Ciao
Simone, senti .. spiegami un po' ... perché questo corso
sull'improvvisazione?
Ciao
Andrea, innanzitutto grazie per esserti interessato a
Improve-Improvising.
Più
che un corso, è un workshop cioè un seminario, un laboratorio
aperto, uno spazio creativo dove metto a disposizione degli alunni
tutta la mia esperienza d’improvvisatore e di didatta. Mi piace la
traduzione letterale dall’inglese all’italiano della parola
workshop che in una delle sua accezioni significa “Officina”.
Anzi, il sito “wordreference” dà come definizione “A Place
with Tools”. Niente di più veritiero. Il posto è l’ambiente
formato da me e dagli alunni e gli attrezzi sono le idee,
l’esperienza, il confronto e la capacità di trarre sempre delle
conclusioni.
Negli
ultimi cinque anni ho tenuto workshop d’improvvisazione circa in
tutta l’Italia settentrionale e mi sono accorto che il livello di
preparazione dei ragazzi, specialmente quelli usciti dai
conservatori, è alto, ma che non sempre sanno cosa è
l’improvvisazione o quanto una buona conoscenza dello strumento
possa aiutarci non solo nella pratica improvvisativa, ma anche nello
studio quotidiano.
Negli
ultimi anni ho sottoposto diversi argomenti ai ragazzi che si sono
iscritti ai miei corsi; conoscenza della tastiera, strumento
preparato, live looping e sempre tutto questo è stato riportato
all’improvvisazione.
In
questa nuovissima edizione del workshop le novità sono che si
svilupperà in una settimana piena, infatti, oltre alle lezioni
giornaliere in gruppo, il programma prevede due lezioni individuali
della durata di 90 minuti che si svolgeranno nel corso del WS,
durante le quali ogni iscritto potrà approfondire degli argomenti a
sua scelta tra quelli proposti.
Questo
permetterà a ogni iscritto di personalizzare il proprio percorso del
WS senza però perdere il lavoro collettivo con gli altri studenti e
in più potrà portare la sua esperienza individuale nei concerti
serali (ogni sera si suona) e nei momenti di confronto così da
poterla condividere con gli altri.
E
poi è un WS residenziale; si vive tutti nello stesso luogo che è
una bellissima immersa nel verde a Revine (TV), vicinissima al
laboratorio del liutaio Michele Della Giustina. L’idea di studiare
improvvisazione condividendo momenti come la preparazione del pranzo,
della cena mi sembrava un’ottima cosa che purtroppo ultimamente non
si fa più.
I
workshop sono troppo spesso momenti dove si studia e poi ci si
rinchiude in stanze di albergo a esercitarsi in solitudine, spesso
senza contatti umani rilevanti. Memore di alcune mie esperienze
passate ho voluto impostare questo WS come se fosse un momento di
condivisione di un particolare percorso artistico. E poi, ti
assicuro, amo stare con i miei studenti, ridere con loro e osservare
il loro relazionarsi agli altri.
Se
poi vuoi aiutarli a esprimere se stessi musicalmente, come puoi farlo
se non cerchi di conoscerli prima?
Ma
perché un chitarrista di formazione classica dovrebbe aver bisogno
di imparare a improvvisare?
Perché
spesso la loro formazione li porta a essere molto “insicuri”
quando si tratta di abbandonare il pezzo da eseguire e quindi una
buona pratica improvvisativa aumenta la loro visione della musica.
Ho
avuto allievi che dopo aver affrontato un profondo studio della
tastiera e delle sue relazioni, della sua meccanicità, mi hanno
detto che il fatto di improvvisare tutti i giorni su strutture
armoniche o semplicemente cercando di inseguire una melodia li ha
liberati e resi molto più recettivi negli ambiti più consueti. In
pratica mi hanno poi detto che la loro capacità esecutiva era
migliorata notevolmente.
Inoltre,
i moderni compositori fanno un grandissimo uso dell’improvvisazione,
spesso utilizzando partiture grafiche che lasciano all’esecutore
ampie possibilità di improvvisare.
Improvvisando,
facendo pratica tutti i giorni, cambia il nostro rapporto con lo
strumento, che diventa più intimo, con un maggiore contatto tra
cervello musicale e chitarra.
Uno
degli esercizi che propongo è quello di suonare senza strumento, ma
indicando le note sulla tastiera.
Che
cosa intendi per improvvisazione libera e improvvisazione in
struttura armonica?
L’improvvisazione
su di una struttura armonica è quella più codificata, nel senso che
suoni rispettando una cadenza armonica, una particolare struttura di
accordi come si fa nel jazz o nella musica antica. In questo caso si
può parlare di fraseggio e quindi di un determinato modo di
improvvisare. Diciamo che questo tipo d’improvvisazione è
paragonabile alla lingua inglese o a quella Italiana dentro a un
concetto di “comunicazione”; conosco l’inglese e quindi
comunico con quella lingua con quegli idiomi.
