lunedì 31 dicembre 2007
Auguri di Buon 2008!
Care amiche e cari amici del blog ... auguri! Tanti sinceri auguri a Voi e alle Vostre famiglie di un meraviglioso, sereno e ... musicale 2008!
Permettetemi di cogliere questa occasione per ringraziarVi, tutti, tutti Voi. Voi che contribuite, scrivete o semplicemente leggete questo blog. Perchè mi avete, ci avete fatto tutti a tutti noi un grandissimo dono. Quando siamo partiti il 24 ottobre del 2007 l'idea del blog dedicato alla chitarra classica ci sembrava una ... piccola follia .. un sogno ... una semplice utopia.
E invece ... e invece ad oggi abbiamo totalizzato più di 2212 visite! Con una media di 1100 visite al mese! Con una media di 30 visite al giorno! Per un totale di oltre 3804 pagine e argomenti visitati e letti!
Sono cifre che mi lasciano .. sbalordito. Lo confesso, mai, neanche nei mie sogni più arditi avrei immaginato una simile risposta da parte Vostra. E' meraviglioso, meraviglioso!
Non posso far altro che umilmente e sinceramente ringraziarVi tutti e prometterVi che per il 2008 faremo tutto il possibile per rendere ancora di più questo blog utile e interessante, per farlo diventare un punto di riferimento per ogni appassionato di musica e di chitarra classica.
Tanti auguri e ... a rivederci nel 2008!
Norman Czabo
Permettetemi di cogliere questa occasione per ringraziarVi, tutti, tutti Voi. Voi che contribuite, scrivete o semplicemente leggete questo blog. Perchè mi avete, ci avete fatto tutti a tutti noi un grandissimo dono. Quando siamo partiti il 24 ottobre del 2007 l'idea del blog dedicato alla chitarra classica ci sembrava una ... piccola follia .. un sogno ... una semplice utopia.
E invece ... e invece ad oggi abbiamo totalizzato più di 2212 visite! Con una media di 1100 visite al mese! Con una media di 30 visite al giorno! Per un totale di oltre 3804 pagine e argomenti visitati e letti!
Sono cifre che mi lasciano .. sbalordito. Lo confesso, mai, neanche nei mie sogni più arditi avrei immaginato una simile risposta da parte Vostra. E' meraviglioso, meraviglioso!
Non posso far altro che umilmente e sinceramente ringraziarVi tutti e prometterVi che per il 2008 faremo tutto il possibile per rendere ancora di più questo blog utile e interessante, per farlo diventare un punto di riferimento per ogni appassionato di musica e di chitarra classica.
Tanti auguri e ... a rivederci nel 2008!
Norman Czabo
sabato 29 dicembre 2007
venerdì 28 dicembre 2007
Note su "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" di Benjamin di Walter Falciatore parte prima
Con molto piacere pubblichiamo questo intervento in quattro parti di Walter Falciatore, dedicato a "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" di Benjamin.
Norman Czabo
L’arte e la tecnica, la percezione estetica, la funzione politica dell’arte, più esattamente la politicizzazione dell’arte per combattere l’estetizzazione della politica. Per molti versi si tratta di temi irrimediabilmente invecchiati quando li si osservi come circoscritti all’epoca storica a cui si riferiscono, strumenti di una battaglia allora attuale tra le due avanguardie contrapposte, quella aristocratica del fascismo e quella rivoluzionaria del comunismo. Marinetti contro Brecht, per intenderci, futurismo contro realismo socialista, scontro tra fazioni apertamente contrapposte, scontro di guerra che prevede chiare la vittoria e la sconfitta. E invece così non è stato, da quel conflitto quale debba essere la la funzione sociale della attività artistica non è emerso in modo più chiaro, ma è certo che la fiducia in un’arte il cui agire e significato si tramuti in azione sociale è nozione che ha perduto gran parte del suo significato, inversamente sembra piuttosto che l’altro aspetto, quello dell’estetizzazione o del trasferimento dell’estetica nella vita e nella sua dimensione politica abbia finito per caratterizzare l’epoca contemporanea e che i processi che Benjamin aveva anticipato siano andati in buona misura verificandosi in quell’arte di massa che egli fu tra i primi ad analizzare. E’ a tale aspetto della sua riflessione, ancora attualissimo , che faremo riferimento in questo articolo che apre la nuova serie di contributi sull’estetica e la società del nostro Caffè.
La riproducibilità, secondo Benjamin, distruggerebbe quella che egli definisce “l’aura” dell’opera d’arte. Egli la concepisce come qualcosa di irripetibile che era presente nelle opere antiche, un qualcosa di originario che ne garantiva l’autenticità, proveniente da manipolazioni tecniche che gli dovevano apparire ogni volta uniche e non totalmente imitabili e dal fatto che l’espositività dell’opera, quella che oggi si chiamerebbe la sua fruizione, era limitata a pochi, non percepita come oggi da ognuno e ovunque, come accade per ogni immagine che sia realizzata in serie.
Per chiarezza Benjamin cita ad esempio il simulacro che riposava nascosto nella cella dei templi, che pur visibile per il solo sacerdote possedeva integro il suo valore per tutta la comunità.
La tecnica della riproduzione, afferma Benjamin, sottrae il riprodotto all’ambito della tradizione e la crisi della tradizione è necessaria alla democratizzazione della massa (per i tempi a cui risale lo scritto diremo anche ai movimenti di massa). Agente esemplare di questo fenomeno è il cinema. Per Benjamin il cinema non impone il raccoglimento nell’attenzione estetica, una esigenza che egli ritiene specifica dell’arte tradizionale perché legata al rituale, ma invita ad una sorta di partecipazione che si potrebbe definire, come egli fa, una attitudine alla ricezione sospesa o all’esaminare distratto (oggi si direbbe “effetto subliminale”) che nel contempo sembra poter consentire una maggiore identità dello spettatore con l’opera e, in particolare , l’accesso a quel nuovo modo di percepire la realtà che prima la fotografia e che poi la fotografia in movimento hanno inaugurato presso la grande massa del pubblico. Così il cinema sarebbe diventato lo strumento privilegiato della diffusione della cultura politica democratica tra le masse, ammesso che a utilizzarne le potenzialità fossero forze democratiche anziché oscurantiste. Benjamin si riferiva alle caratteristiche nuove e specifiche della tecnica cinematografica che, come si è visto, fu manipolata con non minore efficacia dai nazionalsocialisti che dai compagni di strada dello stesso autore, anzi, sarà proprio nella Germania dell’epoca che l’arte del film conoscerà le basi delle sue metodologie future.
Le osservazioni di Benjamin sulle peculiarità della tecnica cinematografica sono in effetti illuminanti e vertono sostanzialmente su due aspetti che contribuirebbero a mutare la risposta percettiva dello spettatore nei confronti dell’opera: si tratta naturalmente della illusione di realtà generata attraverso il movimento dalla serie di fotogrammi giustapposti nel montaggio (che Benjamin definisce una “natura di secondo grado”) e la particolare conoscenza empatica che la capacità di indagine della macchina da presa consente attraverso primi piani , ralenti, l’acuta oggettivazione del dettaglio e in genere gli artifici tecnici propri del mezzo, i quali permettono allo spettatore di “entrare “ nella realtà stessa della immagine filmata come a farne parte. A corollario di questa analisi Benjamin osserva, ed è una profonda osservazione, che tutto ciò produce un interscambio tra il film, opera d’arte, e lo spettatore, di un genere che mai prima era avvenuto nella storia della percezione e della società. E’ una questione di distanza: mediante la tecnica cinematografica l’arte perde tutta la sua ieraticità, la sua “aura”,filtrata attraverso il realismo del film,si ravvicina allo spettatore e diviene materialità, fenomeno autenticamente democratico. Similmente egli ritiene debba accadere in letteratura, come in effetti accadrà, quando prevede che nel futuro tenderà a scomparire la tradizionale distanza che separava chi scrive da chi legge e scorge l’origine del processo anche qui di scambio reciproco nell’ abitudine che andava allora diffondendosi di manifestare il proprio pensiero non professionale per mezzo delle lettere al direttore dei quotidiani.
(..segue..)
Walter Falciatore
http://www.kore.it/CAFFE/caffe.htm
Norman Czabo
L’arte e la tecnica, la percezione estetica, la funzione politica dell’arte, più esattamente la politicizzazione dell’arte per combattere l’estetizzazione della politica. Per molti versi si tratta di temi irrimediabilmente invecchiati quando li si osservi come circoscritti all’epoca storica a cui si riferiscono, strumenti di una battaglia allora attuale tra le due avanguardie contrapposte, quella aristocratica del fascismo e quella rivoluzionaria del comunismo. Marinetti contro Brecht, per intenderci, futurismo contro realismo socialista, scontro tra fazioni apertamente contrapposte, scontro di guerra che prevede chiare la vittoria e la sconfitta. E invece così non è stato, da quel conflitto quale debba essere la la funzione sociale della attività artistica non è emerso in modo più chiaro, ma è certo che la fiducia in un’arte il cui agire e significato si tramuti in azione sociale è nozione che ha perduto gran parte del suo significato, inversamente sembra piuttosto che l’altro aspetto, quello dell’estetizzazione o del trasferimento dell’estetica nella vita e nella sua dimensione politica abbia finito per caratterizzare l’epoca contemporanea e che i processi che Benjamin aveva anticipato siano andati in buona misura verificandosi in quell’arte di massa che egli fu tra i primi ad analizzare. E’ a tale aspetto della sua riflessione, ancora attualissimo , che faremo riferimento in questo articolo che apre la nuova serie di contributi sull’estetica e la società del nostro Caffè.
La riproducibilità, secondo Benjamin, distruggerebbe quella che egli definisce “l’aura” dell’opera d’arte. Egli la concepisce come qualcosa di irripetibile che era presente nelle opere antiche, un qualcosa di originario che ne garantiva l’autenticità, proveniente da manipolazioni tecniche che gli dovevano apparire ogni volta uniche e non totalmente imitabili e dal fatto che l’espositività dell’opera, quella che oggi si chiamerebbe la sua fruizione, era limitata a pochi, non percepita come oggi da ognuno e ovunque, come accade per ogni immagine che sia realizzata in serie.
Per chiarezza Benjamin cita ad esempio il simulacro che riposava nascosto nella cella dei templi, che pur visibile per il solo sacerdote possedeva integro il suo valore per tutta la comunità.
La tecnica della riproduzione, afferma Benjamin, sottrae il riprodotto all’ambito della tradizione e la crisi della tradizione è necessaria alla democratizzazione della massa (per i tempi a cui risale lo scritto diremo anche ai movimenti di massa). Agente esemplare di questo fenomeno è il cinema. Per Benjamin il cinema non impone il raccoglimento nell’attenzione estetica, una esigenza che egli ritiene specifica dell’arte tradizionale perché legata al rituale, ma invita ad una sorta di partecipazione che si potrebbe definire, come egli fa, una attitudine alla ricezione sospesa o all’esaminare distratto (oggi si direbbe “effetto subliminale”) che nel contempo sembra poter consentire una maggiore identità dello spettatore con l’opera e, in particolare , l’accesso a quel nuovo modo di percepire la realtà che prima la fotografia e che poi la fotografia in movimento hanno inaugurato presso la grande massa del pubblico. Così il cinema sarebbe diventato lo strumento privilegiato della diffusione della cultura politica democratica tra le masse, ammesso che a utilizzarne le potenzialità fossero forze democratiche anziché oscurantiste. Benjamin si riferiva alle caratteristiche nuove e specifiche della tecnica cinematografica che, come si è visto, fu manipolata con non minore efficacia dai nazionalsocialisti che dai compagni di strada dello stesso autore, anzi, sarà proprio nella Germania dell’epoca che l’arte del film conoscerà le basi delle sue metodologie future.
Le osservazioni di Benjamin sulle peculiarità della tecnica cinematografica sono in effetti illuminanti e vertono sostanzialmente su due aspetti che contribuirebbero a mutare la risposta percettiva dello spettatore nei confronti dell’opera: si tratta naturalmente della illusione di realtà generata attraverso il movimento dalla serie di fotogrammi giustapposti nel montaggio (che Benjamin definisce una “natura di secondo grado”) e la particolare conoscenza empatica che la capacità di indagine della macchina da presa consente attraverso primi piani , ralenti, l’acuta oggettivazione del dettaglio e in genere gli artifici tecnici propri del mezzo, i quali permettono allo spettatore di “entrare “ nella realtà stessa della immagine filmata come a farne parte. A corollario di questa analisi Benjamin osserva, ed è una profonda osservazione, che tutto ciò produce un interscambio tra il film, opera d’arte, e lo spettatore, di un genere che mai prima era avvenuto nella storia della percezione e della società. E’ una questione di distanza: mediante la tecnica cinematografica l’arte perde tutta la sua ieraticità, la sua “aura”,filtrata attraverso il realismo del film,si ravvicina allo spettatore e diviene materialità, fenomeno autenticamente democratico. Similmente egli ritiene debba accadere in letteratura, come in effetti accadrà, quando prevede che nel futuro tenderà a scomparire la tradizionale distanza che separava chi scrive da chi legge e scorge l’origine del processo anche qui di scambio reciproco nell’ abitudine che andava allora diffondendosi di manifestare il proprio pensiero non professionale per mezzo delle lettere al direttore dei quotidiani.
