernando Lepri) dal cd “Rara” musica del 900
- Y Despues di Bruno Maderna suonato da Elena Càsoli dal cd Maderna – Liriche – Y despues – Concerti
- Serenata per un satellite di Bruno Maderna suonata da Davide Ficco dal cd Autori Italiani Contemporanei
- Algo for guitar di Franco Donatoni suonato da Stefano Cardi dal cd Franco Donatoni Chamber Music
- Algo IV di Franco Donatoni suonato da Stefano Cardi e dal Freon Ensemble dal cd Franco Donatoni Chamber Music
- Al di Franco Donatoni suonato da Stefano Cardi e dal Freon Ensemble dal cd Franco Donatoni Chamber Music
Ultima Rara (pop song) di Sylvano Bussotti suonato da Elena Càsoli dal Cd Dvd Duets

Torture Gardern dopo vent'anni, seconda parte di Empedocle70



E arriviamo a Torture Garden. La musica e la copertina del disco, che riporta immagini tratti da un film sado-maso, sono causa del divorzio tra Zorn e la Nonesuch Records. Il disco viene prodotto dalla tranquilla casa discografica indipendente svizzera HotHat e segna l’inizio del rifiuto ostinato di Zorn verso qualunque contatto con i giornalisti e i critici musicali: i violenti riferimenti alla scena hard core e metal dividono la critica e il pubblico. Torture Garden diventa subito un disco che si adora o che si odia. No compromise.

“Con tutto il rispetto, i critici non hanno capito niente, assolutamente niente di ciò che succede sul palcoscenico, soprattutto con l'hardcore. E' sempre comunque un problema di musicisti. Ce ne sono alcuni che suonano i soliti cliché perché, ad esempio, vogliono essere considerati musicisti jazz, e questo già può sembrare una cosa giusta... oltretutto da questa posizione potranno ricavare status, soldi, fama. Ce ne sono altri, hardcore, che suonano anche in bands minori, che sono sul palcoscenico perché amano la musica, e sono eccezionali, gente veramente aperta con cui ho suonato spesso e che ho scelto perché amo quello che fanno, quello che riescono a dare e in loro vedo ugualmente la possibilità di aprire la musica, renderla una forma ancora vivente.”

Torture garden: aggressività strampalata di una generazione di estrema estrazione, swing nevrotico che si espandeva su brani di 30-40 secondi, uno schizzatissimo grind alla Scum\ From Enslavement To Obliteration, dei primissimi e primitivi Napalm Death di Lee Dorrian\Mick Harris, un mood isterico che percorreva un tratto di assoluto non-controllo sonoro. Destabilizzazione sonora e mentale?
Col cavolo! Zorn e soci sapevano (e sanno) benissimo cosa facevano (e fanno). Ho letto numerose critiche e recensioni che parlavano (in positivo e negativo) di improvvisazione libera. Nulla di tutto questo. Nessuna improvvisazione: tutto in questo disco è stato preparato, composto e scritto con un tratto compositivo che presenta una sua ben definita caratteristica qualitativa jazz\fusion\swing aperto su un delirante e strettissimo grind\core, devastato dalla disumana voce (o kyai) di Yamatsuka Eye, vero pioniere del grind.

E' comunque in “Torture Garden” che si accelera al massimo il processo di frammentazione: c'è anche un riferimento preciso nei titoli e nelle immagini allo splatter..

“Sì, ci sono delle splatter band che mi interessano molto. Così, di nuovo, io metto insieme le cose nel mio particolare modo, che talvolta funziona, altre no, per creare un mondo che io penso non esista prima. In “Torture Garden” il mio lavoro fu di connettere insieme cose differenti da mondi diversi: elementi dell'hardcore, della mia vita in Giappone, del mio amore per il cinema. Tutti questi elementi informano di sé la creazione di quell'album: nessuna cosa specifica e molte cose in una miscela che era di grande frammentazione, di cambiamenti improvvisi che mi hanno interessato da sempre. Fin da quando ho cominciato a lavorare sull'improvvisazione, a suonare e lavorare con gli altri musicisti, ho cercato di creare situazioni in cui i cambiamenti repentini fossero possibili.”
Di fatto è presente in molti tuoi lavori la volontà precisa, quasi un ansia di incorporare tutti gli elementi e generi disponibili come in una sorta di “microchip”...

