sabato 31 gennaio 2015

Masterclass con il M° Lucio Matarazzo

MASTER - CLASS(corsi di perfezionamento chitarristico)

col chitarrista 
LUCIO MATARAZZO
Bari,  14 - 15  Marzo  2015
 


Master Class :   14  e  15  Marzo  2015
Corso di perfezionamento chitarristico
per solisti, ensemble, formazioni da camera,
effettivi e/o uditori

Per Informazioni:
Associazione Culturale e Musicale De Falla - BariTel: 347.60.52.769  ;  Fax: 080.099.99.10




Blog Chitarra e Dintorni's statistics

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venerdì 30 gennaio 2015

GUITARE, il nuovo disco di Eon Guitar Quartet per l'etichetta "Stamata" Una storia di musica che compie i suoi primi dieci anni



Il quartetto di chitarre Eon Guitar Quartet, fondato nel 1999, è costituito da Giovanni Maselli, Rita Casagrande, Roberto Tascini e Mario Barbuti.
Eon è attualmente considerato uno dei migliori e più attivi ensemble cameristici nel panorama internazionale chitarristico e diversi compositori gli hanno dedicato importanti pagine. Oltre i numerosi appuntamenti italiani, in questi anni molti sono stati i pestigiosi palchi internazionali che li hanno visti esibire: Messico, Finlandia, Ecuador, Germania,Russia,Estonia,UK, Portogallo, Bulgaria, Spagna.

GUITARE è l'ultimo lavoro messo a punto da Eon per l'etichetta "Stamata", nascente etichetta discografica che abbraccia e mira a promuovere i talenti più ineressanti del panorama contemporaneo.
Come afferma lo stesso Giovanni Maselli (Eon Guitar Quartet) : <Ci siamo spesso interrogati circa il senso del ripropore trascrizioni per questa formazione, promuovere nuova musica o suonare repertorio esistente. L’attuale progetto si inserisce nel mezzo di queste opzioni. Abbiamo quindi preso brani di punta del repertorio tradizionale per chitarra sola, e abbiamo, dopo molte ricerche musicologiche, scoperto che essi avevano dei “cloni” di tipo orchestrale messi a punto dai compositori stessi. In pratica lo stesso brano originariamente concepito per chitarra sola, per molteplici motivi era stato trascritto dallo stesso compositore per orchestra sinfonica. Noi abbiamo fatto un’operazione “a ritroso”, una sorta di “traduzione” riportando tali brani sulla chitarra, ma in un ensemble cameristico che potesse da un lato suonare come il compositore aveva in origine pensato (la chitarra), ma poi produrre la molteplice quantità di sfumature timbriche che erano presenti nelle versioni orchestrali.>
Per questo lavoro di traduzione Eon Guitar Quartet si è affidato alle sapienti mani di compositori come
Eugenio Becherucci, Fabio Rizza, Caterina Centofante, Paolo Geminiani.

La raffinata operazione dunque fa sì che dall’orchestra si ritorni alla chitarra prestando fede il più possibile al gioco di colori della parte orchestrale e arricchendo quest’ultima con suoni ed effetti che solo la chitarra riesce a creare.
Guitare” di Frank Martin nasce per chitarra sola col titolo “Quatre pièces brèves”, successivamente l’autore rielabora quest’opera per pianoforte e quindi per orchestra. Il titolo dell’opera evidenzia l’interesse di Martin per la chitarra e per il suo universo sonoro, che il compositore sviscera in un campionario timbrico e dinamico straordinario. Quest’opera, apparentemente avanguardistica – e in questo tranello cadde lo stesso Andres Segovia che la ripudiò rifiutandosi di suonarla in concerto – è intrisa di riferimenti alla tradizione storica musicale europea, dalla trenodia di “Plainte” che rievoca chiaramente toni da tragedia greca, ai madrigalismi di “Air” dove il lento incedere di cadenze perfette e sospese è incalzato da ricche fioriture nel chiaro stile rinascimentale.
Anche Sir William Walton parte dal suo capolavoro per chitarra, le “Five Bagatelles”, per arrivare, quasi assecondando un’evoluzione insita nella parte chitarristica, all’adattamento orchestrale che prende il nome di “Varii Capricci”. Nella sua musica possiamo ascoltare i suoni della modernità, i suoni del cinema e quelli del traffico cittadino, tenere melodie e ipnotiche cantilene.
A Debussy, padre del Novecento musicale, Falla dedica l’unica composizione per chitarra. Sembra
quasi un paradosso visto che tutta l’opera di Falla è influenzata dalla chitarra e visto che Debussy era stato un pianista. L’Homenaje di Falla è un’opera densa e complessa benché di breve durata. In essa il tono solenne e severo dell’omaggio funebre si stempera in una danza rituale in cui riaffiorano i riti magici della tradizione andalusa.
Contemporaneo di Falla anche Ottorino Respighi ha interpretato il Novecento storico italiano come ricerca del passato e della tradizione. Esemplare è la terza suite per orchestra d’archi “Antiche arie e danze per liuto” in cui Respighi si cimenta nell’orchestrazione di danze dei secoli XVI e XVII scritte in origine per liuto – come le arie di corte di Jean-Baptiste Besard del secondo movimento – e per chitarra barocca – come la passacaglia del quarto movimento scritta da Ludovico Roncalli e raccolta nei suoi “Capricci armonici” del 1692.
Infine “La oración del torero” di Turina ci introduce nello scenario mitico e carico di tensione dell’arena in cui sta per avvenire una tauromachia. L’incertezza del proprio destino e il sottile piacere nei confronti di una sfida audace e sfrontata rappresentano con evidenza il contrasto tra tradizione e modernità. Turina coniuga perfettamente tradizione e modernità con un linguaggio che fa risuonare briosi ritmi di danza attraverso estatici momenti di riflessione memori della lezione impressionista di Debussy.


GUITARE è disponibile su tutti gli store digitali
oppure contattando direttamente gli artisti attraverso il sito di Stamata
www.stamata.it

giovedì 29 gennaio 2015

Intervista con Eon Guitar Quartet



Il quartetto di chitarre Eon Guitar Quartet, fondato nel 1999, è costituito da Giovanni Maselli, Rita Casagrande, Roberto Tascini e Mario Barbuti.
Eon è attualmente considerato uno dei migliori e più attivi ensemble cameristici nel panorama internazionale chitarristico e diversi compositori gli hanno dedicato importanti pagine. Oltre i numerosi appuntamenti italiani, in questi anni molti sono stati i pestigiosi palchi internazionali che li hanno visti esibire: Messico, Finlandia, Ecuador, Germania,Russia,Estonia,UK, Portogallo, Bulgaria, Spagna.

GUITARE è l'ultimo lavoro messo a punto da Eon per l'etichetta "Stamata", nascente etichetta discografica che abbraccia e mira a promuovere i talenti più ineressanti del panorama contemporaneo. Rivolgiamo qualche domanda agli esponenti del quartetto per approfondire il lavoro portato avanti e scoprire i progetti futuri.

Quando e come è nato il quartetto?