(..segue..)
Walter Falciatore
http://www.kore.it/CAFFE/caffe.htm
giovedì 27 dicembre 2007
Registrato il suono del Dna, la 'musica della vita' si Empedocle70
Roma, 18 dic. (Adnkronos Salute) - Il suono della vita, una sorta di musica proveniente dai movimenti del Dna, è stato registrato e brevettato per la prima volta da un team di ricercatori italiani e statunitensi guidato da Carlo Ventura, docente di Biologia molecolare dell'università di Bologna, e dal fisico James Gimzewski, dell'università di Los Angeles, California. La scoperta, oltre a essere curiosa, potrebbe in futuro portare gli scienziati a trasformarsi in 'direttori d'orchestra' capaci di indirizzare le cellule a differenziarsi seguendo un suono di riferimento ben preciso. Ventura ha illustrato i risultati dei suoi studi in occasione del convegno 'Aspetti biologici, clinici e sociali dell'allungamento della vita media', organizzato a Roma dall'Istituto nazionale biostrutture e biosistemi (Inbb).
"Il nostro genoma - spiega - è fatto da una miriade di anse, di ripiegamenti che non hanno solo la funzione di 'impacchettare' i circa due metri della molecola del Dna in poche decine di millesimi di millimetro di diametro del nucleo. Per molto tempo - aggiunge - si è pensato che queste anse servissero a guadagnare spazio, ma oggi sappiamo che, pur facendo parte del cosiddetto Dna 'spazzatura', cioè che non codifica alcuna proteina, hanno una precisa funzione di 'architettura'''.
"I ripiegamenti del Dna - afferma l'esperto - sono dinamici nell'assemblarsi e nel disassemblarsi e questo loro muoversi in continuazione viene trasmesso a strutture del citoscheletro fino a creare una vibrazione sulla superficie della cellula.
Questa vibrazione è compresa nell'arco di frequenze udibili dall'orecchio umano: dunque, non abbiamo fatto altro che sviluppare un approccio in grado di rilevare questi suoni. E quello che emerge è che questi rumori sono in qualche modo 'specifici' per quello che la cellula sta facendo in termini di espressione di geni, in quel momento".
In futuro i ricercatori mirano a capire se il 'suono' può indirizzare le cellule e far comprendere loro cosa fare. In pratica, con il suono giusto si potrebbero impartire precisi ordini. "Bisognerà capire - conclude Ventura - se a differenziamenti specifici corrispondano frequenze sonore specifiche. Qualora fosse così, solo in un secondo momento si potrà vedere se, facendo ascoltare alla cellula questi suoni, la si potrà trasformare in quello che vogliamo".
Empedocle70
"Il nostro genoma - spiega - è fatto da una miriade di anse, di ripiegamenti che non hanno solo la funzione di 'impacchettare' i circa due metri della molecola del Dna in poche decine di millesimi di millimetro di diametro del nucleo. Per molto tempo - aggiunge - si è pensato che queste anse servissero a guadagnare spazio, ma oggi sappiamo che, pur facendo parte del cosiddetto Dna 'spazzatura', cioè che non codifica alcuna proteina, hanno una precisa funzione di 'architettura'''.
"I ripiegamenti del Dna - afferma l'esperto - sono dinamici nell'assemblarsi e nel disassemblarsi e questo loro muoversi in continuazione viene trasmesso a strutture del citoscheletro fino a creare una vibrazione sulla superficie della cellula.
Questa vibrazione è compresa nell'arco di frequenze udibili dall'orecchio umano: dunque, non abbiamo fatto altro che sviluppare un approccio in grado di rilevare questi suoni. E quello che emerge è che questi rumori sono in qualche modo 'specifici' per quello che la cellula sta facendo in termini di espressione di geni, in quel momento".
In futuro i ricercatori mirano a capire se il 'suono' può indirizzare le cellule e far comprendere loro cosa fare. In pratica, con il suono giusto si potrebbero impartire precisi ordini. "Bisognerà capire - conclude Ventura - se a differenziamenti specifici corrispondano frequenze sonore specifiche. Qualora fosse così, solo in un secondo momento si potrà vedere se, facendo ascoltare alla cellula questi suoni, la si potrà trasformare in quello che vogliamo".
Empedocle70
mercoledì 26 dicembre 2007
Su Giullaresque ed altro: musica modale (e neo-modale) di Fausto Bottai - parte seconda
Alla fin fine, se di relazioni 'armoniche' funzionali si può (anzi si deve) ancora parlare, bisognerà farlo in un contesto e in un senso del tutto diverso, tenendo presente comunque, come diceva Shoenberg, che anche nei casi estremi di ripulsa del tonalismo “la rinuncia al potere unificante della tonica lascia tuttavia in azione tutti gli altri fattori” propri del discorso ‘tonale’: in particolare il bisogno, e la conseguente ricerca, di sonorità referenziali, le ‘cadenze’, che costituiscono l’essenza non solo del discorso tonale, ma di qualsiasi possibile discorso. Proverò a parlarne un attimo, chiedendo scusa per quel tanto di superficiale ed approssimativo che ogni discorso per sommi capi rischia di postare con sé (ma non possiamo in questa sede scendere troppo nei particolari....) Com'è noto, soltanto nel modo maggiore si realizzano 'naturalmente' le condizioni in base alle quali si esplicano le relazioni armoniche fondamentali della tonalità. Già il modo minore ci appare un'imitazione, con materiale 'naturalmente' meno coerente, della 'perfezione' del maggiore. Comunque maggiore e minore sono il risultato di un'evoluzione, così sinteticamente descritta da Shoenberg (Manuale di armonia): 'i modi gregoriani tendevano ad imitare la particolarità dello ionico, consistente nella sensibile ascendente al settimo grado distante solo un semitono dall'ottavo; e ho già detto che, secondo me, questa tendenza è stata la causa della dissoluzione dei modi gregoriani, perché così si venivano ad eliminare le differenze caratteristiche tra loro, ed essi divennero tanto simili che finirono col restarne solo due tipi ben differenziati: il modo maggiore, che riuniva in sé le caratteristiche dello ionico e degli altri modi analoghi, e il modo minore per l'eolico e simili". Questa evoluzione ha prodotto in definitiva una sorta di contrapposizione 'a specchio' fra due materiali sonori: nel modo maggiore, l'affermazione del carattere tipico della tonalità si manifesta nel fatto che gli accordi principali sono tutti maggiori, al contrario degli altri; nel modo minore, all'opposto, gli accordi principali sono tutti minori, al contrario degli altri. L'alterazione della sensibile nel modo minore contraddice in effetti immediatamente questa rigida differenziazione modale: questo fatto rende evidente che la relazione cadenzale dominante-tonica quale si presenta nel modo maggiore, assunta come 'modello', è di fatto ritenuta più importante della stessa caratterizzazione modale (ed è ciò che rende il modo minore, con le sue 'leggi dei punti di volta' etc., una costruzione altamente instabile, tipica soluzione 'di compromesso' fra esigenze profondamente contraddittorie). Nell'epoca 'classica' del tonalismo, l'idea di aver ormai raggiunto un sistema armonico 'perfetto' perché fondato sull' 'imitazione della natura' ha fatto sì, da un lato, che si sottovalutassero le contraddizioni insite nel sistema stesso, dall'altro, che si ponesse in modo riduttivo, e fondamentalmente sbagliato, la questione del rapporto fra quel sistema e la musica degli 'altri' (dal punto di vista etnografico, ma anche storiografico: cioè non solo la musica 'esotica', ma anche quella della tradizione occidentale appartenente all'epoca precedente, 'pre-classica'). L' idea di 'progresso' nella storia musicale, che decreta come culmine dell'evoluzione culturale la musica dell' Occidente colto da Bach in poi, non connota infatti nel segno del disprezzo e del disinteresse soltanto la musica delle razze non bianche; finisce con l'implicare un giudizio (o pre-giudizio) negativo anche della nostra stessa musica antica: "la musica" ha scritto E.Fubini ne 'L'estetica musicale dal Settecento ad oggi "tende sempre più a liberarsi dell'oscurantismo medievale rappresentato... dall'irrazionalità del contrappunto e della polifonia per raggiungere la chiarezza e limpidezza di cui è simbolo la musica italiana nella sua schietta vena melodica". E' ovvio, a questo punto, concludere che i principi fondamentali del tonalismo, così sommariamente descritti, sono entrati definitivamente in crisi ormai da lungo tempo...
(..segue..)
Fausto Bottai
Puntate precedenti:
parte prima: http://chitarraedintorni.blogspot.com/2007/12/su-giullaresque-ed-altro-musica-modale.html
(..segue..)
Fausto Bottai
Puntate precedenti:
parte prima: http://chitarraedintorni.blogspot.com/2007/12/su-giullaresque-ed-altro-musica-modale.html
lunedì 24 dicembre 2007
sabato 22 dicembre 2007
venerdì 21 dicembre 2007
Radiohead ... no more download ...
I Radiohead cambiano idea: il loro In Rainbows, rilasciato in rete lo scorso ottobre con la formula paga-quanto-vuoi, dal 10 dicembre non è più disponibile online e sarà in vendita esclusivamente nei negozi a partire dal 31 dicembre.
E non finisce qui. In una intervista rilasciata al New York Times, il manager della band Chris Hufford mette le cose in chiaro: "Questa storia (il download libero di In Rainbows, ndR) era la soluzione ad una serie di questioni: dubito che funzionerebbe di nuovo in futuro". Vale a dire che la prossima volta il disco dei Radiohead potrebbe di nuovo venire distribuito soltanto su CD e persino, forse, attraverso una major.
Il perché di questa apparente retromarcia non è del tutto chiaro: i più maliziosi sostengono si tratti della conseguenza dello scarso successo economico dell'iniziativa, i ricavi infatti potrebbero non essere stati stellari, o comunque all'altezza delle aspettative. Oppure, smaltito l'effetto pubblicitario della trovata, ora i Radiohead potrebbero concentrarsi nel raccogliere quanto hanno seminato attraverso la vendita dei biglietti per i concerti e dei loro CD nei negozi.
Tutte comunque semplici ipotesi: nessuno conosce i guadagni effettivi ottenuti da In Rainbows in questi 2 mesi, né è possibile stabilire in anticipo se e quanto venderà l'album attraverso i canali cosiddetti tradizionali. Nel frattempo la band avrebbe iniziato le trattative per portare le sue canzoni su iTunes Store, una eventualità quantomeno remota fino a qualche tempo fa, vista la pretesa di Yorke e compagni di impedire la vendita dei singoli brani per non snaturare il messaggio complessivo dei loro album.
Empedocle70
E non finisce qui. In una intervista rilasciata al New York Times, il manager della band Chris Hufford mette le cose in chiaro: "Questa storia (il download libero di In Rainbows, ndR) era la soluzione ad una serie di questioni: dubito che funzionerebbe di nuovo in futuro". Vale a dire che la prossima volta il disco dei Radiohead potrebbe di nuovo venire distribuito soltanto su CD e persino, forse, attraverso una major.
Il perché di questa apparente retromarcia non è del tutto chiaro: i più maliziosi sostengono si tratti della conseguenza dello scarso successo economico dell'iniziativa, i ricavi infatti potrebbero non essere stati stellari, o comunque all'altezza delle aspettative. Oppure, smaltito l'effetto pubblicitario della trovata, ora i Radiohead potrebbero concentrarsi nel raccogliere quanto hanno seminato attraverso la vendita dei biglietti per i concerti e dei loro CD nei negozi.
Tutte comunque semplici ipotesi: nessuno conosce i guadagni effettivi ottenuti da In Rainbows in questi 2 mesi, né è possibile stabilire in anticipo se e quanto venderà l'album attraverso i canali cosiddetti tradizionali. Nel frattempo la band avrebbe iniziato le trattative per portare le sue canzoni su iTunes Store, una eventualità quantomeno remota fino a qualche tempo fa, vista la pretesa di Yorke e compagni di impedire la vendita dei singoli brani per non snaturare il messaggio complessivo dei loro album.
