Qui ampi stralci di melodie, gli accordi della chitarra, i dolci rintocchi del vibrafono spesso sono lasciati risuonare oltre la patina di scorie digitali, senza alcuna interferenza da parte di questa o comunque sovrastandola, quasi vincendola. L’uso della strumentazione analogica si iscrive perfettamente in questa disegno complessivo, nel quale s'incastonano delle vere e proprie gemme post-glitch. Made in Hongkong apre il disco in un caleidoscopico reiterato di chitarre processate, la title track e un interminabile sguardo nostalgico nell'oblio di un paesaggio assolato e virato in superB, in Caecilia rintocchi di vibrafono e filiformi melodie si avviluppano in un asincrono valzer, Shiseido e una malinconica ballata per chitarra elettrica filtrata e synth, A Year in a Minute e una sinfonia cameristico-digitale in bilico tra elettronica e psichedelia, come un'immaginaria gig tra Kevin Shields e Markus Popp.
Masterizzato in analogico e introdotto dal significativo artwork di Tina Frank, che presenta una sona di schermate di tram anti suI mare e palme "sporcate" da linee di colore come interferenze e trasmissioni mal ricevute, l' album diventa immediatamente un piccolo caso all'interno della scena digitale e suscita reazioni più che entusiaste, a testimonianza di un bisogno quanto mai vivo di tornare ad ascoltare suoni "umani" melodie che vadano dritte al cuore. La grande popolarità di "Endless Summer" e dovuta non soltanto all'immediatezza delle soluzioni sonore: i suoi ritmi rallentati, sfasati, la frizione tra melodie vivide nella mente eppure mai completamente afferrabili sona immagini quanto mai attuali di un necessario affondo nel passata dettato dalla volontà di recuperarne le tracce e le storie perdute. In un'intervista rilasciata a The Wire Fennesz afferma: “Al momento sento che e meglio concentrarmi su un metodo e su un'estetica personali e sulla mia storia di musicista e di appassionato di musica... Quando ho iniziato a lavorare a 'Endless Summer' era chiaro che sarebbe stata una sfida ben più grande muovermi in direzione decisamente song oriented e pop oriented ... Certamente mi piace ancora molta computer music prodotta oggi ma per me la cosa più importante e che la musica si relazioni a una personalità, a un carattere. Di una persona voglio ascoltare la musica, non il suono del suo MSP o del SuperCollider. “
Gettato questo pesante sasso nella stagno, Christian Fennesz dapprima prende parte al secondo episodio della saga con Jim O'Rourke e Peter Rehberg (''The Return of Fenn O' Berg", Mego, 2002], che si allontana dai territori criptici del primo capitolo per aprirsi alla sedimentazione di detriti acustici in combinazione con aperture melodiche (e esemplare al riguardo il patchwork di A Viennese Tragedy), poi omaggia gli appassionati della prima ora con una raccolta di materiale in larga parte inedito su CD proveniente da collaborazioni, compilation e colonne sonore, datato tra il 1995 e il 2002. Questa sorta di antologia, intitolata "Field Recordings 1995:2002" (Touch, 2002) ha il sapore di un'opera documentaria che traccia il percorso intrapreso dall'artista austriaco a partire dalla meta degli anni novanta, inglobando le quattro tracce dell'EP "Instrument" e le due composizioni apparse sul secondo volume della compilation Clicks and Cuts. Un solo inedito, l'iniziale Good Man, nella quale schegge granulari affiorano in una distesa di chitarre effettate. Il brano è da tenere in mente insieme a Codeine, remix di una traccia di "Heroin" di Stephan Mathieu ed Ehhehard Ehlers, malinconico e cristallino exemplum di trattamento digitale della sei corde.
II percorso di Fennesz passa anche attraverso l'incontro con i musicisti dell'improvvisazione e delIa c1assica contemporanea, a molti dei quali si unisce in live set e performance. Tra tutti ricordiamo la collaborazione con i Polwechsel, "Wrapped Islands" (2002) in cui si avvicina a questo quartetto di eccellenti strumentisti creando un lavoro d'indubbia qualità. Qui le microstrutture sonore oscillano tra sonorità taglienti e passaggi morbidi dal sapore autunnale, note trattenute sono accompagnate da soffici pulsazioni in sottofondo tra passaggi astratti di materia densa, tenui variazioni tonali e suoni tremanti, crepuscolari. Agli antipodi rispetto ai suoni destrutturati dei Polwechsel, e a testimonianza delIa sua versatilita di musicista e irrequietezza creativa, Fennesz interviene l'anno successivo in "Blemish", il nuovo album di David Sylvian: qui la voce stupita si rifrange in una delle melodie frammentate di Fennesz in A Fire in the Forest, traccia d'incantata bellezza.