Mario Barbuti: Sul finire del secondo millennio, alcuni di noi erano studenti universitari al famoso DAMS di Bologna, altri gravitavano sempre per studi in area bolognese. Ricordo che una sera, in occasione di una festa a casa di amici comuni, si avvicina Giovanni e mi offre un mojito che aveva appena preparato, e mi dice: so che suoni la chitarra, che ne dici di formare un quartetto di chitarre?
Poi l’incontro con Rita, conosciuta il giorno del suo splendido diploma di chitarra al conservatorio di Bologna “G.B. Martini”, io e Giovanni eravamo lì perché iscritti al corso di Musica Elettronica.
E infine, e direi inevitabilmente, l’incontro con Roberto che passava da Bologna per recarsi a Lucerna in Svizzera, dove seguiva corsi chitarristici di perfezionamento post-diploma.
Col passare del tempo sono sicuro che non è stato il caso a farci incontrare, ma, è chiaro, una determinazione e un’ostinazione, chiamiamola pure passione, per la chitarra, che ci trovava perfettamente allineati ed empaticamente affini.
Il battesimo concertistico è avvenuto ovviamente a Bologna, città che ci ha formato e ci ha trasmesso un’energia culturale ed artistica straordinaria. E di lì lungo lo Stivale e poi all’estero abbiamo avuto modo di portare avanti i nostri progetti, ma soprattutto di affinare la nostra tecnica d’insieme e la nostra fraterna amicizia.

Eon da spazio al repertorio contemporaneo e alcuni giovani compositori hanno scritto dei brani a voi destinati. Potreste parlarci di questa esperienza?

Giovanni Maselli: Il disco “Guitare” di Eon Guitar Quartet ha una genesi piuttosto lunga. Ci siamo spesso interrogati circa il senso del ripropore trascrizioni per questa formazione, promuovere nuova musica o suonare repertorio esistente. L’attuale progetto si inserisce nel mezzo di queste opzioni. Abbiamo quindi preso brani di punta del repertorio tradizionale per chitarra sola, e abbiamo, dopo molte ricerche musicologiche, scoperto che essi avevano dei “cloni” di tipo orchestrale messi a punto dai compositori stessi. In pratica lo stesso brano originariamente concepito per chitarra sola, per molteplici motivi era stato trascritto dallo stesso compositore per orchestra sinfonica. Noi abbiamo fatto un’operazione “a ritroso”, una sorta di “traduzione” riportando tali brani sulla chitarra, ma in un ensemble cameristico che potesse da un lato suonare come il compositore aveva in origine pensato (la chitarra) ma poi produrre la molteplice quantità di sfumature timbriche che erano presenti nelle versioni orchestrali. Per questo lavoro di traduzione ci siamo affidati alle sapienti mani di compositori a noi molto vicini che hanno lavorato in modo eccezionale : Eugenio Becherucci, Fabio Rizza, Caterina Centofante, Paolo Geminiani.
Per quanto riguarda invece il discorso della musica nuova, è una strada che negli anni stiamo
percorrendo parallelamente alla frequentazione del repertorio tradizionale. Un esempio su tutti è Cristian Gentilini, compositore bolognese, che ci ha dedicato il suo lavoro per quartetto “ Psalterium”, che ci ha dato la possibilità di seguire la nostra vocazione di ricerca timbrica nella riproduzione dello srumento tradizionale (il salterio) e con un linguaggio estremamente moderno ed efficace di esplorare potenzialità che solo un ensemble a corde pizzicate e così “fresco” come il quartetto di chitarre può avere. Altro importante esempio è quello del brano dedicatoci dal famoso compositore pianista romano Sergio Cafaro. Sergio Cafaro, era famosissimo per essere uno degli ultimi pianisti classico viventi a saper improvvisare su tema dato dal pubblico in stili differenti. Ci sono ancora esempi audio di versioni di “O Sole mio” in stile di Brahms, Bach, Rossini. Nel brano scritto per noi si vede proprio questa capacità (ormai probabilmente poco in uso) del saper “trascrivere lo stile” ma questa volta con tema originale. Purtroppo questo è stato l’ultimo lavoro di Cafaro che non ha mai avuto modo di ascoltare. Alla prima esecuzione che tenemmo a Roma era già molto malato e intervenne solo la moglie (anche lei importante pianista).

Con la vostra musica avete girato il mondo, che sensazioni avete nel suonare in Italia rispetto alle esibizioni all'Estero? C'è stata una situazione durante la vostra carriera che ricordate in modo particolare, in positivo oppure anche in negativo?

Roberto Tascini: dal 2005, debutto del quartetto in un contesto estero di prestigio, ad oggi effettivamente i palcoscenici solcati da questa formazione sono stati molti e variegati per collocazione ed importanza. Mi sento di affermare che le più grandi differenze le abbiamo notate non tanto nei confini geografici ma quanto nella tradizione del contesto in cui ci trovavamo ad esibirci. Cioè a parità di paese le esperienze sono state anche fortemente discordanti e ciò è sempre dipeso dalla direzione artistica, dalla storia del Festival e dalla predisposizione del pubblico all’ascolto. Quindi non la matrice culturale a discriminare bensì la “fame di cultura”. Così ricordo degli splendidi concerti nella provincia bavarese come nel centro di Londra, negli altopiani del messico come a Bologna città. Negli anni abbiamo inserito in programma opere di grande richiamo per il pubblico, penso alla Carmen di Bizet o alle danze slave di A.Dvorak, come brani più difficili all’ascolto come F.Martin, W.Walton fino alla contemporanea sperimentale e sempre abbiamo riscontrato una grande accoglienza da parte del pubblico, soprattutto dove l’interesse dell’odience era genuino verso la chitarra e non tanto verso l’”happening”. Ricordo con particolare piacere un concerto vicino Zacatecas, in Messico, dove parteciparono più di 800 studenti universitari, con ingresso a pagamento, entusiasti ed attenti dalla prima all’ultima nota. Viceversa possiamo annoverare un pubblico nobile Finlandese che dopo avere compostamente applaudito al concerto diplomaticamente definì “fin troppo energica” la nostra esibizione!
L’italia vive generalmente una dicotomia in tal senso, presentando un pubblico spesso poco abituato alle sale da concerto e che quindi fatica a praticarle, soprattutto se a pagamento, che però è molto recettivo alla musica e che quindi una volta conquistato torna volentieri.


Quali sono i vostri prossimi impegni e progetti futuri?

Rita Casagrande: Anche per l’anno 2015 il quartetto è stato invitato in Germania, dove terremo 3 concerti dal 6 all’8 marzo. Personalmente il piacere di tornare tra il pubblico tedesco sarà ancora più grande visto che l’anno scorso non ho preso parte al Tour in Germania, programmato proprio nei giorni in cui ho dato alla luce mia figlia. Per la primavera altri concerti sono in via di definizione e immancabile poi è il tradizionale appuntamento all’interno del festival Claxica a Castel d’Aiano la seconda settimana di Luglio.
Considerato che nel 2015 Eon compie 10 anni, qualche sorpresa sicuramente ci sarà...
Quindi non perdete di vista il nostro sito o la pagina facebook!

