mercoledì 7 ottobre 2009

Intervista di Gisbert Watty con Empedocle70 parte seconda

Parliamo di marketing. Quanto pensa che sia importante per un musicista moderno? Intendo dire: quanto è determinante essere dei buoni promotori di se stessi e del proprio lavoro nel mondo della musica di oggi?

E’ fondamentale far conoscere il proprio lavoro! Poi ci vuole anche la fortuna, una rete di conoscenza, di persone che ti possono dare un aiuto, trovarsi al momento giusto nel posto giusto, ecc..

Ho notato in questi ultimi anni un progressivo avvicinamento tra due aspetti della musica d’avanguardia, da un lato l’aspetto più accademico e dall’altro quello portato avanti da musicisti ben lontani dai canoni classici e provenienti da aree come il jazz, l’elettronica e il rock estremo come Fred Frith, John Zorn, la scena downtown newyorkese e alcune etichette di musiche elettroniche come la Sub Rosa e la Mille Plateux. Che ne pensa di queste possibili interazioni e pensa che vi sia spazio anche per esse in Italia?

Le interazioni fanno sempre bene, servono ad allargare gli orizzonti, perché non dovrebbe valere per Italia? Però, ognuno di noi deciderà in maniera personale il grado di avvicinamento fra queste realtà. Mi ricordo di aver assistito molti anni fa a Düsseldorf ad un concerto dell’Ensemble di Glenn Branca che eseguiva alcune delle sue sinfonie, proprio quelle piene di chitarre elettriche e con un volume sonoro che supera quello dei motori accesi di un aereo. A dire la verità non mi è piaciuto per niente, mi sembrava sterile e noioso, ma è anche vero che mi ha colpito profondamente, fatto riflettere molto, tanto che mi ricordo ancora oggi benissimo tutta la serata.

Sembra essersi creata una piccola scena musicale di chitarristi classici dediti a un repertorio innovativo e contemporaneo, oltre a lei mi vengono in mente i nomi di Marco Cappelli, David Tanenbaum, David Starobin, Arturo Tallini, Geoffrey Morris, Magnus Anderson, Elena Càsoli, Emanuele Forni, Marc Ribot con gli studi di John Zorn … si può parlare di una scena musicale? Siete in contatto tra di voi o operate ciascuno in modo indipendente? Ci sono altri chitarristi che lei conosce e ci può consigliare che si muovono su questi percorsi musicali?

Ognuno di noi lavora individualmente, ma tutte queste realtà messe insieme formano certamente una scena musicale, piccola, ma vitale ed interessante, almeno per me. Stiamo nella nicchia (la musica contemporanea) della nicchia (la chitarra), se ti impegni poi anche nella musica da camera diventa una situazione nuova ed originale! Conosco personalmente alcune delle persone citate ed un elenco di altre persone impegnate nel nostro campo, per fortuna, potrebbe diventare lunghissimo. Voglio elencare soltanto alcuni chitarristi attivi in Germania: Jürgen Ruck, Reinbert Evers, Seth Josel, Michael Schröder, Wilhelm Bruck, Theodor Ross, Aleph Gitarrenquartett, Maximilian Mangold, Harald Lillmeyer, ecc..

Quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

Personalmente non sono molto attratto dall’improvvisazione, non mi sono mai dedicato a sviluppare questo aspetto. L’improvvisazione comunque acquisisce un senso soltanto nei repertori come il jazz, la musica antica o contemporanea. Sono ammirevoli le persone che riescono ad improvvisare negli stili dei grandi autori classici (Bach, Beethoven, Brahms, ecc.), ma che senso ha se questo non porta a nuovi orrizonti?

La sensazione che si ha ascoltando la sua musica è che lei sia in grado di suonare qualsiasi cosa: indipendentemente dal repertorio, da con chi sta suonando, dal compositore, dallo strumento che lei adopera dimostra sempre un totale controllo sia tecnico che emotivo, quanto è importante il lavoro sulla tecnica per raggiungere a questo livello di “sicurezza”?

Grazie per il complimento, mi metto sempre in discussione, mi sembra sempre di dover migliorare! La tecnica è importante, ma deve servire e si deve adattare all’idea musicale. Infatti, la sicurezza strumentale arriva quando si chiariscono le idee interpretative su un brano (le dinamiche, le articolazioni, ecc.). E’ il controllo emotivo e musicale che dà la padronanza strumentale, non il contrario.


continua domani...

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