lunedì 3 marzo 2008

Guida introduttiva agli strumenti musicali meccanici di Marino Marini, parte seconda

LE ORIGINI




Come organo, organino, organetto il linguaggio popolare designa qualsiasi strumento produca automaticamente la musica, sia esso un piano a cilindro, un autopiano, un carillon o uno degli sfarzosi e chiassosi organi da fiera, sulle facciate dei quali si muovono automi che suonano piatti e tamburi. Per il linguaggio accademico è invece un organo solo il tradizionale strumento a canne che da secoli siamo abituati a vedere nelle chiese, ed ora nelle sale da concerto. Se il linguaggio popolare appare spesso impreciso, sa tuttavia conservare il senso originario, storico e quindi scientifico di alcuni termini. Infatti per i greci presso i quali verosimilmente l'organo a canne fece la sua prima comparsa - organo, significava « strumento» atto a compiere un lavoro o una funzione predisposta dall'uomo. Organo era lo strumento per le misure più complicate, il regolo per i calcoli matematici, il regolo per calcolare senza fatica le distanze in mare. Organo venne infine chiamato un complicato meccanismo applicato ad una serie di canne degradanti in altezza, capace di farle suonare senza che l'uomo vi soffiasse dentro. L'invenzione prodigiosa risale al periodo ellenistico, durante il regno di Tolomeo In Evergete, e viene attribuita a Ctesibio di Alessandria. Egli fissò ad un pancone di legno (somiere) quindici canne di flauto; a questo pancone l'aria giungeva a pressione costante da un serbatoio ad acqua (qualche cosa di simile ad un moderno gasometro) alimentato a sua volta da due soffietti. . Questo strumento, chiamato « organon hydraulon» (= strumento di flauti ad acqua), appariva agli uomini d'allora come una vera macchina automatica che permetteva di fare musica con facilità e senza avere necessariamente una grande abilità come flautista. Per capire questo aspetto, bisogna pensare alla difficoltà di estrarre delle note precise ed in rapida successione da una tromba o da un flauto del tempo: trombe e flauti sprovvisti sia di pistoni che di chiavi. Con l'hydraulon era sufficiente schiacciare un tasto per avere la nota desiderata, sempre uguale e di uguale intensità e - fatto nuovo - si poteva anche avere un numero di note che suonassero contemporaneamente, comandate da un solo operatore. (Fatto quest'ultimo di estrema importanza perché fecondo di sviluppi per la successiva musica) . L'organo ebbe subito una grande fortuna e se ne costruì in gran numero in tutti i paesi di cultura greca e romana. Esso divenne un elemento così importante che due secoli più tardi Vitruvio, nel suo trattato « De Architectura », dedicò un intero capitolo a questo strumento e descrisse organi ad otto registri (otto file di canne) e a due mantici. Le canne erano generalmente in bronzo, ad alta sonorità, perché gli organi erano quasi sempre destinati a luoghi pubblici, all'aperto. Loro posto d'onore era nei teatri, nei circhi e nelle arene e questa fu la ragione per cui il cristianesimo, che veniva formando la sua chiesa e la sua società sulle rovine del mondo antico, li considerò in un primo momento con sospetto. Quando l'Impero Romano d'Occidente crollò, frantumandosi in una miriade di regni romano barbarici cristiani, anche l'arte organaria italiana decadde fino a scomparire quasi totalmente. Essa continuò tuttavia a prosperare a Bisanzio, ove l'organo venne considerato qualche cosa più che non un semplice strumento pagano di svago. Nel 757 d.C. allorché l'imperatore di Bisanzio Costantino V Copronimo dovette fare un dono di Stato per cattivarsi la simpatia del forte re dei franchi Pipino, non trovò nulla che sapesse meglio esprimere lo splendore della sua corte, che regalare un organo. Quest'organo, a quanto racconta nei suoi annali il cronista Eginardo, venne installato nella chiesa di S. Comelio a Compiegne e pare che sia stato il primo di questi strumenti a venire appositamente installato in una chiesa. In quel periodo comunque la chiesa accettò l'organo come strumento di culto e da quel momento esso ebbe un avvenire assicurato ed iniziò il suo prestigioso sviluppo. Già nel 950 veniva collaudato in Inghilterra a Winchester un organo con 400 canne e 26 mantici. Pieno di meraviglia - e probabilmente di ingenua esagerazione un cronista del tempo di nome Wolstano ci racconta che, per suonare quell'organo, era necessaria l'opera di due organisti e di settanta tiramantici. Altre leggende accompagnano la proliferazione di queste mirabili macchine musicali da Venezia alla Francia, dall'Inghilterra alla Germania, come quella, molto significativa, raccontata in begli esametri da Walfrido Strabone, che narra di una donna che morì di sincope, colpita dall'estrema dolcezza del suono d'un organo. All'organo tradizionale con canne ad anima (quelle in cui è la vibrazione della colonna d'aria a produrre il suono) si aggiunsero