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Ho una ammirazione sconfinata per Bill Frisell. Segui la sua carriera fin da quanto ho sentito il suono particolare della sua chitarra nei Naked City e anche se da qualche anno non ha fatto uscire dischi particolarmente esaltanti, sono sempre pronto a difendere la sua intelligenza musicale e la sua abilità come strumentista. Certo che negli anni ’90 dovette attraversare un periodo molto felice dal punto di vista creativo, in rapida successione aveva infatti fatto uscire una serie di dischi eccezionali di cui questo Have a Little Faith rappresenta per me il suo zenith, il suo apice.
Qui Frisell infatti riesce a dimostrare tutta la sua originalità rielaborando e creando un disco di cover eccellenti, lontane anni luce dal classico concetto di definizione degli standards jazzistici. Non storcete la bocca, so che si può partire prevenuti leggendo nei titoli un brano come “Live to Tell”di Madonna, invero arrangiato in modo fantastico sostituendo ogni riferimento pop con un blues tagliente e malinconico come pochi, ma in realtà c'è dentro di tutto, un accozzaglia di generi che se uno non ha nervi e testa ben saldi farebbe in fretta a trasformarli in un minestrone dai sapori indigesti e grotteschi. Ma il nostro chitarrista è abituato a ben altro, ricordo che la sua militanza in quel calderone bollente stilistico che furono i Naked City risale proprio in quegli anni, un gruppo di musicisti geniali allenati a cambiare dieci stili musicali nello stesso brano in meno di mezzo minuto.
Oltre a Madonna infatti ci stanno dentro degli standard jazz tipo "When I fall in love", una marcetta militare ("Washington Post March"), un pezzo di Dylan (la celebre "Just like a woman"), uno di Sonny Rollins ("No Moe") e pure la musica contemporanea, la wilderness di "Billy the Kid" di Aaron Copland, un balletto del 1938 noto per l'eclettico miscuglio di canzoni di cowboy e di canzoni folk americane. Ad accompagnare Frisell la batteria di Joey Baron (compagno di giochi nei Naked City), il clarinetto di Don Byron, il basso di Kermit Driscoll e la fisarmonica di Guy Klucevsek. Il risultato è sensazionale: il clarinetto di Don Byron suona oltremodo fresco e ruspante, la fisarmonica di sottofondo conferisce al tutto sonorità un po' inconsuete per una formazione jazz e il modo di suonare e di arrangiare di Bill Frisell è a dir poco vario in questo disco, passando da paesaggi pazzi e lunari a arrangiamenti folk-country-bonanza a toni più prettamente jazz.
La sua versione di Have a Little Faith di John Hiatt, il brano che da il titolo al disco è poi qualcosa di epocale, e da sola vale la pena di spendere i soldi per l’acquisto del cd, che raccomando in ogni modo se in particolare se vi intrigano le maniere pazze di mescolare folk, country e jazz.
Per parlare di questo disco cominciamo facendo un po’ di storia: verso la fine degli anni cinquanta, nacque la bossanova. Per convenzione si fa partire questo genere musicale con la pubblicazione di "Chega de Saudade", scritta da Tom Jobim e Vinicius De Moraes e interpretata da João Gilberto, mentre per i critici musicali si fa coincidere la fine del movimento stesso nel '65, con il primo festival di musica popolare brasileira, vinto da Elis Regina con "Arrastão" composta da Edu Lobo e dal proprio Vinicius. Nacque cosí la MPB o musica popolare brasileira che comincia la sua traiettoria verso un pubblico piú vasto, incastonando nella matrice bossanovista e nelle musiche tradizionali (come il samba), dei tasselli estratti da altre influenze musicali, raggiungendone l´apice di questa tendenza nella fase tropicalista di fine anni sessanta.
Quando si parla di bossanova, i personaggi che vengono subito in mente sono sempre Jobim e Gilberto. Non possiamo peró dimenticare che Vinicius é un personaggio chiave. Se infatti i primi due si sono trascinati dietro lo spirito della bossanova per il resto della loro carriera, Vinicius lo esorcizza rinnovando, grazie anche al suo ecclettismo che lo vede impegnato su vari fronti artistici fra i quali il giornalismo e la drammaturgia. Gli anni sessanta in Brasile sono poi anni di grande ricchezza, freschezza e rinnovamento culturali, anche perché se la bossanova é riuscita ad influenzare il jazz americano, quella freschezza e libertá strumentale tipiche del jazz entrarono pesantemente in una nicchia di musicisti brasiliani, per non parlare di quello che successe poi con il tropicalismo. "Os Afro-Sambas", esce nel '66, un anno dopo "Arrastão". Vinicius rimase affascinato dalla musicalitá afro-brasileira nelle sue manifestazioni piú ancestrali; nel Candomblé, la più diffusa religione africana, nel samba di roda e nella capoeira. Cosí, dopo una accurata ricerca in territorio baiano, che più di ogni altro ha saputo mantenere viva la cultura africana, Vinicius e Baden, mettono insieme tutto il materiale raccolto e lo fondono con maestria alla loro bossanova. Per la prima volta si sente il battito degli atabaques accompagnare il suono del flauto, l´agogó scandire il tempo per la chitarra, egregiamente suonata da Baden Powell. Sicuramente Vinicius e Baden, hanno voluto rendere omaggio alla tradizione afro-brasileira senza la quale la bossanova non sarebbe mai esistita e non avrebbe potuto cosí deliziare i salotti della borghesia carioca, aiutando un poco la società brasiliana a volgere lo sguardo alla cultura afro-popolare perseguita e ghettizzata. Un album che a distanza di oltre 40 anni rimane attuale e coinvolgente, tecnicamente ineccepibile, ben arrangiato e prodotto: Baden Powell si sente perfettamente a suo agio, lui che é abituato ad unire il classico con il popolare e Vinicius canta in modo gentile e confidenziale.