“Non è semplice rispondere. In questo momento, quando penso a questo argomento credo che in una realtà tecnologica come l'attuale, in cui siamo esposti a migliaia di segnali, e in cui l'informazione è sempre più veloce, sia da un lato necessario stare al passo con queste cose: è un modo di vivere e di pensare con cui fare i conti. D'altro canto, ora come ora, penso che niente sia cambiato in migliaia di anni nella società umana. E' sempre lo stesso. Nessuno in realtà, ha imparato niente, continuiamo a fare gli stessi errori nonostante tutto. Le cose intorno sono cambiate, ma la gente è sempre esattamente la stessa nonostante le informazioni. Siamo circondati da una giungla tecnologica in cui per sopravvivere è necessario cambiare continuamente... forse è giusto... ma non ne sono così certo...”

mercoledì 17 novembre 2010

Intervista con Simone Massaron su Proiezione

Nuova intervista con Simone Massaron su Proiezione. Questa volta approfondiremo gli aspetti cinematografici del suo fare musica.




Torture Gardern dopo vent'anni, prima parte di Empedocle70


Qualche giorno fa ho ripreso in mano e fatto girare sul piatto Torture Garden dei Naked City. Con un certo stupore mi sono reso conto che sono ormai passati più di 20 anni dalla sua data di pubblicazione e che, nonostante ne sia passata di acqua sotto ai ponti e Zorn ormai abbia superato allegramente la cinquantina, mantiene inalterate le sue caratteristiche di disco scomodo, intransigente, interessante e innovativo.
Forse è il caso di parlarne assieme. I commenti di John Zorn sono presi da un’intervista realizzata nel 1994 da Carla Chiti e pubblicata nel bel libro “John Zorn” realizzato da Carla Chiti e Walter Rovere per Materiali Sonori nel 1998, che assieme a “John Zorn: tradition and transgression” di John Brackett, uscito nel 2008 per la Indiana University Press, rimane uno dei pochi punti di riferimento bibliografici per lo studio della materia sonora Zorniana. Ma cominciamo con ordine …

I Naked City sono stati una jazz band in attività tra fine anni '80 ed i primi anni '90, formata da John Zorn (alto sax, urla varie), Fred Frith basso), Bill Frisell (chitarra) e Joey Baron (batteria) con l’aggiunta vocale rumorista e dadaista di Yamatsuka Eye, gia’ con gli Hanatarashi (generatori di rumore alla Einsterzunde Neubaten) e Boredoms, band speed metal\free jazz del chitarrista Seiichi Yamamoto. Già subito con la loro prima uscita discografica “Naked City” per la Nonesuch Records si impongono subito con uno stile difficile da inquadrare perché racchiude assieme free-jazz, grindcore, country, swing, ambient, musiche per cartoni animati e film di serie B ed altro in un magma sonoro apparentemente caotico e casuale.
Qualche critico jazz, disgustato dalla caotica e adrenalinica poltiglia propone una riduttivo e banale inquadramento dei Naked City tra i gruppi alternative metal: nulla di più falso. I Naked City si sono sempre contraddistinti per essere riusciti a creare un loro genere musicale autonomo, una sorta di caos ordinato, tecnico e veloce, o melodico, a seconda del contesto, che è stato in grado di superare allegramente tutti questi anni diventando una pietra miliare per chi si occupa di agantgarde music.





Arriviamo all'esperienza “Naked City”, forse il tuo progetto più lucido e rigoroso all'interno del quale ti sei definito, alla maniera di Edgard Varese, 'organizzatore di suoni'. Musiche il cui fulcro è la composizione, ma che poi vengono affidate a un nucleo di improvvisatori fissi. Quasi un paradosso... l'utilizzo di un nucleo fisso può essere rischioso...