canne ad ancia (l'ancia è una linguetta metallica che produce i suoni vibrando per la sollecitazione dell'aria). Si pensò cioè di aggiungere alla macchina creata per suonare i flauti tutti gli altri strumenti a fiato, opportunamente modificati, onde arricchirla di ogni possibilità timbrica: dall'ottavino alla zampogna; dalla tromba al cromorno; dal fagotto alla bombarda. Se per un verso lo sviluppo dell'arte organaria contribuì in maniera determinante a quello dell'arte musicale, anche la musica accresciuta in complessità richiese nuove possibilità allo strumento. Dopo l'invenzione dei registri (pare nel secolo XII) si aggiunse alla macchina un'altra tastiera per potere suonare anche con i piedi (tastiera pedale) di cui si attribuisce l'invenzione al fiammingo van Werbecke. Il suonatore d'organo era a quel punto come un generale che controllava un esercito di suoni e di timbri attraverso tastiere manuali, pedali e leve di registri. Che cosa mancava perché il concetto di «organon» raggiungesse la pienezza del significato? Naturalmente che esso suonasse da solo. Quando Ctesibio inventò il suo organo presentò al mondo una macchina che, data la monodicità della musica greca e romana, permetteva a chiunque di suonare; questa macchina però conteneva in se (come abbiamo prima accennato) delle possibilità per una musica superiore, dal momento che da essa si potevano ricavare armonie (accordi di più suoni sovrapposti) e che si potevano intrecciare due o più melodie opportunamente concatenate (polifonia). Dopo XV secoli di sviluppo quindi per suonare una musica bisognava conoscere la polifonia e l'armonia ed all'organo doveva sedere un professionista preparato. Ma l'organo era anche un insieme di leve (tasti, pedali, registri) a ciascuna delle quali corrispondeva un suono ed un timbro. Il problema che si poneva era il seguente: è possibile azionare quelle leve mediante un meccanismo che segua un programma preciso e prefissato? L'AUTOMAZIONEGià Platone, tre secoli prima di Cristo, aveva avuto l'idea di costruire un orologio a flauti perché segnasse acusticamente le ore di notte. Non sappiamo se questo orologio sia stato costruito, ma certo esso doveva contenere alcuni elementi che sarebbero stati più tardi utilizzati nell' automazione dell'organo. Esso avrebbe dovuto funzionare press' a poco come i moderni orologi a cucù; l'unico meccanismo, per così dire programmatore, era quello che doveva azionare i flauti ad un'ora determinata. Molto probabilmente i greci e i romani non proseguirono oltre su questa via e non pensarono a riprodurre automaticamente delle opere musicali per due ragioni: innanzitutto perché la loro musica era estremamente semplice e poi perché presso i romani i musicisti (come quasi tutte le persone che sapevano fare qualche cosa) erano generalmente degli schiavi. Le esigenze dei forti e liberi maestri artigiani dell’Umanesimo erano al contrario ben differenti. Si può dire che l'invenzione dell'organo meccanico fu anche prodotto da quest'ansia di libertà, di potere sulla natura e di conoscenza. Se cerchiamo invece di capire quali furono le vie tecniche che portarono a compiere il salto qualitativo dal meccanismo manuale a quello programmato dobbiamo, a nostro avviso, fare un’osservazione preliminare: per chi conosce anche solo superficialmente il pentagramma (ed il modo di scrivere la musica usato dagli antichi è sostanzialmente uguale) è evidente la riflessione tecnica che ha portato all’invenzione del cilindro chiodato. La scrittura della musica nella sua naturale scientificità geometrica (essa sistema lungo un asse verticale i vari suoni, - verso l'alto i suoni acuti e verso il basso i gravi, mentre la loro successione nel tempo viene letta lungo un asse orizzontale, come per la scrittura) ha fatto pensare che il meccanismo di lettura doveva seguire una via analoga. Il problema venne risolto verso la fine del '400 con l'invenzione di un cilindro chiodato in cui ciascun chiodo corrispondeva ad una nota musicale. Questo cilindro, ruotando lentamente sul proprio asse portava i chiodi ad alzare delle leve che comandavano il suono ordinato. E facilmente intuibile la notazione musicale sul cilindro è perpendicolare a quella scritta sul pentagramma e segue l'andamento della tastiera. (L’altezza dei suoni è disposta lungo la linea orizzontale mentre il tempo è dato dalla rotazione del cilindro). È quasi certo che il movimento circolare di un cilindro chiodato sia stato il primo modo di produrre automaticamente la musica. Il moto circolare infatti - in mancanza di tecniche più raffinate - fu la soluzione al problema della continuità del discorso musicale. Un meccanismo del genere fu applicato per primo naturalmente al re degli strumenti, all'organo. Ma come la macchina a tastiera, dopo essere stata impiegata per l'organo venne applicata anche a cetre e salteri (che divennero virginali, spinette