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lunedì 26 gennaio 2015

Intervista con Marco Perona di Andrea Aguzzi



Parliamo di ‘Oltre’, il primo lavoro discografico di Misticanza. Cos’è Oltre e perché Oltre?

Oltre è un viaggio, un diario, un racconto in brani/capitolo, uno sguardo alle spalle, un nuovo sentiero da esplorare, una necessità.
Ho lavorato quasi unicamente per la danza flamenca ed il teatro ed era da tempo che sentivo l'esigenza di raccogliere ed in qualche modo dare forma alle tante note prodotte durante questi dieci anni di attività professionale e di strutturarle in un dialogo musicale che potesse reggersi autonomamente e vivere di vita propria.
Impulso che ha trovato la giusta e necessaria forza dall'incontro con Francesco De Vita, straordinario chitarrista e compositore e la conseguente nascita del progetto Misticanza.
Un diario, dicevo, che non segue un ordine cronologico e che vede qualche pagina scritta da Francesco e altre a due mani, ma è proprio questo che ricercavo, una sorta di fotografia istantanea che fermasse questo preciso momento tra uno sguardo al vissuto e contemporaneamente il primo passo verso il nuovo sentiero, l'Oltre, per l'appunto.
Dopo aver dedicato così tanto tempo al flamenco era quasi naturale che il 'colore' del disco si muovesse fra profumi e sentori andalusi, ma la tavolozza che abbiamo voluto utilizzare è molto più variopinta, i contorni meno nitidi e il tratto più sfumato.
Le musiche sono permeate da uno spunto, principalmente ritmico, flamenco, ma la linea compositiva risente delle personali esperienze musicali: dal rock progressive all'acustica, dalla bossa nova alla classica, dalla tradizione del sud Italia al folk mediterraneo, una Misticanza che rende davvero unico questo progetto.
Le chitarre lavorano a canoni, contrappunti, si inseguono e dialogano in un continuo intreccio sonoro alternandosi nel 'portare' la linea melodica principale, una fusione totale scevra da presupposti tipici del mercato discografico e calcoli matematici a tavolino, libera espressione 'Oltre' le definizioni di genere, con l'unico obiettivo di regalarci e regalare emozioni.
La scelta di accordare con un La di riferimento a 432Hz è anch'essa un tentativo, che ci auguriamo riuscito, di ottenere un impasto più gradevole all'ascolto e che meglio si sposa con le atmosfere delle nostre composizioni.
Dieci brani che raccontano il passato, il presente e anticipano il futuro di Misticanza, nella convinzione, sempre più solida, di dedicarci a suonare ciò che ci coinvolge, che ci piace e ci appaga quando mettiamo le dita sui manici e le corde delle nostre chitarre.

Quando hai iniziato a suonare la chitarra e perché? Che studi hai fatto e qual è il tuo background musicale? Con che chitarre suoni e con quali hai suonato?

Devo dire che sono stato molto fortunato, la mia famiglia si è sempre dimostrata molto attenta e rispettosa del mondo musicale, merito di mia nonna, eccellente pianista, ma anche dei miei genitori che hanno seguito i primi concerti jazz nell'immediato dopoguerra e anche di mio fratello, più grande di me, ottimo chitarrista, anche se la sua traiettoria professionale lo ha portato a fare tutt'altro.
Una chitarra a disposizione, dunque, non è stato un problema averla anche se da bambino prediligevo la batteria e poi, da adolescente, il flauto traverso.
In casa si è sempre ascoltata molta musica, dal rock alla classica, Led Zeppelin, Genesis, ma anche PFM, Le Orme, o ancora CSNY o Robert Fripp e Fabrizio De Andrè, unica esclusione, forse, la musica dance.
Ho suonato per lungo tempo una Martin HD28, che ancora possiedo, inseguendo gli artisti che in quell'epoca venivano definiti New Age e che introducevano il fingerpicking in Italia, ed ho avuto modo di seguire gli ambienti chitarristici che si andavano via via formando: nella Torino dei primi anni '80 non era difficile 'imbattersi' in personaggi come Peppino D'Agostino o Duck Baker :)
Dopo una lunga pausa lavorativa, una decina di anni in cui non ho mai smesso di suonare anche se non professionalmente, ho 'incontrato' il flamenco.
Sono completamente autodidatta per cui l'idea che io potessi anche solo pensare di poter suonare flamenco era molto distante dai miei progetti, ma l'innamoramento era ormai avvenuto con il baile, che ho studiato per qualche anno.
Questa esperienza mi ha aiutato a comprendere i legami tra la musica flamenca e il cante e il baile, i risvolti ritmici e tutte quelle caratteristiche che rendono quest'arte così unica nel panorama mondiale.
Da qui prende il via la mia carriera professionale come chitarrista flamenco che mi ha regalato ed ancora regala grandi soddisfazioni.
La chitarra che mi ha accompagnato per tanti anni era costruita da Arcadio Marin, di Madrid, grande chitarrista flamenco ed ottimo liutaio, i miei Maestri Jesus Torres e Juan Antonio Suarez 'Cano' suonano attualmente con sue chitarre. Quando mi sono trasferito nelle terre bolognesi ho conosciuto Giulio Cantore, anch'egli ottimo chitarrista e 'giovane' liutaio, e mi sono innamorato di due sue chitarre che alterno per le mie necessità.

Quali sono state e sono le tue principali influenze musicali? In che modo esprimi la tua “forma” musicale sia nell’ambito dell’esecuzione che nell’improvvisazione, sia che tu stia suonando “in solo” sia assieme altri musicisti? Elabori una “forma” predefinita apportando aggiustamenti all’occorrenza o lascia che sia la “forma” stessa ad emergere a seconda delle situazioni, o sfrutti entrambi gli approcci creativi?

Il panorama della chitarra flamenca è veramente molto vasto e costellato da straordinari interpreti che necessariamente lasciano il segno nella formazione di chiunque intraprenda lo studio del flamenco, sia che si parli di tradizionale che di jazz-flamenco o di contaminazioni in genere. Innegabili le influenze di tutti i grandi da Paco De Lucia a Vicente Amigo dai quali, ovviamente, non si può prescindere, ma fra i meno conosciuti dal grande pubblico annovererei Juan Gomez 'Chicuelo' e il già citato Jesus Torres.
I miei brani sono nati quasi tutti in solitario, anche se in questi ultimi anni con Misticanza c'è stato un cambio di percorso che mi diverte molto e pare anche molto proficuo. Non sono un virtuoso e ho sempre gradito poco le performance prettamente 'tecniche', preferisco ricercare un passaggio in cui trasmettere uno stato d'animo, un'emozione, una sensazione, raccontare una storia e dalla stessa trarne ispirazione.

Quale significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

Difficile per me, autodidatta, rispondere a questa domanda, a maggior ragione se così specifica sull'improvvisazione all'interno del repertorio classico. Nell'ambito del flamenco, ed ancora di più se si fa riferimento all'accompagnamento del baile o quello del cante, l'improvvisazione è quasi la consuetudine, per cui non credo sia necessario alcun altro commento relativo alla sua importanza; nelle mie composizioni, invece, preferisco attenermi alla diteggiatura e struttura che ho pensato...salvo
'districarmi' dal maledetto errore per cui, di necessità virtù :)

In che modo la tua metodologia musicale viene influenza dalla comunità di persone (musicisti e non) con cui tu collabori? Modifichi il tuo approccio in relazione a quello che direttamente o indirettamente ricevi da loro? Se ascolti una diversa interpretazione di un brano da te già suonato o che vuoi eseguire tieni conto di questo ascolto o preferisci procedere in totale indipendenza?