L’improvvisazione
libera trascende questi schemi, essa può essere melodica come
concreta, cioè basata sull’interazione dei rumori. Quello che
cerco di fare è di aiutare l’allievo a trovare la sua strada come
improvvisatore. Ovviamente se avrò a che fare con un jazzista il mio
lavoro sarà anche quello di tener conto del suo linguaggio di
provenienza.
Quindi
in questo corso non si parla di licks, non si parla di standards,
giusto? Ricordo un’intervista di Allan Holdswoth che a proposito
dei licks diceva che per lui erano una cosa orrenda “come se una
persona per parlare usasse sempre le stesse parole, sempre nello
stesso modo”…
No,
non si parlerà sicuramente di licks. Concordo in pieno con la
definizione di Holdsworth.
Una
cosa che dico sempre ai miei allievi è che suonare a pattern, licks
è come parlare una lingua straniera sempre con un frasario in mano;
certamente ci faremo capire, ma diremo sempre qualcosa di scontato e
impersonale.
Al
contrario in questo WS, si lavorerà molto sulla personalità
cercando di connettere il più possibile il pensiero musicale allo
strumento.
La
chitarra è uno strumento distante dal cervello e la complessità
della tastiera è spesso aggirata suonando in posizione, quindi
abituando le dita a movimenti precostituiti. Nulla di male in questo,
dopotutto se ci hanno dato uno strumento capace di arrivare in alcuni
casi sei unisoni dovevamo trovare qualche trucco, no?
Ma
il problema è che suonando il questo modo spesso ci si dimentica del
pensiero musicale e ragioniamo musicalmente in base a quello che
sappiamo che le nostre dita faranno. Ecco il concetto di parlare con
un frasario.
Ma
se io rompo questo schema, potrò concentrarmi solo sul suono pensato
e quindi trasformarlo subito in azione musicale, esattamente come,
avendo la padronanza di una lingua, potrò esprimere le mie opinioni
senza ricorrere a frasi fatte.
In
questo senso il WS prevede molti esercizi, alcuni di sola
concentrazione sulle possibilità offerte dallo strumento una volta
rotti gli schemi consueti.
Tu
parli di radicalismo... ma come si può definire? E' un genere
musicale o una "forma di pensiero" che può parlare più
generi musicali?
Si
può parlare di improvvisazione e questo trascende ogni genere
musicale. Derek Bailey è stato codificato come improvvisatore
radicale e così altri musicisti come Evan Parker, perfino Fred Frith
hanno quest’etichetta e quindi, per quanto io non ami etichettare
la musica, il radicalismo è un genere musicale, o meglio un genere
di improvvisazione.
La
definizione di Derek Bailey nella sua opera sull’improvvisazione è
la più corretta. Essa parla d’improvvisazione idiomatica (jazz,
barocca, indiana) e non idiomatica (improvvisazione libera).
Quello
che m’interessa in questo workshop è insegnare la pratica
dell’improvvisazione libera: dal semplice suonare liberamente tutti
i giorni, come pratica meditativa, al costruire un proprio percorso
di pratica attraverso lo studio ragionato dei propri risultati,
registrandosi, improvvisando con gli altri o improvvisando su
partiture grafiche, immagini, film.
Non
è che a volte improvvisazione radicale e composizione radicale si
incontrano? Spesso mi è successo di ascoltare delle musiche e di
pensare che fossero improvvisate mentre invece erano composte e
viceversa.. mi vengono in mente i Book of Head di Zorn e i Sette
Studi di Maurizio Pisati, sono agli opposti ma il “risultato” è
simile .. idiosincrasie della musica contemporanea o parallelismi
delle linee evolutive?
Penso
siano percorsi paralleli. Di recente, a Basilea, sono rimasto
folgorato dalla bellezza di alcune delle composizioni di Pisati,
compositore che conosco poco ma che mi affascina molto e che quindi
sono desideroso di scoprire.
Spesso
ci capita appunto di ascoltare musica e scoprire che non si tratta
d’improvvisazione ma di partitura scritta, ebbene, ognuno si
esprime come vuole, il compositore e l’improvvisatore.
Anni
fa mi occupavo solo d’improvvisazione radicale, ed era per me
inconcepibile anche solo l’idea di scrivere una linea guida per le
mie improvvisazioni. Ora sono attratto da entrambi i mondi e sto
sperimentandomi nella composizione per chitarra.
In
ogni caso comprendere bene il linguaggio dell’improvvisazione aiuta
tantissimo l’esecutore come il compositore.
Portandoti
il mio esempio vorrei sottolineare il fatto che ogni improvvisatore è
a sua volta un compositore e viceversa, con l’unica differenza che
ognuno dei due ha scelto a priori il linguaggio a lui più
congeniale.
In
una recente lezione con un chitarrista jazz, abbiamo parlato del
fatto che un solo è una composizione.
Guai
al chitarrista che pensa che fare un assolo su di una struttura
armonica sia un esercizio o un modo per suonare su quegli accordi.
Che senso ha dire solamente cose del tipo: “Su quell’accordo
suona quella scala” etc. etc. ?
E’
comporre questo, è improvvisare? Io non credo.