Il Comune di Borgo di Terzo (Bg)
con la partecipazione del Museo della Val Cavallina
e la collaborazione della Associazione Bergamo Chitarra
p r e s e n t a
Nell’ambito della quarta edizione [ aprile – dicembre 2011 ] della rassegna itinerante:
Liuto Chitarra Mandolino a Bergamo
Un Concerto dedicato ai Liutisti Terzi di Borgo de Tertio (sec. XVI)
“ Guitarra flamenca de Concierto ”
Il Concerto sarà integrato da percorsi di storia e cultura musicale in terra bergamasca
con note esplicative sui luoghi - le musiche - gli autori - gli interpreti – gli strumenti musicali
Juan Lorenzo
chitarrista flamenco internazionale
direttore artistico: Maestro Giacomo Parimbelli
info 347 88 94 703
i n g r e s s o l i b e r o
profilo artistico
JUAN LORENZO, chitarrista flamenco, si è guadagnato un posto privilegiato nel panorama concertistico europeo.
Di origini spagnole, compie gli studi musicali a Siviglia sotto la guida di Miguel Perez e Mario Escudero, dove subito si esibisce nei tablaos e nelle fiestas più importanti della città. In vent' anni di attività, ha tenuto 2000 concerti, collaborando con alcune delle figure più prestigiose del flamenco internazionale, quali i chitarristi José Luis Postigo, Victor Monge "Serranito", Manitas de Plata, Merengue de Corboba, Oscar Herrero, i cantaores José de la Tomasa, Carmen Sanchez, Feliz de Lola e Javier Hidalgo, i bailaores José Greco, Antonio Marquez, Joaquin Grilo, "El Junco", Juan Ortega, Joaquin Ruiz, Miguel Angel Espino e Carmen Reina.
Frequenti, inoltre, le sue collaborazioni con artisti pop, tra cui Andrea Bocelli, Mario Reyes dei Gipsy Kings, Jethro Tull, Tony Esposito, Al di Meola, Pino Daniele.
Nel 1996 fonda la propria compagnia "Flamenco Libre", con cui si esibisce in Italia, Spagna, Inghilterra, Francia, Germania, Svizzera, Ex Juogoslavia, Tunisia, continuando parallelamente l'attività come solista, in duo col chitarrista classico Flavio Sala e con orchestra in tutta Europa, Stati Uniti e Russia.
Nel 1997 partecipa alla registrazione del video "La Feria de Abril" in una delle più importanti istituzioni di arte flamenca, la "Fundacion Cristina Heeren" di Siviglia, da cui partirà il tour europeo. Nel 2008-2009 con il progetto per chitarra sola “flamenco de concierto”si esibisce in alcune delle più prestigiose sale internazionali come: Tchaikovsky hall (Mosca), Palazzo Pitti (Firenze), Teatro Parioli (Roma), Blutenburger Konzerte (Monaco di Baviera), Teatro Comunale Di Lugano (Svizzera), War Memorial and Performing Arts Center di San Francisco (California), Teatro Politeama (Palermo), ecc….
Da sempre particolarmente attento alla didattica flamenca, ha pubblicato numerosi saggi su riviste di settore, libri e metodi sulla chitarra flamenca, oltre a diverse incisioni discografiche tra cd e dvd distribuite in Europa, Stati Uniti e Giappone. Innumerevoli sono i suoi corsi e masters in importanti centri musicali (Conservatorio Santa Cecilia di Roma, il "Cherubini" di Firenze, ecc...).
Attualmente è docente presso il conservatorio di Terni (ITALY) .
Musiche in ascolto:
Ramon Montoya:
solea, granaiana, guajira, tiento, malaguena
Sabicas:
farruca alegrias
J.Lorenzo:
fandango, solea, buleriars
Sembra non passi giorno che la chitarra non dimostri il profondo interesse che suscita nei compositori contemporanei. Il cd di Diego Castro Magas evidenzia questo interesse presente anche dall'altra parte dell'oceano e più precisamente in Cile. Disco molto interessante questo No Time (at all) per diversi motivi, innanzitutto per lo notevole abilità strumentale di Diego Castro Magas, eccellente chitarrista che qui dimostra tutta la sua perizia tecnica, in secundis per la notevole qualità delle composizioni qui registrate che dimostrano la presenza di una scuola cilena per la chitarra contemporanea.
Il cd, autoprodotto dal chitarrista direttamente su CdBaby, inizia con un classico della chitarra contemporanea come i due brani “Algo” del compositore italiano Franco Donatoni e si conclude con No Time (at all) di Brian Ferneyhough, compositore inglese legato alla “nuova complessità”, assieme alle musiche di cinque compositori cileni: Pablo Aranda, Cristian Morales Ossio, Alejandro Guarello, Hilda Paredes e Francisco Silva.
La dissoluzione del tempo, un nuovo concetto di suono nello spazio, la chitarra usata in modo non convenzionale sembrano queste essere le basi delle musiche suonate in questo cd, così come lo sono le idee di Walter Benjamin, filosofo, scrittore, critico letterario e traduttore tedesco, più volte citato nel bel libretto che accompagna il disco.
Una dimensione di viaggio nel tempo e nello spazio aleggia nelle note suonate dalla splendida chitarra di Diego Castro Magas, un disco che non deve mancare nella discoteca di chi è alla ricerca di materiale nuovo e interessante da ascoltare e, perchè no, da suonare.
Piccola nota: questo cd è interamente autoprodotto dall'interprete e in vendita direttamente su Cd Babe a questo link:
http://www.cdbaby.com/cd/diegocastromagas
La qualità di registrazione curata e di ottima qualità.