Come accennavo sopra, il lavorare con Francesco De Vita sul progetto Misticanza ha notevolmente cambiato il mio approccio alla composizione ed è assolutamente normale che un tema venga rivoltato e riconsiderato in funzione di ciò che nasce durante l'evoluzione stessa del brano. Ho sempre cercato di proporre solo musica scritta da me, per necessità prima e per convinzione poi, e sfortunatamente nessun altro chitarrista ha mai suonato per intero un mio brano o ne ha fatta una sua interpretazione, ma credo proprio che se ciò accadesse e la trovassi di mio gusto un pensierino lo farei sicuramente.

Una domanda un po’ provocatoria sulla musica in generale, non solo quella contemporanea o d’avanguardia. Frank Zappa nella sua autobiografia scrisse: “Se John Cage per esempio dicesse “Ora metterò un microfono a contatto sulla gola, poi berrò succo di carota e questa sarà la mia composizione”, ecco che i suoi gargarismi verrebbero qualificati come una SUA COMPOSIZIONE, perché ha applicato una cornice, dichiarandola come tale. “Prendere o lasciare, ora Voglio che questa sia musica.” È davvero valida questa affermazione per definire un genere musicale, basta dire questa è musica classica, questa è contemporanea ed è fatta? Ha ancora senso parlare di “genere musicale”?

Non ho ben inteso se il senso della domanda fosse questo, ma una delle difficoltà che incontriamo parlando di Misticanza è relativo alla definizione del suo genere. Abbiamo cercato di fugare ogni dubbio già nella scelta del nome, Misticanza, che già di per se indica una miscellanea, un insieme poco classificabile. Sono tutti brani originali e se si può intravedere una matrice flamenca sono comunque frutto di tutto il vissuto, musicale e non, e catalogare 'Oltre' come disco flamenco o acustico o contemporaneo diventa difficile se non impossibile. Personalmente preferisco continuare a mettere una nota accanto ad un'altra lasciandomi trasportare dall'emozione che ne scaturisce senza chiedermi od obbligarmi a rispettare questi o quei paletti: la si definisca come si vuole, l'importante è 'arrivare' al pubblico e goderne insieme.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea, per non parlare del successo nella musica leggera, dove chitarra elettrica è ormai sinonimo di rock ... in quanto musicista polivalente e trasversale… quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

La domanda è particolarmente tecnica, e inviterei Francesco De Vita a raccontarci la sua opinione in merito.

‘Sicuramente non bisogna dimenticare che l'esiguità del repertorio è dovuta alla giovane età dello strumento; Antonio de Torres inizia la sua carriera come liutaio dopo il 1840, e solo da allora la chitarra inizia a divenire capace di esprimersi al livello che oggi conosciamo.
E' inevitabile manchi una grossa fetta di letteratura e che le trascrizioni non possano superare i limiti di proiezione sonora dello strumento rispetto a qualsiasi altro presente in orchestra; e che sia evidente quanto
compositori chitarristi come Sor o Giuliani, abbiano saputo sfruttare l'acustica dello strumento in maniera ottimale. Impatti sonori brillanti e potenti, utilizzando con maestria le corde a vuoto; l'equilibrio e l'impasto delle voci interne, la predilezione per le tonalità che calzano meglio sullo strumento. Per non parlare dell'efficacia delle diteggiature.. Contestualizzato alla chitarra classica trovo quindi l'affermazione di Berlioz ancora veritiera.
Ma il discorso è completamente diverso per la chitarra contemporanea. le possibilità che oggi offrono sistemi di amplificazione, effetti, software, hanno annientato i limiti compositivi. Si può ottenere qualsiasi tipo di suono, farlo durare quanto si vuole, suonare in tapping.. lo strumento è diventato assolutamente poliedrico e offre tutte le possibilità di eseguire in maniera ottimale una qualsiasi composizione nata per altri strumenti.
Trovo la chitarra lo strumento più geniale mai inventato ("un pianoforte in miniatura" Segovia) e soprattutto uno strumento ancora in evoluzione.’

Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?

Penso che ognuno di noi sia un essere unico e straordinariamente originale proprio per la sua unicità, per cui il rischio di globalizzare un sentire musicale non dovrebbe neanche porsi se non ci si lasciasse irretire dalle richieste di un 'mercato' ma si desse libero sfogo alla creatività. Mancano gli spazi adeguati dove poter presentare i progetti e purtroppo sempre più spesso si fa riferimento al cassetto del registratore
di cassa invece che alla qualità ed originalità del gruppo o del solista in
questione.

Ci consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..

Ho meditato a lungo sui cinque dischi da scegliere e ogni giorno l'elenco variava, anche stravolgendo completamente l'ordine precedente. Ho deciso che baratto i cinque dischi, il lettore, le cuffie e i cinque spartiti con una piccola chitarra da avere con me sull'isola deserta :)

Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli ti senti di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?

L'ho già detto ma lo sottolineo: suonare sempre ciò che ti piace ascoltare

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

In questo momento ci stiamo dedicando alla promozione del disco, abbiamo qualche data di presentazione e ci auguriamo se ne aggiungano ancora molte altre.
Nel frattempo sto consolidando il lavoro di composizione dopo le prime date realizzate ed in funzione della stagione estiva con gli spettacoli TerrAdentro e Battito di Flamenquevive e parallelamente i live con il quartetto Alboreo e il Collettivo Decanter.
Misticanza - 31 Gennaio - Evento privato - Bologna
21 Febbraio Spazio Menomale - Bologna
Battito/Flamenquevive - 20 Febbraio Teatro Fabbri – Forlì




giovedì 22 gennaio 2015

Seminari di Interpretazione chitarristica 2015 Castellaneta



28-29 Marzo 2015 riprendono a Castellaneta le Masterclass "Seminari di Interpretazione chitarristica" giunti ormai alla 10^ Edizione, con i maestri Frédéric Zigante e Antonio Rugolo.
Per info e iscrizioni scrivete a seminaricivica.castellaneta@gmail.com

mercoledì 21 gennaio 2015

Guitars Speak: le chitarre jazz di Camera Lirica e Corde Alterne


Download Podcast

Mercoledì sera su Guitars speak, programma radio dedicato solo alla chitarra ascolteremo due dei progetti più belli del 2013 ormai definitivamente lontano. Camera Lirica di Domenico Caliri e Corde Alterne di Roberto Gemo e Alessandro Fedrigo, ascoltiamoli assieme su Guitars Speak alle 21 di mercoledì 21 gennaio.