Tornando
alla lezione con il mio allievo, abbiamo parlato del fatto che si
deve sempre tenere in considerazione il “dove si è” quando si fa
un solo. Stiamo suonando “St. Louis Blues”? Benissimo, non puoi
non pensare a un luogo, a un periodo storico mentre fai il tuo solo,
in altre parole mentre componi il tuo solo in tempo reale.
Questo
non vuol dire che la tua Gibson all’improvviso si trasformerà in
un banjo, ma che usando il tuo timbro, la tua personalità dovrà
relazionarsi a qualcosa di fortemente evocativo. Questo diventa
improvvisare/comporre.
Ho
assistito a una lezione del geniale Peter Croton, docente di musica
antica a Basilea e la prima cosa che ha detto ai suoi allievi, che
stavano eseguendo un brano di Carulli, è stata: “Ricordatevi dove
siete”, ovviamente nel senso musicale del termine. E questo li ha
portati a cambiare completamente il loro approccio al tempo del
brano, pensando a qual era il motivo per il quale quel brano era
stato scritto. Mi ricordo che si è messo a camminare per l’aula
simulando una serie di personaggi a corte che entrano nella sala del
ballo.
Ecco,
questo secondo me è pensare alla musica che si sta suonando,
indipendentemente dal fatto che tu sia un compositore o un
improvvisatore.
Quanto
è importante l'ascolto per saper improvvisare?
E’
fondamentale. Pensa a un bambino che impara a parlare: quando lo fa,
imita le parole e il modo di parlare dei genitori. Recentemente sono
stato a trovare un amico che ha una meravigliosa bimba di quattro
anni che parla italiano con lui, inglese con la madre e tedesco a
scuola.
Quindi,
ascoltare è il primo passo per improvvisare.
E
che tipo di ascolto?
Probabilmente
la scelta giusta è quella di ascoltare un improvvisatore, magari
inizialmente un musicista che suona il nostro stesso strumento.
Spesso ai miei allievi più piccoli faccio ascoltare alcune cose di
Derek Bailey proprio per far loro capire che esiste questo tipo di
musica e soprattutto questo tipo di chitarra. Poi si potrebbe passare
ad ascoltare un musicista che non suoni il nostro strumento, e poi
ascoltare i suoni che ci circondano, la strada, gli uccelli, il
vento.
Senti..
la domanda potrebbe essere oziosa, ma se alla fine ascoltando
attentamente un altro chitarrista o musicista non rischiamo di
“copiare inconsciamente” la sua musica? Magari solo adattando
qualcuna delle sue frasi più famose?
E’
un rischio che va corso credo. Quando impariamo a parlare lo facciamo
imitando i nostri genitori, i nostri insegnanti e spesso facciamo
nostre le loro cadenze, i loro accenti. Ma poi ci si può staccare da
questo e portare avanti il proprio suono, la propria ricerca. Ma è
fondamentale ascoltare quello che hanno fatto gli altri soprattutto
le personalità così forti come il già citato Derek Baley.
La
nostra generazione è cresciuta con il culto dell'ascolto e il rito
del 33 giri ma le nuove generazioni che approccio hanno con
l'ascolto?
Pessimo
a mio giudizio, nel senso che la rete ha reso tutto quanto
accessibile a discapito della qualità purtroppo. Puoi ascoltare
qualsiasi cosa su Youtube o su Spotify, ma questo implica che tu
abbia uno schermo davanti. Il gesto del sedersi e ascoltare musica si
è perso, o è decisamente cambiato. Durante una lezione con un
ragazzo di terza media parlavamo dell’ascoltare musica e mi ricordo
di avergli chiesto che cosa fa quando ascolta musica, nel senso se
l’ascolta in cuffia, seduto o cosa. La sua risposta fu che per lui
era naturale guardare dei video senza audio mentre ascoltava musica
in cuffia, questo per aiutarsi nella concentrazione. Capisco che
questo mio esempio sia un estremo, ma penso possa far ben capire
quale sia il cambiamento in atto.
E’
ovvio che parlando di musicisti o di studenti seriamente interessati
alla musica improvvisata il loro approccio non sarà questo, ma
comunque il modo di ascoltare è cambiato rispetto al nostro e
purtroppo è uno di quei rari casi nei quali mi tocca affermare che
il cambiamento è avvenuto in peggio. Ecco, la pratica
d’improvvisazione libera aiuta anche la capacità di ascolto,
imparare a improvvisare ascoltando gli altri può darci una nuova
visione dell’approccio all’ascolto.
Uno
degli esercizi proposti nel WS è quello d’improvvisare ascoltando
una persona che parla. Derek Bailey lo faceva, Scott Johnson ci ha
scritto del materiale stupendo, io intendo portare avanti questa
ricerca semplicemente improvvisando su registrazioni raccolte in
giro. Anche questo è sicuramente un modo per espandere le proprie
capacità di ascolto.
Ma
insomma alla fine ... l'improvvisazione è una cosa che si può
imparare e insegnare?
Si,
assolutamente si. Non ci credi? Vieni al mio workshop allora.
Tu
quoque Brute .. lasciami studiare ancora un po’ sulla fretless e
arrivo..
Probabilmente
hai già studiato più di quanto tu non creda, quindi ti aspetto.
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