mercoledì 4 giugno 2008

Il restauro degli organi a cilindro della reggia di Caserta di Leonardo Perretti

Il restauro degli organi a cilindro della reggia di Caserta


E’ stato completato, a cura di chi scrive, il restauro di uno degli organi automatici a cilindro della Reggia di Caserta, sono quindi lieto di poter rendere pubbliche alcune notizie su questo organo, e, più in generale, sugli strumenti automatici e sul patrimonio musicale ad essi associato, che si trova attualmente nella Reggia di Caserta. La Reggia di Caserta possiede due organi automatici, risalenti alla prima metà dell' 800, ed un cospicuo patrimonio di 89 cilindri chiodati, che furono costruiti per essere suonati con i due organi. Gli organi sono di diversa dimensione e complessità. Quello che è stato restaurato è l'organo di dimensione minore. L'organo "maggiore", che non è funzionante e sperabilmente verrà restaurato nel prossimo futuro, si presenta come un grande mobile in stile "Impero" chiuso con ante in legno, e contiene tre registri di canne in legno, divisi in bassi e soprani, azionati direttamente dai cilindri nel corso dell'esecuzione. L’autore dei due organi fu Anton Beyer, come testimonia una targa intarsiata che si trova sul pannello anteriore dell'organo minore, che recita: "Anton Beyer - Meccanico della corte in Napoli". Il Beyer è ben noto agli studiosi di strumenti meccanici, per essere stato uno dei migliori costruttori di organi automatici dell' 800. Egli era originario di Vienna, e si trasferì a Napoli, su invito della Corte Borbonica, nel 1823. Da una parziale ricerca d'archivio, compiuta per l'occasione, sono risultati alcuni documenti, attraverso i quali abbiamo la testimonianza del suo arrivo a Napoli e del luogo in cui egli fu alloggiato. La qualifica di "meccanico" non deve ovviamente essere intesa nell'accezione odierna, ma con il significato di "esperto di meccanismi complessi", che all'epoca si identificavano con meccanismi ad orologeria e similari. Non sono stati purtroppo trovati documenti riguardanti gli ultimi anni dell'attività di Beyer a Napoli e a Caserta. Si può ipotizzare tuttavia, come fa Latanza, che egli rimase in quella zona fino alla sua morte, data la grande quantità di materiale a lui ascrivibile che ci rimane. Beyer lavorò presso la Corte di Napoli, come si è detto, in qualità di "meccanico". Egli veniva regolarmente stipendiato per curare la manutenzione degli organi che egli stesso aveva costruito, e probabilmente anche degli orologi, e costruiva nuovi cilindri, che gli venivano compensati a parte. Dell'attività di Beyer presso la Corte Borbonica, conosciamo almeno tre organi, che sono i due di Caserta, e un altro, firmato, attualmente di proprietà privata a Palermo. Abbiamo anche notizia di un organo che Beyer costruì per il palazzo reale di Capodimonte, per il quale furono pagati 15 cilindri nel 1827; quest'ultimo strumento certamente non corrisponde con quelli di Caserta, per ragioni di incongruità temporale con i brani musicali contenuti nei cilindri di Caserta. Vediamo più da vicino come è fatto l'organo restaurato. Esso appare esteriormente con l'aspetto di un mobile scrittoio; il meccanismo dell'organo è contenuto nella parte superiore del mobile, nascosto dagli accessori che ne caratterizzano la struttura, appunto, di mobile-scrittoio; solo il cilindro e parte dei ruotismi sono visibili dietro una finestrella con vetro posta appena sopra il piano a ribalta. La costruzione della meccanica corrisponde ad una tipologia già fortemente caratterizzata, quasi standardizzata, degli organi automatici viennesi della prima metà dell' 800, differenziandosi eventualmente solo per una maggiore precisione nella costruzione. La parte strettamente musicale consiste di un piccolo organo automatico a cilindro con un solo registro di 46 note (Do1 - La4 su base di 4'). La struttura dell'organo è la seguente: un peso di piombo, collocato in un apposito vano verticale lungo lo spigolo posteriore sinistro del mobile, è appeso ad una corda, originariamente di budello, che, svolgendosi e tirando un rocchetto, mette in movimento un treno di ingranaggi. Questo aziona i mantici che producono aria a pressione, e, nello stesso tempo, mette in rotazione il cilindro, le cui punte, tramite apposite leve o "tasti", azionano le valvole (ventilabri) che aprono l'aria verso le canne. Nel suo movimento rotatorio, il cilindro viene spostato gradualmente anche in senso laterale, assumendo così un andamento a spirale, per cui l'esecuzione di ciascun cilindro comporta 6 rotazioni complete, e ha una durata di circa 4 minuti. I cilindri sono intercambiabili, inseriti nello strumento tramite un apposito supporto. L'avvio dell'esecuzione dei brani viene determinato, "allo scoccare di ogni ora, dall'orologio a pendolo, che si trova sulla parte frontale del mobile, in alto,. E' ovviamente possibile anche avviare manualmente l'organo, o bloccarne il funzionamento. La carica del peso è sufficiente per suonare quattro cilindri. Affinché l'organo funzioni in modo anche solo accettabile, è necessario che tutte le sue parti si muovano in maniera perfetta. Le forze in gioco sono minime, e anche una piccolissima imperfezione può compromettere il buon funzionamento dell'intero strumento. La tipologia delle canne, consueta per questo modello di organi, rinvia ai registri, particolarmente diffusi in area tedesca, generalmente denominati "Flauto traverso" o "Flauto orchestrale". La stessa denominazione del tipo di canne dà un'idea del modello sonoro che si intende realizzare: un concerto di flauti traversi che, opportunamente intonati, rendono complessivamente l'impressione "orchestrale" dei brani che vengono eseguiti. Sorvolando sugli aspetti più strettamente tecnici e specialistici del restauro, sarà opportuno fare un cenno sull'importanza dei cilindri, che sono forse la parte più preziosa del patrimonio musicale della Reggia, come fonte musicologica. I cilindri appartenenti allo strumento restaurato sono in numero di 44, mentre per l'organo maggiore ne esistono 45, per un totale, come si è detto, di 89. Si può ritenere che i cilindri arrivati ai giorni nostri siano la totalità di quelli costruiti, poiché da inventari storici della Reggia risulta lo stesso numero attuale. Il numero di 127, riportato in altre pubblicazioni, è da ritenersi falso, in quanto è stato chiarito che in quel censimento 38 cilindri furono considerati due volte. I brani contenuti nei cilindri rispecchiano la destinazione "colta'" degli strumenti. Si tratta per lo più di arie tratte da opere dei maggiori compositori dell'epoca: Donizetti, Mercadante, Verdi, Strauss, Pacini ecc. E' probabile che il Re o i componenti della corte, scegliessero i brani da notare nei cilindri non appena le nuove opere, non di rado in prima esecuzione, venivano presentate al S. Carlo di Napoli. Nella notazione dei cilindri si partiva da trascrizioni per piano e voce, che venivano poi adattate allo strumento. Dall'analisi attenta dei cilindri, si può ritenere che la metodologia utilizzata da Beyer per notarli permettesse un'altissima risoluzione nel posiziona mento dei chiodi, che si traduce in un'estrema duttilità nella esplicazione degli elementi espressivi introdotti nelle fasi di trascrizione e di preparazione dei diagrammi musicali con cui furono notati i cilindri; il loro ascolto risulta quindi piacevole e fluido. In un'epoca come quella attuale, in cui le tecnologie digitali sembrano aver superato in qualità e raffinatezza tutto ciò che era stato costruito nel passato, gli strumenti automatici vengono spesso visti con paternalistica benevolenza come tentativi più o meno goffi di imitazione di strumenti e musicisti reali. Ma non è così. Se analizzati da un punto di vista tecnico, e l'ascolto del risultato musicale non tradisce questa constatazione, essi mostrano di essere stati realizzati mettendo in atto strategie e soluzioni tecniche straordinarie, tali da consentire il massimo livello qualitativo del risultato finale. Nel nostro caso, si vede bene come un organo di sole 46 canne, seppure con voce flebile, adatto ad un piccolo studiolo cui probabilmente era destinato in origine, riesca a rendere pienamente la sensazione di un'intera orchestra senza che il valore musicale ne appaia menomato. Accanto alla godibilità estetica non va trascurato un altro elemento che è il valore di rigoroso documento delle prassi e modalità esecutive antiche. Dall'esame dei cilindri, nel corso del restauro si è potuto rilevare che nell'atto della loro costruzione il notatore segnò in prossimità delle punte i simboli convenzionali che Bayer utilizzava per ricordarne la dimensione e, forse, la funzione musicale nell'ambito del brano. Tali simboli sembrano essere differenti da quelli a noi noti attraverso i trattati antichi conosciuti; questi cilindri potrebbero quindi permettere, se opportunamente indagati, di ricostruire con esattezza i metodi, altrimenti andati perduti, con cui Beyer, e la tradizione da cui egli discendeva, usavano per interpretare e tradurre il foglio musicale. D'altro canto, dalla stessa indagine sarebbe possibile ricavare con esattezza tutti gli elementi interpretativi, cioè abbellimenti, trilli, accelerando, rallentando ecc., dei brani contenuti nei cilindri. Tali elementi, che in una esecuzione musicale dal vivo possono essere fuggevoli o dipendenti dalla disposizione d'animo momentanea degli esecutori, sono qui riportati con rigorosità assoluta, e per di più provengono direttamente dall'antichità; abbiamo quindi potenzialmente la possibilità di recuperare con esattezza matematica i criteri esecutivi dell'epoca in cui questi cilindri furono prodotti. L'approfondimento di indagine musicologica summenzionata esulava dai limiti del lavoro che è stato eseguito, anche perché alcuni dati sono emersi solo nel corso del restauro stesso; sarebbe nondimeno auspicabile che tale approfondimento possa effettuarsi in futuro, anche utilizzando eventualmente alcune metodologie informatiche già applicate dallo scrivente in occasioni analoghe. Il restauro dell'organo è stato eseguito da chi scrive, finanziato dalla Soprintendenza di Caserta, Soprintendente il Dott. Livio Ricciardi. I lavori sono stati diretti dalla Dott.ssa Giovanna Petrenga, con l'assistenza tecnica del Sig. Giuseppe Graziano e del Dott. Pierluigi De Felice, e con la collaborazione del Dott. Antonio Latanza, Direttore del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma, e del dott. Helmut Kowar, del Phonogrammarchiv der OsterreichenAkademie der Wissenschaften di Vienna. La fotografia è di Antonio Gentile.

Leonardo Perretti

Ringraziamo l’Associazione Musica Meccanica Italiana

http://www.ammi-italia.com/index.html
per aver concesso la pubblicazione di questo articolo

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