Wednesday night on Guitars Speak, radio program dedicated to the guitar only, we will listen to two of the most beautiful projects of 2014 now definitely far. Camera lirica by Domenico Caliri and Corde Alterne by Roberto Gemo and Alessandro Fedrigo, let's listen together on Guitars Speak at 9PM Wednesday, January 21st.

http://radiovocedellasperanza.it/

Christian Lavernier in Japan 2015


martedì 20 gennaio 2015

Concorso Internazionale "Premio Contea - Città di Villorba"




Il Concorso Internazionale "Premio Contea - Città di Villorba" si terrà dal 20 al 22 febbraio in provincia di Treviso (la location è stata spostata alla Sala Polifunzionale di Vidor). Il Concorso è aperto a tutti gli strumenti (pianoforte, archi, fiati, chitarra, arpa), alla musica da camera, al canto lirico ed è prevista una sezione speciale per le scuole medie ad indirizzo musicale.
La giuria è composta da Andrea Bambace (pianoforte), Paolo Baglieri (pianoforte), Cristina Pastorello (canto lirico), Fabrizio Nasetti (fiati), Luca Braga (archi), Maria Chiara Bassi (arpa), Matteo Rigotti (chitarra).
Infoline: 3473135568

lunedì 19 gennaio 2015

Entrevista al Maestro Christian Lavernier



Entrevista al Maestro Christian Lavernier (TADUCTOR Manuel Mandeb)

¿Cuàndo comenzó a tocar la guitarra y por qué? ¿Qué estudios realizò y cuàl es su background musical? ¿Con qué guitarras toca y con cuàles ha tocado?

Temìa 9 años cuando empecé a tocar... pero era el piano. Mis padres me habían inscripto en una escuela de música y allì he oído el sonido de la guitarra provenir de la clase junto a la mía. El dulce sonido y la vibración me fascinaron. Al principio empecé con la herramienta equivocada. A los 10 años dejé el piano y empecé solo con la guitarra. A los 12 conocí mi primer maestro verdadero, el M° Mario Senise. Más tarde hice una clase magistral con Alirio Díaz y luego con Paolo Cherici. Me sugirieron de ir al conservatorio de Milán donde entré directamente en el octavo año y me graduè 3 años despues. En Viena, estudié con Conrad Ragosnig y más tarde con Angelo Gilardino, me acerquè al repertorio del '900 y a lamúsica contemporánea.
Yo nunca quise tener un background musical, porque me fascina lo que oigo en el momento cuando lo oigo. Toqué y escuché de todo pero no estoy atado a nada en particular.
En cuanto a las guitarras, ahora toco una José Ramírez III con camara del 1989. En pasado toquè con diferentes guitarras italianas y extranjeras: Kohno, Giussani ...

¿Quàles fueron y son sus principales influencias musicales? ¿Cómo expresa su "forma" musical en la interpretación y en la improvisación, sea cuando Ud. toca “solo”, o junto con otros músicos? ¿Elabora una “forma” predefinida aportando “ajustes” cundo es necesario o deja que sea la "forma" en sí surja segùn la ocasion, o usa ambos enfoques creativos?
Creo que un músico debe escuchar tanto como sea posible, despues debe encontrar su trayectoria transformar lo que ha acumulado con la experiencia en su propia personalidad artística. Las influencias pueden venir de diferentes partes, no sólo musicales. La interacción con los escritores o pintores enriquece el ambiente tanto como el contacto con otros músicos.
La improvisación es una parte fundamental en mi música. Incluso cuando toco la música de otros compositores, tengo en cuenta el margen que existe para la improvisación. No creo posible fijar una ejecución definitiva. Incluso dentro de una composición escrita hay espacio para la improvisación o tal vez seria mejor decir: para la fantasia. El concepto que tengo de la forma es el de "organización del material sonoro". A esta visión más bien clásica aplico el hecho de ser capaz de dejar un espacio lo más amplio posible pra la fantasía. Hay un hermoso libro que recomiendo a todos "Forma come destino" de Maddalena Mazzacut Mis ...
En realidad trato de conseguir que la música me organice. Trato de ser “tocado” por la música, y es ella que me organiza en la forma apropiada. Es como ser agua que intenta rellenar los espacios y se adhieren a las formas.

¿Cuál es la importancia de la improvisación en su investigación musical? ¿Se puede volver a hablar de improvisación en un repertorio tan codificado como el clásico o se ve obligado a salir y dirigirse a otros repertorios, jazz, contemporáneo, etc?

Ya en la palabra improvis-acion (N del T imprevista-acción en italiano accion no prevista en castellano) esta el contenido de lo que está sucediendo dentro de una composición clásica y "codificada" tengo muchas "imprevestas-acciones". Por ejemplo, como ya he dicho antes, no puedo fijar una interpretación para siempre y yo no creo que si en un pasaje que realicé un "pianissimo" o "rallentato" debe ser así para siempre. Tal vez en otra sala o en otro público, el mismo paso puede ser totalmente diferente. Esto para mí es la improvisación. Tambièn hay otros tipos de improvisaciones donde soy yo a organizar el material sonoro y crearlo al momento, esto obviamente, en composiciones no codificadas. El arte vive de improvisaciones. Van Gogh habria podido pintar girasoles como los veia, pero su improvisacione ha creado el impresionismo.


¿Cómo su metodología musical es influenciada por la comunidad de personas (músicos o no) con la que trabaja? ¿Modifica suz enfoquez en relación a lo que directa o indirectamente recibe de ellos? ¿Si escucha una diferente interpretación de una pieza que ya tocò y que quiere ejecutar tiene en cuenta lo que escuchò o prefiere proceder con total independencia?

En primer lugar no tengo una metodología. Sucede muchas veces para ir al festival, donde me encuentro con gente interesante con quienes improviso yo trato de aprender acerca de su mundo artístico. En esto creo que la entropía juega un papel importante. La comprensión de un mundo sonoro diferente al mío, me fascina y me fascina aún más para traer a mi estilo en un mundo musical para mí desconocido. Esto en cuanto a los músicos. Lo mismo ocurre con otros artistas de otras disciplinas porque el instrumento es el medio y no el fin. Toco un instrumento musical valioso, importante, caro ... "instrumento", que no es la finalidad de nada, pero necesito hacer algo más.
Trato de no ser influenciado por lo que escucho mas bien encontrar mi interpretación de cada pieza. Porque el arte no es bueno o malo, sino verdadero o falso. En la música somos lo que somos y no podemos simular, el castigo es el olvido.

Una pregunta un poco provocativa sobre la música en general, no sólo contemporánea o vanguardista. Frank Zappa en su autobiografía escribió: «Si John Cage, por ejemplo, dijo: "Ahora pongo un micrófono en la garganta, y luego bebo jugo de zanahoria y esta será mi composición", entonces su gárgaras serìan calificadas como una COMPOSICION SUYA, porque ha aplicado un marco, que la declara como tal. "Lo tomas o lo dejas, ahora quiero que esta sea música."» ¿Es una valida afirmaciòn esta declaración para definir un género musical, decir esto es la música clásica, esto es contemporánea y esta listo? ¿Todavía tiene sentido hablar de "género"?