No, non è stato mai un problema. La musica che ho scritto per “Naked City” è il tipo di musica che migliora sempre di più quanto più si suona. Volevo migliorare la qualità delle mie prove dal vivo e utilizzare gli stessi musicisti serviva proprio a questo. Il progetto Naked City (che rispetto a quelli totalmente improvvisati, si fonda sulla composizione) è stato quello di verificare quanti tipi di musica si possono fare con lo stesso ensemble, scrivere cose diversissime per lo stesso gruppo.Con Naked City il problema era che avevo questi cinque musicisti da cui partire, a cui dovevo far riferimento, a loro soltanto, tutte le volte, improvvisatori eccezionali sempre alla ricerca di nuove sonorità, di cui ho cercato di tirar fuori le incredibili risorse lavorando moltissimo, tirando moltissimo fino a che si può arrivare, davvero, in tutte le direzioni.
E infatti con “Naked City” ti sei spinto nei territori più disparati: sperimentazione e ricerca sul suono, frammentazione dei generi, fino a toccare i confini con la musica colta come in "Radio", in "Absinthe"…
Sì, con i sette album di Naked City abbiamo esplorato quello che era possibile e siamo andati molto lontano. Ma è come esser giunti al capolinea: sono arrivato a un punto oltre cui non posso andare. Ho iniziato ad ascoltare altri tipi di musica e ho visto che non aveva senso continuare a lavorare ancora con questi musicisti. Quanti anni di collaborazione sono? Sei, sette, di preciso non so... comunque sono tanti anni passati insieme. Adesso sento il bisogno di scrivere musica per altri ensemble, in altri contesti, con idee nuove. Così il progetto Naked City è terminato, come tutti i progetti: devono iniziare e terminare. Il gruppo non è sciolto, è semplicemente finito il progetto. Ho smesso di scrivere e suonare per questa band, quello che ho fatto è abbastanza; non sono il tipo di musicista cui piace viaggiare per anni facendo tournèe, ripetendo lo stesso repertorio tutte le sere. Non fa per me. Del resto penso che altri miei progetti come "Elegy" o "Kristallnacht" si esprimano in molti diversi modi, dal classico al jazz al rock e si ricolleghino per tanti versi a “Naked City”. Ma ti ripeto, Naked City per me è diventato molto conosciuto, troppo popolare per i miei gusti. Era diventato un pericolo: sentivo il pubblico che mi succhiava il sangue...
Chiedevano di fare il loro pezzo preferito. Volevano ormai sempre le stesse cose, non cercavano novità. E io non sono un musicista di quel genere, non posso vivere in quel tipo di situazioni anche se può essere apparentemente molto allettante.
Per la musica vale lo stesso discorso che ti facevo per il cinema: se è a basso costo la qualità è migliore, prevale la fantasia e la creatività. Con le majors è molto difficile fare qualcosa di creativo: è tutto basato sul business, soldi... Ecco perché sono fuggito in Giappone per fare la mia musica.

martedì 16 novembre 2010

E' disponibile il podcast dell'intervista registrata nel programma Frammenti su RadioKairos


..il podcast della sesta puntata di frammenti, dedicata ad Alchemistica.net: Opensouce Classical and Contemporary Netlabel. Intervista con Andrea Aguzzi, uno degli ideatori di questo interessantissimo progetto musicale.