Empedocle70
giovedì 20 dicembre 2007
mercoledì 19 dicembre 2007
Su Giullaresque ed altro: musica modale (e neo-modale) di Fausto Bottai parte prima
Noi 'occidentali', almeno a partire dall'epoca di Bach, siamo abituati a concepire le nostre 'idee' musicali quali appartenenti sostanzialmente a due configurazioni modali, il modo maggiore e il modo minore. (Breve parentesi: i 'moderni' che hanno tentato di sovvertire i principi del tonalismo, da questo punto di vista, hanno addirittura semplificato le cose: al posto di due, un solo modo caratterizzato dall'uso dell'intera gamma delle note cromatiche che formano l'ottava.) Quindi, se ci imbattiamo in un brano che ha per tonica la nota RE, ci viene spontaneo dare un'occhiata sul pentagramma per controllare se in chiave ci sono segnati due diesis o un bemolle. In fondo, l'informazione relativa alla tonica serve più a determinare l'altezza delle note (cioè la 'tonalità') che la configurazione modale del brano. Gli antichi ragionavano in un maniera un po' diversa: avendo di fronte una gamma di possibili configurazioni modali molto più ampia, il primo compito era quello di definire con certezza il modo in cui era stato composto il brano (ricordo che a partire da ogni nota della scala di DO era possibile costruire una differente struttura modale: dal DO, corrispondente al nostro maggiore, il c.d. modo ionico, dal RE, il dorico, dal MI, il frigio e così via..). Per cui la 'tonica RE' era spontaneamente associata al modo dorico; l'eolico, a partire dalla nota LA, corrispondeva al nostro minore. Bisognava familiarizzarsi con una certa relativa ambiguità lessicale: nel definire un modo eolico con tonica RE, era necessario comprendere due informazioni diverse 1) che si trattava del modo eolico, quello convenzionalmente associato alla scala di LA 2) che nel caso specifico si trattava dello stesso modo trasposto alla quinta superiore. Un ragionamento apparentemente involuto, ma l'unico che consentisse di non confondere eolico e dorico e di andare avanti tranquilli.. Le cose si complicano ulteriormente quando, come nel caso di Giullaresque, si mettono in campo altre strutture modali, diverse da quelle 'tradizionali', cui accennavo poc'anzi... Ma prima di tutto, perché andare in cerca di queste 'avventure' neo-modali?
Piccola digressione: come si sa, il richiamo ad elementi culturali arcaici (o esotici) rappresenta una costante nella storia della musica contemporanea (ma potremmo dire moderna, procedendo a ritroso, almeno fino all'epoca in cui il sistema armonico tradizionale entrava in crisi e nasceva, o rinasceva, l'interesse per tutte quelle forme musicali che mal si adattavano ad essere irreggimentate nelle strutture tipiche del tonalismo). Elemento fondamentale della musica popolare, infatti, è la sua estraneità, il suo 'essere altro' rispetto alla musica colta e alla sua storia (soprattutto se prendiamo come riferimento in modo specifico il periodo classico sette-ottocentesco). In parte, infatti, le strutture scalari e modali della musica popolare europea rimandano all'antico modalismo greco-ecclesiastico, in parte a strutture autonome che non hanno riscontri nella musica colta. In ogni caso, che si tratti del principio modale greco-ecclesiastico o di quel che ne è sopravvissuto nelle sedimentazioni del canto popolare o di qualunque altro fattore, sta di fatto che il c.d. 'uso del popolare' ha agito potentemente, nel dissolvimento della sensibilità tonale, verso una "reintepretazione dei fondamenti del linguaggio musicale" nel corso del XIX e soprattutto del XX secolo. Centrale, in questo contesto, è l'analisi delle modalità con cui tanti compositori e/o musicologi si dedicano, nell'ambito delle loro ricerche sul canto popolare, alle 'armonizzazioni' dei brani che vengono raccogliendo e catalogando. Si tratta, a parte i brani di impianto squisitamente 'maggiore', di operazioni dove le successioni accordali funzionali tipiche dell'armonia tonale 'classica' non sono praticabili, neanche con tutte le eccezioni che il tonalismo pure prevede per il modo minore. Inevitabile conseguenza di una situazione in cui si sovrappongono linguaggi che obbediscono a leggi differenti e che cercano una difficile convivenza. Nell'ambito della musica celtica, per esempio, è facile individuare la permanenza di strutture modali arcaiche (dorico, eolico, ma anche misolidio), in cui l'uso dell'alterazione ascendente del settimo grado rappresenterebbe con ogni evidenza un tradimento del carattere rigorosamente diatonico del modo: in questi casi l'accordo sul quinto grado, che sarebbe minore, viene per lo più sostituito dall'accordo maggiore sul settimo. E si tratta, per usare un linguaggio tipico dell'analisi dei sistemi post-tonali, di un 'aggregato che ha un effetto di stabilità' pur non appartenendo alla successione canonica dominante-tonica. Ma l'uso abituale di queste successioni non canoniche, accompagnato spesso da andamenti melodici tonalmente ambigui e contraddittori, magari caratterizzati da passaggi di tonalità non determinati da vere e proprie modulazioni, etc. etc. tutto questo in definitiva rimette in discussione dalle fondamenta l'intera impalcatura del sistema tonale.
Piccola digressione: come si sa, il richiamo ad elementi culturali arcaici (o esotici) rappresenta una costante nella storia della musica contemporanea (ma potremmo dire moderna, procedendo a ritroso, almeno fino all'epoca in cui il sistema armonico tradizionale entrava in crisi e nasceva, o rinasceva, l'interesse per tutte quelle forme musicali che mal si adattavano ad essere irreggimentate nelle strutture tipiche del tonalismo). Elemento fondamentale della musica popolare, infatti, è la sua estraneità, il suo 'essere altro' rispetto alla musica colta e alla sua storia (soprattutto se prendiamo come riferimento in modo specifico il periodo classico sette-ottocentesco). In parte, infatti, le strutture scalari e modali della musica popolare europea rimandano all'antico modalismo greco-ecclesiastico, in parte a strutture autonome che non hanno riscontri nella musica colta. In ogni caso, che si tratti del principio modale greco-ecclesiastico o di quel che ne è sopravvissuto nelle sedimentazioni del canto popolare o di qualunque altro fattore, sta di fatto che il c.d. 'uso del popolare' ha agito potentemente, nel dissolvimento della sensibilità tonale, verso una "reintepretazione dei fondamenti del linguaggio musicale" nel corso del XIX e soprattutto del XX secolo. Centrale, in questo contesto, è l'analisi delle modalità con cui tanti compositori e/o musicologi si dedicano, nell'ambito delle loro ricerche sul canto popolare, alle 'armonizzazioni' dei brani che vengono raccogliendo e catalogando. Si tratta, a parte i brani di impianto squisitamente 'maggiore', di operazioni dove le successioni accordali funzionali tipiche dell'armonia tonale 'classica' non sono praticabili, neanche con tutte le eccezioni che il tonalismo pure prevede per il modo minore. Inevitabile conseguenza di una situazione in cui si sovrappongono linguaggi che obbediscono a leggi differenti e che cercano una difficile convivenza. Nell'ambito della musica celtica, per esempio, è facile individuare la permanenza di strutture modali arcaiche (dorico, eolico, ma anche misolidio), in cui l'uso dell'alterazione ascendente del settimo grado rappresenterebbe con ogni evidenza un tradimento del carattere rigorosamente diatonico del modo: in questi casi l'accordo sul quinto grado, che sarebbe minore, viene per lo più sostituito dall'accordo maggiore sul settimo. E si tratta, per usare un linguaggio tipico dell'analisi dei sistemi post-tonali, di un 'aggregato che ha un effetto di stabilità' pur non appartenendo alla successione canonica dominante-tonica. Ma l'uso abituale di queste successioni non canoniche, accompagnato spesso da andamenti melodici tonalmente ambigui e contraddittori, magari caratterizzati da passaggi di tonalità non determinati da vere e proprie modulazioni, etc. etc. tutto questo in definitiva rimette in discussione dalle fondamenta l'intera impalcatura del sistema tonale.
(..segue..)
Fausto Bottai
martedì 18 dicembre 2007
Spidart, l'etichetta musicale diventa sociale
Spidart: una vera e propria etichetta musicale collettiva che trasforma i fan in produttori. Sebbene ancora in versione beta ha già attirato l’attenzione del curioso popolo del Web, Spidart, il nuovo sito francese che dà la possibilità a chiunque di produrre un proprio CD con la unica clausola del gradimento della community online.
Sull’onda di quanto avvenuto negli Stati Uniti con SellaBand, un modello di social network esplicitamente creato per piccoli gruppi di musicisti emergenti che finanzia in media un artista al mese, l’etichetta partecipata “made in France” sta prendendo piede rivoluzionando il mondo della produzione musicale verso prospettive di etichetta partecipata.
Il funzionamento della piattaforma è molto semplice e basato sul principio che la notorietà nel mondo in rete si raggiunge in maniera democratica e dal basso in base all’indice di gradimento del pubblico. Partorito dalla mente creativa di 6 giovani amici il progetto permette ai musicisti in erba di condividere sul sito 3 brani di propria produzione in Mp3.
Chiunque ascolti i pezzi potrà scommettere 10 Euro e, una volta raggiunta la soglia dei 50 mila Euro, l’etichetta virtuale produrrà l’intero album per il gruppo esordiente. Stando a quanto riferito da uno dei fondatori, Nicolas Claramond, in un solo mese la società avrebbe ricevuto 12.000 euro e 5 artisti avrebbero già raggiunto quota 1.000 euro. A differenza di quanto successo oltre Oceano con Sellaband però, i proventi raccolti vengono tripartiti tra l’artista (35%), i fan (35%) e il gestore (30%)
Empedocle70
Sull’onda di quanto avvenuto negli Stati Uniti con SellaBand, un modello di social network esplicitamente creato per piccoli gruppi di musicisti emergenti che finanzia in media un artista al mese, l’etichetta partecipata “made in France” sta prendendo piede rivoluzionando il mondo della produzione musicale verso prospettive di etichetta partecipata.
Il funzionamento della piattaforma è molto semplice e basato sul principio che la notorietà nel mondo in rete si raggiunge in maniera democratica e dal basso in base all’indice di gradimento del pubblico. Partorito dalla mente creativa di 6 giovani amici il progetto permette ai musicisti in erba di condividere sul sito 3 brani di propria produzione in Mp3.
Chiunque ascolti i pezzi potrà scommettere 10 Euro e, una volta raggiunta la soglia dei 50 mila Euro, l’etichetta virtuale produrrà l’intero album per il gruppo esordiente. Stando a quanto riferito da uno dei fondatori, Nicolas Claramond, in un solo mese la società avrebbe ricevuto 12.000 euro e 5 artisti avrebbero già raggiunto quota 1.000 euro. A differenza di quanto successo oltre Oceano con Sellaband però, i proventi raccolti vengono tripartiti tra l’artista (35%), i fan (35%) e il gestore (30%)
Empedocle70
lunedì 17 dicembre 2007
Jacopo da Montaio, virtual pieces for piano and harp
Presentandomi su questo blog mi sono scherzosamente definito 'virtual guitarist'. Ho infatti candidamente confessato il fatto che in questa definizione l'accento andava posto sul primo termine del binomio, dato che io non so assolutamente suonare la chitarra...
Ora, non voglio certo addentrarmi in lunghe e forse noiose considerazioni.. Basti qui ribadire come l'avvento dell'elettronica in ambito musicale abbia determinato una situazione del tutto inedita e per molti versi paradossale: il compositore, ma anche l' 'esecutore' di un brano, può permettersi il lusso di non saper suonare alcuno strumento musicale secondo una delle tecniche tradizionali, o anche semplicemente di non averne voglia. Egli ha infatti a disposizione una gamma immensa di suoni, senza essere più condizionato dai limiti fisici, meccanici degli strumenti acustici, neanche nel caso di una diretta discendenza, tramite campionamento, di quei suoni da quegli strumenti. Questo tendenziale 'divorzio' fra suono e strumento è stato salutato addirittura come l'alba di una nuova era, nel corso di una di quelle ubriacature ideologiche che accompagnano spesso la storia delle avanguardie (musicali, ma, direi, più in generale, artistiche). Comunque, eccessi ideologici a parte, quel 'divorzio' è un dato di fatto e buona parte della produzione musicale dei nostri tempo non può prescinderne.
Mi fermo qui, perché il discorso ci porterebbe troppo lontano, anche e soprattutto considerando l'occasione che mi ha indotto a questi rapidi cenni: in fondo intendo solo presentare due esempi di 'computer music' che non hanno, non vogliono avere nessun intento 'eversivo', avveniristico..