Una respuesta un poco provocativa. Andy Warrol dijo: "No sé qué es el arte, pero sé que un milímetro antes o milímetro un milimetro depuès es una mierda." Yo no creo en los géneros. El género es algo nos sireve para entender lo que estamos hablando. Si voy a un concierto y cuando vuelvo a casa soy la misma persona que antes, podía no haber ido. Sin embargo, si me levanto de la butaca con las emociones, entonces vale la pena. El jugo de zanahoria o no. El hecho de que no exista un verdadero género musical hoy, ha dado lugar a palabras como "contaminación". No me gusta la palabra contaminación, sabe hospital. Me encanta mucho más que la palabra de intercambio, donde hago un poco de mi mundo musical y recibo algo de otro mundo.

Berlioz dijo que componer para guitarra clásica era difícil, porque había que ser, ante todo un guitarrista para hacerlo, esta frase a menudo se ha utilizado como una justificación para el limitado repertorio de guitarra clásica respecto a otros instrumentos como el piano y el violín. Al mismo tiempo ha sido “puesta en crisis" por el creciente interés que la guitarra (ya sea clásica, acústica, eléctrica, midi) encuentra en la música contemporánea, por no mencionar el éxito en la música pop, donde la guitarra eléctrica es ahora sinónimo de rock ... como músico versátil y transversal ... ¿Cree que todavía hay algo de verdad en la frase Berlioz?

- Seguramente Berlioz tenía razón. Componer para guitarra es muy difícil, usted tiene que saber la morfología. Pero Mario Castel Nuovo-Tedesco o Manuel Ponce también han demostrado lo contrario. La guitarra es, en última instancia, su sonido. Para escribir para la guitarra, realmente, tienes que conocer a fondo la morfología del instrumento. Esto no implica necesariamente ser guitarristas. Pero también es cierto que Castel Nuovo-Tedesco o Ponce tenían un consejero llamado Andrés Segovia.

Luciano Berio escribió: "la preservación del pasado tiene una parte negativa, ya que se convierte en una manera de olvidar la música. El oyente recibe una ilusión de continuidad que le permite seleccionar lo que confirma esa misma continuidad y censurar todo lo que la disturbe", ¿Què papel puede asumir la investigación histórica y musicológica en este contexto?

- En primer lugar, Luciano Berio nació en mi ciudad, Imperia. Tuve la suerte de conocerlo y escuchar de su propria voz lo que realmente pensaba acerca de la "nueva música". Recomiendo a todos la lectura de "Opera aperta" de Umberto Eco para entender mejor lo que pasó en esos años. Estoy respondiendo a estas preguntas en París, a pocos pasos de Notre Dame, donde nació la polifonía y el contrapunto (punto y contro punto). Para nosotros hoy una tercera menor es un sonido agradable, como es una séptima dominante o una novena, pero no siempre fue así. La evolución de la lengua musical en sus fases extremas conduce a una mayor complejidad. En el momento de Beethoven o Mozart existia un concepto de contemporaneidad mucho más pronunciado que hoy, eran mucho más contemporáneos de lo que somos hoy en día, por la sencilla razón que esa musica era ejecutada en ese momento. El concepto de "música del pasado" viene con el romanticismo, antes, una página de la música escrita después de dos años era vieja y se tocaba otra nueva. Hemos erigido estatuas, a veces con el conocimiento de los hechos, pero a todo lo que se erigió una estatua, por lo general esta muerto. Si hoy leemos las críticas de "Octeto para cuerdas" de Beethoven, nos encontraremos frases como "el maestro es más sordo de lo que se pensaba." Hoy sabemos que es una obra maestra. La nvestigación musicológica referida al pasado nos debe enseñar que los musicólogos son, por su ADN, más bien conservadores. También el lugar donde aprendemos la música se llama Conservatorio. Quizas deberíamos pensar en esto.




A veces siento que en nuestro tiempo la historia de la música fluya sin un interés particular epor lo estricatamente cronológico, en nuestra discoteca-biblioteca, el antes y después, el pasado y el futuro se convierten en elementos intercambiables, esto ¿no puede presentar un riesgo para un intérprete y compositor de una visión uniforme, di una "globalización" musical?

- No, no lo creo. En mi último disco grabé música del siglo XIX, música del siglo XX y la música contemporánea con una primera grabación mundial. Creo que una de pavana Luis Milán no desentone al lado de una pieza de música contemporánea. Yo no creo en la cronologia, pero creo en filología (en este caso musical), es decir, el estudio del lenguaje, independientemente de su ubicación en el espacio-tiempo.

Nos recomiende cinco discos para usted indispensables, para tener siempre en nuestra discoteca .. los clásicos cinco discos par llevar a la isla desierta ..

1. I. Stravinsky "La consagración de la primavera"
2. M. Bethania canta Vinicius De Morales "Songsbook"
3. A. Part "La Sábana Santa"
4. J. S. Bach "Partite" (G. Gould)
5. M. Camillo "Live in New York"

¿Cuáles son sus cinco puntuaciones indispensables?

1. J. Rodrigo "Concierto de Aranjez"
.... Y cuatro hojas de la música blancas, aún por escribirse.

El blog también es leído por los jóvenes apenas graduados y graduados, ¿qué consejo le darías a los que, después de años de estudio, deciden de comenzar una carrera como músicos?
- Yo no doy consejos a nadie. Sólo creo que va a ser la música a elegir a ellos y para ellos. El único requisito real es para darle la oportunidad de entrar. Ella sabrá cómo hacer el resto.

¿Con quién le gustaría tocar y que le gustaría tocar? ¿Por lo general que música escucha?

- Me gustaría tocar conmigo mismo quando sea grande, confrontarme con mi sonido "maduro" para futuras experiencias. En realidad, con cualquiera que me despierte emociones, independientemente de su nombre. ¿Quién quiero tocar? ... debería decir: "¿Quién me gustaría que me interprete?" ..y creo que ustedes lo verán pronto.

¿Cuáles son sus próximos proyectos?

- El 2015 será bastante lleno de novedades: una nueva gira en Japón antes de empezar con una serie de conciertos italianos y europeos, algunos masterclass entre París y Roma (Accademia della musica romana), dos programas completamente nuevos, de los cuales uno comi mis composiciones ineditas unidas por una estructura improvisativa (que es un oxìmoron). Tambièn, un nuevo proyecto sobre la música para guitarra del 800 con instumeto de epoca que partirà en la segunda mitad de 2015. También estoy estudiando nuevas colaboraciones y sobre todo me estoy enfocando en mi música. Tengo nuevas ideas que me llevan a escribir en modo frenetico para mí y para otros grandes artistas que me dan el modo de elaborar las más diversas formas de expresión. Esto para mí es un privilegio, pero también un reto maravilloso.


venerdì 16 gennaio 2015

The Incredible Jazz Guitar of GEORGE BENSON in concert


George Benson (born March 22, 1943)[3] is a ten-time Grammy Award-winning American musician and singer-songwriter. He began his professional career at twenty-one, as a jazz guitarist. Benson uses a rest-stroke picking technique similar to that of gypsy jazz players such as Django Reinhardt. A former child prodigy, Benson first came to prominence in the 1960s, playing soul jazz with Jack McDuff and others.
He then launched a successful solo career, alternating between jazz, pop, R&B singing, and scat singing. His album Breezin' was certified triple-platinum on the Billboard 200 chart in 1976.[4] His concerts were well attended through the 1980s, and he still has a large following.[4] He has received a star on the Hollywood Walk of Fame.


mercoledì 14 gennaio 2015

Guitars Speak: la chitarra di Big Bill Bronzy


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Big Bill Broonzy, nato William Lee Conley Broonzy (Scott26 giugno 1893– Chicago15 agosto 1958), è stato un compositore e chitarrista blues statunitenseCon la sua lunga e varia carriera, è considerato una delle figure chiave del blues del ventesimo secolo, e in genere è ricordato, come uno tra i bluesman più grandi di sempre, facendo da anello di congiunzione tra il blues rurale delle origini e il blues urbano delle grandi città.