Itinerari Chitarristici 2011


L’ "Associazione Jonica della Chitarra" da otto anni ope-ra per educare ai valori musicali i giovani del territorio tarantino, attraverso una scuola permanente che, avva-lendosi di docenti e professionisti qualificati, propone momenti di studio su temi specifici, saggi musicali ed esibizioni concertistiche di insegnanti e maestri a livel-lo nazionale ed internazionale. L’obiettivo di questo ed altri eventi culturali da noi organizzati è quello di offri-re a studenti, professionisti ed appassionati un confron-to e scambio di esperienze che si riveli concreta possi-bilità di crescita umana e culturale: vorremmo fornire gli strumenti per stimolare la ricerca delle proprie po-tenzialità artistico – musicali ed espressive in genere, lasciar scoprire la musica come luogo d’espressione della propria interiorità e dunque di definizione della propria identità e personalità.
Con una parte del ricavato delle iscrizioni a questa ini-ziativa contribuiremo a sostenere il progetto "RE.de.SMA" (recupero degli smarriti) portato avanti dall’Associazione "Amici di Manaus ONLUS", con sede a Taranto. Nelle grandi città brasiliane come San Paolo, Rio de Janeiro, Salvador, Manaus, ci sono bande di ragazzi/e di 10-17 anni che vivono in una situazione di assoluto degrado. Dormono sotto i ponti e la loro attivi-tà principale è quella di sniffare la colla da falegname, con cui cercano di attenuare i morsi della fame e di col-mare un vuoto assoluto di affetti, evidente nel loro sguardo pieno di odio e tristezza. Per sostentarsi, si dedicano al furto. Sono veri relitti umani, dimenticati da tutti, il cui destino è uno: una morte precoce per stenti o per mano della polizia statale. Il progetto REdeSMA si propone di aiutare i ragazzi di Manaus offrendo loro un pasto caldo giornaliero, ospitandoli in una struttura di accoglienza dove possano trovare un letto su cui dormi-re e, se possibile, riportandoli a scuola, in modo che abbiano la possibilità di costruirsi un futuro migliore.

Il Presidente
Vincenzo Zecca

MASTER CLASSES
Lorenzo Micheli, Massimo Lonardi, Lucia Pizzutel, Antonio Rugolo, Vincenzo Zecca

Gli incontri sono rivolti a chitarristi di ogni livello senza limiti di età. Le lezio-ni-studio approfondiranno gli aspetti tecnico-interpretativi dei brani musicali proposti dagli allievi e mireranno al miglioramento delle relative competenze musicali ed esecutive. Alla fine dei corsi gli allievi ritenuti idonei si esibiranno nel concerto finale.
Da martedì 4 a domenica 9 gennaio.

LABORATORIO DI MUSICA D’INSIEME
Lucia Pizzutel

L’espressione di sé in empatia artistica con gli altri, la crescita nella consape-volezza delle scelte artistico-musicali condivise, la scoperta e l’affinamento delle possibilità espressive del proprio strumento in contesto d’insieme, la conoscenza di stili musicali diversi e provenienti da realtà culturali del mon-do anche molto distanti sono le basi di un lavoro che, a seconda del contesto, va dall’esperienza formativa di base fino alla ricerca dell’eccellenza. Ogni giorno un appuntamento di approccio pratico a quest’esperienza rielaboran-do ciò che già abbiamo e costruendo insieme qualcosa di nuovo.
Da martedì 4 a domenica 9 gennaio
con concerto finale il 9 sera.

CONCERTI

Martedì 4 gennaio ore 19.30
REAL DUO - Luciano Damiani (mandolino)
e Michele Libraro (chitarra)

Sabato 8 gennaio ore 19.30
LORENZO MICHELI (tiorba e chitarra barocca)
e MASSIMO LONARDI (arciliuto)
Musiche del ’600 italiano

Domenica 9 gennaio ore 19.30
CONCERTO degli ALLIEVI
Solisti e Orchestra di chitarre
Direttore: Lucia PIZZUTEL

