Empedocle70: Quando e come è nato il vostro Quinteto? Come vi siete incontrati?
Barbara Varaassi Pega (piano): Il nostro quinteto è nato sulla fine del 2001. Ero appena arrivata a Milano e studiavo pianoforte presso il conservatorio Giuseppe Verdi. Quello che cercavo era di ricreare l’ensemble che avevo in Argentina prima di partire per Europa, un po’ per nostalgia, un po’ per continuare a suonare musica stupenda. Avevo tanti arrangiamenti pronti che avevo portato via con me e tanta voglia, però mi mancavano i musicisti. Il primo ad essere contattato è stato il contrabbassista, che però ben presto lasciò il gruppo per problemi di tempo e chiamò un suo amico, Virgilio, che rimase stabile da quel momento in poi. Un amico mi presentò Emanuele e li c’era la chitarra, è stato il primo a sommarsi con entusiasmo al progetto. Poi ho messo un annuncio alla baccheca della biblioteca del conservatorio in ricerca di un fisarmonicista, perché di bandoneonisti non c’erano in zona, ed il primo a chiamare risultò essere un bravissimo musicista con esperienza anche in musica latinoamercana, ed ecco Gino. E’ stato molto buffo perché tempo dopo mi confessò che il giorno che aveva visto l’annuncio era talmente contento e ci teneva tanto a suonare il tango che lo strappò dalla baccheca! L’ultimo ad entrare è stato Enzo, suggeritoci da Gino, che sostituì un altro violinista per rimanerne poi stabile. Ed ecco tutti.
Emanuele Forni (chitarre): ...per concludere la genesi del gruppo aggiungerei che il processo per trovare musicisti disponibili é avvenuto nell’arco di tempo di un anno e sei mesi circa: durante questo periodo io e Barbara ci siamo incontrati più volte discutendo su argomenti tipo “ma ce la faremo mai a mettere insieme tutti e cinque i componenti per un quinteto? ...e dove troviamo un fisarmonicista/bandoneonista all’altezza che non faccia solo musica classica o liscio?”. Dopo qualche mese incominciavamo veramente a dubitare di trovare la gente appropriata sia da un punto di vista musicale che umano e quindi fantasticavamo su un ipotetico quinteto composto da musicisti invisibili e simpaticissimi, simile alla moto invisibile nel cartone animato di Hair Bear Bunch (Napo Orso Capo). Dopo queste ultime divagazioni abbiamo deciso definitivamente il nome.
E:Qual è il vostro background musicale e come siete arrivati al tango?
Enzo Albini (violino): proveniamo tutti da una tradizione classica dello strumento, ma sicuramente in quel periodo ci siamo trovati non per caso. Stavamo cercando un motivo per poter esprimere al meglio la nostra musicalità. Il tango, è stata l’occasione che ha potuto dare inizio a questo nostro viaggio.
Barbara: Sembra strano ma a non tutti in Argentina piace il tango. Anzi, tanta gente giovane lo disprezza considerandolo robba “vecchia”, cosa che non ho mai capito. Per quanto riguarda me, certamente essendo argentina il tango lo senti dovunque e quindi é abbastanza semplice venirne a contatto. Quando io sono venuta in contatto, ancora molto piccola, mi è piaciuto subito. Poi a volte nelle mie lezioni di pianoforte suonavo qualche tango, soprattutto di Piazzolla, però questo non ti fa affatto imparare lo stile. Quello è venuto molto dopo, quando ero già alla università di musica, dove il famoso maestro Domingo Federico dirigeva la sua orchestra. Io passavo ad ascoltare e sognavo con suonare così, e con loro. Nel frattempo avevo iniziato a prendere lezioni di pianoforte tango col miglior pianista di tango della mia città di Rosario, e piano piano ho cominciato a scoprire i misteri e i modi in cui le note diventavano qualcos’altro e mi sono innamorata definitivamente. Fino ad oggi ho suonato tantissimo tango, con tantissima gente, e ne sono molto contenta. La cosa più bella è che col tempo ho compiuto quel sogno, perché alla fine sono entrata nella orchestra di Federico per un’ intero anno. Adesso continuo a perfezionarmi col Maestro Gustavo Beytelmann in Olanda, ed è il maestro più completo e geniale che mai conosciuto, quindi mi auguro di prenderne qualcosa!
E: Nel vostro disco “Quintetto de Tango Invisibile” suonate un tango quasi “classico”, il compositore più presente è Piazzolla ma ci sono composizioni di autori più tradizionali come Troilo e De Caro. Come mai questa scelta di repertorio? Il vostro sembra un quasi attingere alle radici stesse del tango…
Gino Zambelli (fisarmonica/bandoneon): Il merito del repertorio scelto per questo lavoro discografico va indubbiamente attribuito a Barbara. Insieme, negli anni, abbiamo suonato tra le più belle pagine del tango da lei proposte: Troilo, De Caro, Pugliese, ma anche il ‘Tango Nuevo ‘ di Piazzolla fino ad arrivare alle tango contemporaneo di Mederos, così da poter trovare nei brani alla fine scelti, un giusto equilibrio dove tutti noi abbiamo potuto esprimerci al meglio con la consapevolezza comune di poter dare al pubblico un’immagine del tango che partisse dalle sue origini fino ad oggi.
Barbara: Infatti il tango, come qualsiasi altra musica, è fatta da tanti artisti che nella storia hanno delineato il genere stesso. Quindi non è giusto, e credo sia molto povero, suonare tanto Piazzolla e non li altri, che hanno contribuito a questa storia con pezzi di bellezza e novità infinite. Purtroppo Piazzolla, sebbene geniale, è stato l’unico ad essere riconosciuto in Europa, credo perché la sua musica sia anche più vicina alla cultura di questo continente più delle altre. Per questo credo che fare un cd che includessi pezzi di grandissimi compositori come Troilo o De Caro sia essenziale per averne un ventaglio più largo ed interessante di quanto questa musica sia davvero.
Emanuele: Mi sembra comunque importante riportare che, dopo i primi anni, ognuno di noi ha dato un contributo importante e significativo alla direzione artistica del gruppo. Gino ad esempio ha composto molti brani per noi di cui ne abbiamo scelti due appositamente da inserire nel CD: Giada e Milonga por Stefy. Sono musiche molto liriche e struggenti ma anche intrise di un colore “tangamente” a se stante. Una volta eravamo a cena con un’argentina che, ascoltando proprio questi due brani, mi ha guardato commossa dicendomi che era la prima volta che sentiva un tango cosi’ italiano ed allo stesso tempo così visceralmente argentino. Le proprie origini creano un segno indelebile sul nostro comportamento e nel nostro modo di vedere le cose ma possiamo essere influenzati e questo crea connubi spesso molto interessanti.
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