Big Bill Broonzy, born William Lee Conley Broonzy (Scott, June 26th 1893- Chicago, August 15, 1958) was an American blues guitarist and composer. With his long and varied career, he is considered one of the key figures of the blues of the twentieth century, and in general he is remembered as one of the greatest bluesmen of all time, a real link between the rural blues of the origins and the electric blues of the big cities.

http://radiovocedellasperanza.it/

martedì 13 gennaio 2015

Derek Bailey On the edge - documentary about improvisation


Broadcast in 1992, On The Edge was a 4-part miniseries about improvisational music in all of its forms. Written by iconoclastic improv guitarist Derek Bailey and based on his seminal book Improvisation: Its Nature and Practice in Music, the program admirably includes everything from traditional Korean music to French Catholic liturgical organ performance to downtown New York free jazz.


lunedì 12 gennaio 2015

Ambassador Bill: Big Bill in Britain - Big Bill Broonzy documentary



Documentary about the legendary blues musician Big Bill Broonzy.

Presented by John Walters, 'Ambassador Bill: Big Bill in Britain' was the second in a 1993 double-bill of films titled 'Two Generations of the Blues' for BBC2's Arena strand.

The documentary covers Big Bill Broonzy's time spent in the UK in the 1950s, his impact on the British music scene (including jazz, folk and the emerging British electric blues movement), the friendships he made, the racism that he encountered and his death.

Interviewees include Humphrey Lyttelton, Chris Barber, Peggy Seeger, Bobby and Sappho Korner, and Bert Wilcox.


Guitars Documentary El Guitarrero - the making of a flamenco guitar



"Flamenco guitar requires rare talent. So does making films that tell a story... this excellent documentary marries the two" Vernon Grant - producer BBC, ITV, C4 Dispatches

Follow the making of a fine flamenco guitar by Anders Eliasson. From selecting the wood to the first stringing, this intimate portrait of a man and his craft, bears witness to the artisan's skill and patience. Filmed in Andalucía over a period of some weeks in 2007. Just the filmmaker, the luthier and his dog.




domenica 11 gennaio 2015

Alessandro Fedrigo's playlist on Blog Chitarra e Dintorni



E' uno dei pochi specialisti del basso acustico, ovvero chitarra basso acustica (acoustic bass guitar).
Lo strumento che Alessandro suona è un basso fretless, ovvero senza tasti e spesso viene accoppiato all'uso di effetti elettronici al fine di manipolare ulteriormente un suono già così peculiare.

L'attenzione per il suono è dunque una delle caratteristiche di questo musicista che si è formato attraverso un lungo apprendistato durante il quale ha praticato il jazz, l'improvvisazione libera, la musica sperimentale, l'elettronica mescolata alle performance multimediali.

http://www.alessandrofedrigo.com/biografia.html


sabato 10 gennaio 2015

Roberto Gemo and Saverio Tasca "Eretici" Jazz&Wine 2011 full concert


Roberto Gemo chitarre
Saverio Tasca vibrafono
"Eretici"
Jazz&Wine 2011 - Cormons Italy
Video By Paolo Burato & Fausto Pizzocchero


Recensione di Corde Alterne di Roberto Gemo e Alessandro Fedrigo, Nusica, 2014



Mi comunica un certo senso di intimità questo Corde Alterne, sarà il carattere gentile delle corde di nylon di Roberto Gemo o la timbrica calda e pastosa del fretless di Alessandro Fedrigo o anche solo il tempo autunnale, ma questo disco e queste musiche trasmettono un senso di gentile calda intimità.
E’ probabile che sia una sensazione solo mia perché ascoltando con meno emotività rimango comunque coinvolto da altri aspetti: questo è un lavoro stilisticamente molto vario e caratterizzato da equilibri ben dosati e centellinati che si muovono tra i contrasti tra le corde acustiche e quelle elettriche, una calda melodia sempre presente a cui vengono spesso contrapposti aspri suoni elettrici e un certo caos legato a forme di libera improvvisazione. Non si nota molto l’assenza delle percussioni: i suoni effettati e la ritmica della chitarra di Roberto Gemo e gli slap del basso di Alessandro Fedrigo coprono abbondantemente questa mancanza senza tuttavia vincolare i due musicisti a dei ruoli predefiniti, ruoli che credo risulterebbero stretti a delle persone così versatili.

Il risultato è un disco piacevolissimo, intenso e maturo dove ci si può sbizzarrire a cercare e a cogliere tutte le diverse influenze musicali (classica, folk-rock, finger style, jazz, avangarde) che lo attraversano.  


venerdì 9 gennaio 2015

Intervista a Alessandro Fedrigo di Corde Alterne con Andrea Aguzzi


Alessandro Fedrigo Website: http://www.alessandrofedrigo.com/ 

Quando avete iniziato a suonare la chitarra e perché? Con che strumenti suonate e con quali avete suonato?

Alessandro Fedrigo: Avevo 16 anni, ero al Liceo, ricordo che una notte su Rai 3 vidi un concerto che nell'1985 Miles Davis fece a Umbria Jazz, rimasi folgorato e iniziai ad acquistare dischi di jazz mosso più che altro dalla curiosità di "decrifrare" una musica che mi sembrava incomprensibile. Poi di seguito mi comperai un basso usato (un vecchio Ibanez) ed iniziai a suonare e a porendere lezioni.

Che studi avete fatto e qual è il vostro background musicale? Quali sono state e sono le vostre principali influenze musicali? 

A. F.: Il mio strumento (basso elettrico) non si insegna al Conservatorio, dunque all'inizio presi lezioni private da bassisti vari, ed iniziai subito a frequentare delle scuole di musica dove si faceva musica d'insieme. Da li ho iniziato a suonare praticamente in qualsiasi band mi capitasse, rock, funk, fusion, jazz, musica brasiliana, improvvisazione radicale. Dunque la mia formazione è essenzialmente da autodidatta, o comunque abbastanza casuale, nel senso che solo dopo qualche tempo ho iniziato a frequentare i seminari di jazz e di improvvisazione, e da ogni esperienza ho imparato qualcosa devo dire. Solo più recentemente mi sono iscritto al Conservatorio per laurearmi in Jazz, ma tutto sommato come musicista ero gà formato. Le mie influenze? Direi che Pastorius e Steve Swallow sono i bassisti elettrici che ho ammirato di più, poi Dave Holland sicuramente. Tra i "giovani bassisti" apprezzo molto Stomu Takeishi e Tim Lefebvre. Ma davvero ci sono moltissimi msicisti fantastici in circolazione.