Due brani 'tradizionali' (Dowland, Debussy) in midi file, cui ho più o meno arbitrariamente attribuito i suoni campionati di due strumenti altrettanto 'tradizionali' (pianoforte, arpa).
Jacopo da Montaio
Ora, non voglio certo addentrarmi in lunghe e forse noiose considerazioni.. Basti qui ribadire come l'avvento dell'elettronica in ambito musicale abbia determinato una situazione del tutto inedita e per molti versi paradossale: il compositore, ma anche l' 'esecutore' di un brano, può permettersi il lusso di non saper suonare alcuno strumento musicale secondo una delle tecniche tradizionali, o anche semplicemente di non averne voglia. Egli ha infatti a disposizione una gamma immensa di suoni, senza essere più condizionato dai limiti fisici, meccanici degli strumenti acustici, neanche nel caso di una diretta discendenza, tramite campionamento, di quei suoni da quegli strumenti. Questo tendenziale 'divorzio' fra suono e strumento è stato salutato addirittura come l'alba di una nuova era, nel corso di una di quelle ubriacature ideologiche che accompagnano spesso la storia delle avanguardie (musicali, ma, direi, più in generale, artistiche). Comunque, eccessi ideologici a parte, quel 'divorzio' è un dato di fatto e buona parte della produzione musicale dei nostri tempo non può prescinderne.
Mi fermo qui, perché il discorso ci porterebbe troppo lontano, anche e soprattutto considerando l'occasione che mi ha indotto a questi rapidi cenni: in fondo intendo solo presentare due esempi di 'computer music' che non hanno, non vogliono avere nessun intento 'eversivo', avveniristico..
Due brani 'tradizionali' (Dowland, Debussy) in midi file, cui ho più o meno arbitrariamente attribuito i suoni campionati di due strumenti altrettanto 'tradizionali' (pianoforte, arpa).
http://it.geocities.com/empedocle70/arabesque.mp3
http://it.geocities.com/empedocle70/melancholygalliard.mp3
E' poco più di un gioco, reso possibile, appunto, dall'elettronica applicata alla musica... Riprenderemo magari in altra occasione discussioni più impegnative...
Jacopo da Montaio
domenica 16 dicembre 2007
sabato 15 dicembre 2007
venerdì 14 dicembre 2007
Vincitori e Giuria dei Premi Concorsi Francesco Jalenti
Grande successo per le due manifestazioni chitarristiche organizzate dal Centro Studi Francesco Jalenti e dedicate al giovane chitarrista ternano prematuramente scomparso.
I nostri complimenti ai vincitori e all'organizzazione del Concorso
Norman Czabo
I nostri complimenti ai vincitori e all'organizzazione del Concorso
Norman Czabo
Risultati del I concorso di esecuzione chitarristica “Francesco Jalenti”
Grande successo per le due manifestazioni chitarristiche organizzate dal Centro Studi Francesco Jalenti e dedicate al giovane chitarrista ternano prematuramente scomparso.
di Roberto Fabbri
Risultati del I concorso di esecuzione chitarristica “Francesco Jalenti”
Importante affluenza di partecipanti e di pubblico per la prima edizione del “Concorso di esecuzione chitarristica "Francesco Jalenti”, tenutasi a Terni il 24 novembre 2007 presso l'Istituto superiore di Studi musicali 'G. Briccialdi'.La competizione ha visto la partecipazione di una ventina di chitarristi provenienti da tutte le parti d’Italia. La commissione giudicatrice, formata da Mario Jalenti (Presidente), Angelo Barricelli, Marco Cianchi, Roberto Fabbri e Elisabetta Mattera al termine delle audizioni ha assegnato i seguenti premi: per le Cat. I e II rispettivamente a
- Federico Comito I assoluto con punti (99/100), di 12 anni, proveniente da Roma;
- Francesco Dominici Braccini I assoluto con punti (100/100), di 14 anni proveniente da Fiumicino a quest’ultimo è andata in premio la chitarra Guitarreros offerta dalla Carisch.
Per la terza categoria, senza limiti di età, Sara d'Ippolito, di 19 anni proveniente da Lamezia Terme ha vinto il primo premio e la chitarra Ramirez messa in palio dalla Carisch nonché la possibilità di esibirsi in concerto nella prossima Stagione concertistica dell’Istituto Briccialdi di Terni, il secondo premio è andato a Gianmario Troiani, di 25 anni di Terni ed infine il terzo a Marco Bartoli, di 23 anni proveniente da Spoleto.
Tutti i vincitori hanno anche vinto un abbonamento per un anno alla rivista Chitarre e a tutti i partecipanti sono state consegnate mute di corde La Bella, pubblicazioni di Roberto Fabbri edite dalla Carisch e la rivista Seicorde. La prossima edizione ci sarà fra due anni, perché il concorso chitarristico si alternerà all’ormai storico concorso pianistico Casagrande, che ha appunto cadenza biennale.
Roberto Fabbri
di Roberto Fabbri
Risultati del I concorso di esecuzione chitarristica “Francesco Jalenti”
Importante affluenza di partecipanti e di pubblico per la prima edizione del “Concorso di esecuzione chitarristica "Francesco Jalenti”, tenutasi a Terni il 24 novembre 2007 presso l'Istituto superiore di Studi musicali 'G. Briccialdi'.La competizione ha visto la partecipazione di una ventina di chitarristi provenienti da tutte le parti d’Italia. La commissione giudicatrice, formata da Mario Jalenti (Presidente), Angelo Barricelli, Marco Cianchi, Roberto Fabbri e Elisabetta Mattera al termine delle audizioni ha assegnato i seguenti premi: per le Cat. I e II rispettivamente a
- Federico Comito I assoluto con punti (99/100), di 12 anni, proveniente da Roma;
- Francesco Dominici Braccini I assoluto con punti (100/100), di 14 anni proveniente da Fiumicino a quest’ultimo è andata in premio la chitarra Guitarreros offerta dalla Carisch.
Per la terza categoria, senza limiti di età, Sara d'Ippolito, di 19 anni proveniente da Lamezia Terme ha vinto il primo premio e la chitarra Ramirez messa in palio dalla Carisch nonché la possibilità di esibirsi in concerto nella prossima Stagione concertistica dell’Istituto Briccialdi di Terni, il secondo premio è andato a Gianmario Troiani, di 25 anni di Terni ed infine il terzo a Marco Bartoli, di 23 anni proveniente da Spoleto.
Tutti i vincitori hanno anche vinto un abbonamento per un anno alla rivista Chitarre e a tutti i partecipanti sono state consegnate mute di corde La Bella, pubblicazioni di Roberto Fabbri edite dalla Carisch e la rivista Seicorde. La prossima edizione ci sarà fra due anni, perché il concorso chitarristico si alternerà all’ormai storico concorso pianistico Casagrande, che ha appunto cadenza biennale.
Roberto Fabbri
giovedì 13 dicembre 2007
Vincitori e Giuria dei Premi Concorsi Francesco Jalenti
Grande successo per le due manifestazioni chitarristiche organizzate dal Centro Studi Francesco Jalenti e dedicate al giovane chitarrista ternano prematuramente scomparso.
I nostri complimenti ai vincitori e all'organizzazione dei concorsi.
Norman Czabo
I nostri complimenti ai vincitori e all'organizzazione dei concorsi.
Norman Czabo
Risultati Concorso di Composizione Francesc Jalenti 27 ottobre 2003
Grande successo per le due manifestazioni chitarristiche organizzate dal Centro Studi Francesco Jalenti e dedicate al giovane chitarrista ternano prematuramente scomparso.
di Roberto Fabbri
Risultati Concorso di Composizione Francesco Jalenti 2007-10-2003
Il 27 ottobre scorso, presso l’Istituto Musicale Pareggiato Giulio Briccialdi di Terni, si sono svolti i lavori del primo concorso di composizione chitarristica Francesco Jalenti, dedicato alla figura del giovane chitarrista compositore ternano.
Questo concorso si pone l’obiettivo di dare la possibilità alle nuove leve di chitarristi-compositori di veder pubblicate ed eseguite, in ambiti anche Istituzionali, le proprie opere.
Il concorso era diviso in tre categorie: la prima per composizioni solistiche, la seconda per ensamble di chitarre, la terza per musica da camera con chitarra.
A tutti i vincitori di ciascuna categoria veniva assicurata la pubblicazione della composizione in gara. Per la prima categoria la pubblicazione sarebbe stata ad opera della Carisch con distribuzione internazionale all’interno di un antologia di grande tiratura, per le altre due composizioni le pubblicazioni sarebbero state curate dalla casa editrice romana EROM.
Tutti i brani sarebbero poi stati eseguiti nell’ambito delle manifestazioni musicali dell’Istituto Briccialdi di Terni nonché usati come eventuali futuri pezzi d’obbligo dell’omonimo concorso di esecuzione chitarristica Francesco Jalenti.
La giuria era composta da: Presidente Pierluigi Arcangeli (musicologo, Direttore dell’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni), commissari: Marco Gatti (docente di Composizione dell’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni), Fabio Maestri (docente Direzione d’orchestra dell’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni), i chitarristi Carlo Carfagna, Mario Jalenti, Francesco Taranto (EROM) e Roberto Fabbri (Carisch).
Dopo l’apertura delle buste contenenti i motti, presa visione delle composizioni pervenute la giuria ha deciso che, sebbene il concorso fosse alla prima edizione, i brani della categoria “A” non risultassero qualitativamente idonei ad una pubblicazione editoriale di livello internazionale, così come previsto dal bando. Si è deciso pertanto di non assegnare alcun premio per la categoria “A” (composizione per chitarra sola). Ad avvenuto esame delle composizioni della cat. “B” (composizioni da due a quattro chitarre) si è invece ritenuta idonea all’assegnazione del premio la composizione dal titolo “96 HP” (motto: I topi non hanno nipoti), il cui autore è Paolo Saltalippi di Assisi. Si tratta di una composizione molto originale, che usa numerosi effetti chitarristici, come ad esempio i glissati, per ricostruire i “rumori” di un viaggio in motocicletta. Per la categoria “C” l’unica composizione pervenuta (Un pezzo per chitarra e orchestra) non è stata ritenuta idonea alla pubblicazione ed alla sua esecuzione con l’orchestra dell’Istituto Briccaldi di Terni.
Pertanto la composizione vincitrice “96 HP” di Paolo Saltalippi, verrà pubblicata dalla casa editrice EROM ed eseguita nell’ambito delle manifestazioni musicali in programmazione dall’Istituto Briccialdi per il prossimo anno. Anche se il concorso di composizione, nonostante la grande affluenza di brani pervenuti, ha laureato solamente la splendida composizione per quattro chitarre di Paolo Saltalippi, io ho pensato di proporre sulla nostra rivista un brano più “leggero” ma secondo me delicato e molto piacevole di Nicola Albano. Questa composizione non avendo un grande sviluppo ed essendo anche breve non si è potuta “laureare” al nostro concorso ma ritengo sia interessante e piacevole da suonare per voi lettori di Chitarre. Dal prossimo numero continueremo a pubblicare brani inediti di chitaristi compositori che verranno fatti pervenire alla nostra rivista, dopo averli naturalmente selezionati. Non si tratta di un concorso, ma è solamente un occasione in più per conoscervi e far conoscere cosa compongono i nostri lettori.
Roberto Fabbri
di Roberto Fabbri
Risultati Concorso di Composizione Francesco Jalenti 2007-10-2003
Il 27 ottobre scorso, presso l’Istituto Musicale Pareggiato Giulio Briccialdi di Terni, si sono svolti i lavori del primo concorso di composizione chitarristica Francesco Jalenti, dedicato alla figura del giovane chitarrista compositore ternano.
Questo concorso si pone l’obiettivo di dare la possibilità alle nuove leve di chitarristi-compositori di veder pubblicate ed eseguite, in ambiti anche Istituzionali, le proprie opere.
Il concorso era diviso in tre categorie: la prima per composizioni solistiche, la seconda per ensamble di chitarre, la terza per musica da camera con chitarra.
A tutti i vincitori di ciascuna categoria veniva assicurata la pubblicazione della composizione in gara. Per la prima categoria la pubblicazione sarebbe stata ad opera della Carisch con distribuzione internazionale all’interno di un antologia di grande tiratura, per le altre due composizioni le pubblicazioni sarebbero state curate dalla casa editrice romana EROM.
Tutti i brani sarebbero poi stati eseguiti nell’ambito delle manifestazioni musicali dell’Istituto Briccialdi di Terni nonché usati come eventuali futuri pezzi d’obbligo dell’omonimo concorso di esecuzione chitarristica Francesco Jalenti.