INGRESSO LIBERO

Recensione di Modulante del Gorni Kramer Quartet, Falcon Music, 2008


Bel disco questo del Gorni Kramer Quartet, davvero, bello e allo stesso tempo coraggioso, per eleganza, stile e leggerezza. Vi sembra poco? In un epoca in cui musica colta e musica popolare sembrano continuare a muoversi su due binari paralleli ora ignorandosi ora insultandosi a vicenda, è bello trovare un gruppo di musicisti così affiatati che suonando una musica così leggera riesce a dare dimostrazione di come essa possa anche essere colta, intelligente e musicalmente ricca di idee e contenuti.
Pochi compositori e musicisti sono stati in grado di muoversi con disinvoltura su questi due binari, senza strafare, senza peccare di superbia o sciatteria ma anzi sapendo attingere al meglio dei due fronti creando una musica allo stesso tempo popolare e colta. Vediamo … Ennio Morricone, Burt Bacharah, Carl Stalling e ancora Paolo Conte, Ivano Fossati.. Inconfondibili.
Il Gorni Kramer Quartet per questo disco attinge a un repertorio di musiche leggere, quasi da varietà, musiche che suonano immediatamente familiari al nostro orecchio perché da sempre le abbiamo ascoltate e metabolizzate attraverso la radio e i programmi televisivi, magari anche tramite a San Remo o a trasmissioni ormai storiche come Canzonissima. Nulla di strano in paesi come gli Stati Uniti dove i brani di musica pop diventano spesso e volentieri nuovi standard per i jazzisti, una piacevole novità per l’Italia dove operazioni di questo tipo non se ne contano molte e quasi sempre legate al mondo del jazz. Eccoli quindi suonare lo Shopping Valse di Thomain e il Fai Male di Martino, o destreggiarsi con il Franco Califano di “E la chiamano Estate” e di “Baciami per Domani” o i pezzi sincopati di Gorni Kramer. Il tutto sempre con eleganza, con scioltezza e allo stesso tempo con un virtuosismo che si intuisce nella fisarmonica liquida di Sebastiano Zorza, nel basso robusto e versatile di Aleksandar Paunovic, nelle spazzole energiche di Giorgio Fritsch e nella chitarra swingante di Marko Feri ma che non viene mai reso manifesto e che anzi si nasconde con galanteria nelle pieghe della musica. Una chicca su tutte? La versione di “Estate”, sempre di Martino, che vede alla voce la presenza di Martina Feri, a me è piaciuta molto di più di quella pubblicata qualche anno fa dalla bravissima Amalia Gres … impeccabile sia per l’arrangiamento che per l’interpretazione.

Empedocle70

lunedì 15 novembre 2010

IN SCENA! 2010 - rassegna di musica contemporanea


IN SCENA! 2010 - rassegna di musica contemporanea -
10^ Edizione

150 (- 100) per Norberto Bobbio
Giovedì 18 novembre 2010

Teatro Vittoria, via Gramsci 4, Torino
ORE 20.15 RINFRESCO, ORE 21 SPETTACOLO

ingresso libero e gratuito

NICCOLÒ CASTIGLIONI
TROPI

FAUSTO ROMITELLI
TRASH TV TRANCE

LUCIANO BERIO
WASSERKLAVIER - ERDENKLAVIER

FABIO VACCHI
DAI CALANCHI DI SABBIUNO

FRANCO DONATONI
ARPÈGE

Letture scelte dagli scritti di Norberto Bobbio

FIARÌ ENSEMBLE
Giancarlo Judica Cordiglia, attore
Marilena Solavagione, direttore

XV Festival Chitarristico Internazionale del Friuli Venezia Giulia


Frame a Festival Rebus, Milano


Festival Rebus
Milano, 21 novembre 2010 ore 16.30 - Teatro Dal Verme
Milan, 21 November 2010, 4.30 pm - Dal Verme Theatre

FramEnsemble

Michela Caser, flauto / flute
Chiara Parolo, clarinetto / clarinet
Anna D'Errico, pianoforte / piano

Lucia D'Errico, chitarra / guitar
Corinna Canzian, violino / violin
Martina Bertoni, violoncello / cello

Francesco Pavan, direttore / conductor

C. Saldicco, Acoustic Counterpoint
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte / for flute, clarinet, violin, cello, guitar and piano

F. Pavan, Su fili di seta
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte / for flute, clarinet, violin, cello, guitar and piano

T. Simaku, Des Pas Chromatiques
per pianoforte / for piano

E. Marocchini, Nuvole
per clarinetto / for clarinet

S. Lanza, op. 33, quintetto
per flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte / for flute, clarinet, violin, cello and piano

M. Cardi, Luna lunae...
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte / for flute, clarinet, violin, cello, guitar and piano

A. Ciccaglioni, Apòxyomenos
per flauto e chitarra / for flute and guitar

P. Kokoras, Delirium
per flauto, violoncello e pianoforte / for flute, cello and piano

R. Abate, Danze per Veronica op. 038
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte / for flute, clarinet, violin, cello, guitar and piano

per ulteriori informazioni:
for further info:
http://www.edizionisconfinarte.com/documents/news.html

domenica 14 novembre 2010