Quale significato ha l’improvvisazione nella vostra ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc? 

A. F.: Penso che l'improvvisazione sia un elemento molto importante della mia ricerca. Ragiono più o meno in questi termini: c'è un improvvisazione che svolge all'interno di composizioni, o che usa come materiale di partenza una composizione già scritta, e una tipo di improvvisazione che chiamerei "libera". Nel primo caso il mio approccio è quello di approfondire la composizione, i  materiali di cui essa è composta, la sua forma e cerco per quanto sia possibile di interiorizzarla per poterla poi "trattare" o interpretare col massimo della libertà possibile, cercando di collegare il mio "gesto" musicale al momento, ai musicisti che stanno suonando con me, tenendo a mente che l'obbiettivo è rispettare la musica, la composizione e le individualità che attraverso di essa si esprimono. Nel secondo caso, ovvero nel campo dell'"improvvisazione libera" l'obbiettivo è quello di produrre estemporaneamente una struttura narrativa efficace e percepibile, quale che sia il materiale utilizzato. In questo senso, e tornando alla tua domanda, l'improvvisazione si può mettere in campo con qualsiasi materiale musicale, ovviamente il risultato dipende dal musicista e dalla sua capacità di comprendere, analizzare ed interiorizzare il materiale dal quale prende spunto. 

Una domanda un po’ provocatoria sulla musica in generale, non solo quella contemporanea o d’avanguardia. Frank Zappa nella sua autobiografia scrisse: “Se John Cage per esempio dicesse “Ora metterò un microfono a contatto sulla gola, poi berrò succo di carota e questa sarà la mia composizione”, ecco che i suoi gargarismi verrebbero qualificati come una SUA COMPOSIZIONE, perché ha applicato una cornice, dichiarandola come tale. “Prendere o lasciare, ora Voglio che questa sia musica.” È davvero valida questa affermazione per definire un genere musicale, basta dire questa è musica classica, questa è contemporanea ed è fatta? Ha ancora senso parlare di “genere musicale”?

A. F.:  Cage a parte (compositore si cui sono un ammiratore e che ha aperto per me molte porte e mi ha dato grandissimi stimoli) credo che parlare di generi musicali non abbia più alcun senso, fose ci poteva aiutare a cercare rapidamente i cd in un negozio di dischi, ma ora mi sembra piuttosto inutile. Certo anche io alla domanda "che musica suoni?" Rispondo che suono Jazz, per comunicare spesso è necessario semplificare. Ma pensando ai miei ascolti, agli artisti che ammiro ci sia un filo che li lega, il filo della creatività, dell'onestà artistica e della volontà di ricercare, dunque non vedo "divisioni di genere" tra Stravinsky, Wayne Shorter, Derek Bailey e Aphex Twin. Sono tutti artisti che si esprimono attraverso i suoni, questo per me è sufficiente.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea, per non parlare del successo nella musica leggera, dove chitarra elettrica è ormai sinonimo di rock ... in quanto musicista polivalente e trasversale…  quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

A. F.: Penso che se si scrive appositamente per uno strumento si debba conoscerlo. La chitarra è uno strumento per cui io fatico a scrivere, perché mi rendo conto che ha delle possibilità espressive e tecniche che non conosco, e che non riesco a "controllare" sullo spartito. Anche per questo motivo i pezzi scritti in modo "convenzionale" di questo duo sono composizioni di Roberto, che ben conosce la chitarra e che scrive in un modo polifonico che ritengo molto interessante e che deriva in gran parte dai suoi studi classici. Se scrivo qualcosa per chitarra, accade sempre che poi il chitarrista debba adattarlo al suo strumento, per renderlo più efficace ed espressivo. Di fatto credo che la chitarra sia uno strumento in grande crisi d'identità, sopratutto nel jazz. La chitarra ha avuto una formidabile evoluzione tecnica e sonica dagli anni sessanta, con grandi personalità innovative, anche sul piano strumentale, cito abbastanza a caso Hendrix, Fripp, Frisell, Holdsworth, Torn ora mi sembra che si sia tornati un po' tutti a soluzioni più tradizionali. E forse la stessa cosa sta accadendo per il basso, dove la tecnica, la velocità, il funambolismo hanno perso di vista la capacità di fare musica in modo interessante. Vedremo cosa accadrà.

Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo può assumere la ricerca storica e musicologica in questo contesto?

A. F.:  Credo che la frase di Mahler, citata da Roberto sia la risposta più efficace ed illuminante a questo tipo di quesito. Tutti gli artisti che ammiro/ammiriamo non hanno avuto paura di sfidare le convenzioni e le tradizioni per spingersi più in là, per soddisfare le proprie esigenze creative. E questa per me è la qualità che ammiro di più in un artista, anche trascurando i risultati a cui egli arriva. Mi sembrano sempre più importanti i processi.

Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?

A. F.:  Mi piace l'idea di una "Musica Terrestre", dove culture diverse, tradizioni, tecniche differenti confluiscano e si fondano e si pieghino alle necessità espressive. Qualche anno fa ho fondato un quartetto con Achille Succi, Giancarlo Bianchetti e Carlo Canevali che ho chiamato appunto "Quartetto Terrestre" con la volontà di produrre una musica che soddisfacesse questa pulsione. 
Una sorta di "esperantismo musicale terrestre", che permetta di costruire una nuova musica, da esportare su altri pianeti.

Ci consigliate cinque dischi per voi indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..

A. F.: 
"Kind of Blue" di Miles Davis, un classico, inarrivabile.
"Night Passage" dei Weather Report, un buon esempio di Musica Terrestre a 360 gradi.
"Come to Daddy" di Aphex Twin, la musica elettronica, tante potenzialità per uno degli artisti più interessanti degli ultimi anni.
"La Sagra della Primavera" di Stravinsky, in una qualche incisione, ce ne sono tantissime di pregevoli. Non c'è nulla da dire per me su questa composizione, è meravigliosa.
"I, Claudia" Claudia Quintet, qualcosa di più recente e molto interessante. John Hollenbeck scrive della bellissima musica, e questo disco mi sembra uno dei più riusciti della loro produzione.

Quali sono invece i vostri cinque spartiti indispensabili?.

A. F.: 
Ecco a parte ovviamente "Come to Daddy", dei disci che ho citato si possono trovare le partiture, anche la trascrizione dei soli in qualche caso. 
Mi sembra molto bello poter ascoltare e vedere le partiture.
E' un modo per entrare nella musica da un altra porta, per questo motivo mi piace molto che sul sito di nusica.org le partiture dei pezzi siano visibili e scaricabili.

Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli vi sentite di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?

A. F.: Suonare qualsiasi musica, senza preconcetti e preclusioni, cercando di incontrare persone interessanti e creative. Sperimentare sempre e con rigore.
Ricordarsi che nell'arte non esiste "giusto" e "sbagliato" ma cercare di trovare la propria voce mettendosi sempre in discussione.
Ricordarsi che quando suoniamo stiamo suonando per il pubblico che abbiamo davanti, e che qualsiasi cosa vogliamo comunicare abbiamo il dovere di provare a farlo in modo comprensibile.