La giuria era composta da: Presidente Pierluigi Arcangeli (musicologo, Direttore dell’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni), commissari: Marco Gatti (docente di Composizione dell’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni), Fabio Maestri (docente Direzione d’orchestra dell’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni), i chitarristi Carlo Carfagna, Mario Jalenti, Francesco Taranto (EROM) e Roberto Fabbri (Carisch).
Dopo l’apertura delle buste contenenti i motti, presa visione delle composizioni pervenute la giuria ha deciso che, sebbene il concorso fosse alla prima edizione, i brani della categoria “A” non risultassero qualitativamente idonei ad una pubblicazione editoriale di livello internazionale, così come previsto dal bando. Si è deciso pertanto di non assegnare alcun premio per la categoria “A” (composizione per chitarra sola). Ad avvenuto esame delle composizioni della cat. “B” (composizioni da due a quattro chitarre) si è invece ritenuta idonea all’assegnazione del premio la composizione dal titolo “96 HP” (motto: I topi non hanno nipoti), il cui autore è Paolo Saltalippi di Assisi. Si tratta di una composizione molto originale, che usa numerosi effetti chitarristici, come ad esempio i glissati, per ricostruire i “rumori” di un viaggio in motocicletta. Per la categoria “C” l’unica composizione pervenuta (Un pezzo per chitarra e orchestra) non è stata ritenuta idonea alla pubblicazione ed alla sua esecuzione con l’orchestra dell’Istituto Briccaldi di Terni.
Pertanto la composizione vincitrice “96 HP” di Paolo Saltalippi, verrà pubblicata dalla casa editrice EROM ed eseguita nell’ambito delle manifestazioni musicali in programmazione dall’Istituto Briccialdi per il prossimo anno. Anche se il concorso di composizione, nonostante la grande affluenza di brani pervenuti, ha laureato solamente la splendida composizione per quattro chitarre di Paolo Saltalippi, io ho pensato di proporre sulla nostra rivista un brano più “leggero” ma secondo me delicato e molto piacevole di Nicola Albano. Questa composizione non avendo un grande sviluppo ed essendo anche breve non si è potuta “laureare” al nostro concorso ma ritengo sia interessante e piacevole da suonare per voi lettori di Chitarre. Dal prossimo numero continueremo a pubblicare brani inediti di chitaristi compositori che verranno fatti pervenire alla nostra rivista, dopo averli naturalmente selezionati. Non si tratta di un concorso, ma è solamente un occasione in più per conoscervi e far conoscere cosa compongono i nostri lettori.
Roberto Fabbri
mercoledì 12 dicembre 2007
Gibson Robot Guitar: si accorda da sola.
Sembra la fine dell'incubo per chi come me è un po' "scarso d'orecchio". Basta riuscire ad aggiudicarsi una Gibson Robot Guitar, la prima chitarra al mondo con tecnologia robotica che si accorda da sola. In pratica, tranne che suonare fa tutto lei, correggendo gli errori di intonazione laddove esistono ed evitando di interrompere lo show per accordare nuovamente lo strumento, come, invece, avveniva finora. Basta estrarre la manopola sul corpo della chitarra che regola l'accordatura, impostare il comando poi «bloccarla» di nuovo e il gioco è fatto.
Questa "meraviglia" della tecnologia (scusate la nota ironica) è diponibile nei 400 negozi concessionari Gibson sparsi in tutto il mondo da venerdì 7 dicembre ma la prima serie sarà in edizione limitata: solo dieci pezzi per negozio, al prezzo di 2.499 dollari (circa 1.700 euro).
«Ci aspettiamo di farle fuori in poche ore», ha dichiarato il presidente di Gibson Guitar, Henry Juszkiewicz, «e stiamo ricevendo così tante prenotazioni che abbiamo a mala pena il tempo di rispondere al telefono». Frutto di una ricerca durata quindici anni, la Gibson Robot Guitar non ha meccanismi esterni e utilizza un dispositivo computerizzato che tende o rilascia le singole corde, a seconda della nota che si deve ottenere o, meglio, dell’accordatura utilizzata. Oltre a quella «classica», infatti, ci sono già programmate diverse accordature cosiddette «aperte», in modo da semplificare la vita ai chitarristi che le adoperano.
Ovviamente «La Gibson Robot Guitar non trasformerà un principiante in un chitarrista da urlo», spiega ancora Juszkiewicz, «ma permetterà anche ai comuni mortali di accedere ad accordature molto sofisticate. Spesso, infatti, i professionisti usano molti tipi di accordature differenti che, finora, erano però impossibili da riprodurre per i musicisti alle prime armi».
A me sembra un nuovo bellissimo gadget da sfoggiare ... ai posteri l'ardua sentenza :-D
Empedocle70
martedì 11 dicembre 2007
Fauvel: 'Tristano', il 'romanzo multiplo' di Nanni Balestrini
Non poteva sfuggire alla nostra attenzione di borgesiani convinti la notizia dell’uscita in questi giorni del ‘romanzo multiplo’ di Nanni Balestrini ‘Tristano’ (editrice DeriveApprodi)
http://www.deriveapprodi.org/estesa.php?id=332&stato=novita
Per la verità, come dice lo stesso autore nell’intervista pubblicata da Repubblica il 28-11, non si tratta di una ‘novità’ assoluta: la storia del ‘Tristano’ comincia infatti nei primi anni ’60, durante la stagione della c.d. neoavanguardia, di cui Balestrini era autorevole esponente. ‘Con l’elettronica diventava possibile costruire un romanzo fatto di tante varianti: ‘Tristano’ doveva essere un’opera in numero indefinito di libri dove le frasi si ricombinavano, ma il problema era di come stamparlo… Oggi esiste una nuova macchina che può stampare, senza fermarsi, tutte le copie che si desiderano, una diversa dall’altra. Così ho programmato 2500 versioni diverse del testo..’.
Naturalmente, avendo appena pubblicato sul blog l’articolo di Paolo Albani in cui si parla di OULIPO, viene spontaneo ricordare i ‘Cent Mille Milliards de Poémes’ di R. Queneau, definiti dall’autore ‘una macchina per fabbricare poesie’, che si ispira evidentemente agli stessi principi. Fra l’altro, quest’opera, a differenza del romanzo di Balestrini, fu integralmente stampata (ed.Gallimard) grazie ad un espediente reso possibile dalla particolare struttura del testo poetico. Si tratta infatti di un sonetto, quindi di una poesia composta da 14 versi per ciascuno dei quali esistono 10 varianti liberamente interscambiabili: ciascuno di questi 14 versi con le relative varianti fu stampato su una striscia di carta. Naturalmente, però, anche in questo caso un moderno pc rende possibile il gioco combinatorio in modo molto più facile e veloce:
http://www.parole.tv/cento.asp
Non diversa la sorte del ‘Musikalisches Würfelspiel’ il ‘gioco per comporre musica con i dadi’ attribuito, forse arbitrariamente, a Mozart, ma che comunque risale alla sua epoca. Il funzionamento prevedeva ‘l’utilizzo di un paio di dadi e di apposite tabelle, contenente una certa quantità di battute musicali, ciascuna abbinata ad un numero d’ordine. Tali battute, ancorché sistemate dall’autore in ordine sparso, rispondono tuttavia ad uno schema armonico che, grazie al lancio dei dadi, puntualmente si ricostituisce..’, consentendo ‘una serie di risultai sonori pressoché inesauribile’. Ecco cosa avviene trasferendo le regole di questo gioco su un programma per pc:
http://sunsite.univie.ac.at/Mozart/dice/
Un’ulteriore conferma del fatto che Borges, scrivendo il suo 'Tlon, Uqbar, Orbis Tertius' , aveva ragione?
Fauvel
http://www.deriveapprodi.org/estesa.php?id=332&stato=novita
Per la verità, come dice lo stesso autore nell’intervista pubblicata da Repubblica il 28-11, non si tratta di una ‘novità’ assoluta: la storia del ‘Tristano’ comincia infatti nei primi anni ’60, durante la stagione della c.d. neoavanguardia, di cui Balestrini era autorevole esponente. ‘Con l’elettronica diventava possibile costruire un romanzo fatto di tante varianti: ‘Tristano’ doveva essere un’opera in numero indefinito di libri dove le frasi si ricombinavano, ma il problema era di come stamparlo… Oggi esiste una nuova macchina che può stampare, senza fermarsi, tutte le copie che si desiderano, una diversa dall’altra. Così ho programmato 2500 versioni diverse del testo..’.
Naturalmente, avendo appena pubblicato sul blog l’articolo di Paolo Albani in cui si parla di OULIPO, viene spontaneo ricordare i ‘Cent Mille Milliards de Poémes’ di R. Queneau, definiti dall’autore ‘una macchina per fabbricare poesie’, che si ispira evidentemente agli stessi principi. Fra l’altro, quest’opera, a differenza del romanzo di Balestrini, fu integralmente stampata (ed.Gallimard) grazie ad un espediente reso possibile dalla particolare struttura del testo poetico. Si tratta infatti di un sonetto, quindi di una poesia composta da 14 versi per ciascuno dei quali esistono 10 varianti liberamente interscambiabili: ciascuno di questi 14 versi con le relative varianti fu stampato su una striscia di carta. Naturalmente, però, anche in questo caso un moderno pc rende possibile il gioco combinatorio in modo molto più facile e veloce:
http://www.parole.tv/cento.asp
Non diversa la sorte del ‘Musikalisches Würfelspiel’ il ‘gioco per comporre musica con i dadi’ attribuito, forse arbitrariamente, a Mozart, ma che comunque risale alla sua epoca. Il funzionamento prevedeva ‘l’utilizzo di un paio di dadi e di apposite tabelle, contenente una certa quantità di battute musicali, ciascuna abbinata ad un numero d’ordine. Tali battute, ancorché sistemate dall’autore in ordine sparso, rispondono tuttavia ad uno schema armonico che, grazie al lancio dei dadi, puntualmente si ricostituisce..’, consentendo ‘una serie di risultai sonori pressoché inesauribile’. Ecco cosa avviene trasferendo le regole di questo gioco su un programma per pc:
http://sunsite.univie.ac.at/Mozart/dice/
Un’ulteriore conferma del fatto che Borges, scrivendo il suo 'Tlon, Uqbar, Orbis Tertius' , aveva ragione?
Fauvel
lunedì 10 dicembre 2007
5th Moisycos International Guitar Competition
Segnaliamo questo interessante Concorso Internazionale:
5th Moisycos International Guitar Competition Aprilia (LT)
6/8 giugno 2008
Montepremi: Tournee di concerti (Italia, Russia, Giappone, Thailandia), una chitarra da concerto (Imai), 500 euro, spartiti Edizioni Suvini Zerboni e Homa Dream, sets di corde Savarez, CD dal catologo Moisycos.
Regolamento
Luogo: Istituto Interculturale Moisycos - via dei Villini, 17, Aprilia (LT)
Giorni: 6, 7, 8 giugno 2008
Partecipanti: La partecipazione e' aperta a tutti i chitarristi, senza limite d'eta'.
Termine delle iscrizioni: 15 maggio 2008.
Tassa d'iscrizione: 70 euro
Versamento: La tassa d'iscrizione al Concorso Internazionale di Chitarra dovra' essere versata a: Istituto Interculturale Moisycos,
c/c 1063612, presso Banca Popolare di Aprilia, p.zza Roma snc, 04011 Aprilia (LT),
CIN B, ABI 05414, CAB 73920, IBAN IT81B0541473920000001063612,
entro il 15 maggio 2008.
Tale versamento non sara' rimborsabile in nessun caso.
Iscrizioni:La scheda d'iscrizione deve essere compilata in ogni sua parte e spedita a: Istituto Interculturale Moisycos, 5th Moisycos International Guitar Competition, via dei Villini, 17, 04011 - Aprilia (LT) entro e non oltre il 15 maggio 2008. Fara' fede il timbro postale.
L'iscrizione puo' anche essere effettuata tramite la Home Page di Moisycos.
http://www.moisycos.jp/mi21.html
Premi
Primo classificato: Diploma di primo classificato Tournee di concerti in Italia, Russia, Giappone e Thailandia Una chitarra da concerto Imai 500 euro in denaro da Edizioni Suvini Zerboni 24 set di corde Savarez Spartiti delle edizioni Homa Dream
Secondo classificato: Diploma di secondo classificato CD dal catalogo Moisycos 24 set di corde Savarez Spartiti delle Edizioni Suvini Zerboni Spartiti delle edizioni Homa Dream
Terzo classificato: Diploma di terzo classificato CD dal catalogo Moisycos 24 set di corde Savarez Spartiti delle Edizioni Suvini ZerboniS partiti delle edizioni Homa Dream
Programma
Eliminatoria - 6 giugno 2008
A) un programma a libera scelta della durata massima di 15 minuti.