e clavicembali) così anche il cilindro avrebbe fatto suonare automaticamente oltre all’organo a canne, strumenti a pizzico (spinette) e più tardi a percussione (clavicordi, forte piano e poi pianoforti). L'organo a cilindro più antico che ci è pervenuto è quello di Salisburgo, la cui costruzione fu ultimata nel 1502 dietro ordinazione dell' arcivescovo L. von Keutschach. Esso ha 350 canne e per la potenza dei suoi bassi si è meritato il soprannome di toro di Salisburgo. Ancor oggi sopravvive un cilindro originale per il quale nel 1753 Leopold Mozart, padre del sublime Wolfgang Amadeus, compose una musica. La spinetta a orologeria costruita da Bidermann risale a pochi decenni più tardi. Si capisce facilmente che il movimento di uno strumento a pizzico o a percussione è molto più complicato che non quello di uno strumento ad aria. Nell'organo a canne infatti il comando automatico si limita ad aprire o a chiudere una valvola, mentre per la spinetta od il pianoforte dovranno agire leve e molle più complesse sia per il ritorno del tasto che per smorzare il suono, e più tardi, per dare al discorso musicale il colore, cioè l'espressione. Con la sua spinetta Bidermann dimostrò che tutti gli strumenti, anche i più complessi, avrebbero potuto essere automatizzati: non si tardò infatti a costruire arpe ad orologeria (a percussione), clavicordi, fortepiano; si inventò un nuovo strumento che poteva essere contenuto in una scatoletta, costituito da un pettine in acciaio armonico e da un cilindro che faceva vibrare le linguette di questo pettine , si costruirono meravigliose scatolette dalle quali usciva un uccellino per cinguettare una canzone; si costruirono cassette ad ancia di tutte le dimensioni. Col tempo anche il cilindro si sarebbe evoluto e si sarebbe trovato il modo di affidare il programma a dischi chiodati o forati, in metallo ed in cartone e per ultimo a rulli di carta, mantenendo sempre inalterato il principio fondamentale di sistemare l'altezza delle note sull'asse perpendicolare a quello del tempo. Diciamo qui per inciso, che questo modo di scrivere il programma musicale precorse i calcolatori moderni non solo nella analogia meccanica, ma anche in una esigenza più profonda: la macchina avrebbe dovuto servire l'uomo, aumentarne le possibilità e, prima o poi, arrivare ad essere capace di comporre in parte la musica da eseguire. A ciò pensava già nel 1660 il dottissimo padre gesuita Anastasio Kircher. Nel suo libro intitolato Musurgia Universalis, accanto al disegno di un meraviglioso organo automatico a due cilindri mossi da una caduta d'acqua e ricco tra l'altro di uccellini automatici, sistemava un'Arca Musarithmica per comporre la musica senza bisogno di conoscere la teoria. Grosso modo quest'arca consisteva in una cassetta che conteneva diverse file di paletti ciascuno dei quali recava scritta la nota, oppure la battuta, oppure il ritmo da potersi liberamente combinare. Padre Kircher non tralascia di informarci che se un angelo all'inizio del mondo avesse cominciato a comporre musica combinando i paletti, ancor oggi (nel 1660) non avrebbe finito. Che non si trattasse di una astratta iperbole matematica lo dimostrò nei primi anni dell'800 il geniale meccanico Dietrich Nicolaus Winkel allorché presentò al pubblico attonito la sua opera più famosa il « Camponium ». Questo strumento, unico nel suo genere è un grande organo meccanico a nove registri, arricchito da percussioni, che ha la capacità, una volta messo in moto, senz'altro intervento che la ricarica, di variare un tema fondamentale tante volte che, per ascoltarle tutte, non basterebbero 138 milioni di anni. Non possiamo qui illustrare la tecnica sulla quale è basata la realizzazione di un Orchestrion del genere, ma basterà ricordare che quest'organo meccanico, a due cilindri « casualmente scompigliati» lo si può vedere al Museo degli Strumenti Musicali di Bruxelles, dove non ha ancora cessato di destare discussioni tra gli studiosi, oltre che stupore ed ammirazione. Questo giuoco, risultato di migliaia d'anni di esperienze artigiane ed intellettuali non ha finito ancor oggi di affascinare e di dare frutti: ad esso si ispirò nei primi anni dell'800 E.T.A. Hoffmann quando inventò con la fantasia un'arpa atmosferica che per comporre e suonare non aveva neppure più bisogno dell'intervento umano (erano sufficienti le variazioni nel soffio dei venti) ; oppure lo scultore Schoeffer che nel 1955 costruì effettivamente una torre musicale. Questa torre musicale era composta da una intelaiatura e da lastre di metallo, con tutta una serie di termocoppie, termometri e barometri che «leggendo » le variazioni atmosferiche ed amplificandole opportunamente, riusciva a creare effetti sonori sempre differenti.

2 commenti:

Francesco ha detto...

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mercatino musicale ha detto...

ma e conosciuto il tuo sito