Masterizzato in analogico e introdotto dal significativo artwork di Tina Frank, che presenta una sona di schermate di tram anti suI mare e palme "sporcate" da linee di colore come interferenze e trasmissioni mal ricevute, l' album diventa immediatamente un piccolo caso all'interno della scena digitale e suscita reazioni più che entusiaste, a testimonianza di un bisogno quanto mai vivo di tornare ad ascoltare suoni "umani" melodie che vadano dritte al cuore. La grande popolarità di "Endless Summer" e dovuta non soltanto all'immediatezza delle soluzioni sonore: i suoi ritmi rallentati, sfasati, la frizione tra melodie vivide nella mente eppure mai completamente afferrabili sona immagini quanto mai attuali di un necessario affondo nel passata dettato dalla volontà di recuperarne le tracce e le storie perdute. In un'intervista rilasciata a The Wire Fennesz afferma: “Al momento sento che e meglio concentrarmi su un metodo e su un'estetica personali e sulla mia storia di musicista e di appassionato di musica... Quando ho iniziato a lavorare a 'Endless Summer' era chiaro che sarebbe stata una sfida ben più grande muovermi in direzione decisamente song oriented e pop oriented ... Certamente mi piace ancora molta computer music prodotta oggi ma per me la cosa più importante e che la musica si relazioni a una personalità, a un carattere. Di una persona voglio ascoltare la musica, non il suono del suo MSP o del SuperCollider. “
Gettato questo pesante sasso nella stagno, Christian Fennesz dapprima prende parte al secondo episodio della saga con Jim O'Rourke e Peter Rehberg (''The Return of Fenn O' Berg", Mego, 2002], che si allontana dai territori criptici del primo capitolo per aprirsi alla sedimentazione di detriti acustici in combinazione con aperture melodiche (e esemplare al riguardo il patchwork di A Viennese Tragedy), poi omaggia gli appassionati della prima ora con una raccolta di materiale in larga parte inedito su CD proveniente da collaborazioni, compilation e colonne sonore, datato tra il 1995 e il 2002. Questa sorta di antologia, intitolata "Field Recordings 1995:2002" (Touch, 2002) ha il sapore di un'opera documentaria che traccia il percorso intrapreso dall'artista austriaco a partire dalla meta degli anni novanta, inglobando le quattro tracce dell'EP "Instrument" e le due composizioni apparse sul secondo volume della compilation Clicks and Cuts. Un solo inedito, l'iniziale Good Man, nella quale schegge granulari affiorano in una distesa di chitarre effettate. Il brano è da tenere in mente insieme a Codeine, remix di una traccia di "Heroin" di Stephan Mathieu ed Ehhehard Ehlers, malinconico e cristallino exemplum di trattamento digitale della sei corde.
II percorso di Fennesz passa anche attraverso l'incontro con i musicisti dell'improvvisazione e delIa c1assica contemporanea, a molti dei quali si unisce in live set e performance. Tra tutti ricordiamo la collaborazione con i Polwechsel, "Wrapped Islands" (2002) in cui si avvicina a questo quartetto di eccellenti strumentisti creando un lavoro d'indubbia qualità. Qui le microstrutture sonore oscillano tra sonorità taglienti e passaggi morbidi dal sapore autunnale, note trattenute sono accompagnate da soffici pulsazioni in sottofondo tra passaggi astratti di materia densa, tenui variazioni tonali e suoni tremanti, crepuscolari. Agli antipodi rispetto ai suoni destrutturati dei Polwechsel, e a testimonianza delIa sua versatilita di musicista e irrequietezza creativa, Fennesz interviene l'anno successivo in "Blemish", il nuovo album di David Sylvian: qui la voce stupita si rifrange in una delle melodie frammentate di Fennesz in A Fire in the Forest, traccia d'incantata bellezza.
continua domani
2 commenti:
Grazie per la serie di post dedicata a Fennesz, veramente uno dei pochi che non è una "fregatura" (mio modesto parere, ovviamente).
Interessante, anche se non del tutto riuscito, il suo lavoro con Sakamoto, forse troppo minimale il suo apporto al lavoro di Sylvian, ma sarà stato anche un desiderio dell'autore.
Mauro
www.alchimia.com
grazie del commento Mauro, anche second me Fennesz è un personaggio interessante e non passeggero. Poi non tutte le ciambelle escono colbuco l'importante è travare sempre una ricerca, un desiderio di sperimentazione. Sylvian? Beh il suo ultimo albun è minimale a dir poco, io lo trovo strepitoso e quasi blues!
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