Semifinale - 7 giugno 2008
A) un programma a libera scelta della durata massima di 30 minuti con musiche di M. Giuliani, F. Sor, F. Tarrega, A. Barrios (uno o piu' compositori).
Finale - 8 giugno 2008
A) J.S. Bach: una Suite a scelta tra BWV995, BWV 996, BWV997, BWV1006a
B) un programma a libera scelta della durata massima di 30 minuti.
Programma a libera scelta: I brani del programma a libera scelta devono essere tutti originali per chitarra e devono essere indicati sulla scheda d'iscrizione. Sono accettate solo le trascrizioni dal liuto, viuhela o strumenti simili.I brani suonati in una sezione non potranno essere ripetuti nelle sezioni successive.L'ordine di esecuzione e' a libero giudizio del concorrente.La durata del programma a libera scelta e' riferita al solo tempo di esecuzione ed e' tassativa. I concorrenti che supereranno tale minutaggio saranno esclusi dalla valutazione della giuria.I brani indicati nella scheda d'iscrizione non potranno essere cambiati.
Giuria: La giuria sara' composta da Maestri di chitarra di chiara fama e verra' resa nota due settimane prima del Concorso.
Il giudizio espresso dalla Giuria e' inappellabile.
Il 5th Moisycos International Guitar Competition (prove eliminatorie, semifinale, finale e cerimonia di premiazione) potra' essere registrato dall'Istituto Interculturale Moisycos su supporto video/audio.
I partecipanti al 5th Moisycos International Guitar Competition rinunciano fin d'ora ed in via definitiva ad ogni diritto che possa derivare loro dalla distribuzione delle registrazioni video/audio, dalla diffusione radiotelevisiva o telematica, riconoscendo che ogni diritto sul suddetto materiale appartiene in via esclusiva all'organizzazione che potra' utilizzarlo in ogni forma e modo.
La compilazione della scheda ed il suo invio implica l'accettazione incondizionata di tutte le norme stabilite dal presente bando.
Informazioni:Istituto Interculturale Moisycos, via dei Villini, 17 - 04011 Aprilia (LT).tel. 349.13.16.093, fax 06.92.57.397
moisycos@libero.it
5th Moisycos International Guitar Competition Aprilia (LT)
6/8 giugno 2008
Montepremi: Tournee di concerti (Italia, Russia, Giappone, Thailandia), una chitarra da concerto (Imai), 500 euro, spartiti Edizioni Suvini Zerboni e Homa Dream, sets di corde Savarez, CD dal catologo Moisycos.
Regolamento
Luogo: Istituto Interculturale Moisycos - via dei Villini, 17, Aprilia (LT)
Giorni: 6, 7, 8 giugno 2008
Partecipanti: La partecipazione e' aperta a tutti i chitarristi, senza limite d'eta'.
Termine delle iscrizioni: 15 maggio 2008.
Tassa d'iscrizione: 70 euro
Versamento: La tassa d'iscrizione al Concorso Internazionale di Chitarra dovra' essere versata a: Istituto Interculturale Moisycos,
c/c 1063612, presso Banca Popolare di Aprilia, p.zza Roma snc, 04011 Aprilia (LT),
CIN B, ABI 05414, CAB 73920, IBAN IT81B0541473920000001063612,
entro il 15 maggio 2008.
Tale versamento non sara' rimborsabile in nessun caso.
Iscrizioni:La scheda d'iscrizione deve essere compilata in ogni sua parte e spedita a: Istituto Interculturale Moisycos, 5th Moisycos International Guitar Competition, via dei Villini, 17, 04011 - Aprilia (LT) entro e non oltre il 15 maggio 2008. Fara' fede il timbro postale.
L'iscrizione puo' anche essere effettuata tramite la Home Page di Moisycos.
http://www.moisycos.jp/mi21.html
Premi
Primo classificato: Diploma di primo classificato Tournee di concerti in Italia, Russia, Giappone e Thailandia Una chitarra da concerto Imai 500 euro in denaro da Edizioni Suvini Zerboni 24 set di corde Savarez Spartiti delle edizioni Homa Dream
Secondo classificato: Diploma di secondo classificato CD dal catalogo Moisycos 24 set di corde Savarez Spartiti delle Edizioni Suvini Zerboni Spartiti delle edizioni Homa Dream
Terzo classificato: Diploma di terzo classificato CD dal catalogo Moisycos 24 set di corde Savarez Spartiti delle Edizioni Suvini ZerboniS partiti delle edizioni Homa Dream
Programma
Eliminatoria - 6 giugno 2008
A) un programma a libera scelta della durata massima di 15 minuti.
Semifinale - 7 giugno 2008
A) un programma a libera scelta della durata massima di 30 minuti con musiche di M. Giuliani, F. Sor, F. Tarrega, A. Barrios (uno o piu' compositori).
Finale - 8 giugno 2008
A) J.S. Bach: una Suite a scelta tra BWV995, BWV 996, BWV997, BWV1006a
B) un programma a libera scelta della durata massima di 30 minuti.
Programma a libera scelta: I brani del programma a libera scelta devono essere tutti originali per chitarra e devono essere indicati sulla scheda d'iscrizione. Sono accettate solo le trascrizioni dal liuto, viuhela o strumenti simili.I brani suonati in una sezione non potranno essere ripetuti nelle sezioni successive.L'ordine di esecuzione e' a libero giudizio del concorrente.La durata del programma a libera scelta e' riferita al solo tempo di esecuzione ed e' tassativa. I concorrenti che supereranno tale minutaggio saranno esclusi dalla valutazione della giuria.I brani indicati nella scheda d'iscrizione non potranno essere cambiati.
Giuria: La giuria sara' composta da Maestri di chitarra di chiara fama e verra' resa nota due settimane prima del Concorso.
Il giudizio espresso dalla Giuria e' inappellabile.
Il 5th Moisycos International Guitar Competition (prove eliminatorie, semifinale, finale e cerimonia di premiazione) potra' essere registrato dall'Istituto Interculturale Moisycos su supporto video/audio.
I partecipanti al 5th Moisycos International Guitar Competition rinunciano fin d'ora ed in via definitiva ad ogni diritto che possa derivare loro dalla distribuzione delle registrazioni video/audio, dalla diffusione radiotelevisiva o telematica, riconoscendo che ogni diritto sul suddetto materiale appartiene in via esclusiva all'organizzazione che potra' utilizzarlo in ogni forma e modo.
La compilazione della scheda ed il suo invio implica l'accettazione incondizionata di tutte le norme stabilite dal presente bando.
Informazioni:Istituto Interculturale Moisycos, via dei Villini, 17 - 04011 Aprilia (LT).tel. 349.13.16.093, fax 06.92.57.397
moisycos@libero.it
sabato 8 dicembre 2007
E' morto il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen
E' morto, all'età di 79 anni, il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen.
Stockhausen, riferisce la fondazione che porta il suo nome in un comunicato, e' deceduto mercoledi' 5 dicembre a Kuerten, nell'ovest della Germania.
Nato a Kerpen-Moedrath nel 1928, Stockhausen e' stato uno dei piu' significativi musicisti del XX secolo, spaziando dalla dodecafonia alla musica elettronica.
Stockhausen dal 1947 al 1951 ha studiato pedagogia della musica e pianoforte alla Musikhochschule (conservatorio) di Colonia e scienza della musica, germanistica e filosofia all'università di Colonia. Dal 1950 compone non solo creando nuove forme di musica ma anche inserendo nuovi segni innovativi nel campo della notazione musicale. Come docente universitario ed autore di numerose pubblicazioni sulla teoria della musica, attraverso le sue attività per la radio e grazie a più di 300 proprie composizioni che spesso hanno modificato il confine di quello che era considerato tecnicamente possibile, ha partecipato in modo significativo a modificare la musica del 20° secolo.
Negli anni 50 è stato sposato con Doris Andrae con la quale ha avuto un figlio, il trombettista Markus Stockhausen. Negli anni 60 è stato sposato con l'artista Mary Bauermeister con la quale ha avuto un figlio, il compositore Simon Stockhausen.
Mentre le sue prime composizioni come per esempio "Doris" sono più tradizionali negli anni 50 Stockhausen si volta verso la musica seriale (per esempio "Kreuzspiel" o "Formel"). È considerato in modo particolare uno dei fondatori della cosiddetta musica puntuale. Ispirato da "Mode de Valeur et d'intensités" (1952) di Olivier Messiaen, partecipa ai suoi corsi di analisi musicale e composizione presso il Conservatorio Superiore di Parigi.
Tra il 1953 ed il 1998 ha collaborato strettamente con lo "studio per la musica elettronica" della radio Westdeutscher Rundfunk per qualche tempo anche come direttore artistico e si è dedicato di più alla musica elettro-acustica. In questo studio di Colonia ha realizzato nel 1955 la sua opera centrale "Gesang der Jünglinge" (canto dei fanciulli) ponendo un nuovo obiettivo nel campo della musica spaziale.
D'ora in avanti segue attività nazionale ed internazionale come docente. Conduce per molti anni i "corsi colonesi per la musica nuova". È l'attrazione principale durante l'Esposizione Mondiale del 1970 ad Osaka con le sue composizioni nel padiglione tedesco. Dal 1971 al 1977 Karlheinz Stockhausen è professore per composizione al conservatorio di Colonia. Da quel momento si concentra anche sulla conclusione di una delle opere liriche più voluminose della storia della musica con il titolo "Licht" (luce) che è praticamente finita. In quest'opera come anche in altre opere teatrali (per esempio "Inori" del 1973) Stockhausen cerca di collegare l'idea scenica con quella musicale in un'unità indivisibile.
Nato a Kerpen-Moedrath nel 1928, Stockhausen e' stato uno dei piu' significativi musicisti del XX secolo, spaziando dalla dodecafonia alla musica elettronica.
Stockhausen dal 1947 al 1951 ha studiato pedagogia della musica e pianoforte alla Musikhochschule (conservatorio) di Colonia e scienza della musica, germanistica e filosofia all'università di Colonia. Dal 1950 compone non solo creando nuove forme di musica ma anche inserendo nuovi segni innovativi nel campo della notazione musicale. Come docente universitario ed autore di numerose pubblicazioni sulla teoria della musica, attraverso le sue attività per la radio e grazie a più di 300 proprie composizioni che spesso hanno modificato il confine di quello che era considerato tecnicamente possibile, ha partecipato in modo significativo a modificare la musica del 20° secolo.
Negli anni 50 è stato sposato con Doris Andrae con la quale ha avuto un figlio, il trombettista Markus Stockhausen. Negli anni 60 è stato sposato con l'artista Mary Bauermeister con la quale ha avuto un figlio, il compositore Simon Stockhausen.
Mentre le sue prime composizioni come per esempio "Doris" sono più tradizionali negli anni 50 Stockhausen si volta verso la musica seriale (per esempio "Kreuzspiel" o "Formel"). È considerato in modo particolare uno dei fondatori della cosiddetta musica puntuale. Ispirato da "Mode de Valeur et d'intensités" (1952) di Olivier Messiaen, partecipa ai suoi corsi di analisi musicale e composizione presso il Conservatorio Superiore di Parigi.
Tra il 1953 ed il 1998 ha collaborato strettamente con lo "studio per la musica elettronica" della radio Westdeutscher Rundfunk per qualche tempo anche come direttore artistico e si è dedicato di più alla musica elettro-acustica. In questo studio di Colonia ha realizzato nel 1955 la sua opera centrale "Gesang der Jünglinge" (canto dei fanciulli) ponendo un nuovo obiettivo nel campo della musica spaziale.
D'ora in avanti segue attività nazionale ed internazionale come docente. Conduce per molti anni i "corsi colonesi per la musica nuova". È l'attrazione principale durante l'Esposizione Mondiale del 1970 ad Osaka con le sue composizioni nel padiglione tedesco. Dal 1971 al 1977 Karlheinz Stockhausen è professore per composizione al conservatorio di Colonia. Da quel momento si concentra anche sulla conclusione di una delle opere liriche più voluminose della storia della musica con il titolo "Licht" (luce) che è praticamente finita. In quest'opera come anche in altre opere teatrali (per esempio "Inori" del 1973) Stockhausen cerca di collegare l'idea scenica con quella musicale in un'unità indivisibile.
Empedocle70
venerdì 7 dicembre 2007
Paco De Lucia a Catania il 17 dicembre
Lunedì 17 dicembre alle 21, al Teatro Metropolitan Paco de Lucia in concerto per il suo "Cositas buenas tour 2007", nel cartellone della venticinquesima stagione di Catania Jazz.
Con lui sul palco ci saranno anche Chonchi Heredia (voce e palmas), Montse Cortes (voce e palmas), Domingo Patricio (flauto), Nino Josele (chitarra), El Piraña (percussioni), Alain Perez (basso).
De Lucia e la sua cangiante chitarra raccontano da decenni la colorita epopea del flamenco e le sue propaggini nell’arte popolare. Un artista e compositore dalle solide radici nella sua terra e nelle sue tradizioni, ma con un gusto sempre attuale e un’arguzia sottile nell’agganciare i ritmi del jazz, le suggestioni della musica classica, i cascami ora pop ora funky.
Paco de Lucía, il cui vero nome è Francisco Sánchez Gómez, nasce ad Algeciras, in provincia di Cadice in Andalusia (Spagna). Inizia a suonare la chitarra all'età di cinque anni spinto dal padre (anche lui chitarrista di flamenco) che teneva al fatto che i propri figli avessero una buona educazione musicale.
Da allora in poi ha sempre frequentato ambienti dove si suonava quel genere musicale. Gli artisti che lo hanno ispirato e influenzato maggiormente furono Niño Ricardo, Miguel Borrull, Mario Escudero e Sabicas.
All'età di soli 11 anni abbandona la scuola per dedicarsi completamente alla chitarra e si esibisce per la prima volta in pubblico, ospite di una radio locale, Radio Algecíras. Tre anni dopo insieme al fratello Pepe, forma il duetto Los Chiquitos de Algecíras che gli fa vincere addirittura un premio speciale dalla giuria.
Nel 1962 si trasferisce a Madrid con la famiglia e poi parte per gli Stati Uniti per il suo primo tour. Dopo il periodo dei primi concerti, nel 1965 avvia una serie di collaborazioni musicali con vari artisti: il fratello Ramon de Algeciras, Ricardo Modrego e A. Fernández Díaz Fosforito con il quale incide la "Seleccion Antologica del Cante Flamenco". Nel 1966 parte di nuovo in tour e l'anno seguente incide il suo primo album da solista "La fabulosa guitarra" de Paco de Lucía.
Nel 1968 avviene l'incontro con Camarón de la Isla con il quale inciderà ben 12 album. In questi anni farà una lunga serie di concerti, arrivando persino a suonare al Teatro Real di Madrid, dove fino ad allora non si era mai esibito nessun chitarrista di flamenco. Il 1977 è un anno molto importante per Paco: si sposa con Casilda Varela e nello stesso anno conoscerà alcuni personaggi molto importanti per la sua carriera artistica, Al Di Meola, John McLaughlin, Larry Coryell ed infine Carlos Santana.
Quello degli anni settanta è un periodo molto florido per quanto riguarda le incisioni. Tra queste sono sicuramente da ricordare "Fantasia Flamenca" del 1969, "Fuente y Caudal" del 1973 (album che contiene la celebre canzone Entre Dos Aguas) e Paco de Lucía interpreta a Manuel de Falla del 1978.
Nel 1981 fonda il famoso Sestetto insieme ad i fratelli, con il quale farà una serie di concerti in tutto il mondo e nel 1984 rilasceranno l'album "Live... One Summer Night". Dal 1986 fino al 1991 tornerà alla carriera solista, per poi riprendere ad incidere un altro album con il sestetto (nel 1993). Nel 1996 si riunisce dopo 13 anni con John McLaughlin e Al Di Meola con i quali inciderà "The Guitar Trio".
Norman Czabo
Con lui sul palco ci saranno anche Chonchi Heredia (voce e palmas), Montse Cortes (voce e palmas), Domingo Patricio (flauto), Nino Josele (chitarra), El Piraña (percussioni), Alain Perez (basso).
De Lucia e la sua cangiante chitarra raccontano da decenni la colorita epopea del flamenco e le sue propaggini nell’arte popolare. Un artista e compositore dalle solide radici nella sua terra e nelle sue tradizioni, ma con un gusto sempre attuale e un’arguzia sottile nell’agganciare i ritmi del jazz, le suggestioni della musica classica, i cascami ora pop ora funky.
Paco de Lucía, il cui vero nome è Francisco Sánchez Gómez, nasce ad Algeciras, in provincia di Cadice in Andalusia (Spagna). Inizia a suonare la chitarra all'età di cinque anni spinto dal padre (anche lui chitarrista di flamenco) che teneva al fatto che i propri figli avessero una buona educazione musicale.
Da allora in poi ha sempre frequentato ambienti dove si suonava quel genere musicale. Gli artisti che lo hanno ispirato e influenzato maggiormente furono Niño Ricardo, Miguel Borrull, Mario Escudero e Sabicas.
All'età di soli 11 anni abbandona la scuola per dedicarsi completamente alla chitarra e si esibisce per la prima volta in pubblico, ospite di una radio locale, Radio Algecíras. Tre anni dopo insieme al fratello Pepe, forma il duetto Los Chiquitos de Algecíras che gli fa vincere addirittura un premio speciale dalla giuria.
Nel 1962 si trasferisce a Madrid con la famiglia e poi parte per gli Stati Uniti per il suo primo tour. Dopo il periodo dei primi concerti, nel 1965 avvia una serie di collaborazioni musicali con vari artisti: il fratello Ramon de Algeciras, Ricardo Modrego e A. Fernández Díaz Fosforito con il quale incide la "Seleccion Antologica del Cante Flamenco". Nel 1966 parte di nuovo in tour e l'anno seguente incide il suo primo album da solista "La fabulosa guitarra" de Paco de Lucía.
Nel 1968 avviene l'incontro con Camarón de la Isla con il quale inciderà ben 12 album. In questi anni farà una lunga serie di concerti, arrivando persino a suonare al Teatro Real di Madrid, dove fino ad allora non si era mai esibito nessun chitarrista di flamenco. Il 1977 è un anno molto importante per Paco: si sposa con Casilda Varela e nello stesso anno conoscerà alcuni personaggi molto importanti per la sua carriera artistica, Al Di Meola, John McLaughlin, Larry Coryell ed infine Carlos Santana.
Quello degli anni settanta è un periodo molto florido per quanto riguarda le incisioni. Tra queste sono sicuramente da ricordare "Fantasia Flamenca" del 1969, "Fuente y Caudal" del 1973 (album che contiene la celebre canzone Entre Dos Aguas) e Paco de Lucía interpreta a Manuel de Falla del 1978.
Nel 1981 fonda il famoso Sestetto insieme ad i fratelli, con il quale farà una serie di concerti in tutto il mondo e nel 1984 rilasceranno l'album "Live... One Summer Night". Dal 1986 fino al 1991 tornerà alla carriera solista, per poi riprendere ad incidere un altro album con il sestetto (nel 1993). Nel 1996 si riunisce dopo 13 anni con John McLaughlin e Al Di Meola con i quali inciderà "The Guitar Trio".
Norman Czabo
giovedì 6 dicembre 2007
Guitar Hero, videogames e chitarre di plastica ...
Il 24 novembre Steve Jones si sarebbe collegato online per sfidare i possessori Della console Xbox A Guitar Hero III: Legend of Rock. Cosa è Guitar Hero?
Un videogioco musicale sviluppato da Harmonix Music Systems dove sostanzialmente si fa finta di suonare una chitarra elettrica con un controller speciale a forma appunto di chitarra una riproduzione della Gibson Les Paul o della nuova Gibson Kramer). Ok fantastico, quanti di noi hanno mai fatto “air guitar” sognando di imitare gli assoli fantastici dei nostri chitarristi preferiti? Io alzo la mano, senza problemi.
Pochi invece si ricorderanno di Steve Jones. È il chitarrista dei Sex Pistols, certo meno noto del bassista Sid Vicious o del cantante Johnny Rotten ma pur sempre il chitarrista del gruppo icona del punk inglese. Del gruppo (apparentemente) più trasgressivo, arrabbiato e nichilista degli anni Settanta, chiedetelo a Malcom McLaren (genio del marketing ante litteram).
Eh ... sì ma che ci fa una ex carognetta marcia ormai 52enne come Steve Jones con una chitarra di plastica in mano collegato a internet? Semplicemente, verrebbe da rispondere, si guadagna da vivere. Da perfetto ex marcio in perfetta etica punk “menesbattoemenefregodituttispecialmentedeifan”.
Così come si stanno arrangiando i "The Romantics". Chi sono i "The Romantics"? Si tratta di un gruppo rock americano degli anni Ottanta. Non li conoscono in molti, anzi a dire il vero non li conosce neanche un calzino ciucciato, direbbe Bart Simpson. Comunque questi simpatici “artisti”hanno pensato bene di denunciare Activision per aver inserito la cover di “What I Like About You” in Guitar Hero Encore: Rock the 8os.
Cioè loro sostengono che la cover in questione sia troppo simile a1l' originale e quindi potrebbe condurre i fans all’errore... ohibò!
Se la Activision dovesse perdere il tribunale o, peggio, se decidesse di patteggiare, ciò costituirebbe un precedente pericoloso ma anche stupido. Eh sì, per quanto strano possa sembrare, i brani inseriti in questi giochi musicali hanno, in alcuni casi, portato fortuna segnando impennate nelle vendite dei dischi.
Il che dimostra ancora una volta quanto musica, cinema e videogame si incrocino sempre più spesso creando in alcuni casi circoli virtuosi sempre più interessanti e anche economicamente vantaggiosi. Il prezzo da pagare?
Altissimo!!! Immagino che per un fan dei Sex Pistols non sia esaltante vedere i propri idoli promuovere videogiochi. Con un po' di sana amarezza e molta nostalgia punkettara forse è più confortante pensare che quel 24 novembre Steve Jones, dopo aver sfidato i videogiocatori, abbia chiuso il concerto bruciando la propria chitarra di plastica. Come ai bei tempi, tanto non sapeva suonare neanche da giovane, figuriamoci adesso...
Empedocle70
http://it.wikipedia.org/wiki/Steve_Jones
http://it.wikipedia.org/wiki/Guitar_Hero_(videogioco)
Pochi invece si ricorderanno di Steve Jones. È il chitarrista dei Sex Pistols, certo meno noto del bassista Sid Vicious o del cantante Johnny Rotten ma pur sempre il chitarrista del gruppo icona del punk inglese. Del gruppo (apparentemente) più trasgressivo, arrabbiato e nichilista degli anni Settanta, chiedetelo a Malcom McLaren (genio del marketing ante litteram).
Eh ... sì ma che ci fa una ex carognetta marcia ormai 52enne come Steve Jones con una chitarra di plastica in mano collegato a internet? Semplicemente, verrebbe da rispondere, si guadagna da vivere. Da perfetto ex marcio in perfetta etica punk “menesbattoemenefregodituttispecialmentedeifan”.
Così come si stanno arrangiando i "The Romantics". Chi sono i "The Romantics"? Si tratta di un gruppo rock americano degli anni Ottanta. Non li conoscono in molti, anzi a dire il vero non li conosce neanche un calzino ciucciato, direbbe Bart Simpson. Comunque questi simpatici “artisti”hanno pensato bene di denunciare Activision per aver inserito la cover di “What I Like About You” in Guitar Hero Encore: Rock the 8os.
Cioè loro sostengono che la cover in questione sia troppo simile a1l' originale e quindi potrebbe condurre i fans all’errore... ohibò!
Se la Activision dovesse perdere il tribunale o, peggio, se decidesse di patteggiare, ciò costituirebbe un precedente pericoloso ma anche stupido. Eh sì, per quanto strano possa sembrare, i brani inseriti in questi giochi musicali hanno, in alcuni casi, portato fortuna segnando impennate nelle vendite dei dischi.
Il che dimostra ancora una volta quanto musica, cinema e videogame si incrocino sempre più spesso creando in alcuni casi circoli virtuosi sempre più interessanti e anche economicamente vantaggiosi. Il prezzo da pagare?
Altissimo!!! Immagino che per un fan dei Sex Pistols non sia esaltante vedere i propri idoli promuovere videogiochi. Con un po' di sana amarezza e molta nostalgia punkettara forse è più confortante pensare che quel 24 novembre Steve Jones, dopo aver sfidato i videogiocatori, abbia chiuso il concerto bruciando la propria chitarra di plastica. Come ai bei tempi, tanto non sapeva suonare neanche da giovane, figuriamoci adesso...
Empedocle70
http://it.wikipedia.org/wiki/Steve_Jones
http://it.wikipedia.org/wiki/Guitar_Hero_(videogioco)
martedì 4 dicembre 2007
Davide Ficco plays Ponce on a Torres' papier machè replica
Davide Ficco suona la replica realizzata nel 2005 da Fabio Zontinidella chitarra di cartone di Antonio Torres (papier machè) alla esibizione internazionale di Cremona Mondomusica 2007
Deutsche Grammophon in vendita brani MP3!!!
La notizia, ufficiale è del 28 novembre: la Deutsche Grammophon, forse la più famosa casa discografica per la musica classica, inizia ufficialmente la vendita on-line di brani MP3 codificati a 320 kbps.
La nota casa discografica tedesca (ora controllata da Universal Music) ha infatti da mercoledì attivato il suo shop musicale online, battezzato DG Web Shop (http://www.dgwebshop.com/).
La nota casa discografica tedesca (ora controllata da Universal Music) ha infatti da mercoledì attivato il suo shop musicale online, battezzato DG Web Shop (http://www.dgwebshop.com/).
Sono in vendita la bellezza di circa 24 mila album di musica classica, codificati in MP3 (il che è un po’ una eresia per i melomani) ma almeno con una compressione più di qualità rispetto agli standard: 320 kbps invece dei classici 128 o 256. I brani non sono protetti con sistemi DRM anticopia. Per gli appassionati sarà inoltre interessante sapere che circa seicento degli album venduti online non sono più disponibili in CD.
Una breve ricerca e si può trovare Segovia
e Narciso Yepes
... lettrici e lettori del blog ... che ne pensate? Comprereste un disco di musica classica in formato mp3? Ne vale veramente la pena?
lunedì 3 dicembre 2007
Consigli dal passato: “In un Mondo di Carullisti!” del Maestro Francesco Taranto
Iniziamo la pubblicazione di una nuova rubrica chiamata “Consigli dal passato” curata dal Maestro Francesco Taranto a cui diamo il benvenuto nel nostro blog.
Diversi anni fa, in un articolo scritto per “Chitarre classica”, mi trovai a sostenere con scherzosa provocazione che la famosa “querelle” tra Ferdinando Carulli e Francesco Molino avesse trovato nel nostro attuale tempo una sua curiosa soluzione: una vittoria sancita in favore di Carulli, decretata più o meno consapevolmente dai chitarristi attuali e da un fortunato riscontro editoriale.
Ne prendevo atto da molti segnali che sembravano presentarsi sotto i miei occhi in modo troppo evidente per non essere notati, primo tra tutti il numero elevato di edizioni del Metodo op.27, pubblicato dalla quasi totalità delle case editrici in molte vesti e revisioni e quasi (mi si perdoni l’affermazione!) inflazionato, mentre al contrario si riscontrava una quasi completa assenza del Metodo (o meglio dei Metodi) di Francesco Molino.
Mi domando chi da studente non abbia passato il suo tempo od eseguito in saggio i famosi e piacevoli studi della prima parte del metodo op.27 già citato, e chi invece si sia formato nel suo percorso di studente leggendo le preziose indicazioni del Metodo di Molino o con i suoi studi. Non oso pronunciare la risposta ma….
Riprendendo oggi il gioco scherzoso di allora, proponendo un simbolico sondaggio: “Carullisti o Molinisti” mi accorgo di altri elementi che rendono più ardua la scelta tra i due Maestri ottocenteschi.
Norman Czabo
Diversi anni fa, in un articolo scritto per “Chitarre classica”, mi trovai a sostenere con scherzosa provocazione che la famosa “querelle” tra Ferdinando Carulli e Francesco Molino avesse trovato nel nostro attuale tempo una sua curiosa soluzione: una vittoria sancita in favore di Carulli, decretata più o meno consapevolmente dai chitarristi attuali e da un fortunato riscontro editoriale.
Ne prendevo atto da molti segnali che sembravano presentarsi sotto i miei occhi in modo troppo evidente per non essere notati, primo tra tutti il numero elevato di edizioni del Metodo op.27, pubblicato dalla quasi totalità delle case editrici in molte vesti e revisioni e quasi (mi si perdoni l’affermazione!) inflazionato, mentre al contrario si riscontrava una quasi completa assenza del Metodo (o meglio dei Metodi) di Francesco Molino.
Mi domando chi da studente non abbia passato il suo tempo od eseguito in saggio i famosi e piacevoli studi della prima parte del metodo op.27 già citato, e chi invece si sia formato nel suo percorso di studente leggendo le preziose indicazioni del Metodo di Molino o con i suoi studi. Non oso pronunciare la risposta ma….
Riprendendo oggi il gioco scherzoso di allora, proponendo un simbolico sondaggio: “Carullisti o Molinisti” mi accorgo di altri elementi che rendono più ardua la scelta tra i due Maestri ottocenteschi.
Confesso che la prima volta mi schierai dalla parte di Molino!! Ero convinto che la sorte lo vedesse “perdente” (per così dire) a tavolino per una mancanza di confronto tra le due scuole e di trovarmi quindi “in un Mondo di Carullisti!”.
Ora sono convinto (e qui la provocazione e forse lo scherzo si tramutano in una piccola amarezza) che in fondo hanno perso in egual modo entrambi: Molino, trascurato pur avendo proposto soluzioni nei suoi metodi che, adottate e sviluppate oggi, potrebbero essere presentate tranquillamente come elementi per una moderna didattica; Carulli, sottovalutato nel suo tentativo di sviluppare l’op.27 nell’op.241, che trovò all’epoca contrario il suo stesso editore (artefice di una curiosa presentazione alla nuova opera) e oggi, sua nemica, la fama inarrestabile della sua stessa creatura: l’op.27 (ne è testimonianza il fatto che l’op. 241 non risulti nei cataloghi delle maggiori case editrici).
Uscendo ora dallo scherzo e rientrando in un ruolo di studioso (ed appassionato) del periodo ottocentesco, ritengo che proporre una rilettura approfondita dell’opera didattica dei metodi dell’epoca possa farci scoprire molti aspetti legati alla tecnica, allo stile, alla didattica che potrebbero, se esaminati con attenzione, arricchire il nostro presente.
Per questo motivo ho pensato di proporre un percorso di riflessioni, riletture e considerazioni al quale ho dato il titolo: “Consigli dal passato”, nella speranza di dare vita ad un momento di periodico incontro (ovviamente simbolico) dove condividere le mie ricerche.
Vi lascio con questo esempio su come in fondo l’op.241 di Carulli non sia così diversa dagli studi proposti abitualmente ai nostri giorni.
Ferdinando Carulli - Studio dall’op. 241
Julio Sagreras - Studio n° 36
...nulla si crea, nulla si distrugge…?!
Ora sono convinto (e qui la provocazione e forse lo scherzo si tramutano in una piccola amarezza) che in fondo hanno perso in egual modo entrambi: Molino, trascurato pur avendo proposto soluzioni nei suoi metodi che, adottate e sviluppate oggi, potrebbero essere presentate tranquillamente come elementi per una moderna didattica; Carulli, sottovalutato nel suo tentativo di sviluppare l’op.27 nell’op.241, che trovò all’epoca contrario il suo stesso editore (artefice di una curiosa presentazione alla nuova opera) e oggi, sua nemica, la fama inarrestabile della sua stessa creatura: l’op.27 (ne è testimonianza il fatto che l’op. 241 non risulti nei cataloghi delle maggiori case editrici).
Uscendo ora dallo scherzo e rientrando in un ruolo di studioso (ed appassionato) del periodo ottocentesco, ritengo che proporre una rilettura approfondita dell’opera didattica dei metodi dell’epoca possa farci scoprire molti aspetti legati alla tecnica, allo stile, alla didattica che potrebbero, se esaminati con attenzione, arricchire il nostro presente.
Per questo motivo ho pensato di proporre un percorso di riflessioni, riletture e considerazioni al quale ho dato il titolo: “Consigli dal passato”, nella speranza di dare vita ad un momento di periodico incontro (ovviamente simbolico) dove condividere le mie ricerche.
Vi lascio con questo esempio su come in fondo l’op.241 di Carulli non sia così diversa dagli studi proposti abitualmente ai nostri giorni.
Ferdinando Carulli - Studio dall’op. 241
Julio Sagreras - Studio n° 36
...nulla si crea, nulla si distrugge…?!
Francesco Taranto
Si è diplomato sotto la guida del M° Massimo Gasbarroni, perfezionandosi nel repertorio della musica del '900 con i MM. J. Tomas, E. Fernandez, M. Barrueco, A. Minella ed in quella del '500 con i MM. H. Smith e P. Cherici.
Si è specializzato nell’esecuzione del repertorio del primo ‘800 con strumenti originali e prassi esecutive filologiche all’Accademia Superiore di perfezionamento “l’Ottocento” dell’A.G.I.F.
Dal 1980 svolge costante attività concertistica, avendo al suo attivo oltre 500 concerti sia come solista che in organici cameristici ed oltre 60 performances in qualità di solista con orchestra, sia in Italia che all'estero.
In America ha debuttato nel 1991 a New York presso la Carnegie Hall e l’American Institute of Guitar, presentando in riesecuzione moderna brani di Gabriello Melia (XIX sec.). Nel 1992 si è esibito alla Carnegie Hall ed alla State University at Stony Brook, eseguendo musiche ottocentesche su una preziosa chitarra G. Guadagnini del 1829. Nel 1993 è stato invitato per un concerto dimostrativo presso la Julliard School di New York. Ha eseguito nel 1995, con strumenti originali, il Primo Concerto in La Maggiore di M. Giuliani per chitarra ed orchestra per il Museo degli Strumenti Musicali di Milano. Nel 1999 si è esibito a Kuala Lampur invitato dall’Ambasciata Italiana in Malesia.
Ha insegnato chitarra classica presso il conservatorio di Musica “V. Bellini”, sede staccata di Trapani.
Attualmente è docente presso il Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova del corso sulla “Prassi esecutiva e repertorio della musica per chitarra dell’ '800”, nell’ambito del Diploma Accademico di II livello.
Dal 1989 tiene costantemente corsi di perfezionamento e masterclasses in prestigiosi festival internazionali.
Come Presidente dell'Associazione Rosso Rossini, ha ideato "Incontri con i Maestri", Master di Alto Perfezionamento presso l'Istituto Santa Maria di Roma, affiancandosi nell'insegnamento a nomi come Carlo Domeniconi, Carlos Bonell, Carlo Carfagna, Pablo de la Cruz, Giovanni Grano.
Ha inciso per la RUSTY CLASSICA e PLAYGAME. Ha pubblicato con le Case Editrici ZANIBON, RUGGINENTI, NUOVA CARISH, BERBEN ed EROM, Edizioni Romana Musica di cui è il direttore editoriale.
Si è specializzato nell’esecuzione del repertorio del primo ‘800 con strumenti originali e prassi esecutive filologiche all’Accademia Superiore di perfezionamento “l’Ottocento” dell’A.G.I.F.
Dal 1980 svolge costante attività concertistica, avendo al suo attivo oltre 500 concerti sia come solista che in organici cameristici ed oltre 60 performances in qualità di solista con orchestra, sia in Italia che all'estero.
In America ha debuttato nel 1991 a New York presso la Carnegie Hall e l’American Institute of Guitar, presentando in riesecuzione moderna brani di Gabriello Melia (XIX sec.). Nel 1992 si è esibito alla Carnegie Hall ed alla State University at Stony Brook, eseguendo musiche ottocentesche su una preziosa chitarra G. Guadagnini del 1829. Nel 1993 è stato invitato per un concerto dimostrativo presso la Julliard School di New York. Ha eseguito nel 1995, con strumenti originali, il Primo Concerto in La Maggiore di M. Giuliani per chitarra ed orchestra per il Museo degli Strumenti Musicali di Milano. Nel 1999 si è esibito a Kuala Lampur invitato dall’Ambasciata Italiana in Malesia.
Ha insegnato chitarra classica presso il conservatorio di Musica “V. Bellini”, sede staccata di Trapani.
Attualmente è docente presso il Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova del corso sulla “Prassi esecutiva e repertorio della musica per chitarra dell’ '800”, nell’ambito del Diploma Accademico di II livello.
Dal 1989 tiene costantemente corsi di perfezionamento e masterclasses in prestigiosi festival internazionali.
Come Presidente dell'Associazione Rosso Rossini, ha ideato "Incontri con i Maestri", Master di Alto Perfezionamento presso l'Istituto Santa Maria di Roma, affiancandosi nell'insegnamento a nomi come Carlo Domeniconi, Carlos Bonell, Carlo Carfagna, Pablo de la Cruz, Giovanni Grano.
Ha inciso per la RUSTY CLASSICA e PLAYGAME. Ha pubblicato con le Case Editrici ZANIBON, RUGGINENTI, NUOVA CARISH, BERBEN ed EROM, Edizioni Romana Musica di cui è il direttore editoriale.
sabato 1 dicembre 2007
A. Barricelli plays Giuliani Op. 50 nro 13 photos Louise Doc
Angelo Barricelli plays Mauro Giuliani Opera 50 nro 13
Angelo Barricelli
http://www.angelobarricelli.com
Pictures by Louise Docker
http://www.flickr.com/people/aussiegall
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